30 novembre 2013

Vacanze lunghe (416)

Vacanze lunghe. (416)
Da più giovane mi sono permesso delle vacanze molto lunghe. Avevo la roulotte, viaggiavo (con la famiglia al seguito).
Una vacanza lunga non è una vacanza normale, magari moltiplicata per tre o quattro. È diversa. Intanto ti devi organizzare. Più soldi, più cibo, più indumenti. Dei libri anche. 
Ma non è tanto questo. 
È che oltre alla vacanza c'è anche la vita, in una vacanza lunga. Non puoi viaggiare di continuo, visitare luoghi artistici, prendere il sole sulla spiaggia. No. Devi anche organizzarti una vita per un mese e mezzo o due. Per esempio ti puoi ammalare. Oppure ti devi fermare in qualche luogo. Stabilire relazioni. Diventa una vita da nomade. 
È difficile da spiegare, ma una vacanza lunga non è una vacanza. Devi fare i conti con stanchezza, nostalgia, la mancanza delle relazioni consuete.
Una vita lunga è diversa da una vita, diciamo, di cinquant'anni. Sembra ovvio, ma è meno banale di quanto si possa credere.
Se hai cinquant'anni, hai una vita normale. Hai vissuto a lungo, ma intanto i figli sono cresciuti, hai stabilizzato il lavoro. Hai una compagna fissa. Hai vissuto una vita.
Quando di anni cominci ad averne settanta, è diverso. La tua vita è stata più lunga e lo sarà ancora di più. Cambia la prospettiva. Cambiano idee. E anche i valori. La scala di valori. Ti fai domande diverse. Ti dai risposte diverse. 
E' come se di vite ne avessi vissute due.
Se di anni ne hai ottanta o novanta, addirittura sei di un altro pianeta, rispetto a un cinquantenne.
Hai vissuto quasi il doppio.
l vecchi appartengono a un'altra razza.

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(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

29 novembre 2013

Follie (415)

Follie. (415)
Sono fautore della cremazione. Più pulita, più definitiva, più pacificante per i superstiti. Ho anche pensato che sarebbe bello tenere a casa le ceneri dei parenti cari. Le ho avute e hanno finito per essere un soprammobile come tanti. Forse tenersi le ceneri non è una gran idea. Del resto non vado quasi mai al cimitero: per cui non onoro le ceneri dei miei parenti che vi sono depositate. Forse la dispersione delle ceneri non è una cattiva idea.
È invece una cattiva idea quello che ho letto in internet.
Vi sono ditte che trasformano le ceneri dei defunti in oggetti.
Per esempio matite! Mi pare assurdo. Non ne vedo la ragione. Per avere sempre vicino i propri cari defunti? Ma sono defunti, non sono più vicini. Per di più, cremandoli, di loro resta molto poco.
Ma c'è dell'altro. C'è chi ti propone di trasformarli in dischi (cd), in cui registrare le voci di quando erano in vita. O ancora chi mescola le ceneri con la plastica delle stampanti materiali, per farne, che so, una testa con le sembianze del defunto.
Follie, appunto.

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28 novembre 2013

La vecchiaia di chi ti sta vicino (414)

La vecchiaia di chi ti sta vicino. (414)
Faccio di tutto per star bene. Cerco accuratamente di non aggiungere alle perdite dovute alla vecchiaia, quelle dovute alle malattie. Insomma cerco di non ammalarmi. 
Paura di morire, dice mia moglie. No, è paura di diventare invalido, a causa di stili di vita che producono malattie.
Non vivo da solo. Vivo con mia moglie. Sono contento di vivere con lei, anche adesso che siamo vecchi. Mia moglie ha altre idee. Non persegue la mia ricerca di stili di vita salutari. O meglio, non la persegue con la mia ostinazione (con la mia ossessione, direbbe lei).
Nella sua vita vedo comparire dei sintomi che ho avuto anch'io. Che ho superato. Appunto con uno stile di vita accurato.
Mi figuro che quei sintomi peggioreranno. Penso infatti che le soluzioni che sta adottando siano errate.
Sono presuntuoso. Ho la pretesa che solo quello che ho scoperto io, sia corretto.
Ognuno trova la sua strada. Soprattutto seguendo le proprie idee.
Vivere insieme è così: vivi la tua, di vecchiaia, e vivi anche quella di chi ti sta vicino.
Vivi due volte.

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27 novembre 2013

I giovani (413)

I giovani. (413)
C'è qualche motivo perchè i vecchi debbano occuparsi dei giovani?
Certamente.
Prima di tutto, per solidarietà verso membri della nostra stessa specie, più fragili (eh, sì, i giovani sono più fragili dei vecchi!). C'è anche in altre specie (si cita il caso di un piccolo di gorilla, trovato orfano, che è stato portato presso un altro gruppo di gorilla: lo hanno subito adottato). C'è perfino fra specie diverse, quando ci fermiamo per strada per raccogliere, noi umani, un cucciolo di cane impaurito e abbandonato.
Poi per l'immortalità. Noi finiamo di esistere, ma la nostra specie continua. La nostra civiltà continua, la nostra nazione (italiana, nel mio caso) continua, la nostra impresa, ditta continuano. Anche solo la nostra famiglia continua nei nostri nipoti.
Continua qualcosa a cui siamo appartenuti. Saperlo ci fa star bene.
I vecchi si sentono depositari di un gran sapere, una grande esperienza. Trasmetterli ai più giovani dà significato alla loro vita, anche se finisce.
Dà significato ai nostri ultimi anni di vita.

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26 novembre 2013

Testardo (412)

Testardo. (412)
Ieri sera mi preparavo per andare a letto. Mi sono avvicinato al bagno, sebbene la luce del corridoio fosse spenta. Avanzavo a tentoni. Pochi metri. Entrando ho preso un gran botta al naso, urtando lo stipite della porta. Ho calcolato male le distanze, sia pur di pochi centimetri, nonostante fosse un movimento che ripeto da anni.
Mi è venuta in mente una pagina di questo diario, che ho scritto più di un anno fa (Prudenza, 45). Osservavo che, quando mi alzo di notte per andare in bagno, non accendo mai la luce. Facevo il proposito di non farlo più, perchè, invecchiando, si perdono varie sensibilità e sono più facili gli incidenti. Per un pò ho mantenuto l'impegno, ma in questi ultimi tempi ho ripreso la mia vecchia stupida abitudine. Sono proprio testardo! Deve capitarmi un incidente per capire che devo accendere la luce?
Sbattere il naso, mi ha ricordato i miei propositi di cambiamento.
Da stasera riprendo a mettere la pila sul comodino.

I vecchi sono testardi, conservatori, abitudinari.
Ci vuole forza d'animo per cambiare le abitudini.
Fortuna che la vita è benigna. Ti dà piccoli segnali, prima che ci sia l'incidente.

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25 novembre 2013

Anna Marchesini (411)

Anna Marchesini (411)
Attrice di teatro, italiana. Attrice comica. Ha sessant'anni. Non è ancora formalmente vecchia. Ma è malata. Sembra più vicina alla morte di quanto non dica la sua età. Dunque la considero vecchia.
È vecchia ad honorem.
L'ho vista l'altro ieri in una trasmissione televisiva. Mi è piaciuta. Ha mostrato un grande attaccamento alla vita. Ha detto che è interessatissima alla vita. " Sono obesa di vita."
Al punto che è interessata anche alla morte. Considera la morte come un evento della vita.
Vuol conoscere anche quella.
Mi è piaciuto tutto, di lei.
Forse è questo che cerco nei grandi vecchi. Segnali di attaccamento alla vita.
Sapere che un vecchio ha ancora passione per la vita, mi conforta. Mi fa star bene.
È questo l'insegnamento che mi aspetto da quelli più vecchi di me.
Mi aspetto esempi che la vita valga la pena di essere vissuta, fino alla fine.
E mi è piaciuto il suo accenno alla morte. La sua curiosità per l'evento ultimo la provo anch'io, confusamente.
Che l'abbia sottolineato mi fa sentire in compagnia.
Ecco, l'ho detto finalmente!
Mi piacerebbe la compagnia degli altri vecchi.

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24 novembre 2013

Grandi vecchi (410)

Grandi vecchi (410)
Ce n'era uno in pasticceria. Accompagnato da parenti, tenuto sottobraccio, bastone in mano. Stava concordando una torta, di compleanno. Gli astanti lo guardavano, con curiosità. Forse con un po' di simpatia. Come un individuo di un'altra specie. Di una specie rara. Un sopravvissuto.
Uscito, si è parlato di lui. Della sua età (forse sopra i novanta). Delle sue capacità, evidentemente ridotte. I presenti sorridevano, senza scherno. Quasi con tenerezza, come si guarda un bambino. O un cane.
Grandi vecchi, ce ne sono pochi. Merce preziosa. Sarebbe da stare ad ascoltarli. A interrogarli. A pendere dalle loro labbra. Si tratta dei pochi testimoni di un'età sconosciuta.  
Di più, di una vita sconosciuta: una vita lunghissima.
Cambiano le cose, le idee, le relazioni, se la vita è di novant'anni o più.
Grandi vecchi, ce ne sono pochi. Quei pochi poi, se ne stanno rintanati da qualche parte, escono poco, si fan vedere poco.
Come animali in via di estinzione.

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23 novembre 2013

Pranzi (409)

Pranzi. (409)
La mia vicina di casa, ottantacinquenne, vedendomi col nipotino, mi ha detto: "Se lo goda adesso, che è piccolo. Poi, quando sarà più grande, lo vedrà molto di meno. I genitori sono impegnati col lavoro, i nipoti con lo studio. Non hanno tempo per passare dai nonni."
Ho ribattuto: " Li inviti a pranzo la domenica!"
"Un tempo lo facevo, - ha risposto – poi, con l'età, li ho invitati sempre di meno. I pranzi mi stancano. Il timore di non fare tutto come si deve, mi mette ansia. Risultato, non li invito più."
Conseguenze della vecchiaia. Stanchezze. Più mentali che fisiche. Timori che qualcosa disturbi la quiete e la tranquillità della routine quotidiana. Così le relazioni si allentano. I vincoli familiari si intiepidiscono.
Avete notato che quando si va a trovare un parente molto anziano, si tratta sempre di visite di cortesia? Quasi formali? Anzi non si parla con l'anziano, ma si chiacchiera fra parenti. Si fa solo presenza.
Nell'età molto avanzata si fanno esercizi di distacco.

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22 novembre 2013

Tecnologie (408)

Tecnologie. (408)
Trovo comodo fare alcune operazioni bancarie direttamante da casa. Anche una parte del lavoro la faccio da casa, attraverso internet. Non mi aspettavo che questi strumenti tecnologici  mi avrebbero semplificato la vita. Ero ostile. Poi, la comodità...
Nuovi strumenti richiedono nuove abilità. E qui si rivela la mia incapacità. Legata alla vecchiaia. Sono lontanissimo dal possedere i mezzi per “navigare su internet”, come si usa dire. Qualcosa ho imparato e mi limito a quello.
La mia fragile esperienza del mezzo mi mette in condizioni di non riuscire in alcune operazioni. A volte sono i tempi stretti di risposta a mettermi in difficoltà. Come quando devo riportare un codice, rapidamente. Ecco, i tempi veloci mi penalizzano. Di sera poi la confusione cresce. Di mattina va molto meglio.
Noi vecchi, internet, lo dobbiamo utilizzare di mattina.
Siamo più freschi.
Siamo più intelligenti.

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19 novembre 2013

Il buon esempio (407)

Il buon esempio. (407)
Con una conoscente parlavo del mio vecchio farmacista e le dicevo che avrei cercato un appuntamento con lui. Lei mi ha replicato: “Speriamo che dia buoni consigli!” Ho sorriso e l'ho salutata. Poco dopo però quella frase mi ha fatto riflettere. Noi, più giovani, ci aspettiamo qualcosa dai grandi vecchi.
Per esempio, qualche consiglio su come raggiungere un'età avanzata. Qualche elisir, un farmaco, degli integratori. Ma sarebbe troppo poco.
Per esempio, qualche informazione sulla vecchiaia, età che nessuno conosce, se non i grandi vecchi.
Per esempio, degli esempi.
Ecco quello di cui abbiamo bisogno. Di esempi di vita. Abbiamo necessità di vedere delle vecchiaie incarnate in esseri veri. Meno parole e più vite vissute.
Come a teatro.
Mi piacerebbe uno spettacolo teatrale in cui apparisse la vita di un vecchio. Le sue parole, i suoi pensieri, le sue azioni.
La sua vita, appunto.

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18 novembre 2013

Il nodo della cravatta (406)

Il nodo della cravatta. (406)
Qualche giorno fa. Era mattina presto. Mi stavo vestendo, in modo formale, per andare a un incontro di lavoro. Vestito con giacca, camicia bianca, cravatta. Al momento della cravatta mi faccio il nodo. Incredibile! Non mi viene. Cioè non riesco a fare il nodo della cravatta. Panico. Penso subito di star perdendo facoltà mentali. Di sicuro perdo memoria.
Possibile che non mi riesca? Riprovo. Niente da fare. Ci rinuncio. Esco senza.
Confesso di essere uscito di casa abbattuto. Quando sono rientrato ci ho riprovato. Ancora niente. Mi si è inceppato quel meccanismo automatico che un tempo mi faceva fare i nodi senza pensarci.
Senza pensarci. Questo è il punto.
E' un'operazione che ho sempre fatto senza consapevolezza. Automaticamente.
Nella mia vita non ho molto amato le cravatte. Quando ho potuto, non le ho messe. Da giovane non sapevo fare il nodo. Non l'ho mai imparato. È stato verso i cinquant'anni che ho voluto imparare. Un amico di mia figlia si è prestato a insegnarmelo. L'ho appreso meccanicamente. Senza approfondire i significati dei gesti che facevo. L'ho imparato bene. Lo facevo senza problemi. Anche se di nodi durante l'anno ne facevo pochi.
Entrato nella vecchiaia, di nodi ne ho fatti sempre meno. Non mi sono tenuto in esercizio. Finchè è arrivato il momento in cui ho disimparato. Ed è capitato quando sono diventato vecchio.
In vecchiaia è come se fossimo chiamati a essere più coscienti in tutto ciò che facciamo. Non funzionano più gli automatismi. Bisogna avere più consapevolezza. Nella guida dell'auto, nello scendere le scale, nell'attraversare la strada.
Vecchi, più coscienza!

(Ho riprovato a fare il nodo ieri. Dopo qualche tentativo mi è riuscito. Sono stato attento ai gesti. Ho capito i significati delle operazioni. Adesso lo so fare coscientemente.)

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17 novembre 2013

Foglie gialle (405)

Foglie gialle. (405)
E' autunno. Nel parco molte foglie sono ingiallite. Se guardo bene, le tonalità dei vari gialli sono diversissime. Gli alberi ingialliscono in modi differenti.
Vi sono piante che sono ancora quasi del tutto verdi. Altre che hanno perso tutte le loro foglie gialle.
Le diversità non sono soltanto fra specie differenti di alberi. Perfino alberi della stessa specie ingialliscono in modo diverso.
Un'allegoria della vecchiaia.
Non tanto per il fatto che sembrano come morire, quanto per la loro diversità di comportamento.
Sempre più mi convinco che di vecchiaie ce ne siano moltissime. E diverse fra loro. Molto diverse.
Quasi per ogni vecchio c'è una vecchiaia.
La sua vecchiaia, inventata quasi da lui.

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16 novembre 2013

Strani pensieri (404)

Strani pensieri. (404)
Nella mia vita attuale spesso rimpiango di non avere tempo per fare quello che più mi piacerebbe. Ormai ho quasi perso la speranza che arrivi un giorno in cui ciò possa accadere.
Rassegnazione? Non so.
Da quelche tempo è affiorato un altro pensiero. In contrasto col precedente.
Mi sorprendo a essere appagato, qualunque cosa stia facendo. Anche cose banali come fare la spesa, o riordinare la casa.
È entrata nella mia mente l'idea che non importa ciò che faccio. Ma che lo faccia. Cioè che faccia qualcosa. Importa che lo faccia bene. Con consapevolezza.
Mi sembra importante come faccio le cose che faccio.
In questo modo aggiungo valore a ciò che faccio.
È come se l'importante sia aver vissuto. L'importante sia la vita in se stessa. Il vivere.
Sto attribuendo valore al semplice vivere: muovermi, respirare, agire.
Se lo faccio bene, con coscienza piena.
Strane idee.

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15 novembre 2013

Udire (403)

Udire. (403) (15/11/13)
Non ricordo più dove l'ho letto. Pare che, al momento della morte, l'ultimo dei sensi che si affievolisca,  sia l'udito. Pare che si oda anche dopo che abbiamo esalato l'ultimo respiro.
Chissà, forse per qualche minuto. Il tempo in cui il cervello funziona ancora, prima di arrendersi alla mancanza di ossigeno. Però potrebbe essere anche un tempo più lungo.
Vi sono stati casi di annegamento (in acque fredde) nei quali degli individui sono restati senza ossigeno anche per un quarto d'ora. E non sono morti.
Per questo motivo ho sempre pensato che se assistevo una persona in fin di vita, le avrei fatto ascoltare della musica. Ma i casi in cui assisti qualcuno che sta morendo sono rari.
Ricordo che di questo parlavo con una vecchia zia, la mia preferita, con la quale condividevo la passione per la musica. Lei mi disse: “Quando morirò, mi piacerebbe che qualcuno mi facesse sentire l'adagio della nona sinfonia di Beethoven.”
Incautamente le promisi che l'avrei fatto.
È morta dieci anni fa. Non ero presente. Arrivai poco dopo. Avrei potuto accendere il giradischi con quel brano che le piaceva tanto. Non lo feci. Anche se eravamo pochi parenti stretti, quel gesto non sarebbe stato capito.
Soprattutto dall'anziano zio, che non credeva in queste cose.
Mi è sempre rimasto il cruccio di non averla accontentata.
Vorrei che qualcuno lo facesse per me. 
Al momento della mia morte.

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14 novembre 2013

Lasciare il posto di lavoro ai giovani (402)

Lasciare il posto di lavoro ai giovani. (402) (14/11/13)
Il ministro della scuola lo ha detto in un'intervista. Ha stigmatizzato quegli anziani (si riferiva a vecchi professori universitari) che non lasciano il posto ai giovani. Anzi continuano a occupare posti di lavoro. Che vuol dire posti di potere (in quel caso).
È giusto. L'ho sostenuto anch'io in queste pagine. Anche se, da vecchio, sento che è meglio non smettere di lavorare. Certo, adesso la situazione economica italiana non è felice e dunque bisogna farsi carico delle nuove generazioni che non hanno lavoro, né autonomia. Né, quindi, denaro.
Ma questo è il punto. Se un anziano ha una pensione dignitosa che lo aspetta, è un dovere morale quello di farsi da parte.
Ma se un anziano è povero? Che dovrebbe fare? Farsi da parte e vivere di stenti?
In questa situazione l'anziano, se può, continua a lavorare.
Non può fare altro.

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13 novembre 2013

Progetti, conclusioni, euforia (401)

Progetti, conclusioni, euforia. (401)
Sabato scorso ero euforico. Era la fine della settimana. Avevo concluso i miei incarichi e lavori. Ero libero da impegni. Ero contento.
Dovrebbe succedere sempre così, quando si conclude qualcosa. Ci si sente liberi. Anche se i progetti sono cose minime.
L'euforia però dura poco. Il senso di liberazione è solo momentaneo. Se poi non ci sono più progetti, subentra l'angoscia. Il senso di vuoto.
Per noi vecchi, un trucco di vita è quello di riempirsi di piccoli progetti. Che si esauriscano in un paio di mesi. O anche in una settimana. Finiti quelli si sta bene. Poi cominciare nuovi progetti. Per non sentire il vuoto.
Per non sentire la morte.

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12 novembre 2013

Locandine funebri (400)

Locandine funebri. (400)
Ce ne sono spesso, attaccate in giro. Le leggo sempre. Vedo che la differenza fra la mia età e quella dei morti si riduce. Adesso muoiono persone che hanno circa quindici anni più di me. Aumenta anche il numero di coetanei che muoiono.
Quando le locandine riporteranno solo morti di miei coetanei, sarà giunta la mia ora.
Non mi aspetto di vivere di più dell'età media. Né lo spero. Ma osservo che la mia aspettativa di vita diminuisce.
Non ne sono angosciato. Perchè vedo la fine ancora lontana.
Prossima, ma lontana.
Non so come sarà, quando saro più a ridosso della fine. Che tipo di speranza avrò. Che tipo di rassegnazione.
Devo parlare con qualcuno che è in quella situazione.
Ho bisogno di sapere.
Devo prepararmi.

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11 novembre 2013

Nuove tecnologie (399)

Nuove tecnologie. (399)
Ricordo nitidamente quando sono comparse alcune delle tecnologie moderne. Per esempio ero all'università quando arrivò la prima calcolatrice tascabile. Faceva solo le quattro operazioni e costava un occhio della testa.
Nei miei primi anni di lavoro, negli anni '70, comparve la fotocopiatrice, ancora su carta chimica, che sembrava carta oleata.
Negli anni novanta, ricordo ancora il primo computer. Lo usavo per scrivere lunghe serie di indirizzi. Con lo schermo nero. Senza mouse, naturalmente.
Poi, poco dopo, il telefono cellulare. E infine internet.
Di tutte me ne sono impadronito. Per necessità, più che per passione.
Poi sono diventato vecchio. Le nuove tecnologie hanno continuato a essere sfornate a getto continuo. Lo Mp3, il tablet, lo smartphone.
Ma ho cessato di rincorrerle.
Sono pigro, lo riconosco. Ma sono anche disinteressato.
Non mi entusiasmano giochi e giochetti che si possono fare con lo smart-phone.
Confesso che mi costa fatica impadronirmi di nuovi giocattoli. Non ne ho il desiderio.
Ecco cosa manca ai vecchi: il desiderio del nuovo.
E fresche energie mentali per imparare presto.

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10 novembre 2013

Luoghi d'aggregazione (398)

Luoghi d'aggregazione. (398)
Finalmente sono entrato al bar del bocciodromo, adiacente al parco che frequento coi cani. Erano le due e mezzo del pomeriggio e il parcheggio era pieno di auto. Ho pensato che questi anziani devono avere una gran passione per le bocce, se già dopo mangiato erano tutti in campo. Sorpresa: nei campi di bocce non c'era nessuno. Tutti erano al bar, seduti ai tavolini. Giocavano tutti a carte.
Giocare a bocce richiede uno sforzo fisico. O meglio, richiede un buon fisico, una precisione manuale, una forza. Tutto ciò gli anziani non ce l'hanno. E così ripiegano sulle carte. Gioco che richiede qualità mentali piuttosto che fisiche.
Ho scoperto dunque che il bocciodromo è un luogo d'aggregazione di vecchi. Per fare cose diverse dalle bocce. Ma è pur sempre un luogo in cui i vecchi si incontrano.
I vecchi maschi, naturalmente. 
Di donne, nemmeno una.

Nella mia uscita del tardo pomeriggio (sempre coi cani!), passo sempre vicino a una serie di palazzi di edilizia popolare. Passando sul retro, percorro la strada dei garage.
Uno di questi, quando passo io, verso le 18, è sempre aperto. Attorno a un tavolinetto stanno una decina di sedie tipo spiaggia, occupata da anziani che chiacchierano. In prevalenza donne. Ma c'è anche qualche marito. Il clima è allegro. Invitante. S'incontrano quasi tutte le sere. Stanno insieme. In un contesto poco formale (il garage), ma, forse per questo, accogliente.

Ecco dunque dove sono i vecchi. Hanno anch'essi dei luoghi in cui si incontrano. Non andranno in centro, a teatro, alle feste. Se non li vediamo, ci sono e si incontrano. Non se ne stanno rintanati in casa.
Anche da vecchi, noi umani tendiamo a stare insieme.
Non so perchè, ma questa scoperta mi ha messo di buon umore.


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09 novembre 2013

Qualche timore (397)

Qualche timore. (397)
Non sono un tipo pauroso. Non che sia un pezzo d'uomo muscoloso, anzi. Però non ho timore di trovarmi in situazioni di rischio. Dormire con una tendina in un bosco, fare percorsi in montagna ai limiti delle mie possibilità, passare di notte in strade a rischio. Tutte cose che ho già fatto. Forse non è coraggio. È un po' d'incoscienza. Ma finora è stato così. Non mi ha mai sfiorato il dubbio di incontri pericolosi. Mi sono sempre sentito sicuro di me stesso. Anche se non sapevo menar le mani.
L'altra sera tornavo da un incontro sociale, dopo mezzanotte. Non avevo più benzina e così mi sono fermato a un distributore automatico. Non c'era nessuno. Mentre armeggiavo con bancomat ed erogatore, ho avuto un po' di timore. E stata la prima volta. Ho pensato che ero solo, che ero vecchio, con forze ridotte. Qualunque malintenzionato, giovane, avrebbe avuto vita facile con me.
Insomma, un pò di paura l'ho avuta.
Ho avuto coscienza che da vecchio sono più fragile.
Alla mia età è ragionevole essere guardinghi.
Un po' di timore che freni l'eccessiva sicurezza è realismo.
I vecchi sono deboli.

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08 novembre 2013

Ancora la cantina (396)

Ancora la cantina. (396)
Riflettendo su quelle poche ore passate a riordinare, ho scoperto un altro aspetto del mio disagio. In pratica: un lavoro fatto da me, con i miei metodi, la mia organizzazione, è stato cambiato radicalmente. Altri hanno deciso su una cosa mia: la cantina.
Immediato il parallelo con la vecchiaia avanzata. 
Arriva un punto di svolta, nella vecchiaia. Dopo gli ottanta, sembra. 
È il momemto in cui deleghi tutto o quasi a chi ti è vicino. Per esempio il denaro, il conto corrente, le proprietà. Mia madre ha fatto così con me. A un certo punto abbiamo sottoscritto un unico conto corrente bancario. Un'unica economia, che gestivo io. Successivamente ho avuto la procura per la vendita degli immobili. Di fatto mia madre è stata completamente esautorata. Fino al punto di essere inserita in una casa di riposo, contro la sua volontà.
Capiterà così anche a me, in età avanzata. 
Non sarò più io a decidere della mia vita.
Altri decideranno al posto mio.

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07 novembre 2013

Lavorare con altri (395)

Lavorare con altri. (395)
Non sono mai stato molto collaborativo, nel lavoro. Preferivo (e preferisco) lavorare da solo.
In vecchiaia sono peggiorato.
L'altro ieri ho riordinato la cantina. Con mia moglie e suo figlio. Anche in un lavoro così semplice, si scontano opinioni diverse, modi diversi di operare. Mi sono sentito a disagio. Per il metodo, per la fretta. E anche perchè avevo già dato io un certo ordine alla cantina, che inevitabilmente è stato cambiato. Ho sopportato male il cambiamento.
Sono diventato rigido. Mi attacco al mio tipo di organizzazione e stento ad adattarmi ad altri metodi. Anzi non mi adatto proprio. Durante quel lavoro ero come confuso. Giudicavo il loro modo d'agire incoerente, disordinato, senza metodo. 
Era semplicemente diverso. E io ero molto attaccato al mio modo.
Invecchiando ho perso flessibilità.
Ricordo un mio vecchio zio. Alcuni anni fa (dieci o più) mi aveva chiesto aiuto per sistemare la sua cantina e il garage. Mi prestai volentieri. Era stato molto generoso con me. Glielo dovevo, allora che era vecchio.
La cosa che mi è rimasta impressa è il tipo di lavoro che facemmo. Non solo si fece secondo i suoi intendimenti (ovviamente la cantina era la sua!), soprattutto fece soltanto lui. Io non feci quasi nulla, perchè tutti i lavori che avremmo dovuto fare insieme, semplicemente me li sottraeva o li rifaceva se li avevo fatti io.
Sono diventato come mio zio.

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06 novembre 2013

Fare ordine in cantina (394)

Fare ordine in cantina. (394) (06/11/13)
Non credevo che fosse traumatico. Mi sembrava una cosa semplice, che ho fatto tante volte, in passato.
Appunto, in passato. L'ultima sei anni fa. Non ero ancora vecchio.
Ieri mattina con mia moglie e suo figlio ci siamo messi all'opera. Bisognava sfoltire la cantina. In pratica eliminare oggetti.
In alcune pagine di questo diario ho già scritto che i vecchi devono eliminare, regalare, rottamare. Per questioni pratiche (altrimenti quando muoiono lasciano l'incombenza ai familiari). Anche per ragioni più profonde: cominciare a eliminare ci abitua al distacco almeno dagli oggetti. Che sarà definitivo con la nostra morte.
Sono stato a disagio per tutto il tempo del riordino. Mi sembrava che si eliminassero cose senza una attenta valutazione. Che si eliminassero troppo in fretta. Potevano sempre diventare utili … Sono caduto nella trappola degli attaccamenti. Mi sono sentito molto più attaccato di quanto pensassi. A degli oggetti, poi!
Penso a quanto sono ancora attaccato a questa vita, dalla quale mi dovrò pur distaccare.
Ho predicato bene, nei mesi scorsi, ma ho razzolato male ...

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05 novembre 2013

Vivere il presente (393)

Vivere il presente. (393)
E' l'unico modo di vivere. Da vecchi.
Era uno dei richiami più frequenti del movimento della New Age, negli anni ottanta-novanta del secolo scorso. Ma era un invito ricorrente in alcuni filosofi e mi pare anche in qualche scrittore latino. Significa: vivi aderendo completamente al momento che stai vivendo. Mentre vivi il presente non pensare al futuro. Il futuro non esiste. Esiste solo il presente. Anche: non vivere rimuginando il passato. Il passato non esiste. Esiste solo il presente.
Ho scoperto che da vecchi è di grande aiuto. Anzi è il modo unico per vivere al meglio. 
Così elimini la paura del futuro, delle perdite di capacità, della morte.
Ti concentri sulla tua giornata.
Il tempo quotidiano è senza età. Non sei né giovane né vecchio, mentre vivi il tuo giorno, pensando soltanto al tuo giorno.
Per noi vecchi è un ottimo modo di vivere, perchè elimini quello che ti mette angoscia. Il futuro prossimo. Vivendo solo nel presente è come se il futuro non ti riguardasse.
Noi vecchi non abbiamo futuro.
Possiamo soltanto vivere il presente.
È perfetto per noi.

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04 novembre 2013

Ormoni (392)

Ormoni. (392)
Quando porto fuori i cani, per un giro breve, vado in una piazzetta vicino a casa, al cui interno c'è un giardinetto, dove i cani possono correre. Non c'è quasi mai nessuno. A volte c'è qualcuno seduto sulla panchina. Mi costringe a tirar dritto, per evitare storie con i cani. L'altro ieri c'era un tale che parlava concitato al cellulare e camminava all'interno del giardinetto. Ho saltato la sosta, irritato. Passando vicino, ho udito quel tale dire: ”Sii sincera!”
Era un giovane sui trent'anni. Mi sono immaginato che parlasse con una sua coetanea con la quale avesse una qualche relazione. Burrascosa, sembrava. 
Ho ripensato a quando avevo la sua età. Alle relazioni con le donne. Agli ormoni, dai quali ero condizionato. Ho provato un senso di sollievo al pensiero che ormai da vecchio, gli ormoni non mi dominano più. Mai e poi mai tornerei a quell'età! Anche se ciò volesse dire avere tanti anni di vita davanti.
Al pomeriggio sono andato alla festa di compleanno di mio nipote. Tanti bambini coi genitori. Tutti genitori giovani. Li ho trovati educati e misurati (i genitori). Bella gente, insomma. 
Non ho potuto fare a meno di provare un brivido, al pensiero che fossero anch'essi in quell'età del giovane della piazzetta. Che fossero tormentati dalle relazioni fra di loro.
Forse è giusto passare per quella fase. Serve a maturare. 
Ma sono contento di esserne uscito. Lo sento come una liberazione.
Sono felice di essere vecchio.

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03 novembre 2013

Modelli (391)

Modelli. (391)
Si dice che i giovani abbiano bisogno di modelli di adulti. Il proprio padre, un ottimo insegnante, uno zio, eccetera (naturalmente lo stesso per le ragazze). Sono questi i modelli a cui loro si conformeranno, diventati adulti.
L'età matura sembra meno bisognosa di modelli. Ognuno ha già i propri. Non c'è bisogno di aggiungere altro.
Poi arriva la vecchiaia. Un'età nuova. Sconosciuta ai più. Anche se alcuni accudiscono genitori anziani, non capiscono, finchè non diventano vecchi anche loro.
Perciò, arrivati alla vecchiaia, entriamo come in un deserto. Non ci sono piste, tracce sul terreno, punti di riferimento. Abbiamo più che mai bisogno di aiuto.
I vecchi hanno bisogno di modelli.
Ho preso coscienza adesso di essere alla ricerca di un modello di anziano. Può essere un personaggio pubblico. Mi va bene anche uno privato. Col quale magari confrontarsi direttamente.
Di personaggi pubblici, esempi di vecchi, ne abbiamo pochi. I vecchi non hanno l'attenzione dei mezzi di comunicazione. A meno che non siano attivi in altri campi. Come il presidente della repubblica, o come il premio Nobel Dario Fo (parlo dell'Italia). Anche modelli negativi, molto negativi, come un recente presidente del consiglio. Ma per la vita, quella vera, abbiamo bisogno di esempi positivi. Che con la loro vita ci dicano qualcosa sulla nostra di vita, sulle nostre difficoltà, sulle novità della vecchiaia.
Abbiamo un disperato bisogno di modelli di vecchi.

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02 novembre 2013

In libreria (390)

In lbreria. (390)
Vado spesso in libreria. I libri mi piacciono. Qualche giorno fa ho scoperto un libro sulla vecchiaia: Ragazzo. Storia di una vecchiaia. Di Massimo Fini. Ne ho letto una decina di pagine, qua e là. Stile tagliente, autobiografico (l'autore sembra essere giunto alla vecchiaia da poco), taglio giornalistico. Un buon libro, insomma. Ma non l'ho acquistato.
Adesso sono pentito e tornerò a comprarlo. Ma sul momento mi è parso unilaterale. Troppo frettoloso. Giornalistico, appunto.
Ne ho letto poco, per darne un giudizio definitivo. Però ho capito l'idea centrale. La vecchiaia è una sventura. E chi dice il contrario è un ipocrita.
In questi due anni di diario giornaliero (e in un anno di blog) ho imparato a non essere definitivo. Alcune idee iniziali le ho cambiate. La prospettiva è cambiata. Ho approfondito. Proprio  a causa di un confronto continuo con la vecchiaia.
Mi sono addentrato a fondo nei vari temi.
Ho capito che ci sono varie vecchiaie.
Che ci sono infiniti modi di vivere la vecchiaia.

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01 novembre 2013

Il mio vecchi farmacista (389)

Il mio vecchio farmacista. (389)
Mi conosce da quando ero ragazzo. Abitavamo nello stesso condominio.
Ora io sono diventato vecchio. Lui anche. Molto vecchio. Ma in farmacia ci va ancora. Possiede un gran bello spirito.
E la sua farmacia è diventata la mia, da qualche anno. Lo vedo poco perché se ne sta in laboratorio. Generalmente parlo con la figlia, che è a contatto coi clienti.
Ieri, la figlia, vedendomi, mi ha chiesto se mi occupavo ancora di cremazione. Alla mia risposta affermativa, mi ha detto che suo padre da un po’ di tempo le ha chiesto di voler parlare con me, appunto di cremazione.
Sono rimasto sorpreso, ma contento. È un grande vecchio, ancora lucido. Da un incontro con lui penso che potrei trarre gran giovamento. Sono certo che potremmo parlare di vecchiaia.
Un vecchio in età così avanzata (vicino ai novanta) che vuol parlare di cremazione! Mi ha allargato il cuore. 
Mi ha mostrato un modello di vecchio che mi piace. Alla sua età continua a fare quello che gli piace: curare il laboratorio erboristico/farmaceutico.
Continua a perseguire un progetto. Nonostante sia in età di morte.
Contemporaneamente sa che la fine della sua vita è vicina. Allora si occupa anche dei problemi della sua età. Ha deciso, probabilmente, di farsi cremare, prendendo una decisione per il suo dopo-morte.
Un vecchio così a me pare perfetto.

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