07 novembre 2013

Lavorare con altri (395)

Lavorare con altri. (395)
Non sono mai stato molto collaborativo, nel lavoro. Preferivo (e preferisco) lavorare da solo.
In vecchiaia sono peggiorato.
L'altro ieri ho riordinato la cantina. Con mia moglie e suo figlio. Anche in un lavoro così semplice, si scontano opinioni diverse, modi diversi di operare. Mi sono sentito a disagio. Per il metodo, per la fretta. E anche perchè avevo già dato io un certo ordine alla cantina, che inevitabilmente è stato cambiato. Ho sopportato male il cambiamento.
Sono diventato rigido. Mi attacco al mio tipo di organizzazione e stento ad adattarmi ad altri metodi. Anzi non mi adatto proprio. Durante quel lavoro ero come confuso. Giudicavo il loro modo d'agire incoerente, disordinato, senza metodo. 
Era semplicemente diverso. E io ero molto attaccato al mio modo.
Invecchiando ho perso flessibilità.
Ricordo un mio vecchio zio. Alcuni anni fa (dieci o più) mi aveva chiesto aiuto per sistemare la sua cantina e il garage. Mi prestai volentieri. Era stato molto generoso con me. Glielo dovevo, allora che era vecchio.
La cosa che mi è rimasta impressa è il tipo di lavoro che facemmo. Non solo si fece secondo i suoi intendimenti (ovviamente la cantina era la sua!), soprattutto fece soltanto lui. Io non feci quasi nulla, perchè tutti i lavori che avremmo dovuto fare insieme, semplicemente me li sottraeva o li rifaceva se li avevo fatti io.
Sono diventato come mio zio.

(L’indice per argomenti delle prime 300 pagine del diario si trova a pagina 300.)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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