Lavorare
con altri. (395)
Non
sono mai stato molto collaborativo, nel lavoro. Preferivo (e
preferisco) lavorare da solo.
In
vecchiaia sono peggiorato.
L'altro
ieri ho riordinato la cantina. Con mia moglie e suo figlio. Anche in
un lavoro così semplice, si scontano opinioni diverse, modi diversi
di operare. Mi sono sentito a disagio. Per il metodo, per la fretta.
E anche perchè avevo già dato io un certo ordine alla cantina, che
inevitabilmente è stato cambiato. Ho sopportato male il cambiamento.
Sono
diventato rigido. Mi attacco al mio tipo di organizzazione e stento
ad adattarmi ad altri metodi. Anzi non mi adatto proprio. Durante
quel lavoro ero come confuso. Giudicavo il loro modo d'agire
incoerente, disordinato, senza metodo.
Era semplicemente diverso. E
io ero molto attaccato al mio modo.
Invecchiando
ho perso flessibilità.
Ricordo
un mio vecchio zio. Alcuni anni fa (dieci o più) mi aveva chiesto
aiuto per sistemare la sua cantina e il garage. Mi prestai
volentieri. Era stato molto generoso con me. Glielo dovevo, allora
che era vecchio.
La
cosa che mi è rimasta impressa è il tipo di lavoro che facemmo. Non solo si fece secondo i suoi intendimenti
(ovviamente la cantina era la sua!), soprattutto fece soltanto lui.
Io non feci quasi nulla, perchè tutti i lavori che avremmo dovuto
fare insieme, semplicemente me li sottraeva o li rifaceva se li avevo
fatti io.
Sono
diventato come mio zio.
(L’indice
per argomenti delle prime 300 pagine del diario si trova a pagina
300.)
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