La felicità della vecchiaia. (388) (29/10/13)
Ho ricevuto queste due paginette di un anziano, pubblicate in internet, ma non so dove. Non conosco nemmeno l'autore. Comunque le scrivo ugualmente nel mio blog. Sono proprio belle.
Per rispetto dell'autore lascio tutto così come l'ho trovato.
alla fine dei cinquant’anni conclusi con un
sorriso di sorpresa che il decennio che avevo alle spalle era stato
il migliore della mia vita.
questo ribaltava parecchio un paio di secoli di
tradizione romantica sulla bellezza della giovinezza, che solo Nizan
aveva cominciato a contestare, ma senza troppa efficacia,
considerando che era morto suicida a soli quarant’anni (soli
quaranta, pensa un po’!).
arrivato oggi a metà del decennio successivo
(considerando che fui concepito nel luglio 1947 sulle rive del Boite
a Cortina, come mi fece sapere mia madre), e senza poter dire ancora
se non possa essere l’ultimo della mia vita, rifletto ogni tanto
sulle caratteristiche per me di questo periodo che va considerato,
latinamente e virilmente, come l’inizio della vecchiaia.
che è una nuova adolescenza, quanto a crisi
esistenziale, solo vissuta a rovescio:
lì esplodono le tempeste ormonali, qui si
spengono,
lì la mente si apre a mondi sconosciuti, qui si
offusca lentamente,
lì scopri di essere miope e ti metti gli
occhiali, qui di essere diventato anche presbite e te li togli, senza
parlare di cataratta per chi ce l’ha,
lì cresci in altezza, qui in larghezza,
se non ci stai attento.
lì gli altri ironizzano sui brufoli, qui
sulle stempiatura che dilaga e diventa quasi calvizie,
lì sei infelice e pensi che tutti te lo
leggano sugli occhi, qui sei felice e ti diverti a pensare che
nessuno lo sospetta nemmeno.
già, perché il segreto della vecchiaia
è la felicità.
le malattie sono soltanto la polvere
nell’ingranaggio e probabilmente sono volute da un qualche
disegno autoprodotto ma dotato di senso per evitare che ci
attacchiamo troppo alla vita e perché non possa esistere su
questo pianeta una qualche perfezione (anche la Sicilia ha la
mafia e l’Australia i deserti, per dire).
se si potesse prescindere dagli acciacchi
che avanzano silenziosi e a passo veloce, di per se stessa
considerata, la vecchiaia mentale è l’età perfetta.
dite pure che è solo l’effetto di quel
tanto di neuroni che se ne vanno a quel paese, di una diminuzione
complessiva di efficienza cerebrale, e non della saggezza
consentita dal ridimensionamento degli istinti e dalla somma delle
esperienze compiute…
che qualcosa dovrebbero averci insegnato,
no?, se non siamo proprio dei bischeri…
dite quel che volete, ma io già lo
sospettavo guardando in passato certi atteggiamenti di chi era già
vecchio quando non lo ero io: i vecchi sono felici, ma si
vergognano della loro felicità e la tengono segreta.
è una felicità sempre più fragile e
sempre più preziosa, una felicità inquinata dall’ansia di
quanto potrà ancora durare, ma
è una felicità maggiore rivedere il
sorgere del sole per la 30millesima volta che per la millesima
volta soltanto,
è felicità vedere i figli che diventano
padri e i nipoti che diventano ragazzi,
è felicità sapere che hai vissuto e
imparato,
che ora sai stare al mondo,
che conosci i segreti e i limiti della
vita,
che non ti racconti favole consolatorie,
che non credi a Provvidenza o Ragione, ma
solo al nonsenso e alla sofferenza, ma tutto funziona bene lo
stesso,
e tu sei in pace con te e un po’ meno
in guerra con gli altri,
è felicità che puoi guardare una
bella ragazza senza essere schiavo subito del bisogno di
portartela a letto che ti urla dentro,
che sei un patriarca,
che la gente che ha passato gli anni
migliori della tua giovinezza a darti contro, ti guarda ora col
rispetto che si deve a chi è scampato alla morte tante volte e ha
quella cosa misteriosa e affascinante che si chiama saggezza.
e tu scopri di colpo quanto sia superiore
Buddha a Cristo, per il solo fatto di essere vissuto fino a
ottant’anni ed essere morto in pace.
si diventa tanto più felici quanto più
si diventa vecchi, credetemi, le malattie servono solo a toglierci
di torno quando è il momento, ma la felicità non dipende da
loro, sono solo il tormento necessario per arrivare alla felicità
suprema che è quella del morire.
capisco che questa frase vi sembri un
pugno nello stomaco, ma avendo provato a morire già varie volte
nella mia vita, metto sempre a confronto l’annegamento mancato
degli undici anni con l’arresto cardiaco del febbraio scorso.
parlo a ragion veduta: una morte
cosciente come quella dell’annegato è il trionfo della
felicità, una morte inconsapevole come quella dell’arresto
cardiaco improvviso e non percepito è una fregatura.
se siamo sempre più felici quanto più
ci avviciniamo alla morte è perché la morte stessa è felicità
biologica pura.
e il vecchio che lo sa, che lo ha capito,
è felice non solo per la vita che ha alle spalle, ma anche per la
morte che lo attende.