23 ottobre 2013

Orizzonti ristretti (382)

Orizzonti ristretti. (382)
In città, viviamo tra i palazzi. Se guardiamo l’orizzonte, vediamo case. Molto vicine, per giunta. Fuori città, l’orizzonte si amplia. In montagna poi, l’orizzonte è sconfinato. Letteralmente senza confini.   
Ai confini ristretti ci abituiamo. Ma i confini ampli li amiamo.
Nella vita c’è qualcosa di simile. Amiamo gli orizzonti illimitati della giovinezza. Danno un senso di libertà assoluta. Danno vertigine. Mentre in vecchiaia l’orizzonte si chiude. Lo vediamo vicino. Sappiamo che dobbiamo arrivare lì. E quel lì è vicino. Troppo vicino.
L’orizzonte ristretto ci condiziona. Viviamo in altro modo, con un confine così prossimo. Ancora una volta ne esce il dono di Prometeo: la capacità di non vedere il termine della vita. Per poter continuare a vivere.
Per assurdo, se si vuole vivere pienamente, bisogna eliminare la morte dalla nostra visuale.
Dobbiamo avere un orizzonte sgombro da confini prossimi. Confini che non possiamo varcare.
Come in montagna, in zone prossime al confine di Stato: lo sguardo si perde in lontananza, e ne siamo felici, anche se di mezzo c’è un confine invalicabile. Semplicemente lo ignoriamo.

È un pensiero diverso, da quanto ho sostenuto nel primo anno di blog.                                

(L’indice per argomenti delle prime 300 pagine del diario si trova a pagina 300.)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

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