29 settembre 2013

L'orto (362)

L’orto. (362) 
Tutti i vecchi in gioventù hanno avuto delle passioni. Alcune di queste, in vecchiaia, ritornano.
Ci sono vecchi che amano il bricolage, altri le bocce, altri ancora le carte.
Io ho avuto la passione per l’orto. Ricordo con nostalgia gli anni (dieci) in cui possedevo un orto. Un grande orto. Ricordo la fatica, ma molto di più la soddisfazione.
Poi ho dovuto vendere la terra, e ho lasciato perdere.
In un’altra pagina (n. 341) dicevo che il vecchio deve continuare a ossigenare il suo sangue con sforzi fisici, anche se ha molti anni. Ho deciso di farlo in vari modi. Ma mi manca la continuità. Posso usare la bicicletta invece dell’auto, posso camminare di più, posso respirare più frequentemente come esercizio quotidiano. Ho sperimentato che è troppo poco. Ma ho sperimentato che, quando lo faccio, sto meglio.
Allora riprendere l’orto è la soluzione migliore (per me, almeno). Sono avvantaggiato: nella mia città il Comune attrezza degli appezzamenti da dare agli anziani per farci piccoli orti.
Orti sociali, li chiamano. Ho la fortuna che ce ne sono due vicino a casa. Nei due parchi che frequento coi miei cani. Sono piccoli appezzamenti suddivisi in aiuole di cinquanta metri quadri. Pochi, ma meglio di niente. Già tutti occupati, mi dicono. Bisogna
prenotare un'aiuola.
Domani vado a
mettermi in lista d’attesa.

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28 settembre 2013

La patente di guida (361)

La patente di guida. (361) 
La patente di guida ha una validità di dieci anni (almeno in Italia). Poi devi rinnovarla.  All’ultimo rinnovo, alcuni anni fa, ho scoperto che passati i sessant’anni la mia patente dura solo cinque anni. Più avanti nell’età, solo tre. Ancora più avanti, solo un anno.
Margherita Hack, l’astronoma, morta recentemente, ultra-novantenne, alcuni mesi prima di morire si era arrabbiata moltissimo perché non le avevano rinnovato la patente all’ultimo controllo.
“Non sono ancora rimbambita! Continuerò a guidare anche senza patente!” Fu la sua irosa reazione.
La perdita della patente è un segnale forte del tuo ingresso nella vecchiaia avanzata. Quasi un rito di passaggio.
Doloroso.
Significa che lo Stato non ritiene che tu sia abile a svolgere un’azione delicata come la guida di un autoveicolo. Ha le sue ragioni. C’è di mezzo l’incolumità degli altri.
Ma per un vecchio, è doloroso. E’ una certificazione della sua disabilità. 

Inevitabile, a un certo punto.
E’ la parabola della vita. La capacità di attenzione, i riflessi, l’udito e la vista scemano.
Accettare la perdita della patente è come accettare la vecchiaia.

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27 settembre 2013

Visioni diverse (360)

Visioni diverse. (360)
Dicevo a mia moglie, scendendo le scale: “Come è facile per noi scendere le scale! Penso alla fatica dei nostri vicini ultra-ottantenni.” Ero colpito da come le mie gambe mi obbedissero con facilità. E da come, invece, fra vent’anni il corpo non risponderà più.
Mia moglie mi ha chiesto: “Ma tu pensi spesso alla tua futura invalidità?” Ho risposto di sì.
Lei ha commentato: “Hai una vena depressiva. Io non ci penso. Ci penserò quando capiterà. Per ora mi concentro su quello che le mie gambe possono darmi adesso. Non mi viene in mente quello che non potrò fare l’anno prossimo. Tanto meno fra vent’anni!” 

Ho confessato che io invece ne avevo paura.
Parlarne, dirmelo è un modo per esorcizzare l’invalidità. E’ anche un modo per prepararmi all’evenienza. Per non essere colto di sorpresa da una grave perdita. Abituarmi fin da adesso al momento in cui non avrò più alcune abilità.
C’è una debolezza nel mio pensiero. Esso alimenta una paura per qualcosa che potrebbe avvenire in un futuro abbastanza lontano. E non mi permette di godere di ciò che ho.
E’ lo stesso anche per la morte. Inutile pensarci ora. Ci penseremo quando ne saremo più prossimi.
Dunque si può vivere la vecchiaia pensando ad altro, facendo progetti di vita. Come se la morte non ci fosse.
E’ il dono che i greci attribuivano a Prometeo: la cecità riguardo alla certezza della morte, per poter vivere, per non esserne paralizzati (vedi n. 151, 152).
Sono modi diversi di vivere la vecchiaia.

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26 settembre 2013

Scalfari (359)

Scalfari. (359) 
E’ uno dei grandi vecchi intellettuali italiani. Fondatore di un giornale di successo, ormai è molto anziano. Lucido, comunque. A volte viene intervistato da qualche televisione, come la settimana scorsa.
Nell’intervista gli è stata chiesta l’opinione sulla situazione politica italiana. Con sicurezza ha espresso giudizi, fatto previsioni, formulato valutazioni. Tutto ciò contrastava con la lentezza nell’esprimersi e con qualche difficoltà a concentrarsi.
Quello che mi ha stupito è stato la certezza con cui ha espresso la propria opinione. Senza spazio per il dubbio. Senza avvertire gli ascoltatori che si trattava di opinioni. Che nulla era assoluto.
Mi colpisce la mancanza di senso critico, in alcuni vecchi. E sì che di vita ne hanno passata molta. Dovrebbero sapere quanto relativa sia la verità. Soprattutto, quante verità ci siano.
In un’altra pagina (213) ho scritto che i vecchi devono parlare, devono dire, non possono star zitti. Tutto vero, se si tratta di valori. Meno vero se si tratta di altro.
Se sono opinioni, meglio dire: “A me sembra che… “

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25 settembre 2013

Tappeti (358)

Tappeti. (358) 
Ieri mattina stavo uscendo per la solita passeggiata con i cani. Per le scale mi ferma la vicina anziana (ottantenne). Mi mostra l’occhio destro, cerchiato di blu. E mi racconta. 
Scendendo dal letto è caduta e la faccia è andata a sbattere sullo spigolo di un mobile. L’arcata del sopracciglio ha protetto l’occhio. Altrimenti si sarebbe ferita seriamente al bulbo oculare. “Lassù qualcuno mi protegge!”, ha esclamato. Mi sono rallegrato con lei per lo scampato pericolo.
Le ho chiesto se ai piedi del letto c’era il tappetino scendiletto. Mi ha risposto di sì, aggiungendo che è stato proprio questo che l’ha fatta scivolare. Allora ho concluso che era arrivato il momento di eliminare i tappeti di casa. E’ rimasta perplessa. Non sapeva dove metterli! (ne ha altri anche in bagno e in soggiorno).
Mi stupisco come gli anziani siano privi di buon senso. In tarda età la deambulazione si fa più incerta. Basta poco per cadere. Ogni caduta poi ha effetti rovinosi sul corpo del vecchio. Dovrebbe essere automatico che dopo i settanta, settantacinque anni, i tappeti di casa debbano sparire. Si dovrebbe sapere che la maggior parte degli incidenti (di tutti, non solo dei vecchi!) avvengono in casa.
Ecco una banale norma di prudenza che non viene messa in atto. E se i vecchi non ci pensano dovrebbero essere i figli che intervengono.
Bisogna augurarsi di avere qualche piccolo incidente che ci faccia decidere a eliminare i tappeti, prima che un incidente grosso ci renda invalidi.
 

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24 settembre 2013

Allenatori (357)

Allenatori. (357)
La vecchiaia è un’impresa faticosa. Soprattutto l’ultima parte.  Bisogna allenarsi prima.
L’allenamento è un’abitudine graduale allo sforzo, che si produrrà poi nella competizione.
All’ultima età ci si deve preparare. Bisogna addestrarsi prima, per sostenerne poi le prove.
Avremmo bisogno di centri d’addestramento. Di allenatori.
Gli allenatori sportivi sono ex agonisti che hanno fatto una lunga carriera in uno sport, hanno lunga esperienza. Che possono trasmettere ai più giovani.
Per la vecchiaia è diverso. Un allenatore dovrebbe già averla vissuta. Ma se uno l’ha vissuta, o è già morto, o è senza forze e lucidità per addestrare altri. Occorrerebbero anziani di terza fascia, in buona salute, motivati e con un minimo di energie.
Difficile da realizzarsi.
La soluzione è diventare allenatori di noi stessi.
Con molta attenzione, cura, coscienza diventiamo degli autodidatti della vecchiaia. Per farlo bisogna capire esattamente quali sono le sue caratteristiche. Fisiche, psichiche e mentali.
Estrarre il succo della vecchiaia. Cimentarsi con essa.
Non c’è altro modo.

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23 settembre 2013

L'olfatto (356)

L’olfatto. (356)
Questa primavera ho avuto una breve influenza. Febbre per un giorno, malessere per due. 

Poi, guarito. Poco più di un forte raffreddore. Poco danno. Se non che, nei giorni successivi, mi sono accorto di avere perduto sensibilità agli odori. Non ci ho badato più di tanto. Si sa, spesso capita dopo una malattia, ma tutto si riaggiusta entro qualche giorno.
Per alcune settimane sono stato in attesa del ritorno del mio odorato. Poi non ci ho pensato più. Adesso mi accorgo che l’olfatto non è più ritornato come un tempo. Non è che mi manchi del tutto. E’ meno sensibile, il mio odorato.
Fidandomi di esperienze passate, sono fiducioso che, prima o poi, ritornerà. Ci vuole più tempo, mi dico, adesso che sono vecchio. Non so se sia vero. Potrebbe anche darsi che ne abbia perso una parte definitivamente.
Mi devo rassegnare alla perdita? La vecchiaia è una serie di perdite, in fin dei conti.
Questa potrebbe essere una. Come per la vista, o l’udito.
Ma la vecchiaia ti fornisce  anche l’antidoto.
Ti ci abitui.

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22 settembre 2013

Lasciar perdere (355)

Lasciar perdere. (355) 
Quest’anno il lavoro è ancora diminuito. Mi dispiace. Non per il guadagno che cala, ma per le motivazioni che vengono a mancare. Chi me lo fa fare di impegnarmi solo per poche ore alla settimana? Mi è venuto il pensiero di rinunciare, dall’anno prossimo.
Anche tutti i miei tentativi di curarmi da solo, non danno i frutti che speravo. Mi arrabatto fra integratori, sali, diete, farmaci, stili di vita salutistici, con risultati scarsi. Ne vale la pena?
Per finire, gli sforzi per costruirmi lo ionizzatore d’acqua non hanno portato a grandi risultati.
Continuare? A che pro?
E’ un momento in cui ho la tentazione di lasciare. Di lasciar perdere. Di ritirarmi un poco.
I miei tanti anni mi inducono a interessarmi meno. A impegnarmi meno. A non perseguire più gli obiettivi con caparbietà.
Mi inducono a distaccarmi.
Proprio come nell’ultima fase della vita, poco prima di morire: il distacco.
Come diceva Elisabeth Kubler Ross, nel suo bel libro La morte e il morire, di tanti anni fa.
Lei lo chiamava dekathexis, parola greca che significa distacco definitivo.
Si vede che mi ci debbo preparare per tempo.

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21 settembre 2013

Il prelievo del sangue (354)

Il prelievo di sangue. (354) 
Ieri sono andato a farmi fare un prelievo di sangue. Per vedere come va il PSA. Cioè come va la prostata. In quel centro prelievi non c’ero mai stato. Non conoscevo le procedure, i luoghi, le modalità per mettersi in lista. Una leggera apprensione. Poi, mi ci sono adattato bene.
C’era anche una coppia di anziani. Sugli ottanta. Età più difficile della mia. Facevano un po’ di confusione. Non conoscevano o non rispettavano tutte le piccole regole che ci sono nei luoghi sociali. L’impiegata dell’accettazione, pur gentile, sottolineava bonariamente ciò che si doveva fare. Ripetendolo a voce alta. E sorridendo, ma senza scherno, sui loro limiti evidenti di comprensione.
I due coniugi non si mostravano intimiditi. Vivevano la loro difficoltà con una certa naturalezza.
Bravi. O inconsapevoli.
Ho confrontato la mia situazione con la loro. Anch’io qualche difficoltà l’avevo. Qualche regola l’ho infranta. Ma mi ci sono adeguato rapidamente.
Mi sono figurato come sarebbe con dieci o quindici anni in più. 

Una sordità aumentata, un senso di orientamento diminuito, difficoltà a comprendere il senso stesso di quello che mi si dice. Difficoltà di organizzazione.
Ho sorriso con l’impiegata della situazione. Ma non c’era da sorridere.
C’era da comprendere.
Tanto, ci arriviamo tutti.

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20 settembre 2013

Ricordi (353)

Ricordi. (353) 
Stamane ho visto passare per strada una vecchia auto, degli anni in cui ero tredicenne. 
Una Fiat 1100 nera, a coda corta degli anni ‘50. E’ stato emozionante. Come se quell’auto riportasse nel presente gli anni della mia adolescenza. Ho rivisto la prima casa della mia famiglia, ho avuto l’immagine nitida della strada, sulla quale era la casa, e di un’automobile simile, di colore azzurrino, del padre di un‘amichetta.
Ricordi. Di più. Perché ho rivissuto lo stato d’animo di quel tempo. Estate, scuola finita, in attesa di andare al mare. Spensieratezza. Gioia di vivere.
I ricordi sono fonte di gioia, per noi anziani. Certo, quelli belli. Ma abbiamo molti anni sulle spalle e dunque, per quanto pochi, i ricordi belli sono tanti.
Gli anziani ricordano volentieri. E si raccontano fra loro fatti, eventi, situazioni del passato. Se li raccontano per rivivere quelle gioie. Non importa se chi ci sta davanti ci ascolta poco. Noi raccontiamo e siamo felici.
Perché in realtà rievochiamo solo per noi stessi.
Nostalgia, si chiama.

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19 settembre 2013

Debolezze (352)

Debolezze. (352) 
Mi sono scoperto:  desidero restare come sono. Cioè, in questa fase della vecchiaia. Fermare tempo e decadenza. Perché, così come sono, sto bene.
Fermare il tempo a sessantasette anni. Non anelo alla gioventù. Troppo incosciente. Neppure all’età di mezzo. Troppi problemi. Anelo a questa fase della vecchiaia. Ho tutti i vantaggi dell’esser vecchio e pochi svantaggi.
Quando l’uomo arriva in un luogo in cui sta bene tende a cristallizzare realtà e tempo.
Nonostante richiami continuamente me stesso alla necessità di passare attraverso tutte le fasi della vita, scopro che desidero fermarmi qui.
Non posso. Ed è giusto che non si possa. Se così fosse, mi priverei di tutto quello che viene dopo. Vivrei una vita di ripetizione di cose che conosco già. Invece il futuro è novità, coscienza in più. Prove difficili, ma esaltanti, se si vivono in consapevolezza.
Tutto questo lo so. E mi incammino verso le età più vecchie, in attesa di nuove scoperte.
Ma mi piacerebbe restare in quest’età.
Almeno per un po’.

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18 settembre 2013

Finisce l'estate (351)

Finisce l’estate. (351) 
Sta finendo l’estate. Giorno dopo giorno, la temperatura massima cala di un po’. Un grado, mezzo grado. Alla sera ho cominciato, prima, a mettermi una camicia a maniche lunghe. Poi, un gilè. Ora esco con un giubbetto leggero a maniche lunghe.
Il tutto avviene lentamente. Passi dall'estate all'autunno quasi senza accorgertene. Ti assapori i cambiamenti. Ricordi e confronti. Due settimane fa andavo ancora con magliette a manica corta, senza canottiera. Adesso ho freddo, se esco così.
La lentezza dei cambiamenti naturali richiama la lentezza della vecchiaia. 

La vecchiaia procede molto più lentamente. Anno dopo anno, e non giorno dopo giorno. Ti puoi godere lunghi periodi di situazioni intermedie. Non sei più un individuo di mezza età, ma non ancora vecchio dell’ultima fase.
La lentezza del suo procedere ti permette di guardarti attorno. Osservare le altre età, con coscienza e interesse. Osservare per esempio i cambiamenti di tuo nipote. Questi sì, tumultuosi e rapidissimi.
Ma soprattutto ti puoi soffermare sui tuoi cambiamenti.
Puoi osservarli con distacco. Puoi cercarne il significato (che c’è sempre).
E’ un’età da assaporare in pienezza.
Senza traumi.
Tanto,  tutto avviene molto, molto lentamente.

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17 settembre 2013

Un altro film (350)

Un altro film. (350)
E’ intitolato Il mare dentro (2004). Autore uno spagnolo, Alejandro Amenabar.

Riguarda l’eutanasia. Un buon film.
Film asciutto. Senza pietismi. Descrive il percorso verso l’eutanasia di un uomo paralizzato dal collo in giù, da 26 anni. Battaglie legali, associazioni che si battono per il diritto a togliersi la vita, familiari contrari o favorevoli.
E’ fatto bene perché l’attore che interpreta il personaggio paralizzato è lucido, determinato, ma umano, con un giusto grado di disperazione, coraggio e cattiveria verso chi viene a lui per pietà, ma in sostanza lo vuole distogliere dal suo progetto.
Anche questo è un film da vedere.
Unico neo, la sostanza scelta per suicidarsi. Il cianuro di potassio. Che ti fa morire per soffocamento. Solo due minuti di agonia, ma perfettamente eliminabili.
La tecnologia moderna può far morire senza dolore.
Basta vedere i filmati dell’associazione svizzera Exit. In cui coloro che si tolgono la vita semplicemente si addormentano.

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16 settembre 2013

Frustrazioni (349)

Frustrazioni. (349) 
Sto avendo degli insuccessi. Quest’estate avevo alcuni progetti. Lo ionizzatore d’acqua, la cura per la mia prostata, la cura per i miei dolori cervicali, una camminata in montagna di qualche giorno.
Ebbene, non me n’è andato bene nessuno.
Lo ionizzatore d’acqua non funziona. O funziona troppo poco. Non ho risolto i vari problemi.
La mia prostata non migliora, nonostante i miei rimedi. Neppure i dolori cervicali migliorano. Anzi, adesso che è tornato un po’ di freddo, sono peggiorato.
Il mio viaggio annuale non l’ho potuto fare.
Sono frustrato.
Ma sono vecchio. So che i fallimenti possono essere aggirati, se non superati. Ne ho fatto esperienza. So che devo battere altre strade. Ne ho la certezza proprio perché ho vissuto molto. So che prima o poi, il vento gira giusto.
E, infatti, prima ho cambiato atteggiamento rispetto alla possibilità di andare a camminare. Posso ritagliarmi dei tempi che non prendevo in considerazione.
Poi ho trovato un rimedio per i dolori cervicali. Una macchinetta giapponese che avevo già in casa e che produce delle piccole correnti elettriche sui muscoli. Li scuote e stai meglio. L’ho provata ieri e mi sembra che funzioni.
Infine mi è venuta l’idea di usarla anche per la prostata. Una stimolazione elettrica. Qualcosa potrebbe succedere. Vedremo.
Le frustrazioni si possono volgere al positivo.
Da vecchi.


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15 settembre 2013

Una canzone per Marion (348)

Una canzone per Marion. (348) 
E’ un film recente. Di Paul A. Williams.  Sulla vecchiaia della coppia. Stesso tema del film Amour (vedi n. 54). Ma con esito molto diverso. Da vedere.
Qui la malattia e la morte della compagna non sono vissute in solitudine, dal marito superstite.
Il gruppo sociale, del quale faceva parte la moglie, si occupa, con delicatezza, anche del marito. Anzi fa scoprire al marito alcune sue doti naturali. Strappa il marito dalla chiusura in cui si era rifugiato.
Non vale fare una graduatoria fra i due comportamenti. O meglio il secondo film mostra sì una situazione meno tragica del primo. Quindi preferibile.
Ma la vecchiaia non è una sola. Sono molte. Ciascuno vivrà la sua propria vecchiaia.
Due film. Due storie di vecchiaia. Solo due esempi degli infiniti modi diversi di vivere la vecchiaia.
Il compito di un vecchio è costruirsi la sua di vecchiaia.
Diversa dalle altre.
Unica.

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14 settembre 2013

Il passato (347)

Il passato. (347) 
Succede anche questo, con internet: un conoscente di tanti anni fa mi trova in rete. Mi scrive chiedendomi se sono io, quel tale, che ha conosciuto durante il servizio militare. Incredibile! Ho conservato una stampa, un suo regalo di fine naia, nel mio studio, quasi dietro il monitor del computer. Stupefacente che sia accaduto quarant’anni fa.
Sono vissuto così tanto che posso riallacciare un contatto di quarant’anni fa. 

Non una, ma due vite fa.
E’ banale dirlo. Ma questo può accadere solo se sei vissuto molto. Solo se sei vecchio.
La grande specificità dei vecchi: hanno vissuto molto, molto a lungo.
E’ un fatto sul quale fare numerose riflessioni.
Da cui ricavare molti significati.
Vecchiaia è questo.

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13 settembre 2013

Mi sono abituato (346)

Mi sono abituato. (346) 
Eh sì, mi sono abituato. Ad alzarmi dalla tazza del bagno appoggiandomi con la mano. Ne ho necessità.
Avevo cominciato a farlo tre anni fa, dopo un piccolo incidente in bicicletta. Mi serviva per evitare di forzare il muscolo e il tendine della gamba, che mi facevano male. Il male è durato a lungo. Così mi sono appoggiato a lungo. Cessato il dolore, ho continuato a farlo. Più per abitudine che per necessità. Così credevo. Oggi mi accorgo che, se non lo faccio, stento ad alzarmi. Mi posso ancora alzare senza aiuto. Ma mi viene naturale cercare l’appoggio.
Avviene così a noi vecchi. Le forze calano. Cerchiamo aiuti.
Ma che succede se non mi appoggio? Riesco ad alzarmi lo stesso? Sì, con un po’ di sforzo, ma ci riesco. Ecco allora il mio impegno. Contrasto l’abitudine e mi alzo senza appoggio.
Un modello di comportamento di cui ho già scritto. Ora ho un’occasione per praticarlo.
Così facendo sforzo un muscolo. Lo tengo in esercizio. Gli impedisco di atrofizzarsi.
Come il mio cane, che sale sul lunotto posteriore dell’auto con le unghie e con i denti (n. 335).
Ma vuole salirci.
Anche se è vecchio.
E ci sale.
 
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11 settembre 2013

Brontolare (345)

Brontolare. (345)
E’ un errore dei vecchi. Noi vecchi amiamo dire parole lamentose o crucciate quasi senza interlocutore. Quasi a noi stessi.  Su molte questioni che non ci vanno a genio.
Da giovani imprecavamo. Da vecchi brontoliamo. A lungo con insistenza.
E’ una forma di malcontento verso la vita. O verso aspetti della società che non ci piacciono.
I nostri giudizi si trasformano in brontolii. E’ un peccato. Priviamo le altre generazioni di giudizi basati su lunga esperienza.
Il brontolare toglie validità alle nostre parole. Gli altri non ci badano più.
Dobbiamo essere più secchi, nei nostri giudizi. Dobbiamo motivarli di più. E’ più comodo ripetere sempre le stesse parole, come un mantra. Ma non è efficace.
Se non riusciamo a essere più efficaci, meglio astenersi dal giudicare.
Curiosamente anche il mio cane, in vecchiaia, abbaia di più. Meno furiosamente di un tempo, ma più a lungo. A volte sembra abbaiare a … nessuno. Così come ringhia se lo si disturba nella sua cuccia. O borbotta quando sul sedile posteriore dell’auto salgono gli altri due cani. A rubargli spazio.
E’ diventato vecchio.
Brontola anche lui.
 
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10 settembre 2013

Coppie che non vogliono invecchiare (344)

Coppie che non vogliono invecchiare. (344) 
Quando esco dal parco con i cani, a volte incrocio una coppia di conoscenti, anziani. Grandi viaggiatori, negli anni passati. Grandi sportivi. Ora hanno aggiunto più anni alla loro vita. Sono cambiati. Lui ha visibilmente diminuito la sua capacità di parlare. La sua voce è flebile. Come quella dei molto-anziani. Anche lei è anziana. Soffre di dolori alle articolazioni. Prende farmaci. Non si capacita di non aver risultati. E’ rabbiosa. Contro il male. Contro la vecchiaia.
Un’altra coppia, di parenti. Benestanti, viaggiano (con prudenza). Stanno soprattutto nella loro casa al mare. Quando si parla di vecchiaia, sono tristi e addolorati. Non si capacitano che la vita finisca con la vecchiaia. Temono gli acciacchi che verranno. Temono le perdite, le invalidità. Le temono senza speranza, con grande tristezza.
Due modi per vivere la vecchiaia.
Bisognerebbe avere un grande spirito. Una grande coscienza. Vedere la vecchiaia come un’occasione. Per cimentarsi, mettersi alla prova. Come una grande avventura. Che ti presenta prove difficili. Ma hai i mezzi per poterle affrontare. Hai vissuto molti anni. Un giovane di fronte a queste prove si dispererebbe. Non ce la farebbe.
Un vecchio lo può fare.
La vecchiaia non è cosa per gente fragile.
 
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09 settembre 2013

La mia cagna sta in disparte (343)

La mia cagna sta in disparte. (343) 
Ho tre cani. Caratteri diversi. (Anche i cani sono molto diversi l’uno dall’altro, come gli umani).
La cagna ha un carattere riservato. Non corre incontro festosa al primo venuto. Quando al parco incontriamo gruppi di altri cani, non partecipa ai giochi. Sta in disparte. Sta all’esterno dell’immaginario cerchio in cui inevitabilmente si pongono i cani quando si incontrano assieme ai loro padroni.
E’ l’unico cane che si comporta così. E’ anche la più vecchia.
I vecchi si tengono in disparte? Dipende dal carattere. Dipende dall’età.
Chi è stato molto socievole, diminuisce le proprie relazioni, ma non le annulla.
C’è anche chi è stato un orso in gioventù. Da vecchio peggiora il suo comportamento.
In generale si diminuiscono le relazioni. Si tende al meno.
Se questo serve per pensare di più, ben venga.
Se serve per diminuire seccature, non va bene.
Le relazioni tengono vivi.
 
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08 settembre 2013

L'orizzonte si restringe (342)

L’orizzonte si restringe. (342)
Da giovane, viaggiavo. Con roulotte e famiglia al seguito. Spagna, Grecia, Portogallo, perfino Marocco. Nella maturità ho continuato a viaggiare, ma più vicino. Pantelleria, Pola, lago d’Idro, Isola del Giglio. Negli ultimi anni non viaggio quasi più. Mi limito ai percorsi a piedi, sull’Appennino.
Da quando sono entrato nella vecchiaia, i miei spostamenti si sono ridotti ancora. E quest’anno non mi sono mosso da casa. Mi mancano le camminate nei boschi. Ho deciso che sfrutterò i boschi vicini a casa (ci sono delle colline a meno di venti chilometri).
Il mio orizzonte di movimento si restringe. Non ho l’impulso a muovermi: organizzazione, tensione del viaggio, possibili imprevisti mi frenano. 

Cerco di stare il più vicino possibile a casa.
Non ho più bisogno di percorrere distanze, per soddisfarmi. Oggi guardo con fastidio i viaggi della mia gioventù. Manca il desiderio di avventura. Meglio, l’avventura posso trovarla vicino a casa.
Tipico dei vecchi.
Spesso per malattie, invalidità. A volte perché viene meno la curiosità. Mancano motivazioni ed energia per soddisfare le esigenze di uno spostamento importante. Spesso non si è disposti a patire i disagi dei viaggi.
Non è rassegnazione.
E’ che proprio non se ne sente più il desiderio.
 

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07 settembre 2013

Ossigenarsi (341)

Ossigenarsi. (341)
Mi convinco sempre più che i vecchi respirano poco. Me ne sono accorto in varie occasioni.
Da qualche apnea notturna, dallo stare molto bene quando cammino in montagna nei boschi, dall’energia che mi deriva dagli sforzi fisici prolungati.
Ho provato a fare dei respiri profondi durante il giorno. Quando me ne ricordo. Scarsi risultati. Me ne dimentico. E poi respiro intensamente solo per uno o due minuti.
In un vecchio fascicolo di una casa farmaceutica ho letto che la carenza d’ossigeno produce numerosi danni. Per esempio disturbi al metabolismo. L’alimentazione assorbita non viene bruciata in modo sufficiente. I resti della combustione diventano scorie.
Oppure disturbi al sistema cardio-circolatorio. O ancora diminuzione dell’auto-depurazione. 

E altro.
Insomma, invecchiamento precoce.
Dunque è necessario assumere più ossigeno. Cioè respirare di più. Come fare?
L’unico modo naturale che ci sia è lo sforzo fisico. Quando fai uno sforzo, respiri di più. A esempio quando sali le scale. Non fermarti, quando ti manca il fiato. Respira di più.
Mi devo trovare un lavoro fisico da fare tutti i giorni. Meno poltrona, libri, televisione. E più lavoro. L’orto potrebbe andar bene. O anche un lavoro di magazzinaggio. 

(Le passeggiate servono a poco, si continua a respirare normalmente quando si cammina. Bisogna invece respirare molto di più.)
Devo trovare il modo.
 

(L’indice per argomenti delle prime 300 pagine del diario si trova a pagina 300.)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

06 settembre 2013

Quando gli altri ti guardano perplessi (340)

Quando gli altri ti guardano perplessi. (340)
Dal veterinario coi tre cani. Da solo. Terminata la visita, rimetto i guinzagli ai cani, pago e parlo col medico. Poi prima di uscire, rimetto mano al portafoglio per pagare. Di nuovo! Mi sono scordato di aver già pagato, non più di due minuti prima. Il veterinario, un quasi-amico mi guarda perplesso. Non si capacita che mi sia dimenticato così presto. Quasi mi aiuta coi cani mentre esco. S’immagina che sia in grave difficoltà.
Mi era capitato anche durante una visita medica specialistica. La dottoressa mi spiega la terapia. Poi mi osserva. Forse il mio sguardo era vuoto. Lei premurosa mi chiede se ho ben inteso i farmaci che mi ha prescritto. Anche lei mi guarda perplesso.
Sono i casi in cui gli altri ti guardano come un diverso. Si rendono conto che alcune abilità, normali fra gente normale, tu forse le hai perse. Restano senza parole. Forse temono un improvviso crollo.
La perplessità negli occhi degli altri è un segnale che sei diverso. Magari solo in quel momento, solo per un aspetto. Ma tu, vecchio, sei diventato diverso.
Impariamo dai loro occhi che stiamo diventando diversi.

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05 settembre 2013

Trattato di culinaria per donne tristi (339)

Trattato di culinaria per donne tristi. (339) 
Un bel libro di Abad Faciolince. 

Curioso per come combina consigli culinari con filosofia di vita.
Un paio di pagine trattano di vecchiaia. Quella delle donne. Ne riporto qualche brano.
“Lasciati invecchiare: non combattere il tempo con la malizia. Signore settantenni con la pelle più stirata di una qualsiasi quindicenne, e tuttavia avvizzite. Con i capelli più biondi delle bellezze svedesi, e tuttavia opachi. Senza un solo filo bianco, senza una sola ruga: notoriamente vecchie. Non ingannerai nessuno, […].
Non dico di lasciarti morire, incurvarti, camminare con passo claudicante, esibire il bastone, credere che ogni filo bianco sia un trofeo e avere una faccia da morta; dico di non simulare l’impossibile. Accetta che un viso si ha a vent’anni e un altro a quaranta e un altro a sessanta.  In questioni d’età è impossibile incaponirsi, per quanto ci si provi. La vecchiaia, disse Borges, può essere il tempo della nostra felicità, l’animale è morto o quasi morto, rimangono l’uomo e l’anima.
Inoltre ci sono rughe che nobilitano il volto. Col tempo, solo col tempo, uno arriva ad avere il suo viso, quello che la sua espressione e il suo carattere gli plasmano. Il sorriso, la concentrazione, la rabbia, l’allegria lasciano la loro traccia sul volto. Non distruggerla con violenze chirurgiche. […]
La vecchiaia che si accetta è naturale ed è piacevole in quelle che sono capaci di affrontarla senza travestimenti. Colei che si nasconde e si dissimula nel vano tentativo di far tornare indietro il tempo, rappresenta un fallimento, dà una parvenza di maschera che ispira sfiducia. L’attrattiva della tua età non è mostrare il seno; è passata l’ora di sedurre con le guance terse. Hai avuto il tempo di sapere più cose, vale a dire di essere più intelligente. E’ questo che ti rende più attraente delle adolescenti."

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04 settembre 2013

Un anno (338)

Un anno.  (338)
Questo blog compie un anno. Ho cominciato nel 2012, il 4 settembre. 

337 pagine di diario. Quasi un pensiero al giorno. Sulla vecchiaia.
Il nome, Cronache dalla Vecchiaia, indica un intento modesto. Mettere in fila i fatti della vecchiaia. Pardon: della mia vecchiaia. Secondo un ordine minimo. L’ordine col quale mi vengono in mente.
L’idea iniziale era molto ambiziosa. Scrivere le mie idee sulla vita. Scriverle ogni cinque anni. E poi confrontarle. Per vedere come si sarebbero evolute. Come si evolvono le idee di un vecchio. Ci avrei impiegato almeno cinque o dieci anni (o più). Impraticabile. Sarebbe stato un progetto a lunghissima scadenza. Con intervalli di tempo ampi, in cui il progetto si fermava. Sarebbero occorse fortissime motivazioni. Che non avevo.
Allora ho ripiegato su un progetto più modesto. Fare un diario dei fatti della mia vecchiaia, visto che vi sono entrato da un paio d’anni. Dentro a questo diario, osservare se cambiavano le mie idee (non sulla vita, troppo impegnativo; sulla vecchiaia, più facile).
Ebbene dopo solo un anno, mi sono accorto che ho cambiato idee.
E le idee sono cambiate proprio perché ho continuato a riflettere e a scrivere. Il blog ne è testimone.
Per il momento sono ancora embrioni di cambiamento.
Alla fine di quest’anno solare (2013) cercherò di descrivere i cambiamenti.

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03 settembre 2013

La maturazione dei pometti lazzarini (337)

La maturazione dei pometti lazzarini. (337)
Ho imparato una cosa nuova. Per gustare i pometti in tutta la loro fragranza, bisogna attendere che cadano al suolo.
In questo mese sono ormai  tutti rossi. Sembrano maturi. Ma quando li stacchi dal ramo, spesso sono acerbi. Non sono al meglio delle loro qualità. Il meglio è quando hanno raggiunto un buon tasso zuccherino, conservando un po’ di gusto acidulo. Questo avviene quando cadono a terra. E tu li mangi subito dopo.
Lo stesso avviene con la vecchiaia. Non pensare di averla raggiunta appieno perché ne vivi alcuni aspetti. No. La vecchiaia è veramente matura quando subisci (assapori) tutte le caratteristiche di quest’età.
La vecchiaia è un’età evolutiva. Impiega decine d’anni per giungere a pienezza. All’inizio ti inganni. Ti ritieni vecchio solo perché hai avuto qualche perdita. O perché sei in pensione. O perché hai malattie ereditate dall’età precedente.
Non è così. La vecchiaia vera arriva come un compimento di tutto ciò.
La vecchiaia vera è solo quella degli ultimi anni della tua vita.
Il resto è preparazione, che ti permetterà di sopportare il peso degli ultimi anni.
E anche di godertela.

Questo pensiero è totalmente nuovo, per me.

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02 settembre 2013

La luce (336)

La luce. (336) (02/09/13)
Una coppia anziana, che mi abita di fronte, ha l’abitudine di tenere sempre abbassate le persiane del soggiorno. Probabilmente non usa quella stanza. 

Certo è strano, tenerla sempre al buio.
Anche una mia coinquilina del primo piano, anziana, tiene le persiane quasi del tutto abbassate. Nel suo appartamento di luce ne entra poca.
Gli anziani odiano la luce? 

E’ strano. Una delle fantasie che si fanno del dopo-morte è quella di un luogo freddo e buio. Dunque, perché anticiparlo, facendo buio in casa nostra?
Mia nonna per indicare che le piaceva ancora vivere, nonostante la tarda età, diceva: “Mi piace ancora questo chiaretto.” Cioè questa lucetta che vedo.
C’è un rapporto ambivalente.
Da una parte luce significa vita.
Dall’altra, la troppa luce contrasta con il desiderio di ritrarsi, appartarsi, uscire dalla vita tumultuosa.
Vita sì, ma tranquilla.
Fuori dai riflettori.

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01 settembre 2013

Insegnamenti (335)

Insegnamenti. (335)
Il mio vecchio cane si sforza. Di fare cose che ha sempre fatto, ma che ora, da vecchio, gli riescono più difficili.
Quando saliamo in automobile, i cani salgono nel sedile posteriore. Sono tre, piccoli, e ci stanno. In realtà c'è uno spazio ulteriore, a ridosso del lunotto. Viene occupato a turno dai due maschi. Il cane più vecchio non ha più lo slancio per portarsi dal sedile al lunotto. Ma tenta sempre, si sforza. Si aggrappa colle zampe anteriori. Alla fine riesce a issarsi su quella posizione disagevole.
Lo ammiro per questo. Seppur vecchio, si dà da fare, per fare quello che ha sempre fatto, anche se gli costa fatica. Concentra le sue forze su un'azione importante (per lui): la conquista di una posizione di rilievo.
Prima o poi non ce la farà più. Si arrenderà. Ma per il momento ci prova ancora. E ci riesce.
E' un insegnamento per noi anziani umani. Non arrendersi. Non celarsi dietro la vecchiaia. Continuare a fare quello che si è sempre fatto. Fin che ce la si fa. 
Con più sforzo, ora.
Continuare a vivere normalmente.

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