31 dicembre 2014

Il termine (14-249)

Il termine. (14-249)
Se ripenso agli ultimi miei anni, mi accorgo che quasi ogni anno è morto un parente.
Nel 2008 è morta mia madre. L'anno dopo mio suocero. Dopo due anni mia zia Rita. Poi l'ultimo mio zio maschio. Quest'anno, mia zia Emma. Per non parlare del fratello di mio padre e di sua moglie morti in anni intermedi.
E' rimasta viva soltanto una vecchia zia, sorella di mia madre, ultranovantenne.
Tutti gli altri sono morti fra gli 87 e i 92 anni.
Mi colpisce che tutta una generazione di parenti sia scomparsa in un lasso relativamente breve di tempo.
Pensandoci bene, è naturale, si tratta di parenti nati tutti in un decennio, fra il 1916 e il 1924.
Però colpisce che nella mia famiglia si giunga a scadenza in maniera inesorabile a un'età compresa fra 87 e 92.
Sembra il termine inscritto in un gruppo di umani, quelli del mio sangue o del enturage.
Inevitabilmente è il mio termine.


(L’indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

30 dicembre 2014

Stanchezze (14-248)

Stanchezze. (14-248)
Nei primi mesi di questo diario ho scritto più volte di stanchezza del vecchio (vedi n. 79 e 90). Mi riferivo soprattutto a quella fisica.
In questi giorni sto sperimentando un altro tipo di stanchezza.
Sono giorni di feste, pranzi, incontri, parenti da visitare. Concentrati in pochi giorni.
Mi accorgo che è troppo. Non reggo più con facilità l'incontro con molte persone, siano pure parenti o conoscenti.
Non è questione di noia, o di senso di inutilità che lasciano questi incontri.
Anzi, devo dire che mi fanno piacere. Li vivo bene.
Ma lasciano addosso una stanchezza. Una stanchezza psichica.
Le relazioni mi stancano.
Da giovane le cercavo con ansia. Ora le vorrei centellinare.
Oggi comprendo la risposta che mi diede una vecchia zia, prossima ai novanta, alcuni anni fa. Avevo organizzato un incontro presso la sua casa di riposo, fra una sua sorella che non vedeva da anni e alcuni suoi nipoti. Ci eravamo trattenuti con lei per un'ora, un'ora e mezza, portandole regali, vecchie fotografie da rivedere, stando in sua compagnia. Ero certo di avrle fatto piacere.
A un certo punto le chiesi se desiderava qualcosa. L'avrei fatto volentieri.
Con molta semplicità mi rispose: "Adesso vorrei che andaste via, sono stanca."

(L’indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
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29 dicembre 2014

Festività (14-247)

Festività. (14-247)
Nella nostra cultura (europea) questo è un periodo di feste. 
Natale, ultimo dell'anno, epifania. 
Pranzi da preparare, regali da escogitare, incontri obbligati a cui partecipare.
Non c'è dubbio che se uno avesse desiderio di farsi un proprio progetto, ne sarebbe ostacolato. Se poi uno è anziano, allora deve fare i conti con i tempi ristretti di vita. 
Insomma di tempo per sè, durante le feste non ne resta.
Questo mi irrita.
In realtà mi irritava. Adesso prendo tutto come occasione di vita.
Che cosa cambia se dico qualche parola banale a un parente che vedo rararmente o se invece vado a teatro a vedere un classico? Un tempo faceva differenza, eccome.
Mi sembrava nel primo caso di sprecare il mio tempo; nel secondo di essere appagato.
Oggi, da vecchio, penso che sia tutta vita.
La differenza c'è fra vita e morte. Non fra un tipo di azione e un'altra.
Nell'ultima età vale ogni singolo atto di vita, non una gerarchia di importanza fra le cose che si fanno.
Potrebbe essere questo ciò che Jung intendeva scrivendo: "Quanto più invecchio, tanto più cerco rifugio nella semplicità dell'esperienza immediata."

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28 dicembre 2014

La morte vicina (14-246)

La morte vicina. (14-246)
E' morto un mio conoscente, settantacinquenne. Era fratello di un compagno di liceo. 
Mi ero rivolto a lui dopo l'esame di maturità, per chiedergli consiglio sulla facoltà universitaria a cui iscrivermi. Io volevo chimica e lui era appunto iscritto a chimica, ultimo anno. 
Mi sconsigliò fermamente. Io mi iscrissi ugualmente. Lui si laureò e poi restò alla facoltà a insegnare. Cinque anni dopo me lo ritrovai come relatore della tesi di laurea.
Un mio professore dunque, ma aveva solo 6-7 anni più di me.
È morto l'altro ieri.

Qualche mese fa è morta una mia zia, l'ultima della famiglia di mio padre. Dopo di lei il più vecchio sono rimasto io. La cosa mi colpì. Ma non mi impressionò molto. Fra di noi c'era una differenza di 22 anni. È vero che lei mi cedette il testimone della persona più anziana rimasta, ma era di un'altra generazione. Almeno due decenni di distanza.
È difficile essere spaventato da qualcosa che capiterà fra vent'anni.

La morte del mio relatore ha avvicinato di molto il mio contatto con la fine della vita.
Potrei finire fra sei-sette anni. Un termine pericolosamente vicino. Col quale fare i conti.
Quando cominciano a morire i tuoi coetanei (o poco più), la morte diventa straordinariamente realistica.
La morte non è un brutto sogno.
La morte è una cosa concreta.

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27 dicembre 2014

Spigolature (14-245)

Spigolature. (14-245)
Quando leggo, trovo sempre delle considerazioni interessanti sulla vecchiaia, che mi scrivo su un'agenda. Spero di avere il tempo per approfondire. Tempo che non trovo mai. Allora le cito qui tali e quali.

Jung considera la vecchiaia: " ... il tempo della raccolta preziosa, in vista di una ignota trasformazione."(In questa trasformazione sembra credere Platone, anche se, secondo lui, l'uomo non ha i mezzi per dirimere la questione: con la morte finisce tutto o comincia qualcos'altro?)
 
Sempre Jung scrive: "Quanto più invecchio, tanto più cerco rifugio nella semplicità dell'esperienza immediata." 
Tale riflessione confina con la seguente: invecchiando interessa tutto, ogni singolo atto di vita anche il più banale.

In un testo, di cui ho smarrito i riferimenti, si fa l'affermazione che oggi si resta vecchi più a lungo. La vita moderna è squilibrata verso la vecchiaia (vedi anche 14-234).
Cito ancora quel nativo australiano che, conosciuta la nostra civiltà e richiesto di che cosa lo colpisse di più, rispose: "Sono impressionato dalla lunghezza della vostra vecchiaia."

Un'altra idea importante, trovata chissà dove, è la seguente: a invecchiare si impara.
E le donne imparano meglio degli uomini.

Si diventa vecchi veri in quel decennio che precede la morte. Dunque, a rigore, non si saprebbe quando comincia la vecchiaia. Perchè la si può calcolare solo dopo la morte. Può allora essere utile la considerazione che facevo alla pagina precedente (14-244): si entra enlla vecchiaia vera quando si passa dall'erogare servizi al ricevere servizi.


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26 dicembre 2014

La differenza* (14-244)

La differenza.*(14-244)
La vigilia di natale ho incontrato la mia vicina ottantaseienne sulle scale. Le ho chiesto se stava preparando il pranzo di natale. Mi ha risposto: "Queste cose non le faccio più. Vado a pranzo da mia figlia. Prepara lei."
Quando mia madre era ancora viva, invitava mio figlio a pranzo una volta alla settimana. Poi ha cominciato a perdere la memoria, a non ricordarsi più di fare la spesa, a dimenticare dei piatti già preparati. Allora decidemmo che ci saremmo visti a pranzo in una trattoria, io lei e mio figlio. Aveva 77 anni.
Questo natale siamo stati invitati a pranzo dalla figlia di mia moglie. Per alleggerirle il lavoro, abbiamo proposto che il pranzo lo avrebbe preparato sua madre e che lo avremmo portato noi il giorno di natale. In un altro giorno abbiamo invitato a pranzo mio figlio, la sua compagna e mio nipotino nato da poco. L'abbiamo fatto a casa nostra e l'ha preparato mia moglie.
Questa la differenza.
Tutti vecchi, ma di possibilità diverse.
Noi, io e mia moglie, vecchi giovani, siamo in grado di fornire servizi ai nostri figli.
La mia vicina e mia madre (sugli ottanta e più) non sono in grado di farlo.
Semmai loro ricevono servizi.
Nella vita arriva un momento in cui si passa da dare a ricevere.
Questo è il passaggio fra prima vecchiaia e seconda.
(vedi anche 14-238)


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25 dicembre 2014

La fragilità (14-243)

La fragilità. (14-243)
Sto leggendo un romanzo di Vittorino Andreoli. Il corpo segreto è il titolo.
Lo leggo per tre motivi. Prima di tutto Andreoli è un bravo psichiatra, che nei suoi libri trasmette intuizioni sulla vita. Poi è vecchio, sui 75 anni. Infine il romanzo (autobiografico) tratta delle disavventure dell'autore con la sua ... prostata.
Una storia di prostata, dunque, che arricchisce la mia esperienza sul tema, in un momento in cui, sono in difficoltà proprio con la mia, di prostata.
Ebbene a un certo punto l'autore arriva a scrivere di fragilità umana, quella che tutti i vecchi sperimentano, prima o poi. E se ne lamentano. Me compreso.
Ne ho scritto molte volte, ma le idee di Andreoli sono originali, cambiano la prospettiva. Riporto sotto un passaggio del libro, che mi pare significativo.
"Ecco la fragilità, il senso della nostra impotenza, che ci spinge ad andare verso un altro, a stabilire dei legami per diminuire almeno un poco la paura. E così un essere umano si unisce a un altro essere umano. Si costituisce una coppia e poi una piccola comunità e l'insieme sembra aiutare la fragilità di ciascun suo componente, fino a convincersi che quella dell'altro è una forza per la tua fragilità. Ed è questo circolo della fragilità che porta all'amore e poichè è indicato fra le esperienze più straordinarie della vicenda umana, bisogna ammettere che la chiave, la sostanza dell'amore, è la fragilità."
"... questa storia [cioè la storia dell'autore descritta nel romanzo, fatta di prostata, ospedali, operazioni] ... esprime la volontà di oppormi alla pulsione interna che vorrebbe rivestirmi di potere e non di fragilità. Io desidero mostrare a tutti la mia vecchiaia, un'età considerata di poco conto e che invece, valutata col parametro della fragilità, è forse la più bella dell'esistenza, perchè la più umana.
Voglio che la mia vecchiaia si rappresenti in un teatro della verità, [...] perchè è crudele nascondere i vecchi che faticano a camminare o che stanno perdendo la memoria del presente e del passato, sentendosi abbandonati e senza alcun significato sociale. Io sogno un umanesimo della fragilità, dove la vecchiaia non sarà più una vergogna, ma la rappresentazione della condizione umana, del significato stesso dell'uomo nel mondo."


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24 dicembre 2014

Timori, ancora (14-242)

Timori, ancora. (14-242)
Mi piace l'olio d'oliva. Ne acquisto lattine da cinque litri per volta. Poi lo travaso nelle bottiglie. A volte da bottiglia a bottiglia. Lo faccio sul lavandino, con l'imbuto e con attenzione. 
Talvolta ho fretta e lo faccio direttamente sulla tavola, senza precauzioni,  impugnando una bottiglia e versando il suo olio nell'altra. Non è difficile, ma occorre mano ferma e precisione.
Negli ultimi tempi mi coglie il timore che la bottiglia mi sfugga di mano. 
Non che faccia uno sforzo per tenerla ferma.
Ma sono meno sicuro che vada tutto bene.

Quando scendo normalmente le scale, presto attenzione a dove metto i piedi.
Non le scendo più di corsa come facevo da giovane, sicuro che andasse tutto bene.
Mi prende il timore di poter scivolare e cadere. Però i muscoli delle gambe mi reggono bene. Cammino agevolmente per i sentieri di montagna.
È che non sono più certo che fili tutto liscio.

Questo mi capita in altre situazioni: il timore che il corpo non risponda.
Potrebbe essere solo una faccenda psicologica. Cioè ho fatto abbastanza esperienze che anche le azioni più comuni possano sfuggir di mano e causare un incidente.
Temo invece che sia una faccenda di vecchiaia.
Da qualche anno ho verificato che il corpo si indebolisce. E ciò mi causa incertezza.
Un tempo potevo correre sul filo del rasoio senza alcun timore, anzi con la sicurezza che controllavo la situazione e che tutto sarebbe andato bene.
Oggi ho coscienza di essere sul filo del rasoio.
Ho perso la baldanza.

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21 dicembre 2014

Timori (14-241)

Timori. (14-241)
L'altra sera, cena coi colleghi di lavoro. Fuori città, a una trentina di chilometri. 
Ho dovuto prendere l'automobile.
Ritorno.
Era notte, ci vedevo poco. A volte non vedevo bene la direzione. Mi figuravo percorsi che non esistevano.
Poi è subentrata la nebbia. Visibilità ancora più ridotta.
Sono entrato in autostrada. Auto e camion sfrecciavano, nonostante la scarsa visibilità.
Io procedevo lentamente.
Ho avuto paura.

Quando scendo le scale con un pacco ingombrante e pesante, che mi nasconde la vista degli scalini, mi tengo a stretto contatto col muro. Sfrego sul muro col corpo, per darmi un appoggio (illusorio) in caso di caduta.
Ho il timore di cadere.

Vi sono situazioni, oggi, che mi producono insicurezza. 
Le stesse che per tutta la mia vita ho vissuto con baldanza, quasi automaticamente, senza pensarci.
Oggi ho più paura di un tempo.
Coscienza che il corpo, l'attenzione, i riflessi non mi sostengono più.
Vivo in un mondo che pretende sempre più energia, prontezza, conoscenze.
E io ho un corpo che risponde sempre meno.


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20 dicembre 2014

Malumori (14-240)

Malumori. (14-240)
Da qualche tempo al mattino mi alzo di malumore.
I motivi sono vari.
La prostata, che di notte mi ha spaventato, perchè ho stentato a orinare.
La stanchezza eccessiva, che mi procura quel poco di lavoro che ancora svolgo.
La preoccupazione per la mia cagna vecchia, perchè le ho scoperto sotto un'ascella una cisti abbastanza grossa.
La paura per il mio futuro economico, visto che avrò sempre meno energie per lavorare.
A ben guardare sono spesso motivi legati alla vecchiaia (mia o di altri) quelli che mi fanno alzare di malumore.
La mia vecchiaia in questo momento non mi piace.
Sono più i problemi che mi dà delle soddisfazioni che porta con sè.
La vecchiaia non mi piace.

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19 dicembre 2014

Defaillances (14-239)

Defaillances. (14-239) (19/12/14)
Al lavoro.
Un giovane collaboratore arriva in ritardo a una riunione tenuta da me.
Quasi contemporaneamente si assenta, scusandosi. Rallento i lavori per aspettarlo. Dopo poco rientra e si siede. Tengo la mia relazione per una ventina di minuti.
D'improvviso mi ricordo del collaboratore, guardo la sua postazione e la vedo vuota. Mi preoccupo e sospendo i lavori per cercarlo. Nessun esito. Ritorno in sala riunioni e lo trovo regolarmente presente: semplicemente aveva cambiato posto e non me n'ero accorto!
Mi ero dimenticato di quando era rientrato. Preso dalla tensione dell'esposizione del tema, non avevo memorizzato quanto era successo mentre spiegavo.
Questo è un chiaro segno di perdita di capacità. Mnemoniche, di concentrazione, di controllo delle situazioni.
Me ne sono capitate altre in questi anni. 
Segni di invecchiamento.
Quando succedono mi avvilisco. Mi riprometto di star più attento, la volta successiva.
In verità si tratta di vecchiaia.
Semplicemente non l'accetto.
Ad onta di tutti i miei discorsi.

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17 dicembre 2014

Ogni giorno* (14-238)

Ogni giorno.* (14-238)
Quando ho cominciato a scrivere questo diario, cioè appena entrato nella vecchiaia ufficiale, scrivevo una pagina al giorno, talvolta due.
Oggi, dopo tre anni circa, ne scrivo una ogni due giorni.
L'entusiasmo è diminuito, i temi si esauriscono, ho altri pensieri.
Alla vecchiaia penso di meno. Questo l'aspetto più significativo.
Sono rientrato nella vita.
Mi ero fermato, un poco spaventato, sulla soglia della terza età.
Pensavo che a sessantacinque anni sarebbe cambiato tutto.
Cambiano sì molte cose, ma con gradualità. Non te ne accorgi.
È evidente: di vecchiaie ce ne sono due se non tre. Molto differenti.
Nella prima vale ancora il dono di Prometeo, cioè l'illusione di essere eterni  
(vedi n. 145,151,152 del febbraio 2013). Anche perchè la vita ti coinvolge molto (nascita di nipoti, per esempio).
Nella seconda vecchiaia (o terza) sei più distaccato, più stanco. La vita ti entusiasma di meno, il corpo non lo controlli più.
Ma non ci sono ancora arrivato.

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16 dicembre 2014

Lo specchio (14-237)

Lo specchio. (14-237)
Domenica, al mercatino di natale che si tiene nella mia città, ho rivisto un paio di conoscenti, marito e moglie, dei tempi della mia vita attiva. Cioè di 30 o più anni fa.
Lui era più vecchio di me di cinque-sette anni.
Da allora li incontro saltuariamente a passeggio in città. Più o meno una o due volte all'anno.
Domenica li ho rivisti.
Lei camminava col bastone, segno di una difficoltà di equilibrio.
Lui mi è parso più basso del solito. Si è incurvato e si è ridotto.
In un anno vi è stato un notevole cambiamento. Sono diventati più vecchi.

Vedersi di tanto in tanto permette di percepire meglio le differenze.
Non si è ingannati da una visione abitudinaria, che cela i cambiamenti.
La visione abitudinaria è quella che ci lanciamo di sfuggita guardandoci allo specchio di mattina. Una vista che ci permette di dire "Sì, sono io", ma che non analizza i dettagli. 
Forse non li vede neppure.
È una visione che si dimentica di come eravamo un anno fa, cinque anni fa o più.
La vista abitudinaria non fa confronti. Nasconde i nostri mutamenti.
E così sono gli incontri sporadici con altri vecchi che ci danno il segno che stiamo cambiando anche noi.
Gli altri sono il nostro specchio veritiero.

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14 dicembre 2014

Tutte le foglie sono cadute (14-236)

Tutte le foglie sono cadute. (14-236) (vedi anche n. 83 e n. 169)
Nella mia regione ormai gli alberi hanno perso le foglie. Siamo in inverno.
È rimasto l'essenziale della pianta, cioè il tronco e i rami. 
Gli alberi sono diventati trasparenti, non impediscono più la visione, con le loro foglie.
L'inverno è metafora della vecchiaia.
Così, anche i vecchi diventano essenziali, in tarda età.
Tutte le sovrastrutture del carattere cadono.
Chi da giovane è stato un capetto fastidioso, da vecchio, perso il potere, perde anche l'arroganza.
Chi è sempre stato timido (per paura), da vecchio appare all'orizzonte la grande paura. 
Tutte le altre cadono e dunque anche la timidezza.
La vecchiaia produce come una pulizia della psiche.
Invecchiando riveliamo quello che siamo veramente.
O almeno dovremmo.

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13 dicembre 2014

Niente da fare (14-235)

Niente da fare. (14-235) (13/12/14)
Mi si prospettava una giornata faticosa. 
Un impegno col primo nipote, al mattino. La spesa settimanale. Un altro impegno col nipotino nuovo al pomeriggio: 4 ore da stare con lui (e ha solo un mese!).
Si sa, noi vecchi-giovani siamo ancora utili. Siamo ancora efficienti, ci richiedono.
Noi non ci sottraiamo. Ci sentiamo ancora utili.
Poi, di colpo, il pomeriggio si è liberato.
Sono a casa da solo. Non ho niente da fare.
Tempo prezioso per pensare alla vecchiaia.
Invece, no.
Mi sto godendo l'ozio.
Come quando i nipoti saranno cresciuti e io avrò più di ottant'anni.
Nessuno più mi cercherà per chiedermi aiuti: si sa a un vecchio-vecchio non si possono chiedere servizi. Il vecchio-vecchio viene lasciato in pace. 
Così può pensare a vecchiaia e morte.
Talvolta invidio i grandi vecchi.

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12 dicembre 2014

Record (14-234)

Record. (14-234)
Dieci o venti anni fa, quando si voleva intendere una vita lunghissima, si parlava di centenari, persone che avevano superato i cento anni.
Scopro che in questi ultimi anni è stata fatta una ricerca su persone che hanno superato i 110 anni!
Attualmente, nel mondo, ve ne sono 74 (di documentati). Ne sono stati studiati 17, per scoprire se vi fosse in tutti un gene particolare che sarebbe stato chiamato il gene della longevità.
Delusione!
Questo gene non è stato trovato. I 17 vecchissimi ultra- centodecenni non possiedono a livello genetico qualche somiglianza.
Almeno in una indagine ristretta, la longevità non dipende dalla genetica.
Può dipendere piuttosto dalle abitudini di vita.
Dunque possiamo influire sulla lunghezza della nostra vita. (Moderato entusiasmo.)
Ma sorge una domanda.
Si tratta realmente di un allungamento della vita, cioè vengono allungate tutte le sue fasi? La fanciullezza dura fino a 20 anni, l'adolescenza fino a 40, l'età matura fino a cento?
Certo che no, si tratta soltanto di allungare la vecchiaia.
In sostanza, se ci si dà da fare con uno stile di vita salutare, quel che otteniamo al massimo è di allungare l'ultima fase della vita
Se vivessimo fino a 110 anni avremmo allungato la vecchiaia di venti o trent'anni.
Prospettiva non entusiasmante.

(Per inciso, la persona umana che ha vissuto di più era una francese di 122 anni, morta qualche tempo fa.)

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10 dicembre 2014

Il tempo si restringe (14-233)

Il tempo si restringe. (14-233)
Talvolta i vecchi sono auto-ironici su quello che fanno.
Si dicono: "Ho fatto colazione, sono andato a prendere il giornale, e ho fatto un pò di spesa: era già arrivato mezzogiorno!"
Siamo più lenti, questo è certo. Poi, dopo il pensionamento, viene a cadere la tensione di dover fare in fretta tante cose. Le cose da fare sono di meno.
Nella mia vita lo do per scontato: la giornata è diventata più corta.
Da qualche tempo mi sono accorto che altri intervalli di tempo si sono ristretti. La settimana, il mese, l'anno.
La settimana, soprattutto. 
E' un lasso di tempo abbastanza lungo in cui fare tutto ciò che un tempo facevo in un giorno.
Mi sono accorto che anche la settimana si è ristretta.
Parte col lunedì e in un batter d'occhio è già venerdì.
E non ho fatto nulla di quel che volevo fare!
Da vecchi la percezione del tempo si modifica.
E il tempo vola.

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09 dicembre 2014

Il calza-scarpe (14-232)

Il calza-scarpe. (14-232)
Ho scritto più volte che il movimento è fondamentale per l'essere umano.
Tanto più è essenziale per i vecchi.
Rifuggite quei giovani che vogliono fare al posto vostro, per preservarvi.
Vogliono accelerare la vostra vecchiaia.
Così cerco di non sottrarmi a qualunque movimento mi si richieda.
Scendere le scale una volta in più per andare in cantina. Raccogliere oggetti da terra, invece di scansarli. Sollevare qualcosa invece di lasciarlo fare ad altri.
Ma è sempre un compromesso.
Il corpo vecchio ama muoversi meno, fare meno sforzi, riposare di più. 
Se non ci si sta attenti, prende il sopravvento. 
È una battaglia continua.

Quando mi infilo le scarpe, mi aiuto con un calza-scarpe. Per usarlo mi devo piegare sulle ginocchia e poi rialzarmi. Buon esercizio. Più volte al giorno. Mi mantiene elastico.
Qualche tempo fa mia moglie, risistemando la sua scarpiera, ha trovato un calza-scarpe e me lo ha regalato. 
È diverso dal mio. È molto lungo: permette di calzare le scarpe senza chinarsi.
Molto comodo.
Così ho incominciato a usarlo. Con soddisfazione. Provo piacere a evitare di abbassarmi.
Questa battaglia l'ho persa.

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08 dicembre 2014

Torneranno i prati (14-231)

Torneranno i prati. (14-231) (08/12/14)
Si tratta dell'ultimo film di Ermanno Olmi, cineasta italiano, ottantatreenne.
Il film è la ricostruzione di una notte in trincea durante la guerra 14-18, sul fronte italo-austriaco (il set era situato a 1800 m, d'inverno) .
Ho voluto vederlo perchè Olmi è un grande regista.
E perchè volevo conoscere un vecchio avanzato.
Volevo vedere come pensa un vecchio, che messaggi lancia.
Volevo spiare la sua vecchiaia.
Non sono stato deluso.
Olmi lancia i suoi strali contro la guerra. A favore di quei giovani soldati, mandati a morire senza un perchè.
Da vecchio il regista continua la sua battaglia civile per una società equa, umana, solidale.
Il suo pensiero non è cambiato, entrando nella vecchiaia. Si è fatto più duro.
E più essenziale.
Questo era quello che m'importava vedere.
Gli ideali della sua vita continuano a essere presenti anche da grande vecchio.
La sua vecchiaia non li ha modificati.
Di più.
Tiene a manifestarli anche se ha passato gli ottant'anni.
È un messaggio per gli altri vecchi.
Tenere alto il vessillo dei nostri ideali, anche se si diventa vecchi.
Soprattutto se si diventa vecchi.
Si è impegnato a più di ottant'anni. La fiamma della vita arde anche negli ultimi anni.
Più si invecchia più la vita diventa intensa.


(L’indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

05 dicembre 2014

Quello che siamo (14-230)

Quello che siamo. (14-230)
Vicino a casa abita un anziano giovane, più o meno della mia età.
È sempre ben vestito. Belle giacche, cappotti eleganti.
Lo invidio, perchè io vesto in modo trasandato.
Sportivo, per non dire sciatto.
Durante la mia vita non ho mai curato il vestire.

Altri anziani che incontro possiedono delle belle automobili, anche soltanto auto nuove.
Io ho un'auto vecchia di quindici anni, che per di più ho comprato di recente.
Non invidio per questo gli altri anziani, ma la differenza salta agli occhi.
Durante la mia vita non mi sono preoccupato di far denaro.
Anzi a un certo punto l'ho disprezzato.

Quando si diventa vecchi le scelte di tutta una vita portano i loro frutti.
La vecchiaia rivela quello che abbiamo fatto prima.
Inutile lamentarsene.
Siamo quello che ci siamo costruiti (dovremmo andarne orgogliosi).
La vecchiaia disvela la nostra vita.
Svela il nostro intimo.


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