La morte vicina. (14-246)
E' morto un mio
conoscente, settantacinquenne. Era fratello di un compagno di
liceo.
Mi ero rivolto a lui dopo l'esame di maturità, per chiedergli
consiglio sulla facoltà universitaria a cui iscrivermi. Io volevo
chimica e lui era appunto iscritto a chimica, ultimo anno.
Mi
sconsigliò fermamente. Io mi iscrissi ugualmente. Lui si laureò e
poi restò alla facoltà a insegnare. Cinque anni dopo me lo
ritrovai come relatore della tesi di laurea.
Un mio professore dunque,
ma aveva solo 6-7 anni più di me.
È morto l'altro ieri.
Qualche mese fa è morta
una mia zia, l'ultima della famiglia di mio padre. Dopo di lei il più
vecchio sono rimasto io. La cosa mi colpì. Ma non mi impressionò
molto. Fra di noi c'era una differenza di 22 anni. È vero che lei mi
cedette il testimone della persona più anziana rimasta, ma era di
un'altra generazione. Almeno due decenni di distanza.
È difficile essere
spaventato da qualcosa che capiterà fra vent'anni.
La morte del mio relatore
ha avvicinato di molto il mio contatto con la fine della vita.
Potrei finire fra
sei-sette anni. Un termine pericolosamente vicino. Col quale fare i
conti.
Quando cominciano a
morire i tuoi coetanei (o poco più), la morte diventa
straordinariamente realistica.
La morte non è un brutto
sogno.
La morte è una cosa
concreta.
(L’indice per
argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina
107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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