Spigolature. (14-245)
Quando leggo, trovo
sempre delle considerazioni interessanti sulla vecchiaia, che mi
scrivo su un'agenda. Spero di avere il tempo per approfondire. Tempo
che non trovo mai. Allora le cito qui tali e quali.
Jung considera la
vecchiaia: " ... il tempo della raccolta preziosa, in vista di
una ignota trasformazione."(In questa trasformazione sembra credere Platone, anche se, secondo lui, l'uomo non ha i mezzi per dirimere la questione: con la morte finisce tutto o comincia qualcos'altro?)
Sempre Jung scrive:
"Quanto più invecchio, tanto più cerco rifugio nella
semplicità dell'esperienza immediata."
Tale riflessione confina con la seguente: invecchiando interessa tutto, ogni singolo atto di vita anche il più banale.
In un testo, di cui ho
smarrito i riferimenti, si fa l'affermazione che oggi si resta vecchi
più a lungo. La vita moderna è squilibrata verso la vecchiaia (vedi
anche 14-234).
Cito ancora quel nativo
australiano che, conosciuta la nostra civiltà e richiesto di che
cosa lo colpisse di più, rispose: "Sono impressionato dalla
lunghezza della vostra vecchiaia."
Un'altra idea importante,
trovata chissà dove, è la seguente: a invecchiare si impara.
E le donne imparano
meglio degli uomini.
Si diventa vecchi veri
in quel decennio che precede la morte. Dunque, a rigore, non si
saprebbe quando comincia la vecchiaia. Perchè la si può calcolare
solo dopo la morte. Può allora essere utile la considerazione che
facevo alla pagina precedente (14-244): si entra enlla vecchiaia vera quando si
passa dall'erogare servizi al ricevere servizi.
(L’indice per
argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina
107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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