31 agosto 2013

Le separazioni dei vecchi coniugi (334)

Le separazioni dei vecchi coniugi. (334)
Si sa, spesso le coppie si separano e divorziano. Anche in età matura. Quando lo fanno due vecchi ci si meraviglia. E’ più raro. Meno di quanto si pensi, però. A volte assume forme inconsuete.
Non lontano da casa mia, viveva una coppia di anziani. Nessun segno di particolari dissapori. Il marito ebbe una malattia invalidante. Fu necessario trasferirlo in una casa di riposo. Ricordo ancora che la moglie quasi ogni giorno si recava dal coniuge in bicicletta. Era ancora arzilla. Dopo un paio d’anni anche la moglie perse le proprie forze. Non solo non riusciva ad andare dal marito. Lei stessa aveva bisogno d’assistenza. Fu necessario trasferirla in una casa di riposo. Fummo tutti sorpresi quando venimmo a sapere che non era la casa di riposo del marito, bensì un’altra. Per espressa volontà della signora.
La signora divorziò dal marito in una forma non giuridica, ma assolutamente sostanziale e definitiva.
Ci si può chiedere il perché. Le risposte sono tante. Anche di buon senso. O per evitare la sofferenza di assistere al degrado del tuo compagno. 

Resta il fatto che lei non lo rivide più.
Lei non volle rivederlo più.
La vecchiaia porta con sé la solitudine. Nella vecchiaia estrema si è soli.
Nella morte si è soli.

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30 agosto 2013

Contraddizioni (333)

Contraddizioni. (333) 
Durante la vecchiaia sperimenti due situazioni opposte.
Sei più cosciente (dovresti esserlo!), perché hai vissuto molto.
Puoi anche abbandonarti di più, perché hai meno da difendere.
Da una parte sei invitato dalla vita a controllare di più i vari aspetti dell’esistenza.
Dall’altra stai procedendo verso la morte. Ti devi abituare pian piano a lasciare, a ritirarti.
Questi due aspetti li sto vivendo sulla mia pelle.
Con tutti i miei integratori, farmaci, alimenti particolari controllo molto la mia vita. E ne gioisco quando tutto ciò mi fa star meglio. Quando debello qualche malessere.
Ma ci sono anche i fallimenti. La prostata che non ne vuol sapere di guarire. Mi sento frustrato da questo insuccesso. Mi viene il desiderio di lasciar perdere tutti gli sforzi per guarire. Mi viene la tentazione di abbandonarmi al mio destino.
La morte ha bisogno di questo abbandono.
La morte ha bisogno che ci si abbandoni a lei.

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29 agosto 2013

La cura per sè (332)

La cura per sé. (332)
Ci sono giorni in cui la cura per la mia salute mi prende totalmente. Prendo farmaci, assumo integratori, bevo acqua, cerco
su internet le cure migliori per i miei malanni , leggo libri, sto cercando di costruirmi uno ionizzatore d’acqua …
Mia moglie dice che ho paura di morire. Non è così. Ho paura della vecchiaia invalida. E allora mi prendo cura della mia vecchiaia. Per ritardare l'invalidità.
E’ che tutto il mio tempo libero è assorbito da queste faccende.
A volte mi sembra di saltellare da un rimedio all’altro, senza sosta. Come se fossi su una barca in cui si formano delle falle. Prima ti dedichi a una. Poi ti rivolgi alla seconda. Poi a quella successiva. E così via. Finito il giro ritorni alla prima falla per controllare. Corri di qua e di là, in continuazione, perché le toppe sulle falle sono precarie. Devi riaggiustarle continuamente.
E se le falle sono troppe?
Rassegnati, la barca affonda.


Quando i malanni sono troppi, ti lasci andare.
Non combatti più.

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28 agosto 2013

Quattro volte (331)

Quattro volte. (331)
Stanotte mi sono alzato quattro volte per orinare. La mia prostata perde colpi. Vistosamente. Le sto tentando tutte. Senza gran successo. Mi ostino a curarmi con la medicina naturale. 

Mi sa che alla fine dovrò capitolare. E assumere gli odiati farmaci chimici. O, meglio, dovrò decidermi per un’operazione chirurgica.
Sono sfiduciato. Sono tentato di abbandonarmi a ciò che viene.
Di qualcosa bisogna pur morire. Le malattie sono necessarie. Per morire, appunto.
E’ necessario che ci sia un punto debole.
Si vede che il mio è la prostata.

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27 agosto 2013

Le unghie dei piedi (330)

Le unghie dei piedi. (330) 
Molti anni fa conoscevo una signora, mia coetanea, semplice e di cuore. Si recava di tanto in tanto in una casa di riposo, da un suo vecchio zio e, tra l’altro, gli tagliava le unghie dei piedi. Era generosa, tagliava anche quelle di altri ricoverati.
Allora mi pareva una cosa bizzarra.
Quando mia madre era molto vecchia, facevo venire a casa un pedicure. Per curarle i piedi e per tagliarle le unghie. Alla sua età, oltre gli ottanta, non riusciva a farlo da sé. Poi il pedicure non è più venuto. Così me ne sono occupato io. Ero imbarazzato e infastidito. Ma capivo che era una cosa necessaria. I molto vecchi da soli non ce la fanno più.
Ieri dopo la doccia mi sono tagliato le unghie. Tagliando quelle dei miei piedi mi sono chiesto fino a quando riuscirò a farlo. Ancora a lungo, penso. Ma verrà un tempo in cui non ci riuscirò più. Perderò questa capacità.
C’è vecchiaia e vecchiaia. Nell’ultima si perdono molte autonomie.
Anche quella semplicissima di tagliarsi le unghie.

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26 agosto 2013

I pometti lazzarini, un anno dopo (329)

I pometti lazzarini, un anno dopo. (329)
Anche quest’anno mi hanno sorpreso nella loro maturazione (vedi n. 4). 

L’altro ieri ho visto che ormai erano maturi, così, all’improvviso. Forse raggiungono il loro tipico colore rosso in pochissimi giorni.
La pianta che li produce è nel parco che frequento coi cani. Un po’ nascosta, lontana dai sentieri. Per questo a volte non la osservo neppure. Quest’anno però me ne sono accorto per tempo. Sono sì maturi, ma agli inizi. Non ancora dolci e pastosi. Sono un poco aspri. Pieni di sapore, quasi aromatici.
I pometti sono delle bacche semi-selvatiche. Non hanno nulla delle mele. Sono un’altra cosa. Però sono buoni. Certo, mangi poco. Il frutto è piccolo, pieno di quattro semi duri, da sputare. Resta poco. Ma quel poco è delizioso.
I pometti ricordano la vecchiaia. Sono avari, come quantità, ma danno una sensazione gradevolissima.
Proprio come la felicità da vecchi. Non ne arrivano dosi massicce. Ma quella che arriva è felicità autentica.
Non stordisce come da giovani. Anzi è vissuta con grande coscienza.
Vecchi e felici, si può.

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24 agosto 2013

Quando la vecchiaia ti ferma (328)

Quando la vecchiaia ti ferma. (328) 
La vecchiaia è un processo graduale. Lento. Però, di tanto in tanto, presenta delle improvvise accelerazioni. Come per esempio un incidente (vedi n. 317). Di colpo scendi di  una decina di posizioni. Di colpo invecchi di dieci anni.
Il lungo processo dell’invecchiamento a un certo punto ti ferma.  Ad esempio quando decidi di non uscire più di casa. Oppure quando non ti alzi più dalla poltrona. Non cammini più. Quando ti trovi in queste situazioni, non percepisci che è una condizione definitiva. Ti immagini che sia momentanea. Che la settimana prossima uscirai. Che appena in forze camminerai di nuovo.

E invece sei entrato in una nuova fase.
La vecchiaia ti ha fermato.
Del resto, se poi devi morire, devi arrivarci con una perdita progressiva di energie e movimenti. In questo modo la morte è quasi contigua all’ultimo tuo stato di vita, per chi è immobilizzato in una poltrona o in un letto.

Tanto che a volte il tuo corpo fa delle prove. 
A volte muore quasi, per poi ritornare in vita.Vita al lumicino e morte sono molto, molto vicine.  

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23 agosto 2013

Prostata e vecchiaia (327)

Prostata e vecchiaia. (327) 
Sono affetto da ipertrofia prostatica benigna (vedi n. 324). Da almeno sette anni. Tipica malattia dei maschi vecchi. Non mi dà disturbi rilevanti. Quando sento lo stimolo a orinare, devo andare in bagno con una certa fretta. Ma senza ulteriori fastidi. 
Più fastidioso è durante il sonno. Mi devo alzare tre volte ogni notte. Fortuna che mi riaddormento in fretta. Tutto qui. Ma … 
In questi anni gli esami clinici sono andati lentamente peggiorando. Anche il numero di alzate notturne è salito da una a tre. Lentamente nell’arco di sei anni.
Mi ci sono abituato. L’evoluzione della malattia mi ha permesso di adattarmi lentamente alla nuova situazione. Non ne ho sofferto. Non ne soffro.
Questa malattia è uno specchio perfetto della vecchiaia.
Anche la vecchiaia ha un’evoluzione lenta. Ti abitui pian piano alle nuove condizioni di maggiore stanchezza, di minori forze. Ti abitui perfino alla perdita della sessualità.
Perché la vecchiaia avanza lentamente.
Ti lascia il tempo di farne l’abitudine.

La vecchiaia è gentile.

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22 agosto 2013

Una frase di Umberto Eco (326)

Una frase di Umberto Eco. (326) 
Non ricordo in quale giornale, U. Eco diceva: “Un segno che ti stai avvicinando alla morte è l’aumento del numero di persone che tu giudichi dei cretini.” Paradossalmente, quando pensi che tutti coloro che ti stanno intorno siano degli imbecilli, sei vicino a morire.
Il pensiero è acuto. Sottolinea un aspetto della vecchiaia. L’insofferenza dei vecchi per gli incapaci, gli incompetenti, gli stupidi (che quasi sempre sono anche arroganti).
Confesso che proprio recentemente ho definito un vicino di casa “un perfetto cretino”, perché non aveva esposto in condominio un cartello che spiegasse il mancato funzionamento dei campanelli e dei pulsanti apri-porta (che lui stava riparando). Col risultato che metteva in difficoltà sia chi veniva a trovare qualcuno del condominio, sia i condomini che schiacciavano il pulsante di apertura del portone, ma questo non si apriva.
In un’altra occasione mi erano parsi dei perfetti cretini degli automobilisti che in un ingorgo a un incrocio, invadevano l’altra strada, col risultato che restavamo tutti fermi (anche loro!).
Non c’è dubbio.
Sto invecchiando.
Devo essere accorto a non definire tutti dei cretini.
C’è il rischio che decreti così la fine della mia vita.


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21 agosto 2013

Restare in salute (325)

Restare in salute. (325)
Vecchiaia e malattia non si identificano (vedi n. 284). I vecchi dovrebbero sapere che vi sono stili di vita che ostacolano le malattie. E altri che le favoriscono.
Che cosa faccio io per stare in salute?
Bevo molta acqua. Quasi due litri al giorno. Non bevande, succhi, eccetera. Proprio acqua pura. Ho scelto un’acqua leggera con pH alcalino (più di 8). Non mi viene spontaneo bere. Devo impormelo. Dieci bicchieri al giorno. Due per volta. (vedi n. 297)
Poi faccio una dieta acido/base. Elimino molti alimenti moderni, quasi tutti acidificanti. La mia dieta è quasi del tutto vegetariana. Ho eliminato alcol, zucchero e dolci, pane pizza e cereali, carne e latticini. Mi rendo conto che è dura, ma questa dieta mi ha permesso di eliminare una forte acidità di stomaco, che mi perseguitava da anni, e che mi costrinse anche a un ricovero ospedaliero d‘urgenza.
Prendo degli integratori. Sono particolari alimenti ricchi di antiossidanti, di omega 3 e omega 6. Curcuma, succo di mirtillo, bacche Gogj, olio di canapa.
Assumo dei sali basificanti. Bicarbonato di sodio e di potassio: mantengono l’acidità del corpo a livelli bassi. Evitano molti malesseri della vecchiaia. Seguo in questo le indicazioni di Sang Wang autore di Invertire l'invecchiamento Macroedizioni (2006)
Respiro forzatamente alcune volte al giorno per un paio di minuti per volta. Per ossigenare l’organismo.
Cerco di muovermi a piedi o in bicicletta. Questo è il punto debole del mio stile di vita. Faccio troppo pochi sforzi fisici (vedi n. 322).
Questo stile di vita me lo sono costruito negli ultimi anni (due o tre). Ognuno dovrebbe trovare lo stile di vita più consono a sé. Cercando, documentandosi, leggendo libri.
Ne vale la pena.


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20 agosto 2013

Malattie (324)

Malattie. (324) 
Sono fortunato. Ho poche malattie. E’ vero che sono relativamente giovane. Comunque sono fortunato. Mia madre, a ottantotto anni, ne aveva venti, di malattie! Fra le quali ipertensione, diabete, demenza senile, cataratte, incontinenza urinaria.
Le mie sono poche e non gravi. Ipertrofia della prostata, dolori cervicali, un po’ di sordità. Fino all’anno scorso avevo anche iperacidità gastrica. Questa me lo sono guarita da solo. Con la dieta acido-base.
Le malattie  chiedono che ci si occupi di loro. E io me ne occupo. Ma non riesco a venirne fuori. Né dall’ipertrofia, né dai dolori cervicali. Con i rimedi naturali. Mi consola che neppure con le medicine della farmacopea classica, se ne venga fuori. Possibile? mi chiedo. E’ così.
Per la prostata ho provato con serenoa, pygeum, ortica, conium, ribes nigrum. Forse ho rallentato l’accrescimento (è dal 2007 che mi curo), ma la situazione è sempre peggiorata. Adesso mi alzo tre volte alla notte, per orinare. L’anno scorso, solo due. Il psa non era molto alto, ma in lieve costante aumento.
I dolori cervicali: un classico della vecchiaia. Il medico mi ha detto che uno se li tiene. E’ la vecchiaia. Ho provato dei cerotti d’erbe cinesi, della ginnastica, degli antinfiammatori, (ribes nigrum). Niente. Quando mi hanno fatto particolarmente male, ho preso l’aspirina. Sono stato meglio, momentaneamente. Poi sono tornati. Lo stress li peggiora.
Prostata e cervicali sono il mio progetto per i prossimi mesi.
Mi fa passare il tempo.

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19 agosto 2013

La voce dei vecchi (323)

La voce dei vecchi. (323)
Cambia. Soprattutto in tarda età.
Me ne sono accorto incontrando una coppia di conoscenti anziani giovani (sulla settantina), dopo alcuni mesi dall’ultimo incontro. La voce di lui era molto tremula. Un cambiamento netto. Come se non avesse fiato per spingere fuori le parole.
La stessa voce che trovo in persone molto anziane, ultranovantenni. Mi viene in mente per esempio Franca Valeri, ormai vecchissima, recitava ancora. Ma la sua voce non era più adatta alla scena. Era tremante, in quel modo particolare dei vecchi. 

Non conosco la ragione fisiologica di questo cambiamento. Non so se siano le corde vocali che non funzionano più o se sia soltanto una questione di fiato corto.
Da molto vecchi la parola ci viene a mancare.
Come se fossimo invitati a stare più in silenzio.
E da molto vecchi si ha effettivamente meno desiderio di parlare. Costa fatica.
O si pensa che sia inutile.

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18 agosto 2013

Faccio poco moto (322)

Faccio poco moto. (322)
Me ne sono accorto durante l’ultimo trasloco a cui ho partecipato. Una mattinata di sforzi fisici, senza strafare, ma sudando copiosamente. 
Uno sforzo protratto per alcune ore fa benissimo al mio corpo. La fatica fa benissimo al vecchio. Perché lo fa respirare molto. Ossigenando tessuti intorpiditi (vedi n. 313). 
Del resto anche quando vado a camminare in montagna, sto benissimo, nonostante gli sforzi e la fatica.
Invece nelle giornate abituali, anche se mi muovo con i cani, non faccio sforzi. 
Ho provato a inventarmi di respirare a fondo una decina di volte al giorno. Ma non è la stessa cosa. E poi me ne dimentico. E poi non sono motivato. 
Devo cercarmi un lavoro fisico da fare ogni giorno. O almeno a giorni alterni. 
Un’idea sarebbe un orto. Che, oltre a tutto, mi appassiona. Devo cercare la terra. Ci sono gli orti comunali. Ma sono tutti occupati. 
Devo trovare un lavoro fisico. 
Per migliorare la mia vecchiaia.

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17 agosto 2013

La missione (321)

La missione. (321)
Abbiamo un compito. Dire agli altri come sarà da vecchi. Non lo sanno.
Anche molti dei vecchi non lo sanno. Non riflettono. Non si fermano a pensare a che cosa sono. Che cosa stanno diventando.
La vecchiaia potrebbe essere vissuta come un’avventura in una terra sconosciuta. Abbiamo un’età in cui possiamo scoprire la nostra età. Soffermarci su di essa. Analizzarla, valutarla. Trovare strategie per vivere i suoi limiti.
Le altre età non hanno questa fortuna. Sono stordite dalla vita. Travolte dalla vita. Non si rendono neppure conto dei loro limiti (che ci sono e sono più gravi dei nostri). Non sanno come farvi fronte.
Invece noi vecchi abbiamo questa opportunità. Possiamo scoprire l’età che viviamo. Per noi stessi.
E per rivelare agli altri quello che scopriamo.

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16 agosto 2013

La nostra specificità (320)

La nostra specificità. (320)
Di noi vecchi, dico.
Abbiamo una specificità da ribadire. Da far conoscere. Le altre età non sanno nulla di noi. Dobbiamo informarle. A volte temo che non ne sappiamo nulla neppure noi.
Eppure basta osservarsi. Viene tutto a galla quello che siamo.
Primo. Abbiamo molti anni. Oliver Sacks a ottant’anni diceva: ”Le mie ossa sanno che cosa significa cent’anni.” Non è scontato. È diverso. I vecchi molto anziani arrivano ad avere il triplo degli anni di un giovane uomo. Hanno alle spalle ottant’anni di ricordi. Di vita vissuta. Cambia la prospettiva. Cambia la visione dell’esistenza.
Secondo. Siamo nella parabola discendente. Sappiamo che significa essere pieni di vita. Sappiamo anche che cosa significa essere svuotati di vita. Abbiamo vissuto l’ascesa e la discesa. Il senso di essere immortali e quello di essere finiti.
Terzo. Siamo vicini alla conclusione. Tutto di noi ci dice che sono gli ultimi anni. Il tempo vissuto è molto superiore a quello che ci resta. Anche questo cambia il senso delle cose che viviamo. Il nostro è tempo di bilancio.
Dobbiamo informare le altre generazioni di quello che succede dopo.
Siamo esempi viventi di quello che sarà il loro futuro.
Incarniamo il futuro dei giovani.
Siamo importanti, per loro.

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15 agosto 2013

Età d'oro (319)

Età d’oro. (319) 
Si dice della vecchiaia. Naturalmente della prima vecchiaia (difficile attribuirlo alla vecchiaia estrema).
Nella mia città è anche il nome di un circolo culturale. Di anziani. Ho letto il programma delle loro attività per il 2013: tombola, visita a un campo di concentramento, ballo in maschera, frittelle, torneo di briscola, corso d’inglese, visita a un centro storico, torneo di carte, l’opera, festa di fine estate, alcune altre visite culturali alla nostra città o a città vicine, gran pranzo di Natale, camminate varie.
Un programma denso, che mette insieme cultura e intrattenimento. Buono.
E la vecchiaia? Dov’è la specificità dell’età a cui si rivolge il circolo?
Temo che vecchiaia, malattie e morte siano lasciate ai singoli individui. Non se ne parla in pubblico. Ognuno si arrangi. 

Ma se un vecchio non può parlare di ciò che lo riguarda da vicino, neppure in un circolo a lui dedicato, dove lo potrà trovare?
Sono sconsolato.
C’è in giro una grande opera di nascondimento della vecchiaia.

Infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità. E poi basta. 
Non se ne deve parlare in pubblico. Noi vecchi non dobbiamo sapere.

C’è omertà. 

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14 agosto 2013

Nonni e nipoti (318)

Nonni e nipoti. (318)
Finalmente la verità.
Quando mio nipote aveva pochi mesi, mia moglie, di notte, dormiva qualche volta con lui. Per dare un po’ di sollievo a nostra figlia. O quando il padre era assente per lavoro. Erano settimane in cui mia moglie tornava a casa a pezzi. Faticava a recuperare. Fortuna che ciò è durato poco.
In seguito, quando il bimbo è restato a casa dall’asilo nido, per malattia, sono stati coinvolti i nonni per l’assistenza. Le due nonne e il sottoscritto. Io e mia moglie facevamo i nostri turni, ma solo il necessario. Non per mancanza d’amore. Per stanchezza. Era molto stancante tenere il bambino dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio. In quelle occasioni, l’altra nonna mostrava una disponibilità maggiore.
Ci chiedevamo: siamo un caso particolare? Gli altri nonni sono come la nostra con-suocera? Disponibili, lieti di stare col bambino, mentre noi ci limitiamo allo stretto indispensabile?
Da allora abbiamo cominciato a conoscere altri nonni. 

Al parco giochi, per esempio, c’erano nonni e bambini. Alcuni nonni erano alla frutta, non ce la facevano. Non eravamo i soli a essere in difficoltà. Poi, le confessioni.  Una parente è disponibile a tenere la nipotina, ma solo per mezza giornata alla volta. Un’amica confessava lo stress di seguire il nipotino, che non poteva essere perso di vista neppure per pochi secondi. Anche la nostra co-nonna, abbiamo saputo, quando tornava a casa dal turno, andava a letto a riposarsi.
La nostra amica è radicale: i nonni svolgono un ruolo essenziale coi nipoti, ma non devono sostituirsi ai genitori o agli educatori. I nonni incontrino i nipoti coi genitori presenti.
I nonni non devono fare i baby sitter.

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13 agosto 2013

Incidenti (317)

Incidenti. (317)
Un conoscente quasi coetaneo, sui settanta. Ama camminare in montagna. Sentieri, non scalate. Con la moglie. Sentieri non impegnativi. Non lo vedevo da un anno.
Incontro la moglie. Dopo i convenevoli, mi informo del marito. “L’anno scorso, poco dopo il nostro ultimo incontro, durante una camminata, è scivolato, sbattendo la testa. Si è rotto l’osso del collo. Fortuna che non eravamo molto lontani dal rifugio. Eravamo verso la fine della camminata. Comunque è dovuto intervenire l‘elicottero di soccorso.”
Mi allarmo. Mi informo meglio. Sta abbastanza bene. Ma effettivamente si è fratturato una o due vertebre cervicali. Operazione difficile, ma a buon fine. Ora vive con una placca metallica che tiene unite le due vertebre (così ho capito). Gira il collo con difficoltà.
Sono allibito. La mia età, la mia passione (le camminate). Un banale incidente. La sua vita è trasformata. Una grossa limitazione. Senza ritorno.
Poteva capitare anche a me. Tale e quale. Per di più sono uno che ama qualche rischio, in montagna. Anch’io qualche caduta l’ho fatta. Specialmente verso la fine della giornata.
Fragilità della vita umana? No, fragilità della vecchiaia.
E’ un limite della nostra età. Così come un po’ più di disattenzione, un po’ più di stanchezza verso la fine della giornata.
Noi vecchi siamo fragili. Ci rompiamo facilmente.
E non ci riaggiustiamo più.

Quando capiterà anche a me?

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12 agosto 2013

In coppia (316)

In coppia. (316)
Dico a mia moglie: ”Da vecchi dovremmo muoverci molto di più, faticare, fare sforzi. Così si ossigenano i tessuti. Si sta meglio.”
Mi ribatte: “Non siamo più dei primitivi. Nella nostra società ci si muove meno. Non possiamo far rientrare dell’attività fisica intensa nella nostra giornata. Ci cambia la vita. Perdiamo la spontaneità del vivere.”
Non riesco a farle capire che da vecchi, inevitabilmente ci muoviamo di meno. Ci ossigeniamo di meno. E così invecchiamo peggio.
Tutto quello che faccio è per invecchiare bene. Non lo faccio per non invecchiare. O  per non morire.
Ma un po’ di ragione ce l’ha. Dedico molto tempo e molti pensieri della giornata alla mia vecchiaia. Mi occupo della mia vecchiaia.
Non vivo più con spontaneità?
Forse, ma mi prendo cura dell’età che vivo.
Non faccio finta che non ci sia.


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11 agosto 2013

Farla capire ai giovani (315)

Farla capire ai giovani. (315)
Impresa disperata. I giovani non possono immaginarsi la vecchiaia.
Uno dei nostri figli diceva:  ”I nostri vecchi, qui in Italia, si chiudono. Non fanno più nulla. In altri paesi se la spassano alla grande.” Con ciò voleva significare che la vecchiaia è una questione culturale, sociale. Se la società o il pensiero comune sono orientati verso l’attività, i vecchi saranno attivi. Viceversa se la società spinge verso l’isolamento, i vecchi si chiudono.
Come spiegargli che la questione è infinitamente più complessa? Come dirgli che le energie fisiche calano, gli interessi calano, la visione della vita cambia?
Come dirgli che c’è una fase avanzata della vecchiaia in cui ci si limita a sopravvivere giorno per giorno? Che incombono malattie invalidanti?
Per fortuna fa caldo. Molto caldo. Anche lui ne soffre.
Ecco, vivere la vecchiaia è come vivere col gran caldo, gli ho detto. Aspetti solo che passi, non hai desiderio di far nulla.
Nell’età molto avanzata succede lo stesso. Tutte le tue energie servono per sopravvivere, senza fare nient’altro.
Ma il caldo passa.
La vecchiaia no.

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10 agosto 2013

Stress (314)

Stress. (314)
Ultimamente ho subito varie forme di stress.
Il gran caldo prima di tutto. Mi impedisce di vivere normalmente. Mi fa sopravvivere, in attesa che finisca. Non riesco a svolgere alcun compito. Non sono allettato da nessun progetto. Non mi interessa alcuno spettacolo o svago.
Fate cessare il gran caldo e poi ne riparliamo.
Poi l’accudimento di mio nipote. Bambino delizioso. Divertente. Affettuoso. Ma non ha ancora due anni. Non posso perderlo di vista neppure per pochi secondi. Tensione molto forte.
Infine la fatica per il trasloco di mia figlia. Fatica fisica. Modulata secondo le mie possibilità.
Di tutti gli stress solo quest’ultimo si è rivelato positivo, anzi salutare (vedi 313). Perchè commisurato alle mie risorse.
Forse anche lo stress psichico del nipotino era sopportabile, ma accudirlo per quattro giorni di fila è stato troppo.
Il vecchio può sopportare gli stress. 
Bisogna che siano più limitati che da giovani.
La nostra esperienza ci farà assumere solo stress sopportabili dalla nostra età.

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09 agosto 2013

Trasloco 2 (313)

Trasloco 2. (313)
Finalmente il trasloco è stato fatto. Parlo di quello di mia figlia. Sono stato impegnato per tenere il nipotino. Mi sono anche offerto per un aiuto come facchino. Così ho dato una mano per mezza giornata, trasportando suppellettili.
Temevo la fatica e il caldo. Invece tutto è andato liscio. La fatica c’è stata, ma entro le mie possibilità. A un certo punto ho sentito che stavo raggiungendo il mio limite. Così, semplicemente, ho diminuito il carico di ogni viaggio.
Ho imparato a gestire le mie forze. Non mi è successo come con le cassette di frutta (vedi 97). Ho faticato, ma con criterio. Alla fine ero più che soddisfatto.
Confrontando la fatica del facchinaggio con quella di badare al nipotino, ho scoperto quanto la fatica fisica sia più facile da sopportare dello stress di accudire un nipotino.
Penso che un po’ di fatica fisica ogni giorno sia salutare per il vecchio.
E’ ovvio: la fatica fa circolare più rapidamente il sangue. I tessuti sono meglio ossigenati.
La fatica fisica è un altro dei rimedi per la vecchiaia.
Non impedite ai vecchi di far fatica!

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08 agosto 2013

Reclusi (312)

Reclusi. (312)
Gran caldo, in questi giorni. Sono un vecchio giovane, ma muovermi fuori casa mi costa fatica, in questi giorni d'agosto. Da qualche giorno non vedevo i miei vicini molto anziani. Così ho suonato alla loro porta. Per sapere se avessero bisogno di qualcosa. Erano tranquilli. Non avevano bisogno di nulla. Poiché hanno l’aria condizionata, se ne stanno tappati in casa, senza neppure soggiornare in terrazzo. Troppo caldo.
I vecchi vivono come  prigionieri, quando fa troppo caldo. In realtà anche quando fa troppo freddo. Da vecchi si sente di più la variazione della temperatura. Soprattutto col caldo. Forse è vero che il pianeta si sta surriscaldando. Mi chiedo se queste temperature c’erano anche venti o quaranta anni fa.
L’ho chiesto al mio vicino, quando ho suonato alla sua porta.
Mi ha risposto: “Da giovani il caldo non lo sentivamo neppure.”
Da giovani uscivamo con qualsiasi temperatura.
Adesso ce ne stiamo tappati in casa aspettando che il caldo passi.
Siamo dei reclusi.

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06 agosto 2013

La coppia anziana (311)

La coppia anziana. (311)
Una coppi di parenti. Anziani giovani, di prima fascia. Qualche malattia, ultimamente. Dell’uno e dell’altra. Ma è lei che si preoccupa di più. E’ angosciata di dover accudire un vecchio in carrozzella.
E’ la realtà delle coppie anziane. Uno dei due potrebbe ammalarsi prima. L’altro lo dovrà accudire (più grave se si invalidassero entrambi).
Ci penso anch’io, ogni tanto. Quando per esempio a mia moglie va per traverso qualcosa e fatica a respirare. O quando di notte mi pare che vada in apnea. O ancora quando prende troppi analgesici per il mal di testa.
Se si è in coppia non basta che uno faccia il possibile per condurre una vita che non porti malattie invalidanti. Lo si deve fare in due. Ma per farlo bisognerebbe avere le stesse idee.
Mia moglie mi prende in giro perché sostiene che io assumo un sacco di integratori, vitamine e farmaci.
Dice che io non voglio morire.
Non la pensiamo proprio nello stesso modo.

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05 agosto 2013

Demenza (310)

Demenza. (310)
Nel mio condominio abita una coppia di anziani. Relativamente giovani, sui 65-70.
Hanno in casa la vecchissima madre del marito. 98 anni. Si muove ancora con le sue gambe. Ma la testa non c’è più. Demenza, la diagnosi.
La degenerazione delle facoltà mentali stravolge le relazioni. Non c’è più relazione. Non c’è più condivisione dei comportamenti più elementari. Per esempio che le feci non vanno spalmate su porte o vestiti.
Temo queste situazioni. Non più per doverle sopportare negli altri. Ma per doverle far subire ad altri.
Mia madre era demente. Un gradino più su della situazione appena descritta. Non sono mai arrivato a situazioni drammatiche con lei. Ma ho timore di diventare io demente e fare ciò che ho descritto più sopra.
Confesso di aver paura.
(Nei giorni scorsi la vecchia signora è stata trasferita in un pensionato per anziani dementi. Non penso che si potesse fare altrimenti.)

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04 agosto 2013

Al confine (309)

Al confine. (309)
Ho la sicurezza che ci sia l’aldilà. Non per motivi religiosi.
Più passa il tempo, più divento vecchio, più l’aldilà si farà presente. E’ una previsione, non una certezza.
Ha fatto capolino oggi per la prima volta. L’idea di sentirmi a cavallo di due realtà. Questa vita e l’aldilà. Sono vecchio, dunque sono in mezzo.
Come quando uno si deve trasferire in un paese lontano, definitivamente. Continua la sua vita nel paese d’origine, ma fa i preparativi per il trasferimento. Vive nel primo paese, col pensiero al secondo. Continua a vedere i suoi conoscenti, ma sa che poi non li rivedrà più. In attesa della partenza, ha il pensiero al paese dove deve andare. Si immagina la nuova destinazione. Fa delle fantasie su quel posto nuovo. Si cura sempre meno di ciò che lascia.
Oggi ci ho pensato seriamente per la prima volta. Il disinteresse che a volte provo per i fatti di questa vita, mi sembra un’anticipazione dell’interesse che proverò per la nuova destinazione.
Di cui ora non so assolutamente nulla.
Mi sto avvicinando a quel confine. Il dopo mi interesserà sempre di più.
La vecchiaia è l’età in cui aldilà e aldiqua coesistono.

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03 agosto 2013

Magnifica Giornata (308)

Magnifica giornata. (308)
Dopo il caldo di questi giorni e il temporale di ieri sera, stamattina fa un fresco delizioso. L’atmosfera è limpida. Il cielo terso, azzurro. Camminando per strada provo una sensazione di benessere. Fra gli alberi del parco, sembrava di essere in un bosco in montagna. Giornata splendida. Benessere appagante. Io stesso sto benissimo. Coincidenza o è l’aria diversa che mi rende felice?
Mi viene in mente il bell’articolo di Oliver Sacks (n. 299) in cui egli dichiara la sua felicità in momenti come questo. Che bello essere vivo!
Siamo vicini alla morte, eppure sappiamo gustare la gioia di essere vivi, noi vecchi. Anche con i nostri limiti, con la diminuzione di capacità, di energia, di vitalità.
Vivere e basta.
Ci basta vivere.

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02 agosto 2013

Il solitario (307)

Il solitario. (307)
Stamane il mio vicino anziano mi ha preceduto, nel risveglio. Quando alle sette ho aperto le imposte, lui era già in terrazza. Seduto al suo tavolino di lettura. Concentrato. Ma non stava leggendo. Era impegnato nell’esecuzione di un gioco con le carte: un solitario.  Altre volte l’ho visto giocare con la moglie. E’ un passatempo che li soddisfa entrambi.
Io non ho questa passione per il gioco. Ma capisco che possa avere un suo fascino. E’ una gara. Una sfida. Magari solo con se stessi (il solitario, appunto).
Sembra incredibile, noi vecchi abbiamo bisogno di far passare il tempo. Amiamo i passatempi. Eppure di tempo ne abbiamo poco. Ce ne resta poco. Ciononostante, del tempo che ci resta, non sappiamo che farcene. Abbiamo bisogno di diversivi. Non sappiamo stare senza far nulla. Per esempio a pensare. Oppure in realtà, poiché non lavoriamo, pensiamo molto. Ogni tanto abbiamo bisogno di rilassarci. Ecco i passatempi.
Ricordo di un antropologo che aveva visitato una tribù primitiva. I suoi membri passavano molto tempo a procurarsi il cibo. Ma poi arrivava un momento in cui non c’era più nulla da fare. Allora quei primitivi stavano seduti in silenzio insieme. Niente passatempi.
Solo stare in silenzio. Tutti insieme.
Un’idea per noi vecchi.

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01 agosto 2013

Di sera (306)

Di sera. (306)
Il trasloco di mia figlia si avvicina. Occorrono scatole, scatoloni, contenitori. Non sono mai abbastanza. In garage ne abbiamo alcuni di plastica. Mia moglie mi ha chiesto di portarli alla figlia, ieri sera. Quando stavo per andare un acquazzone mi ha bloccato. Ho mandato un messaggio dicendo che rimandavo, causa pioggia. Ma ne avevano bisogno. La figlia voleva venire lei a prenderli. A quel punto, sapendo quanto stesse lavorando, ho deciso di portarli io. Ormai aveva smesso di piovere. E sono andato. Erano le nove passate.
Non ero contento di andare. Era tardi. Avevo fame. Mi stavo preparando la cena. Non che fossi particolarmente stanco, fisicamente. Era la psiche che era esausta. Mi pesava anche solo fare quei pochi chilometri in auto.
Di sera voglio chiudere servizi e relazioni. Voglio chiudere col mondo esterno, con le sue sollecitazioni.
Non voglio telefoanere. Non voglio uscire.
Sono esigenze solo mie? O lo sono di tutti i vecchi?
Di sera voglio riposare in pace.

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