28 febbraio 2013

Biorekk. (160) (altro: 53)
E’ un gruppo d’acquisto di prodotti biologici. Nato quasi dieci anni fa. Promosso da un gruppo di famiglie giovani. E’ diventato una interessante realtà, almeno nella mia città e regione. Fa parte di quella cultura del biologico, che è stata il mio progetto di gioventù. Ha moltissime iniziative. Dall’asilo, all’osteria. Dagli orti sociali, agli studi sui prezzi dei prodotti orticoli. E altro ancora.
Quello che mi stupisce è che sia nato in modo autonomo. Non come costola del movimento di cui io ho fatto parte. No. Noi vecchi biologici, siamo appunto vecchi. Loro sono giovani. Altre idee, altre energie. Altra gente. Ideali comuni. Ma loro sono un’altra generazione. E’ il nuovo che avanza.
Miopi saremmo noi vecchi se non capissimo la ricchezza che c’è dietro a questo fiorire di iniziative.
Miopi saremmo noi vecchi, se fossimo gelosi di quelle idee, che pure abbiamo diffuso noi per primi.
Miopi saremmo se non volessimo farci da parte.
Sono felice che altri, anche senza il mio contributo, portino avanti quelle idee che mi hanno entusiasmato per gran parte della mia vita.

27 febbraio 2013

Il maratoneta. (159)
E’ anziano. Mio coetaneo. Passione per la corsa a piedi. Piccolo e magro. Capace di imprese. Come la cento chilometri. Ammirabile.
Ieri l’ho rivisto e salutato. Due battute, incrociandolo per strada. La mia:”Corri ancora?” La sua: “Mai fermarsi!” Ripeto: ammirevole.
In realtà, dovrà fermarsi. Come anch’io dovrò smettere di camminare in montagna. Perché l’età avanza. Ben che vada, smetterà più tardi (lui), smetterò più tardi (io). Ma smetteremo.
La vita è una parabola. Siamo nel ramo discendente, noi vecchi.
Discendente.
Cioè sempre di meno.

26 febbraio 2013

Il figlio invecchiato. (158)
Ieri sono stato a pranzo con mio figlio. Non ci vediamo spesso. Quando ci incontriamo andiamo a pranzo fuori. Così ci possiamo guardare in faccia. Un’oretta per scambiarci idee, valutazioni. Anche bilanci di vita.
Ieri l’ho guardato bene. Per la prima volta non aveva più il volto dell’eterno ragazzo, giovanile oltre la sua età. Perché mio figlio ha quarant’anni. E’ un’età simbolica. L'inizio della vita matura. Ieri aveva proprio l’aspetto di uomo fatto. Non c’era più nulla di adolescenziale nei suoi movimenti. Neppure nel suo volto.  Leggermente gonfio. Un po’ invecchiato.
Anche quando si superano i sessanta, il bianco dei capelli o della barba, segnano un passaggio. Dall’età matura alla vecchiaia. Transizioni. Nel corpo, prima di tutto. Poi nella psiche. Ma di queste ultime ti accorgi un po’ più in là.
Perché noi umani amiamo ingannarci, riguardo al passare degli anni.

25 febbraio 2013

Differenti. (157) 
I molto vecchi talvolta ti guardano come incantati. A metà fra la meraviglia e l’intontimento. A volte sembrano spauriti. E’ a causa dei tempi di reazione, che si sono allungati. Quando ti fissano, lo fanno per un tempo più lungo del normale. Ci impiegano di più a prender coscienza di ciò che stanno guardando. E così, pare che ti osservino con maggior attenzione. Pare che nutrano verso di te un interesse particolare. Quasi fastidioso, se fosse fatto da un giovane o da un adulto. Non è stupidità. E’ maggior lentezza. Nei movimenti. Nelle reazioni.
I molto vecchi talvolta sono pallidi, in volto. Non sempre è conseguenza di malattia. E’ che la circolazione è rallentata. Al volto, così come nelle zone periferiche. Le mani sono fredde, a esempio. E’ un segno che il funzionamento del corpo è rallentato.
Un segno di morte vicina.
Sono differenze fisiche con le altre età. Non se ne tiene conto. La società se ne disinteressa. Anzi non le conosce proprio. Ma ogni età ha i suoi comportamenti normali specifici. A esempio qualcosa di simile (sguardo trasognato) ce l’hanno anche i bambini piccoli. Quando ti guardano a lungo. E magari tu hai fatto loro una domanda alla quale non rispondono.
Noi vecchi siamo differenti. Diventiamo differenti.
E non ce ne accorgiamo neppure noi.

24 febbraio 2013

Politica. (156) (un altro: 88)
Oggi in Italia votiamo. Nella mia vita mi sono occupato di politica. Come passione, non come professione. Ai tempi del referendum sul divorzio, facevo il rappresentante di lista in un seggio. Dovevo controllare lo scrutinio. Prima, accompagnavo al seggio qualche persona in difficoltà. Sono andato a prendere, a casa sua, un vecchio, molto anziano. Grande combattente, da giovane. Allora invece era stanco. Ha declinato con gentilezza la mia offerta di passaggio in auto. Ho provato a insistere. Ogni voto era prezioso. Dovevamo vincere noi. Per cambiare le cose. Mi ha ascoltato e ha detto: “Ora tocca a voi giovani. Le mie battaglie le ho fatte. Sono vecchio e stanco. Grazie. Auguri.” Non ho avuto il coraggio di insistere.  Prima dell’importanza del voto, veniva il rispetto per la sua volontà. Ho intuito che in età avanzata qualcosa cambia. Cambia l’importanza delle cose.
Adesso sono vecchio anch’io. Non tanto vecchio. Ma vecchio. Ho la stessa passione politica di quando ero giovane. Non è ancora cambiato niente, su questo piano. Ma quando avrò 80-90 anni? Anche la politica perderà d’importanza. Se la conserverà, non sarà più perché voglio trasformare il mondo per me e la mia famiglia. No. Sarà per le generazioni future.
Per dare un paese migliore a mio nipote.
E a tutti i bimbi come lui.

23 febbraio 2013

Delusione. (155)
Una persona che stimo. Per la cultura. Per le idee innovative. Per il fascino delle sue parole. Vecchio anche lui. In pensione. Ho saputo che, dopo il pensionamento, mal sopporta la perdita di prestigio. Ho saputo che si è fatto l’amante. Giovane.  
Non giudico. Ma sono deluso.
Non sono un moralista. Ma farsi l’amante giovane, da parte di un vecchio, mi sembra fuori luogo. Come per il quarantenne che si mette con una diciottenne. Di che cosa parla, con lei? Dei voti presi a scuola?
Un vecchio che si mette con una donna molto più giovane, rinuncia alla sua vecchiaia. Sì, la vecchiaia è ambigua, almeno nei primi anni. Ma dopo i settanta uno sa che è vecchio. Basta che guardi il suo corpo. Sa che è in un’altra fase della vita. Deve occuparsi di quella. Può non farlo, per qualche anno. Ma è inappropriato. Così come soffrire per la perdita del proprio ruolo. E’ umano. Ma va superato in fretta. Altri compiti aspettano il vecchio.
Sono deluso, perché dalle persone che stimo mi aspetto coerenza, fra il parlare e il vivere. Sono deluso perché mi aspetto saggezza, dai vecchi. Sono deluso perché aspetto idee chiare, ma anche vite chiare.
Non mi basta che mi indichino che cosa devo fare da vecchio.
Pretendo che lo vivano con me.
Sono deluso.

22 febbraio 2013

Lavoro. (154) (altri: 40, 53, 74, 88)
Anche se sono vecchio, lavoro ancora. Molto poco, in realtà, due-tre mezze giornate alla settimana. Mi piace. Ci tengo. Ora il mio datore di lavoro mi ha comunicato che da settembre mi potrà tenere ancora di meno. Una o due mattine. Mi dispiace. Non tanto per i soldi (che già erano pochi), quanto per il tipo di impegno. Do il massimo e ne sono contento.
Difficile trovar lavoro alla mia età. Con questa crisi, poi… Da vecchi ci si rassegna che nessuno abbia più bisogno del nostro lavoro. E così non si è invogliati a cercare, a mettersi alla prova. Si pensa che ormai non si troverà più alcun impiego. Comunque anche se lo si trovasse, per quanto tempo potremo ancora lavorare, noi vecchi? Due, tre anni?
Da vecchi gli orizzonti temporali lavorativi si riducono drasticamente.
Bisogna lasciare il posto ai giovani.

20 febbraio 2013

Due grandi vecchi. (153)
Una conferenza pubblica. Di filosofia! Due relatori, entrambi anziani di seconda fascia avanzata (più di ottanta anni). Il primo, affascinante parlatore. Non solo per il linguaggio, soprattutto per i concetti. E infine per la poesia. Sì, la poesia dei concetti che esprimeva. Per l’intreccio con la vita. Niente di staccato, di intellettuale. No, tutto di grande verità esistenziale. Una vecchiaia, la sua, degnissima di essere vissuta. Con tante idee da trasmettere.
Il secondo, uno psichiatra. Più fragile. Forse più anziano. Poca vista, un po’ di balbuzie, una parlata cantilenante. Difficile da seguire. Ma ugualmente profondo. Anzi, con in più un’intensa emozione. Vicino ai suoi pazienti psichiatrici. Vicino alla loro sofferenza. Capace di nuove scoperte (anche alla sua tarda età), che candidamente ci enunciava con entusiasmo.
Vecchiaie da imitare? No, non è possibile. Si tratta di vecchiaie che hanno alle spalle 50-60 anni di studio e professione, profondi.
Noi, altri vecchi più normali, accontentiamoci di stare ad ascoltarli.
Rapiti e sognanti.
A sentirli, ti pare che la vita valga la pena di essere vissuta. Sei contento, anche se sei prossimo alla morte.
I due vecchi mi hanno dato la sensazione che la mia vita sia importante.
Perchè hanno riempito di profondità la mia vita di tutti i giorni.

19 febbraio 2013

Prometeo 2. (152) (altri: 151, 147, 145, 51 e in generale i Punti fermi)
Il mito è interessante (soprattutto attraverso la spiegazione che ne dà U. Curi nel libro Via di qua. Imparare a morire). Il mito dice che la morte è naturale. E’ nell’ordine della natura.
Pacifica la mente, quest’idea. E la vita? Incide nella vita? Vorrei approfondire. Vorrei trarne un insegnamento per la vita. Concreto. Da usare tutti i giorni.
La vita prende significati diversi se finisce o non finisce. Se la vita finisce con la morte, la morte dà significato alla vita.  Siccome la vita finisce, questo finire illumina la vita. Per fare un esempio banale, si pensi a una partita di calcio. Quando si è verso la fine del secondo tempo, le due squadre sentono che l’incontro sta per finire e giocano di conseguenza. Chi è in vantaggio si arrocca e difende. L’altra squadra, se può, attacca a più non posso. La fine imminente della partita determina i comportamenti dei giocatori.
Così la morte dà un senso alla vita. O meglio alla sua ultima parte. Perché per tre quarti della vita viviamo come se fossimo immortali ( a causa del dono di Prometeo). Soltanto nell’ultimo quarto pensiamo alla morte. Qual è il senso che la morte dà all’ultima parte della vita?
La morte insegna che non c’è più tempo. Quel tempo che resta dobbiamo usarlo in modo diverso.
Perché è poco. E’ prezioso.
E’ un tempo di distacco. E’ un tempo di preparazione alla morte. Cioè al finire.
Anche tempo di bilanci. Di riflessione sulla vita che abbiamo vissuto.
Tempo per un'autobiografia.

18 febbraio 2013

Prometeo. (151) (altri: 147,145)
E’ un personaggio della mitologia greca. Secondo il mito fece dono agli uomini del fuoco. Per questo fu punito e scontò una pena atroce e perenne. Un’aquila gli divorava il fegato, ogni tre giorni, mentre egli era incatenato a una rupe.
Storiella incredibile, apparentemente. 
I doni di Prometeo agli uomini in realtà erano due: la tecnica (simboleggiata dal fuoco) e una sorta di cecità riguardo al destino inesorabile della morte. Prometeo distoglie lo sguardo degli uomini dalla loro morte ineluttabile. Fino a qui non si capisce la colpa né il tipo di pena.
In realtà Prometeo odia la morte, pur essendo egli immortale. E’ proprio quest’odio che viene punito. Perché sovverte l’ordine del cosmo. Nel suo atroce dolore continuato nel tempo, Prometeo giunge a non resistere più. Arriva a desiderare la morte, che non può venire perché egli è immortale. Ma, attraverso la sua pena, cambia atteggiamento verso la morte. Non la odia più. Perciò la sua pena termina.
Prometeo nel suo odio per la morte, sovverte l’ordine della natura, nella quale la morte è presente. Anzi la morte è necessaria.
Questo si trova nelle tragedie greche di 2500 anni fa. Durante le rappresentazioni il popolo pativa le sorti dei personaggi e capiva. Questioni fondamentali, come la vita e la morte.
Dire che è miracoloso è poco.
L'attualità del messaggio è stata curiosamente confermata da una notizia scientifica apparsa un anno fa sui giornali. E' stato scoperto che l'uomo non può evitare la morte. I meccanismi cellulari portano inevitabilmente alla morte ogni essere vivente.
Morire dobbiamo.
Meglio farsene una ragione.

17 febbraio 2013

La vecchiaia non è roba per donnette. (150)
Battuta sentita in un film. Mi scuso per il carattere sessista della frase (anzi le donne portano meglio la vecchiaia). La cito ugualmente perché è ricca di significato.
Donnetta è sinonimo di persona debole. Senza carattere. Anche le persone deboli diventano vecchie. E’ naturale. Ma le difficoltà,  i disagi, i dolori, le prove (soprattutto), che porta la vecchiaia, hanno bisogno di una tempra forte.
La vecchiaia è un periodo impegnativo. Bisogna comprendere cose nuove. Bisogna adattarsi a situazioni disagiate. Bisogna continuare a vivere, con minori abilità. Perchè da vecchi diventiamo tutti disabili.
Come quando sei in montagna a camminare. E perdi il sentiero. Occorre forza d’animo per non andare nel panico (magari hai ancora poche ore di sole…). Meglio una persona matura che non un giovane. Oppure quando devi arrivare a un rifugio e sei stanco e la strada è ancora lunghissima. Occorre saper resistere alla fatica. Andare avanti. Stringere i denti.
Lo stesso per la vecchiaia.
Un giovane non ce la farebbe a essere vecchio.

16 febbraio 2013

Mi alzo dolorante. (149) (un altro: 91)
Da un po’ di tempo, quando mi alzo dalla posizione seduta, provo dei dolori, delle rigidità. Alle anche, alle gambe, ai piedi. Per qualche passo zoppico, anche. Poi mi rimetto in sesto. Dopo qualche secondo, passano. Come se si fossero arrugginiti, stando a lungo sulla sedia. E poi avessero bisogno di sbloccarsi, per funzionare correttamente.
Certo non è un gran fastidio. Ma è significativo della vecchiaia. Ricordo fenomeni simili nei miei nonni. O in altri vecchi. Quando si alzavano, avevano qualche difficoltà a muoversi agevolmente. Ci impiegavano qualche secondo. Spesso questo tempo era accompagnato da qualche sospiro, da qualche: “Dio, dio, dio…”. Evidentemente in loro i dolori, che accompagnavano le rigidità, erano più accentuati.
Roba da vecchi.

15 febbraio 2013

Un mostro.  (148)
Al mio bar viene una ragazza un po’ vistosa. Stivali, jeans attillati, giacchini alla moda giovanile. L’ho vista anche in volto.  Labbra pronunciate, come una ventenne. Segno evidente di un intervento di chirurgia estetica.
Stamane l’ho osservata più da vicino. Mi è sembrata un mostro. Non perché brutta  o artefatta, ma perché di trent'anni più vecchia. Mi sono accorto che dietro a trucchi, vestiti, chirurgia si nasconde una persona di una certa età. Non certo una ventenne. Almeno ha superato i cinquanta.
Il suo volto era grottesco. Apparentemente giovane, aveva la pelle spenta, tendenzialmente raggrinzita. Sembrava il volto di una vecchia in un corpo da giovane. Mostruoso. Ma il corpo era tutto nascosto, in verità. Si vedevano però le mani. Non erano quelle di una giovane. Si vedeva facilmente.
Il tutto era francamente raccapricciante.
Qualche tempo fa ne avrei dato un giudizio severo. Come di persona che vuol barare. Che inganna gli altri.
Adesso no. Mi è sembrata bisognosa di comprensione. Di qualcuno che la convinca che vecchiaia e morte sono inevitabili. Tutti i tentativi di mascherarle falliscono. Soprattutto ti portano avanti con gli anni, con lo sguardo rivolta all’indietro.
Quando finalmente si girerà in avanti sarà una tragedia.

13 febbraio 2013

Via di qua 3. (147) (un altro 145)
Un approfondimento sul mito di Prometeo, che ha fatto dono della speranza agli uomini. Gli uomini non guardano fisso al giorno della loro morte e così possono vivere (amare, progettare, fantasticare), perchè hanno una speranza.
I grandi tragici greci si erano chiesti come gli esseri umani potessero vivere. Perchè non fossero paralizzati dal pensiero della morte, inevitabile. Che cioè avessero una speranza che accieca. Era il dono di Prometeo.
L’avevo paragonato all’atteggiamento di alcuni vecchi, della nostra società, che fino a tarda età continuano a svolgere attività, sostenere progetti, perseguire ideali. E’ la stessa cosa? Il cosiddetto istinto di sopravvivenza è questa speranza? Non so. La cieca speranza di cui parlano i greci sembra contenere un giudizio di illusione, se non di stupidità. “Guarda come si affannano e domani saranno morti!”
Invece l’atteggiamento di alcuni vecchi sembra essere improntato più ad altruismo che a stupidità.
“Si affannano tanto, nonostante sappiano bene che fra poco moriranno. Ma gli ideali che perseguono sono così importanti da farli impegnare, nonostante che fra poco moriranno.
E' speranza che accieca impegnarsi per un ideale umanitario, anche se poi noi stessi moriremo?
Un ideale cessa di essere importante perchè noi moriremo?
E' la potenza di un ideale che mette in secondo piano la nostra morte?

12 febbraio 2013

“Sento il peso dell’età”. (146) (altri: 69, 90)
Queste le parole. Del papa che si è dimesso.
Prese alla lettera, indicano la stanchezza che fa la comparsa nella vecchiaia. E che nella vecchiaia estrema, diventa preponderante. Al punto che trascini la tua giornata sperando che venga sera e tu possa sdraiarti a letto.
Ma si possono prendere anche in un altro senso. Il peso della vita. Tutto ciò che un tempo ci entusiasmava ora ci pesa. Nell’età avanzata mancano gli stimoli per condurre un progetto. Per perseguire un ideale. Si desidera solo riposo. Che altri si facciano carico del lavoro, dei progetti, dell’organizzazione.
I vecchi hanno già dato.

11 febbraio 2013

Via di qua, 2. (145) (altri: 51, 60, 62, 82, 118, 134)
Ancora sul bel libro di Umberto Curi. Che ha come sottotitolo “Imparare a morire”.
Nella prima parte l’autore analizza il mito di Prometeo, attraverso le tragedie greche.  Prometeo ha donato il fuoco agli uomini. Cioè la tecnica. E molto di più. Ha infuso negli uomini la speranza. Di non morire subito. “Ho insegnato agli uomini a non guardare fisso il giorno della morte.” Solo questo dono permette agli esseri umani di vivere. Se non l’avessero, se invece avessero la certezza di morire e che la morte potrebbe coglierli entro poche ore, non vivrebbero. Sarebbero paralizzati da questa tremenda fatalità.
Stranamente  viviamo come se la morte non ci fosse. Confidiamo di avere una grande probabilità che la morte ci prenderà avanti negli anni. Ci tuffiamo nella vita. Perché abbiamo la cieca speranza donataci da Prometeo.
Qualche pensiero affine l’ho sviluppato quando ho parlato delle varie vecchiaie. C’è fra noi chi  vive non curandosi che morirà. Magari entro breve tempo.
Prometeo non ha fatto il suo dono a tutti nello stesso modo.

10 febbraio 2013

Biologico. (144) (un altro: 126)
Il biologico: una definizione sintetica di un mondo pulito, sano, in armonia con la natura. E’ cominciato con una legge europea del 1991, sull’agricoltura. Ma già vent’anni prima c’era gente che aveva deciso di abbandonare la chimica per produrre cibo. Ne ho fatto parte anch’io, timidamente (non avevo tanta terra da coltivare). E’ stata una grande avventura della mia vita. Che guardo con orgoglio.
Ho fatto la mia parte per lasciare a mio nipote una terra più pulita.
Ho detto che non mi piacciono alcuni aspetti, della mia persona, del passato. Fatti negativi, che vorrei cancellare. Questo del biologico, invece mi piace. Impegnandomi in questo progetto, mi sembra di non aver vissuto invano.
Da vecchi, voltandoci indietro, è gratificante scoprire di aver fatto qualcosa di utile, buono, importante, non solo per noi stessi.

09 febbraio 2013

Il futuro. (143)
Mio nipote ha un anno. E io sessantasei. Lui diventerà formalmente vecchio nell’anno 2076. Una vita (la sua) proiettata interamente nel XXI secolo.
La seconda metà di questo secolo è sempre stata fuori della mia immaginazione. Se mi va bene morirò nel 2030-35. Non ho legami con quello che verrà dopo. Anche mio figlio sarà vecchio quando io morirò.
Ora, pensare a mio nipote, ancor giovane, dopo il 2050, mi permette una qualche presenza anche in quegli anni.  Prolunga la mia vita. E’ come se in quegli anni remoti ci fossi anch'io. La presenza di mio nipote  ha dilatato la mia vita. Adesso sento concretamente che il mondo ci sarà anche allora.
Quando si dice che dobbiamo lasciare una terra vivibile alle prossime generazioni, con la presenza di mio nipote, questa frase è diventata reale. In quegli anni ci sarà uno della mia famiglia. Uno dei miei.
Una parte di me.

08 febbraio 2013

Indignazione: la sala bingo. (142)
Vicino a casa, c’è una sala bingo. L’ho sempre guardata con un po’ di tenerezza, come si guardava la vecchia tombola che si faceva a Natale. Oggi sono rimasto stupefatto nel leggere, distrattamente, gli orari di apertura. Incredibile! È aperto fino alle cinque del mattino.  E apre alle otto di mattina. Anzi il sabato apre alle otto e chiude alle otto di domenica, ma riapre subito, per chiudere alle sei del lunedì. Un’autentica bisca. Un casinò per poveri.  Per coloro che sono letteralmente dipendenti dal gioco in modo patologico. Funzionante di notte. Dove tutto è più difficile.
Mi sono indignato. Arrabbiato. Con lo Stato, che permette tutto ciò. Anzi nell’ultima legge promulgata da questo parlamento c’è un articolo che autorizza l’apertura di un altro migliaio di queste orrende sale (o analoghe strutture d‘azzardo). Per rastrellare denaro da chi è più debole e spesso malato.
Vorrei continuare ad avere la forza di indignarmi di fronte a ingiustizie come questa (e ad altre peggiori).
Anche quando avrò novant’anni.

07 febbraio 2013

In tram. (141) (altri: 92, 105)
Da un po’ di tempo non mi faccio più scrupolo, sui mezzi pubblici, di sedermi nei posti dedicati a persone con difficoltà motorie.  Fino a qualche anno fa, me ne guardavo bene. Per un eccesso di zelo, non volevo occupare un posto destinato a chi è in difficoltà.
Adesso non più. Mi sono legittimato il mio essere vecchio. Mi sono pacificato col fatto che sono più fragile della maggior parte dei passeggeri. Ho più probabilità di cadere se c'è una frenata brusca.
Finora non ho ancora accettato l’offerta di un posto a sedere che mi fa qualche passeggero gentile. Ma se c’è un posto per anziani con bastone, lo occupo io, sia pur senza bastone.
Sono vecchio: almeno qualche privilegio!

06 febbraio 2013

Il mio amico, ancora. (140)
Lo chiamo “il mio amico”, come da bambini, volutamente. Fra bambini l’amico è unico ed è sommamente importante. Sono felice di avere il mio amico, adesso che sono vecchio. E’ importante. Come per i bambini. In vecchiaia gli affetti si riducono. Si tengono solo quelli essenziali. I figli, il consorte, l’amico, il nipote piccolo. Ciascuno con specificità sue proprie, che non possono essere surrogate dagli altri affetti.

Amico è colui con cui puoi stare in silenzio, ha detto qualcuno. E’ vero. Puoi stare rilassato. Sai che non ti giudica. Meglio: se ti giudica, è comunque dalla tua parte. In compagnia del mio amico sto bene.
L’amicizia scalda il cuore della vecchiaia.
Ogni vecchio dovrebbe avere un amico. La vecchiaia sarebbe più facile.

05 febbraio 2013

Il mio amico. (139)
Il mio amico compie oggi 65 anni. Auguri! Gli ho detto:” Entri ufficialmente nella vecchiaia.” Risposta:” Mi sento giovane.”
Ecco un altro modo di vivere la vecchiaia. Non dar importanza alla diminuzione di qualche facoltà. Non temere gli anni futuri. Concentrarsi su quello che c’è. Che non è poco.
Del resto a 65 anni non abbiamo esperienza di vecchiaia. Abbiamo esperienza di vita matura. Ricordiamo intensamente gli ultimi anni vissuti. Anni di pieno vigore. L’immagine interiore che abbiamo di noi stessi, non è quella di un vecchio. E’ piuttosto quella di un uomo nel pieno delle sue facoltà. Di un cinquantenne, diciamo. Se ci guardiamo allo specchio, sovrapponiamo all’immagine reale, quella interiore, appunto di un cinquantenne.  Abbiamo bisogno di dieci, quindici anni per cambiare l’immagine interiore. Adeguarla cioè all’età vecchia.
Mia madre, a novant’anni, guardando la foto tessera appena fatta: “Ma questa sono io? Dio, come sono vecchia!”

04 febbraio 2013

Fragilità. (138)
Ieri mia moglie ha preso l’influenza. Febbre molto alta, tosse, brividi incontrollabili. E’ la stagione. L’aiuto io, se ne ha bisogno. Stanotte girandomi nel letto ho alzato la testa, per voltare il cuscino e sentire meglio come stava. Tremendo giramento di testa! Mi son dovuto sdraiare di nuovo. E’ passato. Ma quando mi sono alzato per andare in bagno, altro capogiro. Mi son dovuto sdraiare ancora. Dopo un po’ con molta cautela mi sono rialzato e finalmente ho potuto muovermi. Sembrava un sintomo di influenza, che stava colpendo anche me.
E’ raro che ci ammaliamo insieme. O l’uno o l’altro. Oppure, prima l’uno poi l’altro. Mai insieme. Stanotte sembrava l’eccezione. Come faremo? Non tanto per i cani, ma come faremo per le minime necessità quotidiane?
Ora siamo vecchi di prima fascia e anche nelle difficoltà ci sappiamo gestire. Ma quando saremo vecchi d’età avanzata?
Il pensiero di quell’ultima fase della vita, con le sue innumerevoli fragilità, mi angoscia.

03 febbraio 2013

Sbrodolarsi. (137)
Mi accade questo: mangiando, qualche pezzetto di cibo o del liquido mi cade sul vestiario. Al momento non me ne accorgo. Lo vedo dopo, osservando delle macchie sui pantaloni o sulle scarpe. La vecchiaia, mi dico. Certamente l’attenzione è meno vigile, la mano meno ferma. Starò più attento.
Ma analizzando meglio il fatto, non è così.
In gioventù, ho sempre mangiato in fretta, a volte in piedi, addirittura muovendomi in cucina.
Inevitabile sbrodolarsi. Se non succedeva spesso era perché ero abile a evitarlo o ad accorgermene subito.
In vecchiaia i riflessi sono meno pronti. E poiché continuo con le stesse abitudini, è logico che i danni siano maggiori.
Non della vecchiaia devo lagnarmi. Ma delle cattive abitudini.
D’ora in avanti mangerò solo da seduto.

02 febbraio 2013

Tante vecchiaie. (136) (punti fermi; altro: 118)
Ormai l’ho scoperto. Ci sono tante vecchiaie. Perché la vecchiaia è lunga. E’ impossibile che ce ne sia una sola, che duri venti o trenta anni, senza cambiamenti.
Poi perché siamo tanti, noi vecchi. E di culture diverse. Un aborigeno australiano, interrogato sulla nostra civiltà (occidentale) disse che era inorridito dalla nostra lunga vecchiaia.  Viceversa un maestro cinese parlava apertamente di lunga vecchiaia in buona salute, come parte essenziale della vita.
Ma vi sono tante vecchiaie anche all’interno di ogni civiltà. Perché siamo diversi.
C’è chi ai primi accenni di vecchiaia si deprime, si chiude, quasi offeso che una cosa così capiti proprio a lui. C’è chi continua i suoi progetti come niente fosse, praticamente fino alla morte.
La vecchiaia dipende da come ci siamo costruiti e come siamo diventati.
La vecchiaia dipende da come abbiamo passato i primi sessant’anni.