11 febbraio 2013

Via di qua, 2. (145) (altri: 51, 60, 62, 82, 118, 134)
Ancora sul bel libro di Umberto Curi. Che ha come sottotitolo “Imparare a morire”.
Nella prima parte l’autore analizza il mito di Prometeo, attraverso le tragedie greche.  Prometeo ha donato il fuoco agli uomini. Cioè la tecnica. E molto di più. Ha infuso negli uomini la speranza. Di non morire subito. “Ho insegnato agli uomini a non guardare fisso il giorno della morte.” Solo questo dono permette agli esseri umani di vivere. Se non l’avessero, se invece avessero la certezza di morire e che la morte potrebbe coglierli entro poche ore, non vivrebbero. Sarebbero paralizzati da questa tremenda fatalità.
Stranamente  viviamo come se la morte non ci fosse. Confidiamo di avere una grande probabilità che la morte ci prenderà avanti negli anni. Ci tuffiamo nella vita. Perché abbiamo la cieca speranza donataci da Prometeo.
Qualche pensiero affine l’ho sviluppato quando ho parlato delle varie vecchiaie. C’è fra noi chi  vive non curandosi che morirà. Magari entro breve tempo.
Prometeo non ha fatto il suo dono a tutti nello stesso modo.

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