31 gennaio 2017

Integratori (17-017)

Integratori. (17-017)
Sono contrario all'uso degli integratori nell'alimentazione.
Penso che ci sia già tutto nel cibo che si mangia (purchè vegetale e integrale).
All'inizio della mia vecchiaia però, pensai di contrastare il decadimento fisico facendo uso di alimenti speciali. Curcuma, arance, tè verde, ciliegie, chia, goji eccetera: grandi fonti di antiossidanti. E quando li assunsi notai un netto miglioramento nella vita quotidiana, nel senso di una maggiore energia. Ma allora avevo una dieta diversa.
Quando ho cambiato dieta, passando al crudismo vegano, tutti questi alimenti portentosi mi sono parsi inutili. Ripeto: nei vegetali integrali crudi c'è tutto. Così ho smesso.
Ho continuato a star bene.

Essendo vegano, ho temuto di diventare carente di vit. B12. Effettivamente dalle analisi risultava la carenza: avevo la metà di vitamina rispetto alla norma. Nessun sintomo, ma temevo il peggio. Ho assunto B12 sintetica e ... non è successo niente. Ho continuato a esserne carente, senza sintomi. Penso che quei valori ritenuti medi nelle analisi non siano applicabili a tutti i tipi di dieta. Occorrerebbero valori più specifici.

L'anno scorso ho sentito parlare della vitamina D3: potremmo tutti esserne carenti. Specialmente gli anziani.
Fatte le analisi, ho scoperto di esserlo (qui la dieta non sempre c'entra). Così ho deciso di assumere vit. D3, estratta da prodotti naturali, per tutto l'inverno (perchè si prende poco sole). Non mi pareva di avere problemi. Ma appena ne ho cominciato l'assunzione, mi è sparita una macchia rossastra che avevo da anni. 
Buon risultato (peccato che il dermatologo al quale mi ero rivolto, non ne sapesse niente).

Attualmente sto assumendo anche il maca rojo, una radice peruviana che potrebbe funzionare in caso di ipertrofa prostatica benigna.
Il caso è diverso: la assumo come farmaco (sia pure tradizionale erboristico), non in quanto integratore, bensì per guarire da una malattia specifica.

Insomma integratori no, meglio la dieta.
Ma se serve ...

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

30 gennaio 2017

Il mangiare dei vecchi (3). Compromessi (17-016)

Il mangiare dei vecchi (3). Compromessi. (17-016)
La dieta che propongo per una vecchiaia con poche malattie è troppo radicale (quella che ho sintetizzato alla pagina 17-014).
Troppo diversa dal mangiare comune, dal cibo offerto dalla nostra organizzazione sociale, dalle prelibatezze della tradizione gastronomica, soprattutto italiana.
È questo "troppo" che è inquietante: dimostra di quanto ci siamo allontanati da una dieta adatta alla nostra fisiologia.
Le cause principali del 70% di tutte le malattie sono soltanto tre: colazione, pranzo, cena, ha detto Colin Campbell.
Soprattutto nella vecchiaia, aggiungo io.

Sono necessari alcuni compromessi, per mantenere la sostanza della dieta proposta.
Il primo riguarda l'assunzione di cibi cotti.
Non riesco a mangiare solo cibi crudi. Mi resta un senso di mancata sazietà. Il mio compromesso è appunto di mangiar crudo per l'80-85%. Mi tengo un pò di cotto quotidiano: del tofu, dello yogourt di soia, qualche salsa (a esempio salsa di pomodoro), dei legumi.
Il secondo riguarda il consumo di cereali. È vero che sono acidificanti, ma ve ne sono due o tre che lo sono in misura minore: grano saraceno, miglio, quinoa, amaranto.
Consumo quotidianamente gallette di grano saraceno, che però sono cotte.
Il terzo compromesso riguarda il cibo dolce: non riesco a farne a meno e perciò l'ho sostituito con datteri, fichi secchi, uvetta passa, mela e kaki essiccati. Ma si tratta di cibi troppo concentrati. Il compromesso è mangiarne in misura molto, molto limitata, se voglio consumarli tutti i giorni.
L'ultimo riguarda il sale. L'uomo non ne ha bisogno, e l'uomo primitivo non lo consumava di certo, ma dà gusto ai piatti vegetali. Il compromesso è: pochi grammi al dì (2g).
Naturalmente due giorni al mese mangio liberamente (però vegano), come detto.

Testimonio che nonostante questi compromessi la dieta è perfettamente salutare.
Ma è necessario che ognuno provi per proprio conto.

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29 gennaio 2017

Il mangiare dei vecchi (2) (17-015)

Il mangiare dei vecchi (2). (17-015)
Continuo il tema di ieri.
Il decalogo col quale ho sintetizzato la mia dieta è terrificante.
Rifiuta in pratica tutta la cucina della civiltà moderna e perciò la cultura umana tout court.
Del resto se si pensa all'uomo preistorico (paleolitico), questo mangiava.
Se si pensa agli scimpanzè, così mangiano.
Qui non mi interessa spiegare il perchè di questa dieta (l'ho già fatto nel 2015 e nel 2016), bensì come ci si arriva e i risultati. Soprattutto per i vecchi.
Sui risultati ho già scritto ieri.
È difficile attuare una tale dieta?
Non è difficile, è difficilissimo.
Il contesto nel quale viviamo non ci consente di cambiar dieta. Il cibo offerto nei negozi anche quando è di ottima qualità (e lo è raramente!) è sempre, come minimo, concentrato, acidificante, da cuocere, raffinato, industriale. E poi ci sono i condizionamenti familiari e quelli della cerchia degli amici. E la condizione di vecchio incide molto (" ...sono vicino alla morte tanto vale che almeno mi consoli con il cibo!").
Non c'è scampo. Bisogna possedere delle fortissime motivazioni.
Avere qualche malattia è un buon punto di partenza.
Dire che con questa dieta si guariscono tutte le malattie, non me la sento. E neppure che possa andar bene per tutti.
Ma: che si tratti di una dieta antinfiammatoria è evidente. Che sia piena di antiossidanti è palese. Che non introduca elementi estranei alla nostra fisiologia, anche.
I limiti: per ottenere dei risultati occorrono al minimo tre settimane. Ed essere abituati a osservare gli effetti del cibo sulla nsotra salute. 
Per convincersi che sia una buona dieta bisogna avere una grossa cultura in fatto di cibo. Perchè la prima a distogliercene è la mente (cioè la cultura dominante).
Un'obiezione comune: Perchè farla?
Per stare bene da vecchi. Età in cui quello che si mangia non scivola via come acqua fresca, ma lascia residui, appesantimenti, scorie che ci danneggiano.
Se si pratica la dieta comune nell'età giovanile o anche in quella matura, i danni sono limitati. 
In vecchiaia i danni sono molti.
Solo che nessuno ci ha insegnato a metterli in relazione col cibo.

Una grande privazione?
Sì, ma se per cinquanta, sessant'anni si mangiò in modo edonista senza quasi conseguenze, quando le conseguenze arrivano, della buona cucina si può conservare il ricordo e farne un uso saltuario.
Come con il sesso.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

28 gennaio 2017

Il mangiare dei vecchi (17-014)

Il mangiare dei vecchi. (17-014)
Qualche tempo fa il mio amico mi disse che sarebbe morto prima di me (vedi 17-013). Aggiunse una spiegazione (è più giovane di me): "Perchè tu mangi meglio."
Lì per lì pensai che scherzasse. Sono anni ormai che ci punzecchiamo a vicenda sui nostri diversi modi di mangiare (io vegano crudista, lui carneo edonista). Ma il contesto era serio, non l'aveva detto con ironia. Non mi fu possibile approfondire la questione con lui, ma ne feci motivo per una riflessione.

Mi sono occupato di cibo per quarant'anni, adottando molto presto una dieta vegetariana (anzi macrobiotica). Ho fatto lunghi anni di dieta, trovando vantaggi sul piano della salute, ma anche svantaggi. La vera svolta avvenne in seguito a disturbi di stomaco che mi costrinsero a un ricovero ospedaliero.
Incontrai la dieta alcalina, cinque anni fa. Con quella dieta i miei disturbi svanirono del tutto. La dieta alcalina elimina tutti i prodotti animali ma anche i cereali, che costituivano invece il grosso della mia alimentazione precedente.
Di svolte ne feci un'altra, tre anni dopo.
Diventai vegano crudista. 
Cercavo un modo naturale per guarire dalla Ipertrofia Prostatica Benigna. Non ne sono guarito, ma il salto in termini di salute è stato evidente. Mi sono ammalato molto meno (un paio di raffreddori leggeri, un lieve influenza guarita in tre giorni, un unico episodio di sciatica: in due anni!) e alcuni fastidi cronici sono scomparsi. Il colesterolo è finalmente entrato nella norma.
E sono diventato più vecchio di due anni.
Il mio amico con quella frase ha riconosciuto che con una dieta migliore si può vivere di più. Che abbia ragione? Io ne sono convinto per me, ma sono esitante a riconoscere che possa andar bene per tutti. Anche se anno dopo anno mi sono fornito di molti strumenti culturali per convincermi.

Questo diario è una testimonianza. Della mia vecchiaia.
E poichè l'alimentazione, per la mia vecchiaia, è importante, il blog è testimonianza della mia alimentazione (l'ultima della vita).
Dunque ne faccio un sunto qui sotto, in una decina di punti.

Cibo vegetale e non animale.
Cibo crudo e non cotto.
Cibo diluito e non concentrato.
Grande varietà negli alimenti vegetali quotidiani.
Alimenti alcalini e non acidificanti.
Alimenti integrali e non raffinati.
No al cibo industriale.
No all'alcol.
No agli zuccheri.
No al caffè.
Poco sale.
Con un'osservazione: non è una religione, non ci sono peccati; se una o due volte al mese si mangia un pasto differente, non succede assolutamente nulla (una o due volte al mese, però!).

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25 gennaio 2017

Morire presto (17-013)

Morire presto. (17-013)
Una conoscente, settantenne, mi dice: "Io non vivrò a lungo."
Non perchè abbia una grave malattia, ma, così, per le condizioni generali della sua vita (fisiche e psichiche).
Anche il mio amico, più giovane di me, mi disse, qualche tempo fa: "Tu vivrai più a lungo di me.", dicendomi implicitamente che lui non durerà a lungo.
A una certa età della vecchiaia, malesseri, stanchezza fisica, malattie vere e proprie (che si cronicizzano), segnali di decadimento fisico, sfiducia nella vita futura deprimono lo slancio vitale.
Ci si arrende al dover finire.
Non ce lo si augura, ma si sente che si può finire presto.
Del resto la vecchiaia è l'età in cui si muore.
Del resto le gioie della vecchiaia sembrano poca cosa.
In questi casi si perde il desiderio di vivere. Di dar battaglia per continuare a vivere.
È una questione psichica.

Bisogna prestare attenzione: in tali condizioni si può morire per davvero.
Si muore quando è la psiche che lo decide.

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24 gennaio 2017

Tommy (17-012)

Tommy. (17-012)
Uno dei miei nipoti si chiama Tommaso. Ha nove mesi.
Ieri suo padre (mio figlio) è venuto a farmi visita con il piccolo; mentre discorrevamo, rivolgendosi a suo figlio, l'ha chiamato Tommy.
Tommy è un diminutivo inglese di un nome italiano. Nulla di male. 
Sennonchè in questi anni è cresciuta la moda di usare diminutivi stranieri per nomi italiani. 
O meglio, di usare diminutivi inglesi (o anglo-americani). Non avrei nulla da ridire se la cosa fosse generalizzata a molte lingue (francese, russo, arabo, indiano ...). Invece ci si limita a usare diminutivi di una sola lingua: l'inglese.
Il motivo è presto detto: è la lingua del paese che domina la scena mondiale per economia, armamenti, innovazioni tecnologiche (intendo gli Usa).
Temo che assorbire modi di dire e di vivere di un unico altro paese snaturi la nostra cultura, le nostre origini, per inseguire i comportamenti di un paese, soltanto perchè è dominante.
Ciò non mi piace.
Puzza di servilismo.
Non mi piace abbandonare i nostri modi di dire, le nostre abitudini, la nostra cultura, per inseguirne un'altra di un paese che semplicemente ha più denaro, ma che si accredita come cultura più avanzata.
Ma stiamo scherzando? Gli Usa portatori di una cultura superiore? 
Ben altre sono le culture avanzate: quella indiana, cinese, greca, tedesca, francese ...

Forse perchè sono vecchio, mi sento difensore delle tradizioni del paese in cui vivo.
Noi vecchi siamo custodi dell'identità della nostra nazione.
Non pretendo che sia la migliore (proprio no!)
Ma è la nostra.

Comincerò a chiamare mio nipote Masino, un bel diminutivo italiano.

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23 gennaio 2017

Impotenza* (17-011)

Impotenza.* (17-011)
I maschi la temono.
Ma intendono sempre l'impotenza sessuale e cioè la mancanza di erezione del pene.
Non è questa l'impotenza di cui intendo scrivere.
Faccio un esempio.
Il vicino di casa, novantenne, fatica a scendere le scale (ancor più sua moglie). Qualche mese fa gli si è presentata l'occasione di cambiar casa, restando sempre nello stesso condominio, passando dal terzo al primo piano. L'ha rifiutata, adducendo mille ragioni, nessuna delle quali seriamente valida. Non è diventato stupido. È diventato impotente. Non ha più la potenza necessaria per far fronte a un cambiamento impegnativo, che però lo renderebbe più autonomo nei suoi spostamenti.
È questo che temo mi possa accadere. Anzi vedo all'orizzonte situazioni in cui anch'io potrei diventare incapace di fare scelte impegnative. Mi spaventa la fatica psichica che dovrei affrontare per portare a termine alcunchè.
Esempi ne ho.
Da tempo parlo della necessità di eliminare gran parte degli oggetti che ho accumulato in settant'anni di vita. Poi mi spavento per quanto sia gravoso farlo. E lo rimando.
Un'altra cosa che dovrei fare prima o poi è andare a vivere in un appartamento al primo piano, perchè i piani alti tolgono autonomia agli anziani.
Se rimando troppo questa decisione mi troverò nella situazione in cui non ne avrò le forze (non tanto quelle fisiche, quanto quelle psichiche).

Tutto ciò ha a che fare con l'impotenza.
Gli anziani diventano impotenti.

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19 gennaio 2017

Perdita di contatto (17-010)

Ho perso contatto. (17-010)
Ricordo ancora chiaramente quando ho messo mano al primo computer, quasi trent'anni fa. 
Lo usavo per ordinare l'indirizzario di una rivista di un'associazione culturale.
Di malavoglia.
Negli anni successivi ho usato l'evoluzione di quella macchina, sempre per conto terzi. 
Dicevo: " Mi comprerò un pc mio quando sarà possibile con un click produrre un panino da mangiare!"
Non è successo così, il pc l'ho comprato molto prima. Lo uso da un decennio, da quando ho capito che è un oggetto utile.

Ora sono entrato nella vecchiaia. Mi accorgo che sto perdendo contatto con le novità.
Non uso i social network, non uso WhatsApp, non possiedo lo smartphone.
È vero, da sempre sono stato ostile verso queste realtà, ma ora si è aggiunto un distacco da quel mondo. Che è il mondo moderno (almeno di quello in cui sono inserito).
Per disinteresse, prima, per scarsa abilità oggi.
Sempre di perdita di contatto si tratta.

(sono stato senza parole due giorni fa quando è stata presentato in tv un ristorante cibernetico: una macchina collegata a un computer effettivamente crea dei cibi con una apposita stampante tridimensionale: la mia idea del panino da computer si è realizzata!!!)

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18 gennaio 2017

Il nipote handicappato (17-009)

Il nipote handicappato. (17-009) (18/01/17)
Lo temevo da mesi.
Qualche comportamento strano mi aveva fatto dubitare che vi fosse un ritardo nello sviluppo di mio nipote. Così l'ho iscritto a un corso di psicomotricità.
Qui, dopo quattro mesi, un responso: vi sono tratti autistici nel comportamento del bambino.
I genitori sono sconvolti. Hanno cominciato col negare. Poi, sensi di colpa (bambino trascurato?). Infine si sono rassegnati a chiedere una vista specialistica.

L'autismo è una malattia psichica comparsa improvvisamente nella seconda metà del XX secolo e non dappertutto. È definita come una malattia di tipo genetico. Ma ciò non convince. Sarebbe sparsa uniformemente nel globo e nel tempo. E invece c'è soprattutto nei paesi industrializzati, e soltanto in questi decenni.
Un legame con lo stile di vita deve esserci.
Ipotesi di un legame con i vaccini sono state stroncate da Istituzioni e Industria.
Ma la negazione puzza di bruciato (per gli interessi in gioco e per l'ottusità di chi si occupa di salute pubblica).
Sotto accusa è il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia, quello a virus attenuati.

Che può fare un nonno?
Mi sono gettato a leggere di tutto. A collegare le mie ricerche sull'intestino a questo nuovo fronte. A mettere insieme dettagli della ancor breve vita del bambino. A star di più con lui.
E a volergli più bene.

Sono più rabbioso che avvilito. Provo rabbia per la faciloneria con cui si vaccinano tutti i bambini. E contro molte malattie: il risultato è che si indebolisce il sistema immunitario di bambini piccolissimi. E qualcuno non ce la fa, magari per una qualche predisposizione genetica (che, se non ci fossero le vaccinazioni, non sarebbe emersa).
Battaglie.

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17 gennaio 2017

Il figlio che invecchia (17-008)

Il figlio che invecchia. (17-008) (17/01/17)
Mia madre soleva dirmi: "Hai barba e capelli bianchi: sei diventato vecchio. Quanto vecchia devo essere io, se ho un figlio vecchio!"
Anch'io sono giunto a un'età in cui mio figlio non è più un ragazzino. È un uomo maturo, un pò appesantito. Non ha barba o capelli bianchi, perchè se li rade a zero o forse è ancora presto (45 anni). Entrerà nella vecchiaia quando io avrò novant'anni. Quindi non lo vedrò vecchio. Meglio così: appartenere a età diverse mi sembra più naturale, fra padri e figli.

Diverso è il caso di un mio conoscente: ha un figlio che sta invecchiando precocemente. Purtroppo ha una malattia psichica che lo fa invecchiare, o forse sono i farmaci.
La pena di vedersi quasi raggiungere nella vecchiaia dal proprio figlio deve essere grande.

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16 gennaio 2017

Vecchiaia intermittente (17-007)

Vecchiaia intermittente. (17-007)
L'ho scritto nella pagina 16-190.
Almeno nei primi dieci anni, la terza età non è uniforme. Alterna momenti magici di benessere con altri momenti negativi.
Ciò che mi ha sorpreso nei mesi (e anni) precedenti è stato constatare che la vecchiaia talvolta si prende una pausa, regalando momenti molto belli.
Quando passano quelle pause, si continua a scendere lentamente la china (vedi 16-189).
Aumentano impercettibilmente le insicurezze.
Si vive la vita con maggior incertezza.
Per esempio in autostrada e in genere in auto.
Ma anche camminando: qualche inciampata in più su terreni un po' sconnessi, minore abilità nel restare in piedi in caso di eventi fortuiti, più fatica nel tornare in piedi dopo essersi chinati.
Ancora: più lentezza nei movimenti, minor velocità nel rispondere a domande.
Insomma il quadro generale è la discesa, con piacevolissime fermate.

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15 gennaio 2017

Confronti (17-006)

Confronti. (17-006)
Ho scritto che le conquiste della mia generazione non si trasmettono automaticamente alle generazioni successive. Scrivevo soprattutto a riguardo di valori, di ideali.
Oggi, sempre più spesso, sono sbalordito anche dalla mancanza di informazioni che la generazione di mio figlio possiede.
Una mia coetanea, che gestisce una scuola di formazione post laurea, si chiedeva che cosa avevano studiato i suoi allievi all'università, concludendo che sanno molto poco.
Io, in varie occasioni, ho toccato con mano l'ignoranza dei giovani (quarantenni, intendo, non ventenni!) su questioni di base.
Un minimo di informazione politica, scientifica, di attualità sembrano non averla.
Sembrano non avere cultura. E sto parlando di laureati.
Hanno facile accesso a internet, ai forum sociali, all'elettronica di tablet, smartphone e computer, ma mancano delle conoscenze elementari per partecipare a una società.
Dipende dal fatto che la mia generazione, ormai sui settanta, ha vissuto trent'anni di più? Cioè ha imparato di più (trent'anni sono tanti)?
Cioè dipende dal fatto che noi siamo vecchi e loro sono giovani?
Dipende invece dal fatto che la cultura di questa società è radicalmente mutata, per cui è importante facebook, twitter, google, ebay, amazon (tutte parole straniere!) e via dicendo e la cultura di trent'anni fa non ha più valore?
Non credo.
Temo che semplicemente siano più ignoranti.
E non lo sanno.

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10 gennaio 2017

Idee che cambiano (2) (17-005)

Idee che cambiano (2).* (17-005)
Vi è stato un tempo in cui mi sono interessato di ufo e di alieni.
Ho letto libri, acquistato filmati, mi sono abbonato a riviste.
Poichè l'ufologia non è una scienza, i suoi appassionati sono spesso tacciati di essere dilettanti allo sbaraglio. Forse in parte è vero, ma la mole di dati accumulati su avvistamenti di ufo è impressionante. Spesso questi dati sono di origine aereonautica o addirittura statale e quindi inconfutabili.
In ambito ufologico, almeno negli anni in cui me ne interessavo, si dava per imminente una comunicazione ufficiale dell'esisteza di alieni. Ma anno dopo anno nulla succedeva.
Pian piano me ne distaccai. L'interesse venne meno.

Vi è stato un tempo in cui ho aderito a una religione (ebraico cristiana). Per decenni. Ricordo anche che avevo letto almeno metà della bibbia, giorno dopo giorno, sul testo fondamentale chiamato Bibbia di Gerusalemme.
Poi per insanabili contraddizioni rispetto alla mia vita, me ne sono allontanato.

Non so se chiamarle idee o interessi o scelte di vita: mi hanno occupato per molto tempo e poi le ho abbandonate.
Non pensavo certo che sarebbero tornate sotto altri aspetti: pensavo che fossero esperienze concluse.
E invece sono incappato, per primo, in un filmato di Pietro Buffa sulla genetica del genere umano (vedi 17-004). Ne ho letto il libro. Mi ha appassionato. Buffa dice che l'essere umano è nato da una manipolazione genetica cosciente di qualcuno ignoto (alieni, quindi). Attraverso Buffa sono arrivato a un altro studioso, Mauro Biglino, traduttore di testi antichi ebraici. Ho letto il suo primo libro: Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia, Uno Edizioni (2010).
Biglino, da buon traduttore, dà la traduzione letterale dei libri della cosiddetta sacra scrittura: una versione totalmente diversa da quella in uso nelle religioni ebraica e cristiane. Ne esce un quadro nient'affatto spirituale, molto guerriero, soprattutto plurale: non si tratta di un dio unico, ma di dei molteplici. La visione complessiva è prossima ai testi sumerici della mesopotamia. Vi sono anche agganci con il mondo egizio.
Anche Biglino parla apertamente di ... dei in carne e ossa cioè di esseri superiori provenienti da altri mondi che hanno interferito con l'evoluzione terrestre, creando l'homo sapiens. E ne dà prove attraverso una lettura rigorosa della bibbia.
Non mi dilungo sul testo di Biglino (che va comunque letto, per le novità su un libro che diamo per scontato, ma che si scopre essere stato manipolato dai fondatori delle religioni).
Qui mi interessa vedere i cambiamenti delle mie idee col passare del tempo. 
Perfino dei ritorni dopo decenni.
Merito di una vita lunga.
Conclusione: le idee cambiano, in vecchiaia, perchè cambiano quelle della società di appartenenza; possono perfino tornare idee abbandonate da tempo,ma con altri significati.

Per ora non ho registrato cambiamenti dovuti all'involuzione del mio cervello (ma forse dovrebbe essere un osservatore esterno a registrarmi!).

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09 gennaio 2017

Idee che cambiano* (17-004)

Idee che cambiano.* (17-004)
Ho cominciato questo diario con l'intenzione di verificare il cambiamento delle idee col passare degli anni. Era sottointeso che la causa del cambiamento sarebbe stata la vecchiaia. Insomma mi aspettavo una qualche forma di involuzione dovuta all'irrigidimento mentale di un cervello che invecchia. E volevo darne (darmi) testimonianza.
Invece sta succedendo altro.
Faccio l'esempio dell'alimentazione, un argomento che mi sta a cuore.
Fino ai sessantacinque anni avevo idee ben precise, codificate da decenni di esperienze, di letture, di seminari, di studi. Poi, per cause fortuite, mi sono imbattuto in idee nuove, che mi hanno portate ad altre idee, ancora più nuove e poi ad altre ancora, in un moto sempre più accelerato.
Altro che involuzione!
Ho cominciato un'eccitante viaggio nel futuro.
Sono ancora stordito dal vortice delle nuove idee.
Le mie idee sono cambiate perchè nella società sono comparse nuove cose e io ne sono venuto a conoscenza.
Merito dell'aver vissuto fino alla terza età.

Una ventina d'anni fa sono venuto a conoscere che l'industria genetica stava producendo Ogm, organismi geneticamente modificati. Mi sono buttato anima e corpo in una crociata contro questo tipo di scienza, questo tipo di prodotti, soprattutto perchè si trattava di prodotti agricoli e alimentari.
Sono ancora convinto che si tratti di una iattura per l'umanità e per l'ambiente terra.
Ma quest'anno ho letto il libro I geni manipolati di Adamo, di Pietro Buffa, genetista molecolare di ambito universitario. Basandosi su una serie di dati inconfutabili, Buffa azzarda l'ipotesi che la specie umana sia nata da una manipolazione genetica cosciente del Dna di Homo habilis e di Homo Erectus. 
Due dati mi hanno colpito profondamente: nessuna altra famiglia di primati si è evoluta (cambiata) così in fretta; in soli due milioni d'anni si è passati da Australopitecus a Homo sapiens. Per confronto, l'orango negli ultimi tredici milioni d'anni non è cambiato affatto; lo scimpanzè in cinque milioni d'anni ha dato origine al bonobo, che non tutti definiscono un'altra specie. Perchè l'uomo è cambiato così in fretta? Fortuna?
Di più. Le mutazioni che hanno portato all'Homo sapiens, sono sopratutto mutazioni nel gene dell'encefalizzazione e sono in numero altissimo: ben 18. Questo contrasta con il concetto di casualità che dovrebbe presiedere, appunto, alle mutazioni. Perchè così tante mutazioni e tutte a carico di un unico piccolo gene? Altri dati molto interessanti si possono trovare nel libro di Buffa. Le conclusioni sono strabilianti. Il libro è da leggere.
Ma qui mi interessa il cambiamento di idee che è avvenuto (in me): sono passato dal considerare le manipolazioni genetiche un male assoluto, all'apprendere che forse la nostra specie umana è proprio frutto di una di queste manipolazioni.
Cambiamento radicale.

Ancora una volta il cambiamento non è avvenuto per involuzione del mio cervello, ma per il progresso degli studi nella società a cui appartengo.
Invecchiando ho cambiato idee, ma solo perchè, avendo vissuto molti anni, ho visto quello che avviene dopo.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

07 gennaio 2017

Pene della vecchiaia (17-003)

Pene della vecchiaia. (17-003)
La vecchiaia è varia.
Come la vita.
Vi sono vecchi che se la spassano alla grande, come vecchi che soffrono.
E non solo per malattia.

Un mio conoscente, appena entrato della terza età, ha un figlio disabile.
È già una grande sofferenza.
In aggiunta non potrà diventare nonno, per ovvi motivi. Non avrà discendenti.
Gli mancherà la gioia dei nipoti.
Il mio conoscente sta bene di salute, i mezzi economici non gli mancano, ma inevitabilmente comincia a farsi la domanda: chi si occuperà di mio figlio, quando sarò morto?
Si aggiunge una nuova fonte di dolore.
Certo, potrà predisporre delle soluzioni tecniche ad hoc (una casa famiglia, o una qualche altra forma di esistenza protetta), potrà nominare un tutore legale.
Ma chi si occuperà di quell'uomo ancora giovane, come un padre? Chi potrà organizzare la vita del disabile, amministrare i suoi beni perchè possa vivere tutta la sua esistenza in modo dignitoso?
Quando vi è un'inversione dei ruoli il terreno frana. 
Invece di essere il figlio a occuparsi del padre quando sarà vecchio e inabile, dovrà essere il padre a continuare a occuparsi del figlio.
E dovrà farlo anche dopo la sua morte.

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06 gennaio 2017

Fa freddo (17-002)

Fa freddo. (002-17)
Almeno dalle mie parti, è cominciato il mese più freddo dell'anno.
Mi sono accorto di patire le temperature rigide (relativamente rigide: solo qualche grado sotto zero). Il freddo mi procura disagio.
Nella realtà si tratta di un misto di disagio e di timore.
Ho più timore del freddo di quanto siano i patimenti che realmente procura. E scopro che attendo con impazienza che finisca.
È lo stesso atteggiamento che provo in luglio e agosto col gran caldo.

Non c'è niente da fare: è la vecchiaia.
La termoregolazione è più difficile, da vecchi.
I cambiamenti esterni incidono maggiormente in chi è avanti con l'età. Da giovani non si sentiva questo disagio: nè per il caldo, nè per il freddo.
Quando fa molto caldo in certi momenti ci si limita a sopravvivere: si esce il meno possibile, si sta in casa, se si ha la fortuna di avere l'aria condizionata.
Ora che fa freddo mi accorgo di uscire malvolentieri. Preferisco starmene in casa al caldo.
Facendo un pò di conti, almeno un mese o due d'estate e un mese o due d'inverno noi vecchi siamo rattenuti: ci limitiamo a sopravvivere in attesa che cessino le condizioni avverse.

In questo modo perdiamo letteralmente due o tre mesi di vita.

05 gennaio 2017

Il corpo (17-001)

Il corpo. (17-001)
Ho scritto molto sulla corporeità in questo diario.
Il corpo risente molto della vecchiaia. Inevitabile parlarne.
Fino alla mezza età il corpo non si sente. É un tutt'uno con l'essere. Tutto ciò che la volontà stabilisce, il corpo esegue. Non c'è scollamento.
Nella vecchiaia il corpo comincia ad andare per conto suo.
E si fa sentire.
Con la stanchezza, con i dolori, con le malattie.
A pensarci bene, non è poi vero che il corpo non si faccia sentire, prima della vecchiaia: si fa sentire (eccome!) soltanto attraverso gli organi sessuali. Poi c'è un'inversione. Le varie parti dell'organismo cominciano a essere percepite, mentre l'apparato sessuale pian piano non si fa più sentire.

Nella mia ricerca per curare con metodi naturali l'ipertrofia prostatica (IPB), sono approdato al maca, un tubero di origine peruviana, usato fin dal tempo degli Incas, per curare le affezioni sessuali di uomini e donne. Ho cominciato ad assumerlo ad agosto e devo dire che mi pare di star meglio. Non ho ancora fatto delle analisi per verificare se la IPB è diminuita, ma ho meno disturbi legati alla prostata. Nei prossimi mesi continuerò ad assumerlo e poi farò degli accertamenti oggettivi.
Il maca ha anche l'effetto di aumentare un poco il desiderio sessuale.
Non male!

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