31 marzo 2015

La cagna (15-048)

La cagna. (15-048)
Ieri è morta la mia cagna.
Un dolore acuto, profondo, continuo.
Insanabile.
Questo non è un blog sul dolore. Non ne scriverò.
È un blog sulla vecchiaia.
La mia cagna era vecchia, ma non troppo. Aveva la mia età, fatte le debite proporzioni.
Il mio dolore nasce da non aver saputo, potuto, prevenire la sua fine.
Mio figlio mi ha detto:” Vuoi controllare la morte. Non si può.”
E' vero.
Fa parte della struttura della mia personalità, il desiderio di controllare tutto.
Tutto quello che sto facendo: blog, alimentazione, antiossidanti è orientato a controllare la vecchiaia.      
È anche una tendenza dei vecchi. Più diventiamo vecchi, più cerchiamo di controllare.
Dunque di controllare la morte.
Non si può.

(L’indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

26 marzo 2015

Grattarsi la schiena (15-047)

Grattarsi la schiena. (15-047) (26/03/15)
Ricordo il mio ex suocero. Grande lavoratore fisico, reduce di guerra (col seguito di dolori vari). A volte si appoggiava contro lo stipite di una porta e si sfregava la schiena, per un prurito in quella zona.
Buffo a vedersi. Poco comprensibile a me che avevo trenta o quarant'anni.
Alcuni dolori alle braccia gli impedivano di raggiungere con le mani la zona sede del prurito.
Adesso ho quasi settant'anni. Non riesco più a raggiungere le zone della schiena che mi prudono, se non al prezzo di un sordo dolore. Che faccio? Mi appoggio allo stipite di una porta e … mi sfrego!
Faccio lo stesso, trent'anni dopo.
La vecchiaia è fatta anche di questo. Non riuscir più a fare cose semplici.
Allora si cercano stratagemmi. Come quello della porta.
Oppure si usano dei bellissimi calzascarpe lunghi che nell'impugnatura hanno la forma di una mano in miniatura, con dita rigide, che assolvono benissimo alla funzione, infilandoli sotto la canottiera e raggiungendo la zone pruriginosa, senza dover piegare troppo le braccia.
Anhe un lungo pettine, con la sua fila di denti, è eccellente.
Che sollievo!

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25 marzo 2015

Il tempo si restringe (15-046)

Il tempo si restringe.(15-046)
Non riesco più a fare le cose quotidiane di routine. Figurarsi nuovi progetti impegnativi!
Il quotidiano riempie totalmente il mio tempo, anzi deborda, con la conseguenza che resto in arretrato. Parlo di cose normalissime: tagliarmi la barba, sistemarmi i calli al piede, smaltire i rifiuti. 
Vi sono sempre mille altre urgenze che mi impegnano. 
Ma come facevo quando lavoravo tutti i giorni?
Mi è venuto il sospetto che il tempo, da vecchi, si restringa.
Ne ho già scritto e trovato una spiegazione (non posso accettare che il tempo scorra a velocità diverse!). La spiegazione è che da vecchi si diventa lenti. Ogni cosa richiede un tempo maggiore che da giovani.
Il risultato è che nelle ore della giornata non ci sta più tutto quello che ci stava vent'anni fa. 
Se poi si aggiunge l'invecchiamento della volontà, cioè che a una certa ora del pomeriggio mi passa la voglia di fare qualunque cosa, non utilizzo al meglio neppure il tempo che mi resta.
Ho del tempo?
Sì, ma non desidero far nulla.


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24 marzo 2015

Increduli (15-045)

Increduli. (15-045)
Ieri scrivevo della vicina quasi novantenne, che arranca salendo le scale, forse per una lesione a un menisco. Era sconsolata per questo nuovo impedimento al movimento. Molto sorpresa che le fosse capitato un accidente simile.
Un paio d'anni fa, parlando col marito, fui colpito da questa sua affermazione: “ Non mi par vero di essere diventato così vecchio!”
Il dono di Prometeo agli uomini (la cecità di fronte alla morte prossima) funziona alla grande, se neppure a (quasi) novant'anni ci si capacita della propria condizione di vecchi.
Eppure razionalmente si deve sapere che a un certo punto il corpo si rompe e non si riaggiusta (con le conseguenti disabilità). 
Si deve sapere che vecchiaia estrema significa disabilità che si sommano una dopo l'altra. 
Si deve sapere che si muore. 
Eppure si sposta questo termine oltre il proprio orizzonte temporale, quasi in una dimensione metafisica, invece che reale.
Eh già, me lo dico adesso, che sono un vecchio giovane.
Chissà se me lo ricorderò quando avrò quell'età.
Temo che l'istinto di sopravvivenza giocherà anche a me lo stesso scherzo.

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23 marzo 2015

Scale (15-044)

Scale. (15-044) 
Abito al terzo piano di un condominio, senza ascensore. Nel mio stesso pianerottolo abita una coppia di molto anziani (ottantasettenni). Li incontro a volte, quasi sempre lungo le scale. Hanno difficoltà a salire. Specialmente se trasportano le borse della spesa. Lui procede a fatica, lentamente (è pesante, sovrappeso). Lei più speditamente, ma si ferma ai pianerottoli intermedi a riprender fiato.
Ho incontrato lei, ieri sera. Saliva con più difficoltà del solito, facendo un gradino per volta. Le ho chiesto il motivo. Un ginocchio le duole, forse si è rotta il menisco. Era molto avvilita.
Per gli anziani le scale diventano un problema, man mano che cresce la disabilità. Bisogna pensare per tempo a trovare una soluzione, prima di essere troppo avanti con l'età.
Le scale sono un nemico.
Bisogna cambiar casa, trovarne una al primo piano. Altrimenti ci si condanna all'isolamento. Non si esce letteralmente più di casa.

Essere previdenti. Non attendere l'evento che ci blocca. Altrimenti la situazione diventa difficile. Anche perchè un trasloco in età avanzata diventa impossibile. Perchè il trasferimento da molto anziani è traumatico.
Dobbiamo cambiar casa, io e mia moglie.
Lei me lo ricorda spesso.

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22 marzo 2015

Ancora Prometeo? (15-043)

Ancora Prometeo? (15-043)
Qualche giorno fa mi sono alzato presto per portar fuori i cani. Poi alle sette e mezzo dal nipote per portarlo all'asilo. Alle nove appuntamento dall'assicuratore, per fare un nuovo contratto. E finalmente alle dieci una splendida colazione.
Ero con mia moglie: siamo andati al supermercato per fare gli acquisti settimanali di alimenti e in una cooperativa di agricoltori biologici per fare il pieno di frutta e verdura.
Tornati a casa all'una, il pranzo e la seconda uscita coi cani. Un po' di telegiornale e via di corsa a riprendere il nipote. Col quale siamo stati fino alle sette. Terza uscita coi cani e finalmente una cena.
Quindi una verifica della posta elettronica e una pagina del blog. Erano già le nove e mezzo. Mi sono seduto davanti alla TV per vedere se c'era qualcosa di interessante, ma dopo un quarto d'ora mi sono addormentato. Risveglio alle dieci e trenta, ultima uscita coi cani. Poi finalmente a dormire.
In una giornata così si può pensare a vecchiaia e morte?
No.
Una giornata così fa vivere nel modo più realistico il cosiddetto dono di Prometeo agli esseri umani, secondo il mito greco: l'espulsione della morte dall'orizzonte dei pensieri quotidiani.
Alla morte così non ci si pensa.
Il modo è presto svelato: riempirsi di cose da fare, di piccoli progetti da condurre a termine in una o due settimane, di servizi a figli e/o nipoti.
Il tempo fila via.
Non ti accorgi che presto morirai.



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21 marzo 2015

Bambini! (15-042)

Bambini! (15-042)
Salivo le scale con mio nipote di tre anni per mano. Giunti al secondo piano (io abito al terzo), mio nipote chiede se siamo arrivati. “No - gli rispondo – qui abitano degli altri signori. Io e la nonna viviamo al piano superiore.” Mi ascolta con attenzione e poi replica: “E tu dove morirai?”
Dopo un momento di sorpresa per la domanda assolutamente imprevista, gli dico:
Non lo so. Non credo che morirò qui, perche abbiamo intenzione di cambiare casa.”
La domanda era oggettivamente spiazzzante. Non so se è stata innescata dalla frase “... noi viviamo di sopra ...” in cui ho usato il verbo vivere al posto di abitare. Non so quali altri pensieri l'abbiano condotto a porsi un problema e quella domanda.
La domanda era folgorante.
Sono tre anni che scrivo di vecchiaia e di morte: non mi ero mai posto la questione.
Dove morirò? In che luogo fisico, in che casa, in che camera da letto o d'ospedale?
Talvolta faccio delle fantasie sulla mia vecchiaia e sulla mia morte; mai così realistiche e concrete. Le considero evidentemente lontane e vaghe.
C'è voluto un bambino di tre anni per porre la questione in termini corretti.


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20 marzo 2015

Vecchiaia statica?* (15-041)

Vecchiaia statica?* (15-041)
L'idea che le altre età hanno della vecchiaia (se mai ne abbiano una!) è quella di una fase della vita sostanzialmente statica. Un declino, sì, ma in sostanza un declino lento in un orizzonte di sostanziale immobilità.
Immagine contraddittoria, perchè la staticità non si concilia con il declino. Se c'è declino, c'è movimento.
Dopo tre anni dall'ingresso nella mia vecchiaia, mi pare che quest'età sia ricca di cambiamenti. Altro che vecchiaia statica!
Innanzi tutto c'è il declino. È già un movimento, per quanto negativo.
Di positivo ci sono le strategie che i vecchi escogitano per sopperire alle loro perdite.
Poi ci sono i nipoti. Spesso arrivano proprio quando uno diventa vecchio. E i nipoti sono un cambiamento di vita incredibile.
C'è anche altro. Le idee cambiano con rapidità. In tre anni le ho cambiate e le sto cambiando proprio a partire da quello che penso sulla vecchiaia.
Cambia la psiche.
Cambiano le condizioni del cervello (memoria, attenzione, lentezza).
La vecchiaia non è qualcosa di uniforme. Anzi, non c'è proprio tempo per annoiarsi.
Altro che stasi!

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18 marzo 2015

La vecchia sola (15-040)

La vecchia sola. (15-040)
In un'area verde, fra alcuni palazzi, vi sono delle panchine. Spesso occupate da govani.
In una di queste, ieri all'imbrunire era seduta un'anziana. Trafficava con nonsoche' dentro la sua borsetta. Qualche parola ai miei cani, poi si alza e si allontana.
Situazione adeguata a rappresentare la solitudine della vecchiaia.
I vecchi spesso vivono soli. Anche se sono in coppia, si tratta di una coppia che è isolata.
I servizi sociali, le associazioni di volontariato se ne occupano. Stilano programmi per far uscire gli anziani dalla loro solitudine. Spesso si limitano a pranzi e gite. Più spesso ancora svolgono servizi per i vecchi soli, come i pasti caldi serviti a domicilio.
Ma i vecchi sono davvero soli? E i vecchi soli vogliono davvero compagnia?
Innanzi tutto i vecchi vivono di ricordi e dunque non sono proprio soli. Poi non sempre amano la compagnia. Desiderano solitudine.
La compagnia che offrono gli altri è sinonimo di confusione, di rumore, piuttosto che di vera comunicazione. E poi che cosa possono offrire di tanto interessante le altre età per fare uscire i vecchi dalla solitudine?
Certo, c'è la disabilità. Vecchi che non possono star soli, perchè non riescono ad assolvere le minime faccende di casa. E' mancanza di autonomia.
Non richiede compagnia, ma servizi.
Dunque, cautela.
I vecchi sono soli.
Non è detto che ne soffrano.
Non tutti almeno.

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17 marzo 2015

Meno vita (15-039)

Meno vita. (15-039)
C'è sempre meno vita nella mia vita. C'è meno vita, nel tempo che si vive da vecchi.
Meno incontri, meno situazioni sociali, meno spostamenti.
C'è invece più routine, ci sono più fatti usuali. Più tran tran quotidiano invece che situazioni nuove, eccitanti, mai vissute.
È inevitabile: si è vissuto molto e perciò molto è già noto, è già stato vissuto.
Molto è già diventato consuetudine.
Fatti ripetuti sono diventati ripetitivi.
Dipende da un atteggiamento interiore.
Se si perde curiosità, gusto per le cose umane, allora può accadere che anche a cinquant'anni ti spegni.
Se invece si conserva entusiasmo, passione, allora arrivi a novanta e non te ne accorgi.
Fatti complessi e contraddittori. Non ho le idee chiare.
Devo tornarci su.
Resta un fatto: nella mia vita c'è meno vita.

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16 marzo 2015

Diversità (15-038)

Diversità. (15-038)
Una conoscente mi racconta del padre, un po' più vecchio di me.
La moglie è morta quando lui aveva 54 anni. Uno shock. Perdita del punto di riferimento. 
Nel giro di due anni ha collezionato tre episodi di ictus cerebrale. Risolti senza danni, ma hanno lasciato comunque un segno, almeno nella psiche. Successivamente un infarto. Salvato miracolosamente in pronto soccorso, ha subito una operazione complessa di by-pass.  
Ora sta meglio. Ma è malandato, evidentemente.
Un'altra conoscente, la mia età. Diagnosi di cancro al fegato. Operata, ora è convalescente. Tempi lunghi per il recupero. Minaccia incombente di morte prossima.
Poi ci sono io, che mi lamento della mia prostata.
Non ci sono paragoni, fra noi tre.
Tre vecchiaie diverse.
La diversità sta nella malattia.
La presenza o l'assenza di malattie invalidanti segna la differenza fra le vecchiaie.
La vita precedente alla vecchiaia determina inevitabilmente lo stato della vita ultima.
Mi piacerebbe che la vita precedente fosse nelle nostre mani.
Temo che non sia così.

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15 marzo 2015

Mordersi le labbra (15-037)

Mordersi le labbra. (15-037)
Mi sono morso le labbra. Non in senso metaforico, bensì reale.
Me le sono morse due volte nello stesso punto a distanza di pochi giorni. 
Mi capita quando ho fretta di mangiare. Quando sono preso da altro. Allora mangio in fretta avendo la testa altrove. Mi capita anche quando sono affamato. Cerco di mangiare in fretta per calmare la fame. Ma sono più attento a ingurgitare cibo che non a masticare. Quindi mi distraggo. Non sono concentrato sull'atto del mettere in bocca il cibo, di assaporarlo, di masticarlo a dovere, gustandone la consistenza e gli aromi. Cerco invece di incamerarne di più del dovuto, di farlo arrivare in fretta allo stomaco, per calmare il senso di fame.
E così mi mordo le labbra. O la lingua.
Quando mi succede, mi sembra ineluttabile. Mi dico: i tessuti hanno perso elasticità, sono più flosci, arrivano dove non dovrebbero. Cioè sotto i denti. Sono rassegnato. Mi pare quasi una conseguenza della vecchiaia.
Non è così.
Quando mi mordo le labbra, cerco di stare più attento a masticare. Rallento la velocità del mangiare. Perchè mordersi dove c'è già una ferita è molto doloroso. 
Dunque non mordersi si può.
Ancora una volta mi sembra che la vecchiaia mi inviti a prestare più attenzione.
A essere più cosciente dei miei atti.
A diventare più consapevole.
Un buon risultato di quest'età.

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10 marzo 2015

Cambiamenti prodotti dai nipoti (15-036)

Cambiamenti prodotti dai nipoti. (15-036)
Mio nipote frequenta l'asilo (ormai ha più di tre anni). Un buon asilo che applica il metodo Montessori. Sua madre si è recata a parlare con le maestre per avere indicazioni sui comportamenti del bimbo. È risultato che è riluttante a fare cose pratiche. Preferisce farsi aiutare dall'adulto. Anche se è abile con le mani, se può, si fa aiutare. È una questione psicologica, piuttosto che di capacità manuali. Abbiamo deciso di intervenire con i nostri comportamenti, spronandolo a far da sé.
Per la mia parte la cosa è più profonda e più ricca di risvolti.
La mia vita è stata carente dal punto di vista delle cose pratiche. Ricordo ancora come un trauma i primi giorni di laboratorio all'università. O ancora una frustrazione somma il corso di disegno, sempre all'università. Volente o nolente mi ci sono applicato e lentamente ho acquisto abilità. Mi è però rimasta la tendenza a evitare, quando posso.
Esattamente come per mio nipote!
Ora dunque ho deciso di cimentarmi, con lui, in tutte le cose pratiche che incontro, senza cedere alla tentazione di rinunciare prima di aver provato. Ho deciso di non lasciarmi condizionare dalla paura di non farcela, ma di provare comunque.
Finora in alcune occasioni mi trinceravo dietro la frase: “Il nonno non è capace.”
Ho deciso di non dirlo più.
Per dare un buon esempio al nipotino.
E anche per me.
Sono vecchio: se non ora, quando?

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08 marzo 2015

L'invecchiamento psicologico* (15-035)

L'nvecchiamento psicologico.* (15-035)
Quando cominciai a scrivere questo diario di vecchiaia, ero colpito soprattutto dalle perdite che osservavo nel fisico. Che all'inizio sembravano tante.
(O ero io che accentuavo le perdite fisiche, ossessionato dal corpo che cedeva)
Pian piano mi sono pacificato (rassegnato?) con questo aspetto inevitabile della vecchiaia. Sono allora comparse all'orizzonte le perdite della mente. Per esempio la memoria che diventa più labile, l'attenzione che diminuisce, la lentezza nelle risposte. Ma anche la mente in qualche modo fa parte del fisico: è il cervello che perde colpi.
Confesso che in tutta la descrizione (della mia vecchiaia, s'intende!) ho trascurato l'aspetto psicologico. Perchè a me sembra di essere lo stesso di vent'anni fa, come coscienza di me stesso. La psiche mi sembra integra, immutabile.
Se rileggo le tre pagine precedenti salta agli occhi che non è così.
Sono stato ingenuo: la vecchiaia riguarda anche la psiche dell'individuo.
Mi era sfuggito.
L'invecchiamento psicologico è più nascosto. Bisogna essere attenti per coglierne i segni.
Ma c'è.
Basta analizzare battute e barzellette che si fanno sugli anziani. 
Sono messi alla berlina comportamenti diversi che rivelano che anche la psiche invecchia.
Da vecchi la psiche si trasforma.

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07 marzo 2015

Irritarsi (15-034)

Irritarsi. (15-034)
Nelle ultime settimane mi irrito spesso. Lo sono sempre stato (irritabile, dico). 
Adesso mi sembra di più. 
Mi vengono in mente quegli anziani che, durante le code alle casse del supermercato, o alla posta o in un uffico pubblico, scalpitano come se avessero sempre delle cose urgentissime da fare: irritati per i contrattempi che rallentano le operazioni.
Anch'io mi irrito per poco.
Mi irrito spesso.
Come non collegare tutto ciò alla vecchiaia?
I vecchi sono più irritabili dei giovani. Ne ho già scritto su queste pagine in anni passati (vedi n. 66 e 115). Sottolineandone l'inopportunità. Citando la faccenda come difetto da vecchi.  
Sto cambiando idea. Non è un difetto. 
E' vecchiaia.
Anche il mio cane, da quando è diventato vecchio, brontola se gli si fa qualcosa che non gradisce. Da giovane non si sarebbe mai permesso di ringhiare ai padroni, in certe circostanze. Da vecchio ha cominciato a farlo.

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06 marzo 2015

Isolarsi (15-033)

Isolamento. (15-033)
La vita di coppia ha dei vantaggi. Da vecchi, intendo. Ti fa accorgere di aspetti della vita che non vedresti, vivendo da solo.
Mia moglie mi dice (da tempo) che sono poco presente nella vita di famiglia (in sostanza, noi due). Parlo meno, comunico meno. Mi sono come ritirato.
Confesso che le prime volte che lo diceva, non le davo ascolto. Mi sembrava la solita lamentela delle donne nei confronti degli uomini. Poi però …
E' vero. Mi sto isolando.
Finora non ne avevo preso coscienza perchè lo star da solo mi ha sempre attirato. Ricordo l'emozione provata nella lettura di Robinson Crusoe, il romanzo di Defoe, sulle vicende di un naufrago in un'isola deserta (lo voglio rileggere).
Qualcuno ha detto che dopo i quaranta-cinquant'anni, l'essere umano accelera la propria individuazione, cioè diventa individuo in senso compiuto, bastante a se stesso. E questa è la parte positiva della questione.
Ma adesso pare che sia altro. C'è di più. Non è solo bastare a se stessi, essere capaci di star da soli. È isolarsi, evitare le relazioni. Anche quando vado al parco con i cani, mi hanno detto che sembro preferire di stare per conto mio. Sembro subire gli incontri fra padroni di cani, piuttosto che cercarli.
Ricordo che una conoscente, riferendosi a suo marito, ormai in pensione, lo descriveva come chiuso nel suo studio ad ascoltare musica, rifuggendo da incontri con la gente.
La tendenza a isolarsi è propria della vecchiaia?

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05 marzo 2015

Ossessioni (15-032)

Ossessioni. (15-032)
Da vecchi bisogna controllare la nostra psiche. Siamo facile preda di pensieri impropri.
Eccessi di emotività. Eccessi di preoccupazione.
La nostra psiche va un po' per conto suo.
Così come la memoria si deteriora, anche la psiche si deteriora. Ma di questo non ce ne accorgiamo. Ci pare che sia tutto normale. E invece siamo eccessivi.
Come quella mia vecchia zia che in tarda età ancora piangeva per la morte di sua madre, avvenuta 30 anni prima
O come altri miei parenti, vecchi giovani, che sono ossessionati dall'aumento dei furti in città, anche se gli organi di polizia dichiarano che i reati solo in diminuzione.
Ma ognuno ha le proprie di ossessioni, che non gli paiono tali.
Forse la mia è quella di quali altre malattie mi possano capitare. Così presto attenzione a ogni nuovo dolore. Ai nuovi malesseri.
A me sembra legittimo. Non trovo nulla di anormale, in questa paura.
Per gli altri è un'ossessione. Ma non me ne accorgo.
Sicuramente ne avrò altre, che neppure immagino.
Ossessioni, frutto della vecchiaia.

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