31 maggio 2021
Descrizioni (21-063)
Descrizioni. (21-063)
Ho trovato una magnifica descrizione di una vecchia, nell'ultimo capitolo del racconto lungo "La garibaldina" (1950) di Elio Vittorini. La trascrivo sotto.
"Circondata dai mietitori che continuavano a cantilenare e dondolarsi, la signora cavalcò in direzione della piazza. Era una vecchia signora decisamente tale, infagottata in panni da uomo, con in testa un piccolo cappello dal lungo velo, con le grosse guance flosce, con una nera stanchezza intorno agli occhi, e spettinata, trascurata anche se coperta di monili, ma meravigliosa proprio per questo che accettava di essere e non cercava in alcun modo di non essere, vecchia, al di là da ogni cosa che si possa avere quando si è giovani, e tuttavia non al di là di ogni cosa della vita. Chiamo il suo Don Carlos [il cane], gli fischiò, e si girava a guardare dove fosse finchè lo vide col bersagliere che seguiva il corteo da poco più indietro.
'Ehi Fortunato' gridò al bersagliere.
Egli aveva gli occhi che splendevano. La stava vedendo, nel suo velo grigio, non diversamente suggestiva di una fanciulla. E proprio per la sua vecchiaia, non per un residuo di gioventù.
Era vecchia, alla luce del giorno, assai più di quanto il bersagliere avesse potuto credere nella notte [...]. Ma viva, della sua vecchiaia, allo stesso modo che una fanciulla può esserlo mentre, per esempio, vada a nozze."
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
26 maggio 2021
Sono arrivato anch'io (21-062)
Sono arrivato anch'io. (21-062)
Ci sono arrivato anch'io, alla vecchiaia piena.
Ho scritto lo stesso quando ho compiuto settant'anni. Ma ora che sono a 75 la vecchiaia la vivo in pieno. E anche gli altri se n'accorgono.
Lo capisco quando qualcuno mi dice che sono depresso, oppure quando notano che mi sono ingobbito e mi invitano a star più diritto, oppure durante un colloquio, quando dimentico qualcosa di importante e di ovvio, o ancora quando non riesco più agevolmente a infilare una chiave nel portachiavi.
Ho incontrato un conoscente che non vedevo da almeno un anno. Ci siamo scambiati notizie sui rispettivi cani (siamo "compagni di cani") e poi sulle rispettive famiglie. Volevo chiedergli della moglie, ma ne avevo dimenticato il nome! Sono ricorso a un generico "tua moglie" che mai avevo usato in altre circostante.
Sono certo che l'ha notato.
Sono certo che parlandone coi suoi familiari avrà detto:
"Holgar sta perdendo colpi, è invecchiato."
Ed è vero.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
25 maggio 2021
L'informazione sui vaccini, l'informazione sulla Palestina (21-061)
L'informazione sui vaccini, l'informazione sulla Palestina. (21-061)
Il figlio maggiore della mia compagna fa il giornalista, a Berlino. Una volta all'anno viene a trovarci e stiamo qualche giorno insieme.
Spesso ci chiede: "Ma voi da dove traete le informazioni su ciò che accade nel mondo e in Italia?"
Un poco imbarazzato io gli rispondo: "Dalla tv, dai giornali locali."
Al che lui ribatte con un sorriso, e conclude: "Non troverete mai, su quei mezzi, informazioni veritiere, ma sempre manipolate!"
Sapevo che l'informazione è manipolata, ma pensavo che lo fosse poco e che comunque il grosso di una notizia passasse anche nei mezzi di comunicazione a cui accennavo.
Mi sbagliavo.
Ne ho avuto conferma piena nel caso delle vaccinazioni anticovid e nel caso degli ultimi bombardamenti israeliani su Gaza.
Sono mesi che giornali e tv ci asfissiano sulla necessità di vaccinarci, sulla sicurezza dei vaccini, sul fatto che i vaccini siano l'unica arma contro la pandemia. Talvolta hanno dato qualche notizia su alcuni che non vogliono vaccinarsi, trattati per lo meno da dementi.
Oggi scopro che il 10% del personale sanitario non intende vaccinarsi.
Ma come, sono proprio gli addetti ai lavori che non intendono farlo? E in una significativa percentuale? Proprio coloro nelle cui mani diamo la nostra salute? Perchè allora nessuna trasmissione accoglie il parere di tali esperti che invece non intendono vaccinarsi?
Evidentemente perchè dietro le informazioni vi è un disegno: bisogna vaccinare tutti, non importa se poi vi saranno effetti collaterali (cioè morti e invalidi da vaccino).
Cioè non siamo informati, bensì attraverso l'informazione, finta neutrale, in realtà si tenta di spingerci a un convincimento (per il bene della società, si dirà!).
Da una settimana è cominciata una ribellione di arabi israeliani contro l'occupazione e l'esproprio delle loro case. Alle loro manifestazioni inermi ha dato appoggio Hamas, che governa la striscia di Gaza (con regolari votazioni democratiche), col lancio di centinaia di razzi su Israele, che hanno causato una decina di vittime, fra le quali due bambini.
Lo stato d'Israele ha risposto con una settimana di bombardamenti sulla striscia di Gaza. Questi hanno colpito abitazioni civili, ospedali, scuole, campi profughi (e sedi di emittenti televisive), causando più di duecento morti, fra i quali sessanta bambini.
Il cordoglio e la solidarietà della politica e dei mezzi di comunicazione verso gli israeliani è stato immediato e unanime. Solo successivamente qualcuno ha cominciato (almeno) a comunicare gli esiti di quei bombardamenti sulla popolazione civile, commentando sempre che Israele ha il diritto di difendersi e che chi lancia razzi su Israele è un terrorista.
Perchè questa evidente diversità di giudizio?
Perchè i bambini israeliani uccisi valgono di più dei bambini palestinesi uccisi?
Perchè televisoni e giornali invece di informarci, vogliono far passare un giudizio (positivo su Israele e negativo sui palestinesi)?
Nel caso dei vaccini vi è un (supposto) interesse nazionale per nascondere la realtà e dare informazioni tendenziose (per un bene superiore, si dirà!).
Ma nel caso dei palestinesi?
Qual è il bene superiore sull'altare del quale si sacrifica la verità dei fatti?
Quali interessi vi sono per nascondere la realtà?
(significativo il bombardamento del palazzo di Al Jazira: un'emittente televisiva non filo israeliana!)
Sono arrivato a 75 anni per capire a fondo che l'informazione non si trova su giornali e tv.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
24 maggio 2021
Piccoli progetti quotidiani (21-060)
Piccoli progetti. (21-060)
Quando di mattina mi alzo dal letto, penso sempre a che cosa debbo fare durante la giornata.
In genere si tratta di cose modeste: andare dal gommista per una revisione degli pneumatici, aggiornare le impegnative per le visite mediche, inviare al mio amico del materiale sulle camminate che abbiamo fatto nei vent'anni passati, decidermi ad aggiustare il giradischi, eccetera.
Sapere che ho qualcosa da fare mi rasserena, dà un senso alla mia giornata. Non importa che ciò che debbo fare sia di scarso rilievo, basta avere qualcosa da fare.
Aver sempre qualcosa da fare, distoglie dal pensiero della fine, che a 75 anni comincia ad essere abbastanza vicina. Permette di vivere in pienezza anche gli ultimi anni di vita.
È la traduzione moderna del dono di Prometeo all'uomo: la cecità rispetto alla propria morte (secondo il mito greco).
Se poi il progetto è più importante, i suoi effetti durano a lungo nel tempo.
Per esempio, sto decidendo di dotare il mio appartamento di un ascensore, per evitare di passare recluso in casa gli ultimi anni, che, inevitabilmente, vedranno una ridotta capacità di camminare (e soprattutto di salire le scale: abito al terzo piano). Nel mio caso poi questo progetto dovrà essere affiancato da un finanziamento, da restituire in cinque-dieci anni: un debito per gli anni a venire.
E, come si dice, i debiti mantengono in vita.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
23 maggio 2021
La lingua italiana (21-059)
La lingua italiana. (21-059)
Sono italiano, tengo alla mia lingua.
So che una lingua è cosa viva, che si modifica continuamente, che si lascia contaminare da termini di altre lingue. Ciononostante preferirei che al posto di termini stranieri si usassero loro traduzioni in italiano. E comunque che le parole esogene fossero prevalentemente di lingue affini, come il francese o lo spagnolo e non termini di un'unica altra lingua, quella che è dominante economicamente (e che lo diventa anche culturalmente).
Troppi giri di parole per dire che non sopporto più l'invadenza di parole inglesi quando i termini corrispondenti italiani sono già pronti e facili.
Per esempio in questi tempi di pandemia si utilizza il termine hub per indicare un centro vaccinale. Quale il vantaggio di usare una parola inglese per indicare centro? Il vantaggio è di risparmiare lettere e suoni, perchè la lingua inglese è prevalentemente monosillabica, mentre le parole italiane sono più lunghe.
Abbiamo veramente bisogno di risparmiare tempo, in una comunicazione, col risultato di farla diventare più oscura?
Metto sotto accusa due categorie: i giornalisti e i pubblicitari. Sono loro che abusano di termini inglesi. Perchè? Una comunicazione diventa più chiara con un termine inglese? Penso proprio di no, visto che la propensione degli italiani verso l'apprendimento di lingue straniere è bassa. Penso che sotto sotto vi sia una certa pigrizia nel cercare una buona traduzione. Ma che vi sia anche il pensiero che il messaggio diventi più prestigioso usando termini della cultura dominante, che è quella inglese.
Scarsa opinione degli italiani lettori o ascoltatori, scarsa attenzione alla comprensione del messaggio.
Che la cosa sfiori il ridicolo lo si può notare perfino su come si pronunciano termini inglesi, ma di provenienza latina come per esempio media, che i più pronunciano midia!
L'insofferenza per l'abuso di termini inglesi non è solo mia: ho scoperto che numerosi miei coetanei (vecchi dunque!) sono nauseati da tale invadenza.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
21 maggio 2021
Verde brillante, libro di Stefano Mancuso (21-058)
Verde brillante, libro di Stefano Mancuso. (21-058)
Qualche tempo fa avevo scritto che la vecchiaia è utile per colmare le proprie lacune culturali. Cioè una vita lunga permette di leggere opere importanti della propria epoca, che in gioventù ci erano sfuggite, sia per le urgenze di vita presenti nei primi decenni di esistenza, sia perchè all'inizio della vita non si ha chiaro quali siano le letture importanti e quali no.
In questi dieci anni di vecchiaia ho spesso scritto che mi piace camminare in montagna. Ma l'anno scorso per la prima volta ne ho patito la fatica, al punto da decidere di non fare più escursioni. Eppure mi mancano. E ho capito che cosa principalmente mi manca: l'immersione nel verde, nei boschi, in un ambiente sostanzialmente solo vegetale (che è curativo).
È da qualche tempo che i vegetali sono sempre più presenti nella mia vita. Prima come boschi, poi come alimenti, poi come benessere. E così sono incappato nel libro Plant Revolution (ma è scritto in italiano!) di Stefano Mancuso, testo rivoluzionario (e soprattutto sontuoso per la quantità e qualità del materiale fotografico).
Ma il testo più importante dell'autore è Verde Brillante (2013), breve libretto che porta alla nostra attenzione le straordinarie capacità del mondo vegetale: possiedono una vera e propria intelligenza, anche se diversa da quella animale, perchè non sono dotate di un organo come il cervello situato in un preciso punto dell'individuo, bensì hanno organi diffusi in tutta la pianta.
Ecco, Verde Brillante è uno di quei libri che rappresentano pietre miliari di un secolo. Cambia completamente la prospettiva dalla quale osserviamo e comprendiamo il mondo. Se il novecento si è contraddistinto per la ricollocazione dell'essere umano entro il mondo animale, senza pretese di esserne il leader, il XXI secolo sta manifestando un'altra colossale idea: il mondo animale è piccola cosa entro un mondo sostanzialmente vegetale.
Libro che è assolutamente necessario leggere.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
20 maggio 2021
Lontano lontano, film di Gianni Di Gregorio (21-057)
Lontano lontano, film di Gianni Di Gregorio. (21-057)
Ero stato entusiasta del suo primo film, Pranzo di ferragosto, e lo sono di quest'ultimo, Lontano lontano.
Nel primo vi era la storia del ferragosto di quattro donne anziane a casa del figlio di una di queste. Storia di situazioni semplici, sentimenti semplici, personaggi semplici. Eppure niente di banale. Storie di tutti i giorni, trattate con una finezza impareggiabile. Non saprei dire che cosa c'era di bello in quel film, ma era un piccolo capolavoro. E si trattava sostanzialmente di vecchiaia (al femminile).
In Lontano lontano, vi sono invece tre uomini vecchi e le loro storie.
Nulla di straordinario, ma situazioni, speranze, discorsi, sentimenti quotidiani della vita di tre vecchi sulla settantina. La loro descrizione è accurata e profonda. Impagabile la lunga sequenza di uno di essi mentre procede in un vicolo, un pò malfermo sulle gambe (un bicchiere di troppo) e un pò indeciso. Di Gregorio racconta la vita normale, forse anche banale, ma il suo occhio non è mai giudicante, anzi è fondamentalmente affettuoso verso un'umanità un poco dolente, un poco illusa, un poco egocentrica. Che però sa distinguere le cose fondamentali: l'importanza degli affetti, del giro di conoscenze e amicizie e dei bisogni di chi ci incrocia ed è in grave difficoltà.
Perfetto.
(Ho letto in una recensione che si tratta di un film sulla romanità, su trastevere: mi spiace non è così, si tratta di un film sulla vecchiaia.)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
16 maggio 2021
Indignarsi ancora? (21-056)
Indignarsi ancora? (21-056)
La pagina di ieri era colma d'indignazione per le stragi di palestinesi ad opera del governo israeliano. La situazione era (è) così grave che mi ha spinto a partecipare alla manifestazione della mia città in solidarietà del popolo palestinese.
Mi si potrà dire: "Il mondo va così, perchè ti ostini a ribellarti?"
Non posso farci niente: le ingiustizie continuano a muovermi l'animo.
E ancora mi fanno agire: attraverso il boicottaggio dei prodotti israeliani, la partecipazione a manifestazioni, l'informazione alternativa (e l'adozione a distanza di una bimba palestinese sordomuta).
Nonostante abbia ormai 75 anni sono ancora spinto a far qualcosa per questo mondo.
Fino a quando?
Non lo so.
Temo che con l'avanzare dell'età qualcosa la perderò. Forse non parteciperò più alle manifestazioni. Forse anche l'indignazione si affievolirà: la vecchiaia avanzata è diversa dall'età che sto vivendo.
Vorrei comunque che avvenisse molto tardi.
Vorrei conservare la capacità di indignarmi fino all'ultimo giorno di vita.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
15 maggio 2021
Palestinesi (21-055)
Palestinesi. (21-055)
C'è stato un momento, dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel quale la parola ebreo era sinonimo di popolo perseguitato, martoriato, frantumato. Ancora oggi vedendo i campi di sterminio di Germania, Polonia e Italia (!) non si può che provare un indicibile senso di pietà per i milioni di persone (ebrei, zingari, oppositori politici) che là sono stati sterminati.
Oggi la stragrande maggioranza dei sopravvissuti è morta. È nato un nuovo stato ebraico, retto da generazioni successive a quelle perseguitate da nazisti e fascisti, generazioni che nulla hanno patito degli orrori dello sterminio.
Oggi la parola ebreo si identifica con israeliano: e gli israeliani sono diventati i nuovi aguzzini, persecutori, massacratori di un altro popolo, i palestinesi. Sembra che le immense sofferenze dei loro padri e nonni non abbiano fatto maturare la benchè minima pietà verso altre genti. Con l'aiuto delle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale si sono insediati in una terra non loro, scacciandone gli abitanti, privandoli di diritti e dignità, di spazio vitale, confinandoli in un'immensa prigione a cielo aperto, qual è la striscia di Gaza.
Rifiutando perfino di far giungere loro le dosi di vaccino regalate loro da altri.
Quale persona ragionevole può pensare che si possa privare della libertà qualcuno, allontanarlo dalle proprie terre, ridurlo alla fame, alla mancanza di acqua ed energia elettrica (e di dotazioni per ospedali), a lungo senza che qualcuno si ribelli?
In qualunque altro contesto il popolo che si ribella meriterebbe la simpatia del mondo intero. Nel caso dei palestinesi la parola che invece si usa è quella di terroristi (non dimentichiamo che i nostri partigiani venivano chiamati banditi dagli occupanti nazisti).
Invece bisognerebbe usare le categorie storicamente appropriate di occupanti e occupati, di razzismo e apartheid.
Per tutto questo dichiaro la mia assoluta, intransigente, totale solidarietà verso i palestinesi.
Una nota aggiuntiva.
Vivo in Italia e al primo lancio di razzi da Gaza su Israele, al quale è stato risposto con missili sui civili di Gaza da parte degli israeliani, è stato tutto un fiorire di solidarietà per i morti e i feriti israeliani, da parte di partiti, giornali e televisioni.
Ma a nessuno di costoro è venuto almeno il dubbio di contare i morti da una parte e dall'altra? Cioè a valutare la reazione degli israeliani come sproporzionata, visto che i morti palestinesi sono stati ben più che nel rapporto di 10 a 1 di nazista memoria?
Si è invece dato credito alle fonti israeliane che parlano di uccisioni di militanti di Hamas e non dei civili e dei bambini. Oppure che dicono che i palestinesi appositamente tengono le loro basi in mezzo ai civili, per farsene scudo umano, per poi indicare gli israeliani come assassini perchè uccidono bambini.
Questo fiorire di unilateralità nei giudizi a chi giova? A chi giova negare la realtà di fatto: stragi di un popolo su un altro? Occupazioni di terre di un popolo da parte di un altro?
Anche il linguaggio usato dai reportage televisivi nei primi momenti è stato indicativo.
La cacciata di alcune famiglie di palestinesi dalle loro terre in Israele (cosa che ha innescato ribellioni, in molte città, di arabi israeliani) è stata definita "sfratto" come se i palestinesi fossero affittuari morosi invece che proprietari legittimi di terre e case.
A chi giova questa sistematica negazione della realtà da parte di stampa e televisioni?
Chi li paga?
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
14 maggio 2021
L'ultimo lavoro (21-054)
L'ultimo lavoro. (21-054)
Sono circa 3-4 anni da quando ho smesso di lavorare.
In realtà mi sono tenuto un piccolo lavoro annuale di poche ore di insegnamento presso una scuola privata di naturopatia. Si tratta di 24 ore annuali soltanto, suddivise in otto incontri, una-due volte al mese. È un modo per continuare a trasmettere a qualcuno quel che ho imparato, per evitare che tutto il mio sapere vada sprecato.
Quest'anno, data la pandemia, ho svolto metà degli incontri a distanza, con scarsa efficacia, scarsa soddisfazione e indefinibile disagio.
Martedì scorso invece sono ripresi gli insegnamenti dal vivo. Ero felice. Per di più dovevo affrontare un tema che è il mio cavallo di battaglia: l'agricoltura biologica. L'incontro è andato molto bene. Avevo un buon supporto di immagini da mostrare e sono riuscito a far stare tutti i concetti entro le tre ore dell'incontro. Un successo. E soddisfazione da parte degli utenti.
Certo, si tratta di uno sforzo considerevole svolgere tre ore di insegnamento, per di più in ore serali: ebbene, mai come in quest'incontro ne ho sentito il peso. Al termine ero esausto. E sì che durante questa lezione non mi è successo di perdere il filo del discorso o di scordare qualche nome importante o di smarrire la linea logica del tema.
Avevo semplicemente esaurito tutte le energie.
Dopo la fine mi sono chiesto se voglio ancora ridurmi uno straccio per fare queste lezioni. E mi sono risposto di no.
Al direttore della scuola, che ho visto subito dopo, ho detto che cominci a pensare a un mio sostituto per i prossimi anni.
Da vecchi, arriva un momento in cui non ce la si fa più.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
13 maggio 2021
Farmaci per anziani (21-053)
Farmaci per anziani. (21-053)
Circa un mese fa ho cominciato ad assumere un farmaco antidepressivo.
Ad un dosaggio minimo non mi ha dato alcun effetto negativo (vedi 21-047).
Quando però, dopo una settimana, ho raddoppiato la dose, sono cominciati gli effetti negativi: nausea, mal di stomaco, soprattutto una forte spossatezza e male ai muscoli degli arti. Ho resistito due settimane e poi ho assunto una dose intermedia fra la prima e la seconda. Così per un'altra settimana. Gli effetti collaterali non sono cessati e allora ho smesso.
Subito sono stato meglio (dio, come si sta bene quando si sta bene!).
In effetti, nelle indicazioni sul farmaco del foglietto illustrativo, ho letto che è sconsigliato agli anziani. Ciononostante, nelle indicazioni di posologia è scritto che non se ne dovrebbe dare più della dose minima a chi è nella terza età.
Misteri dei farmaci: se è sconsigliato, perchè poi se ne prescrive una dose? Evidentemente si tratta di un farmaco molto prescritto agli anziani. A una dose minima, con la quale il miglioramento del paziente è vago e soggettivo.
Però si continua a prescriverlo!
Sembra quasi che l'assunzione di farmaci fra gli anziani sia un dovere. Del resto gli effetti collaterali nei vecchi si mescolano con altri malesseri o si possono facilmente attribuire alla vecchiaia.
Il corpo di un anziano, invece, è più fragile di quello che si ha in giovinezza e nella mezza età. Pertanto si dovrebbe essere molto più cauti coi farmaci nell'età senile, perchè i danni potrebbero essere maggiori.
Succede il contrario.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
08 maggio 2021
La sospensione dei brevetti (21-052)
La sospensione dei brevetti. (21-052)
Sorpresa: Biden, presidente degli Usa, ha affermato che in questo momento di pandemia è necessario sospendere la validità dei brevetti sui vaccini.
Apriti cielo!
Alcuni hanno subito aderito all'idea (per altro prevista anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità), altri si sono dichiarati nettamente contrari: naturalmente in primis le case farmaceutiche. Per inciso il mercato dei vaccini in un anno di pandemia è passato da 30 miliardi di dollari a più di 70, con raddoppio evidente dei profitti.
Il motivo addotto è sempre quello: se ci impedite di far profitto, non saremo incentivati a spendere somme enormi per la ricerca. Peccato che molti studi economici abbiano dimostrato, da tempo ormai, che i fondi maggiori per la ricerca farmaceutica siano forniti direttamente dagli Stati, a fondo perduto!
Insomma le case farmaceutiche dichiarano brutalmente: lasciateci continuare a far profitti ingenti anche in questo caso di pandemia. In malora chi non se li può permettere perchè è povero.
Cose risapute, si dirà: perchè scandalizzarsi?
Le grandi imprese economiche multinazionali la fanno da padrone e mostrano le unghie per impedire la più piccola riduzione dei propri privilegi.
Ma il motivo della mia sorpresa è un altro.
Chi è contrario sostiene che la sospensione dei brevetti non è una soluzione in caso di pandemia, perchè è un lavoro lungo e complesso, mentre le iniziative da prendere devono essere rapide. Qualcuno ha affermato che per affrontare la questione della sospensione e risolverla necessiti almeno di un anno di studi e accordi presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc)!
Risultato: non si può fare.
E poi il traferimento di tecnologia a paesi poveri è enormemente complicato (peccato che l'India produca vaccini per tutto il mondo, ma non possa usarli perchè non ha il denaro per acquistarli).
L'alternativa proposta è quella che gli Stati più ricchi acquistino più vaccini e li regalino direttamente ai paesi poveri. Cioè che i cittadini (gli Stati sono i cittadini) spendano del proprio con generosità, in modo che le grande imprese farmaceutiche continuino a fare enormi profitti.
Non entro nel merito.
Osservo soltanto che la Omc è un sistema pensato accuratamente per impedire agli stati di deliberare per il bene delle comunità, a vantaggio di pochi detentori di capitali.
Cioè osservo che la struttura economica mondiale non solo è in mano a pochi detentori di immense ricchezze, bensì questi ultimi sono riusciti a imbrigliarla al fine di non poterne più uscire. Neppure il presidente dello Stato più forte.
Aveva ragione Ruffolo col titolo del suo libro: Il Capitalismo ha i Secoli Contati.
Possibile che questi concetti siano solo semplicistici e senili?
Mi consola il fatto che persino Draghi (certamente non un marxista!) abbia affermato che le grandi imprese farmaceutiche devono cominciare a restituire una parte dei profitti che hanno accumulato negli anni, con le sovvenzioni statali alle loro ricerche e dunque debbano rinunciare ai loro brevetti almeno per un tempo limitato.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
06 maggio 2021
Da soli (21-051)
Da soli. (21-051)
L'ultima mia zia è morta qualche giorno fa in casa di riposo. A causa del covid è stato impossibile starle vicino, negli ultimi istanti. Anche mia madre (ormai sono 10 anni) è morta da sola, in ospedale dove era stata ricoverata, probabilmente per un ictus. Così è stato per mio padre, anch'egli in ospedale, dopo un incidente stradale: ci eravamo allontanati per la notte e quando siamo ritornati al mattino era già morto. Potrei continuare a enumerare i casi di persone morte da sole, fra i miei familiari e conoscenti.
Non tutte però.
Ricordo di una conoscente, della quale ero presente proprio nel momento della morte: effettivamente quando smise di respirare non era sola.
Ma era cosciente? Certamente no.
Quando si muore in presenza d'altri per lo più si è in uno stato di incoscienza, spesso indotto dai farmaci. O si è in coma.
Penso che se anche si fosse sufficientemente vigili, gli sforzi fisici degli ultimi istanti catturerebbero tutta la nostra attenzione, al punto da far scomparire il mondo esterno: poco importa che vi sia qualcuno presente, probabilmente chi sta morendo non se n'accorge.
Effettivamente si muore quasi sempre da soli.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
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