31 gennaio 2016

La mia, di vecchiaia! (16-017)

La mia, di vecchiaia! (16-017)
Nel 2013, secondo anno di diario, ero giunto alla conclusione che i modi di vivere la vecchiaia sono molti.
Mi ero spinto più in là: ognuno ha la sua vecchiaia, diversa da quella degli altri.
Perchè la vita di un individuo è diversa da tutte le altre.
E perchè ognuno può scegliersi la vecchiaia che vuole.
Sembrerebbe il contrario, che cioè la vecchiaia ti capita addosso e non ci puoi fare niente. 
Ma se c'è un momento in cui si ha un briciolo di libertà per determinarsi la vita, questo è la vecchiaia.

Scrivendo questo diario mi ero ripromesso di farlo per me, per vedere come cambiavo idee in un tempo lungo: gli anni della vecchiaia. 
Potevo anche scriverlo in un'agenda e tenerlo veramente soltanto per me.
Ma sono un narcisista e mi fa piacere che qualcuno mi legga. 
Così è nato il blog.
È inevitabile che in queste pagine scriva le mie idee. Anzi mi sono fatto punto d'onore di non andare a raccattare idee d'altri, ma di scrivere solo quello che mi frulla in capo.
Anche se sono idee poco brillanti.
È inevitabile dunque che qui dia la mia personalissima idea di vecchiaia.
Ma è soltanto la mia.
Senza pretese di universalità.
Senza pretendere di esaurire il tema.
Senza esigere di possedere la verità.

L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

30 gennaio 2016

Non me la sento (16-016)

Non me la sento. (16-016)
Negli ultimi anni ho avuto tre cani.
Poi un anno fa è morta la femmina. Lasciandomi un dolore profondo.
La mia compagna, cercando in internet, ha trovato che danno in adozione una cagnetta di razza simile a quella della nostra. Mi ha proposto di prenderla.
Ero dubbioso.
Poi le ho risposto che non me la sentivo.
Vari i motivi.
Fra due mesi ci nasce il quarto nipote e saremo molto coinvolti.
Poi, non mi piace sostituire nel mio cuore il ricordo di un affetto (doloroso) con un altro.
E ancora, un altro cane ha un suo piccolo costo aggiuntivo e in questo momento non navighiamo nell'oro.
Ma il motivo vero è un altro.
Non ho sufficiente slancio vitale per entrare in un progetto impegnativo.

La stessa cosa mi era successa sei anni fa quando abbiamo preso il terzo cane. Ancora la mia compagna aveva trovato in internet quello che sarebbe diventato il nostro terzo cane. 
Me lo aveva proposto. Avevo aderito subito.
Quale la differenza?
Ho sei anni di più e sono diventato vecchio!
La mia scelta attuale è un indicatore di vecchiaia.

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28 gennaio 2016

Dimenticare (16-015)

Dimenticare.* (16-015) (28/01/16)
Ogni tanto la mia compagna mi chiede di episodi del mio passato, per lo più remoto.
Spesso mi capita di non ricordare.
Non è la perdita di memoria del breve periodo.
Non è la cosiddetta perdita di memoria senile, quella che mi preoccupa quando dimentico un'azione compiuta dieci minuti prima.
Invece è lo sbiadirsi di immagini, ricordi, pezzi di vita di venti, trenta o quarant'anni fa.
Verrebbe da dire: è normale. 
Tanti anni sono passati, il ricordo si affievolisce. Non mi preoccupa.
Eppure scopro solo ora che il passato se ne va.
I miei settant'anni, fatti di decine d'anni messe in fila una dopo l'altra, vanto di una vecchiaia vissuta in pienezza, si stanno riducendo.
Gli ultimi vent'anni sono pienamente miei. Forse anche i vent'anni precedenti. Ma se torno indietro oltre i quarant'anni di tempo, tutto è sfumato. I contorni non sono più nitidi.
I ricordi vacillano.
Ricordo sì, eventi specifici della mia infanzia, ma se indago e mi sforzo di ricordare altro, su ordinazione, c'è il vuoto. Come se la possibilità di memoria fosse limitata, che so, a cinquant'anni. Non di più.
Possiamo allora diventare vecchi quanto vogliamo, ma gli anni che ricordiamo (al massimo) sono sul mezzo secolo.
Altro che vecchiaia ricca perchè carica d'anni!

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27 gennaio 2016

Mi son perso la vecchiaia (16-014)

Mi son perso la vecchiaia. (16-014) (27/01/16)
Continuo il tema di ieri.
Nell'ultimo anno mi sono lanciato in una crociata contro l'idea che vecchiaia significhi malattie.
Bene, ma mi son perso la vecchiaia.
Spiego meglio.
Nel primo anno di vecchiaia ho scritto molto a riguardo delle diminuzioni di capacità che subiscono i vecchi. Ricordo che scrivevo di limitazioni, perdite, defaillances.
Perdita di memoria, di udito, di desiderio sessuale. Ma anche diminuzione di forze, tempi più lunghi per guarire un trauma. E ancora qualche problema di equilibrio, la comparsa di acidità di stomaco che nell'età matura non avevo, un aumento della tendenza a inciampare.
Negli anni successivi alcune di queste perdite sono scomparse.
Ne ho ricavato l'illusione che con il mio stile di vita potevo sanare tutto.
Quasi tutto forse, ma non il procedere della vecchiaia.
Memoria, udito, diminuzione di facoltà mentali e di desiderio erotico, queste non le ho migliorate. Fanno parte della diminuzione di vitalità che accompagna la vecchiaia.
Forse per qualche tempo le posso rallentare o perfino arrestare, ma poi riprendono.
Mi son perso la vecchiaia, dunque.
Ma la vecchiaia non ha perso me.

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26 gennaio 2016

Udito (16-013)

Udito. (16-013)
Ho scritto molto sul nesso vecchiaia-malattie. La conclusione di questo ultimo anno di diario è che non c'è nessuna necessità causale fra i due soggetti.
Allora, se non si muore di malattia, di che si può morire?
Di vecchiaia.
Più precisamente?
Si muore perchè i meccanismi cellulari, metabolici e nervosi che ci tengono in vita non funzionano più.
Ma così, non è che la malattia ritorni in campo sotto altra veste?
No.
Un conto è il degrado del sistema vitale dovuto ai molti anni vissuti.
Un altro conto è il degrado anticipato e aggiuntivo, dovuto a stili di vita patogenici.
Un esempio è la sordità (ne scrivo perchè ne sono affetto).
La mia sordità non è dovuta a perdita di sensiblità verso i suoni, bensì a perdita di capacità di decodifica dei suoni stessi. Una questione cerebrale. Inevitabile in alcuni vecchi. Un'infermità legata ai tanti anni vissuti dal nostro cervello, che a un certo punto funziona meno bene.

Ne scrivo oggi perchè mi sto abituando. 
Mi sto abituando a non capire tutto quello che mi si dice. Mi perdo qualcosa dei discorsi. Una frase, una parola perdute e tutto il discorso risulta incomprensibile.
Mi sto abituando, perchè mi sono stancato di chiedere di ripetere.
Mi perdo un pezzo.
Amen.
Solo che così ci si stacca un poco dagli altri.
Li si ascolta meno.


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25 gennaio 2016

La malattia (16-012)

La malattia. (16-012)
Una conoscente anziana, ultraottantenne, sta morendo di cancro. Un tempo si diceva che ammalarsi di cancro da vecchi era meglio, perchè l'evoluzione della malattia è rallentata. 
Si sopravvive di più.
Dipende di quanto.
Durante una visita, la malata chiede al medico se guarirà.
Eppure è così palese che lei è agli ultimi giorni (alcuni anziani rifiutano di vedere la realtà).
Il medico è in imbarazzo di fronte a tanta cecità, ma trova una risposta appropriata:
"Dalla vecchiaia non si può guarire."
Il dottore se la cava, confondendo le acque. Identifica malattia e vecchiaia. Suggerisce che la grande malattia è la vecchiaia. Tutto il resto sono sue conseguenze.
La morte per vecchaia arriverà prima della morte causata dalla malattia.
Abile battuta.
Felice, perchè utilizza l'immaginario comune che la vecchiaia sia una malattia.
Niente di più falso.
Alla vecchiaia non possiamo sfuggire.
Alle malattie sì.
Soprattutto alle malattie della vecchiaia.

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24 gennaio 2016

La corrispondenza (il film) (16-011)

La corrispondenza (il film). (16-011)
Un bel film, l'ultimo film di Giuseppe Tornatore.
Impeccabili gli attori, perfetta la tecnica, sorprendente la trama.
Una storia d'amore dispari (lui vecchio professore, lei giovane studentessa). 
Ma la storia muta completamente dopo i minuti iniziali. Il professore scompare pur facendo ricevere alla sua giovane amante continui messaggi e lettere e doni (la corrispondenza).
La storia si tinge di giallo: dov'è finito?
Soltanto successivamente si scopre che è morto.
L'originalità del film sta proprio in quello che succede dopo. 
La ragazza continua a ricevere messaggi e quant'altro anche se il suo amante è ormai morto. E vive un rapporto con lui anche se non c'è più.

È la storia di un individuo che vuole sopravvivere dopo la sua morte e lo fa con la tecnologia oggi disponibile: dischetti, messaggistica programmata, lettere e regali inviati da altri, che si sono prestati al suo progetto.
Sembra un gioco, ma non lo è.
Ha a che fare col significato di morte, ricordo, sopravvivenza.
A qualcuno è sembrato crudele, manipolatorio, delirante. E forse ha ragione.
Ma ha a che fare col rifiuto di un vecchio di scomparire (non di morire, proprio di scomparire).
E con la sua volontà di andar contro la natura delle cose.
Cioè rimanere ostinatamente nella vita (almeno) di un altro.
Nel film gli spunti di riflessione sono numerosi. Non ci sono risposte didascaliche. 
Ma siamo interrogati.
Su tematiche niente affatto banali.

Il film suggerisce una corrispondenza col cielo notturno.
Data la lontananza, le stelle che vediamo appartengono al passato.
Molte potrebbero essere già morte.
Tuttavia continuiamo ad avere un rapporto con loro.


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19 gennaio 2016

Vicini bisognosi (16-010)

Vicini bisognosi. (16-010)
Stamattina ho accompagnato la mia vicina molto anziana presso uno studio di apparecchi acustici.
Lei e suo marito sono in età avanzata. Sono ancora autonomi, però.
Talvolta si fanno aiutare dalla figlia.
Negli anni scorsi io e la mia compagna ci siamo proposti di far loro la spesa, di prelevare dalla cantina l'acqua minerale eccetera. Insomma piccoli servizi di buon vicinato. 
Dapprima hanno rifiutato. Poi piano piano hanno cominciato a chiedere piccole cose, come l'acquisto di legumi particolari, del latte, della farina.
Infine si sono fatti coraggio è ora chiedono altri servizi, come l'accompagnamento dal dottore.
Anche gli altri condomini hanno una attenzione particolare per loro.
Ci si preoccupa se entrano in condominio venditori troppo insistenti o peggio se viene gente a fare offerte che rasentano la truffa.
Così, lentamente, al crescere delle necessiatà dei due coniugi, quasi novantenni, cresce la cintura di solidarietà e di protezione. In maniera naturale, senza forzature, senza creare strutture rigide, solo aiutando quando ce n'è bisogno.
Mi sembra una bella situazione.
Qui lo sforzo più grande lo hanno fatto i due anziani.
Si sono piegati a chiedere, mostrando apertura mentale
Da vecchi, si fa di necessità virtù.


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18 gennaio 2016

Fra parenti (16-009)

Fra parenti. (16-009) (17/01/16)
Una riunione familiare. A tavola, ovviamente.
Ci si incontra una volta all'anno: fratelli figli e nipoti. Inevitabile parlare di cibo.
Le mie idee sono conosciute e anche le mie abitudini alimentari.
Mi è stato chiesto di precisarle un pò di più.
Nonostante il divertente umorismo della mia compagna, nel descrivere i dettagli della mia dieta, c'è stato spazio per dire cose serie.
Così ho potuto esprimere la mia convinzione che vecchiaia e malattie non sono un binomio inscindibile. Si può essere vecchi e sani. Dipende dallo stile di vita.
Naturalmente ho descritto la mia dieta vegetariana e crudista.
Qualche perplessità, ma anche attestazioni di stima.
Sarà stata l'età (anche gli altri miei parenti sono vecchi giovani) o l'essere un parente acquisito alla famiglia, ho riscosso credito.
In questo caso non è valso il detto latino: nemo propheta in patria (nessuno può fare il profeta a casa propria).
Non ho potuto parlare di asse intestino/cervello, nè di batteri intestinali, nè dell'alfa latto- albumina, cioè delle mie ultime scoperte.
Ma sono soddisfatto ugualmente.
Se si riesce a essere presi sul serio dai parenti, cogli altri è strada in discesa.
Questo si raggiunge solo in vecchiaia.


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17 gennaio 2016

Il look dei vecchi (16-008)

Il look dei vecchi. (16-008) (16/01/16)
"Guarda – mi ha detto la mia compagna – quel vecchio porta il cappello come lo porti tu!"
Era vero. Io uso un cappello di lana a cupola, tipo quello dei marinai norvegesi.
Quando fa freddo lo calzo fin sulla fronte, così mi ripara anche le orecchie.
Quando invece fa meno freddo lo alzo un poco, in modo da scoprire le orecchie.
Ecco, mia moglie si riferiva a questo modo buffo di indossarlo.
Lo giudica poco elegante.

I vecchi si vestono in modo particolare.
Tralasciando i pochissimi molto eleganti e la massa dei trasandati (magliette con scritte giovanili o tuta da ginnastica!), il resto si veste in modo antiquato.
Sarà perchè non si cambia guardaroba per 20 o più anni; o perchè non ci si cura di aggiornarlo, anche se si prendono o si perdono (raramente) chili; il risultato è lo stesso.
Inestetico.
Non ci si cura più di piacere. Di colpire l'attenzione.
Basta essere in ordine. Non apparire troppo. Essere normali.
Spesso questa normalità sa di vecchio, acconciato alla bell'e meglio.
I vecchi non si curano più di agghindare il corpo (i maschi).
Tutto diverso per le donne.


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16 gennaio 2016

La sua vita (16-007)

La sua vita. (16-007)
Un ottantaquattrenne. È stato ricoverato in ospedale qualche settimana fa, non so se per malattia o lieve incidente. Ora è tornato a casa. Ha ripreso la sua vita. È completamente autonomo e vive da solo, nella sua casa, curando un piccolo orto (attività questa molto gradita a una parte di anziani). Ma l'esperienza di andare in ospedale per una infermità ha cambiato le cose.
L'unica figlia lo va a trovare ogni giorno, finito il lavoro. Anzi si ferma sovente per cena. Un pò per fargli compagnia, un pò per controllarlo.
La figlia è stressata, perchè deve modificare la sua vita, per accudire il padre.
La figlia è preoccupata.
L'età del vecchio è quella giusta in cui si modificano le vite.
Quelle degli anziani, perchè cominciano a perdere autonomia.
Quelle dei figli perchè devono seguire il padre o la madre anziani.
C'è un'età in cui bisogna porsi il problema: cambio la mia vita io (vecchio), o la cambiano i miei figli (giovani)? Il vecchio dovrebbe trasferirsi più vicino alla figlia, ma perderebbe il suo orto, l'occupazione che lo gratifica molto. 
L'orto è tutta la sua vita.

Cambiar vita da vecchi è duro. 
Si è legati a piccole abitudini, a trovar le cose al solito posto, a seguire uno schema sempre uguale e per questo rassicurante. E poi c'è l'orto, che è realmente un motivo di vita autentico e fonte di gioia.
Ma quando le condizioni non ci sono più bisogna prenderne atto e sapervi rinunciare.
È doloroso.
E' inevitabile, in tarda età.

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14 gennaio 2016

"Non voglio invecchiare. Non voglio morire." (16-006)

"Non voglio invecchiare. Non voglio morire." (16-006) (14/01/16)
Così mi ha detto oggi una parente.
Ha la mia età, quindi è anziana.
Ho provato a dirle che la vecchiaia può essere un'età ricca di esperienze.
Anzi è un'età privilegiata, perchè vede dietro alle sue spalle una lunga vita e la può valutare come dall'alto.
Che la prima vecchiaia è ancora piena di autonomia.
Che quella vecchiaia che lei teme arriverà dopo e durerà un tempo limitato.
Le ho ancora detto che quando il corpo si sarà indebolito forse lei stessa si augurerà la morte, essendosi ridotta al lumicino la vita che vivrà.
E che dal punto di vista della specie umana la morte è un dovere.
Mi ha guardato e ha detto:
"Non voglio invecchiare. Non voglio morire."

Vi sono tanti modi di vivere vecchiaia e morte.
Ogni vecchio o vecchia ha il suo.

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13 gennaio 2016

Invidia (16-005)

Invidia. (16-005)
Inutile negarlo. Mi compiaccio di non mostrare evidenti segni di vecchiaia (meglio: di decadimento). Al punto che se trovo qualche coetaneo che è migliore, provo disappunto.
Sono invidioso.
Come quel compagno di scuola che ho rivisto l'anno scorso: forma splendida.
Nulla di senile: nè la canizie, nè forze indebolite, nè la consueta lentezza dei vecchi.
O come un mio collega di lavoro. Ha più o meno il mio aspetto.
Ma ha ben cinque anni di più!
Invece mi pavoneggio quando mi riferiscono che la tal persona ha detto: 
"Certo, Holgar è quello che è invecchiato meglio, fra tutti noi."
Debolezze da vecchio.
Eppure non dovrei stupirmi se ho ancora un aspetto giovanile.
Come ho detto nella pagina precedente, il ricordo di mio padre e di mia madre quando avevano la mia età attuale, non è quello di persone infiacchite, vegliarde, bensì di persone dignitosamente in salute e di buona energia.
Fose ha ragione J. Hillman quando dice che, giunti nella vecchiaia, tutti cercano di durare il più a lungo possibile.
Di apparire ancora efficienti anche da vecchi.

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10 gennaio 2016

Come ci vedono? (16-004)

Come ci vedono? (16-004)
Come ci vedono i nostri figli?
Come ci vivono?
Noi vecchi, intendo.
Cioè come percepiscono la nostra vecchiaia?

Mia madre rimase vedova quando aveva la mia età attuale e mio padre morì a 72 anni.
Miei coetanei dunque.
Io avevo 41 anni, circa l'età attuale di mio figlio.
Come percepivo i miei genitori a quell'età? Erano attivi, indipendenti. Non avevano necessità d'aiuto.
Tutto cambiò dopo gli 80. Mia madre si ruppe il femore e diventò dipendente da me.
Ma, prima, decisamente no.
Oggi mio figlio mi percepisce, sì, come vecchio, ma non come debilitato.
Certe volte mi pare che mi consideri un super eroe, tipo Mandrake, capace di far tutto.

Una conoscente del parco, ove mi reco spesso coi cani, mi ha parlato di suo padre.
Un poco più vecchio di me. Vedovo e malandato (fisicamente).
La figlia mi esprimeva qualche preoccupazione.
Cercava di invitarlo a pranzo la domenica, di fargli passare delle vacanze insieme alla famiglia, di dargli calore.
Diversa sensibilità? Diversa situazione di salute?

Cambia tutto dopo gli ottanta.
O quando vi siano cedimenti vistosi.
Sicuramente, a un certo punto, il rapporto genitori - figli cambia.

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06 gennaio 2016

Coetanei (16-003)

Coetanei. (16-003)
Ho tanti conoscenti anziani.
I miei conoscenti sono per lo più coetanei e quindi sono vecchi come me.
A differenza delle altre età, alcuni muoiono. O sono già morti.
L'anno scorso è morto il mio relatore di tesi di laurea. Pochi anni più di me. È morto d'infarto, quindi di malattia, ma aveva 75 anni, era vecchio, quindi è morto perchè vecchio.
Questa la percezione che si ha quando muore un anziano.

Quando muore un coetaneo, fa impressione. Si dovrebbe pensare: poteva toccare a me. Invece, per lo più, non si percepisce questo nesso.
Lui è lui ed è morto.
Io sono io e sono vivo.
Non devo morire adesso.
Anzi non devo proprio morire.

Più si avanza in età e più sono i coetanei che muoiono. O che sono già morti.
Invecchiando molto, si rischia che siano già morti tutti i nostri conoscenti (perchè erano molto vecchi).
Così ci ritroviamo soli. Nessuno con cui condividere. Nessuno che possa capirci.
Non oso pensare a quanta solitudine vivano i centenari.

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04 gennaio 2016

Non occuparsene (16-002)

Non occuparsene. (16-002)
In queste vacanze invernali non mi sono occupato (nè preoccupato) di tutti gli impegni che mi aspettano a gennaio. Mi sono goduto i giorni di festa, facendo le cose di quei giorni.
Guardando a questi ultimi tempi, lo stesso mi è successo nei mesi precedenti. 
Nonostante impegni gravosi e prolungati, ho imparato a concentrarmi sul presente, vivendo solo quello.
È come se quest'anno, almeno da giugno in poi, abbia imparato a non occuparmi del futuro. Tanto meno se si tratta di futuro remoto.
E poichè sono vecchio, il futuro remoto è la morte.
L'unica zia che mi è rimasta, ormai ultra-novantenne, mi ha detto le stesse cose qualche giorno fa: "Vivo alla giornata. Non mi curo di che cosa avverrà domani. Se domani morirò, riguarda il domani."
Il suo messaggio l'ho compreso solo ora, dopo la riflessione che ho fatto sopra.
Che sia questo il segreto di una vecchiaia serena?
Non occuparsi del futuro?
Non occuparsi della morte?

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01 gennaio 2016

Vecchiaia: un sunto (16-001)

Vecchiaia: un sunto. (16-001) (01/01/16)
Ho sulle spalle quasi cinque anni di vecchiaia (a partire dai sessantacinque).
Potrei farne una sintesi. A uso di chi vi è appena entrato.
E di chi è ancora nell'età di mezzo.

All'inizio si è un pò spaventati. Sembra che la vita stia per finire: tutta in un colpo.
E poi vi sono segnali precisi di decadimento. A partire dalla vita sessuale (ma non per tutti). Soprattutto dall'apparire di una serie di malesseri vari o di vere e proprie malattie. 
Quelle della vecchiaia.
Dolori vari, problemi di stomaco, problemi di prostata (per i maschi).
Ma anche altro: memoria più labile, minori forze, lentezza nei riflessi, stanchezza cronica, incertezza e confusione maggiori.
La paura nasce anche dal nesso inscindibile fra vecchiaia e malattia.
Tipico della nostra cultura occidentale.
Ho scritto molte volte che non è così.
La vecchiaia non è una malattia.
Ma la cultura dominante è forte e molti finiscono per pensarla così e a rassegnarsi.
Invece molte magagne si possono evitare con uno stile di vita salutistico.
Occorre avere la cultura adatta. 
Purtroppo, se si pensa che qualunque cosa si ingerisca vada bene, si è tagliati fuori dalla  soluzione. Se si pensa che fumo, alcol e carne siano piaceri essenziali dell'essere umano, non vi è speranza.
Eppure la soluzione è semplice: una dieta adatta.
Ne ho scritto tante volte. Non mi ripeto.

Poi il futuro.
Ci si sente come se si fosse privati del futuro.
Privati del senso di immortalità che si ha nelle altre età.
E invece la vecchiaia è lunga. È letteralmente un altro pezzo di esistenza.
Privilegiato perchè è al culmine dell'esistenza stessa.
Deve passare ancora un bel pò di tempo per arrivare alle fasi ultime della vita.
Manca ancora molto per arrivare alla quarta e ultima età.
Della quale non posso dir nulla.
Non ci sono ancora arrivato.

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