31 ottobre 2015

Meno danni (15-165)

Meno danni. (15-165)
Come una bomba è calata la decisone dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di inserire gli insaccati di carne (prosciutto, mortadella, salsicce, würstel, carne in scatola, ecc.) fra i prodotti che causano il cancro. Non solo: le carni rosse fresche sono state inserite fra i prodotti che probabilmente causano il cancro.
Per me che non mangio carne, non è una novità, ma che un'organizzazione internazionale prendesse una decisione così sconvolgente, non me lo sarei aspettato.
L'agenzia che se ne occupa è lo IARC (international agency for researches on cancer).
L'agenzia ha analizzato un migliaio di sostanze suddividendole in 4 classi.
1: sono presenti le sostanze che sicuramente causano il cancro (esempio: il fumo, l'alcol l'amianto, il gas radon, il pvc, eccetera e ora anche le carni lavorate)
2A: sono presenti sostanze che probabilmente causano il cancro; esempi: glifosato, (erbicida), benzopirene (quello che si forma sulla carne bruciata alla griglia), acrilamide (si forma nella frittura delle patate), eccetera e ora anche le carni rosse fresche
2B: sono presenti sostanze che è possibile che inducano il cancro; a esempio il caffè, alcuni pesticidi, il BHA (conservante), le radiazioni dei telefoni cellulari, eccetera
3: sostanze che non è possibile classificare come cancerogene
4: sostanze sicuramente non cancerogene

Ciò che mi ha stupito è l'inserimento in classe 1 e 2A (le peggiori).
L'agenzia è sempre molto prudente in queste classificazioni. Per esempio le radiazioni elettromagnetiche dei telefoni cellulari sono state inserite solo di recente e in classe 2B, nonostante numerose ricerche abbiamo confermato il legame col cancro alla testa.

Che c'entrano i vecchi?
Al di là dell'effetto patologico della carne, bisognerebbe considerare l'impronta ecologica che deriva dalla produzione della carne: consumo di acqua, produzione di metano (gas serra), deforestazione per far posto a colture di cereali e soia per il nutrimento degli animali).
Insomma un vecchio potrebbe prepararsi a lasciare questo mondo cercando di far meno danni possibile alla società che lascia (e ai suoi nipoti).
Mangiando meno carne.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
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30 ottobre 2015

Vecchi divertenti (15-164)

Vecchi divertenti. (15-164)
I vecchi sono noiosi e lamentosi. Quando va bene, sono delle brave persone, molto serie. Difficilissimo trovare vecchi divertenti.
Mi vengono in mente un paio di attori della mia gioventù (Cesco Baseggio e Gilberto Govi), ma li ricordo perchè interpretavano personaggi vecchi e divertenti (di loro, nella vita quotidiana, non so nulla).
Di vecchi contemporanei divertenti posso solo citare un attore, Paolo Poli (81 anni, che per la verità fa più sorridere che ridere, anche se è godibilissimo) e Renzo Arbore, personaggio televisivo di grande successo, che ormai è diventato vecchio (78 anni).
Di Arbore apprezzavo l'umorismo e la capacità di divertirsi, mentre conduceva le sue trasmissioni.
Perchè un vecchio sia divertente, deve esserlo stato anche da giovane.
L'umorismo non si impara.
Chi ne è provvisto, diventando vecchio lo perde, purtroppo.
In qualche recente intervista ho notato che Arbore fa dell'umorismo anche sulla vecchiaia (anche Poli).
Meraviglioso!
Proprio di persone così avremmo bisogno.
Fra un mese Arbore verrà nella mia città a tenere un concerto con la sua orchestra.
Ho già acquistato i biglietti.

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28 ottobre 2015

I molto vecchi* (15-163)

I molto vecchi.* (15-163)
Sono un pianeta sconosciuto. Anche per i vecchi normali.
Perchè sono pochi, perchè se ne stanno rintanati in casa, perchè comunicano poco.
Ho la fortuna di averne due sullo stesso pianerottolo di casa.
Sono stato da loro una volta, a parlare di vecchiaia. Ne ho tratto informazioni sull'ultima vecchiaia. Mi ero ripromesso di ritornarci di tanto in tanto, a far lo stesso. Non l'ho più fatto. Però mi sono accorto che per conoscere questa parte della vecchiaia, anzi della vita (questa è un'età diversa, un'età a se stante, dopo infanzia, giovinezza, età matura e vecchiaia normale), mi sono accorto che bastava osservarli.
Li vedo poco, ma la vicinanza mi fa comunque entrare in contatto con loro.
E ogni volta basta prestare attenzione e leggerne i messaggi.
Ieri la mia vicina saliva le scale con gran fatica, respirando affannosamente. Le ho detto qualche parola d'incoraggiamento. Non mi ha neppure risposto, data la difficoltà in cui era.
Altra volta mi raccontava di essere scivolata su un tappeto di casa e per miracolo non ha sbattuto la tempia su uno spigolo. Ancora, mi ha regalato tutti i suoi dischi (che ho smistato). Oppure suo marito che continua a usare la bicicletta, perchè non ce la fa più a camminare (e la usa anche quando nevica!!!). O quella volta che entrato in vasca da bagno è scivolato, ma non è più riuscito ad alzarsi: è dovuta intervenire l'ambulanza.
E altri avvenimenti simili.
Insomma, materiale per farmi un'idea dell'ultima vecchiaia, ce l'ho.
Così potrei dire: le forze si affievoliscono nettamente. C'è tendenza a chiudersi, letteralmente e psicologicamente. Si diventa imprudenti. O meglio non ci si rende conto dei pericoli insiti in certi comportamenti (mi chiedo se non sia una diminuzione di facoltà intellettive). Si diventa conservatori e testardi: non si vuol cambiare nulla della propria vita, come per esempio cambiare casa, se si abita al terzo piano con le scale.
È già qualcosa. Un primo abbozzo sull'ultima età.
Che mi spaventa tanto.


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27 ottobre 2015

Mi sono abituato* (15-162)

Mi sono abituato.* (15-162)
Devo essermi abituato alla vecchiaia.
Mi sembra un'età normale. Ho settant'anni e mi pare di essere nel pieno della vita.
I primi anni ero in apprensione (dopo i 65). Vedevo segni di decadimento dappertutto.
Ora non ci sono più.
Oppure non li vedo più.
Non me ne preoccupo, vivo e basta.
Sono entrato in questo nuovo luogo chiamato vecchiaia, con paura e tremori.
Ma, dopo alcuni anni, sono cessati.
Entrando nella vecchiaia avevo una prospettiva lunga, uno sguardo lungo.
Mi preoccupavo di cose che sarebbero capitate dopo dieci o vent'anni.
Forse è solo cambiata la prospettiva. Ho uno sguardo più corto. Mi preoccupo meno degli anni remoti futuri (dieci o venti).
In questo nuovo luogo mi sono ormai ambientato.
E ci sto bene.


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26 ottobre 2015

I dischi (15-161)

I dischi. (15-161)
Amo la musica classica.
La mia vicina di casa lo sa è mi ha proposto di cedermi gratuitamente la sua collezione di musica operistica.
Sono molto vecchia – ha detto – non li ascolto più. Sono diventati un ingombro.”
L'ho aiutata, trovando una persona che ama quel tipo di musica e così l'anziana signora ha potuto disfarsene. Per me ho trattenuto tre opere di Wagner, che non possedevo, e pochi altri dischi di musica sinfonica.
Ero contento di quell'acquisizione.
Poi ho riflettuto.
Possiedo più di cento LP, la maggior parte dei quali ereditati da un mio vecchio zio, qualche anno fa.
Negli ultimi cinque anni ne avrò ascoltati non più di sei o sette. Perchè ascoltare musica è un impegno. È bello e gratificante, ma ci vuole tempo (ore da dedicarci) e tempo interiore
Mi sono accorto di non avere ne l'uno né l'altro.
I dischi che ho acquisito probabilmente non riuscirò ad ascoltarli.
Mi mancherà il tempo.
La morte arriverà prima.


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25 ottobre 2015

Non ci posso credere (15-160)

Non ci posso credere. (15-160)
Acquisto i prodotti alimentari presso una catena di negozi biologici. 
Ricordo ancora quando, vent'anni fa, aprirono il primo negozio, molto grande, un vero supermercato. Conobbi allora il proprietario, un signore di mezza età, molto dinamico e abile.
In vent'anni ha aperto ben tre negozi, nella mia città, appoggiandosi appunto a una catena nazionale, nata proprio in quegli anni. 
In vent'anni non è cambiato molto d'aspetto. Si è solo leggermente incurvato. 
È invecchiato molto bene.
Stamattina l'ho rivisto e abbiamo scambiato qualche frase. Mi ha parlato della moglie, che in seguito ad un'operazione agli occhi è rimasta quasi cieca. Ho chiesto l'età della signora: 75 anni. Ho commentato: ”Un colpo così alla sua età lascia una grande prostrazione.” 
Mi ha confermato che la moglie era caduta in depressione. L'ho salutato, esprimendo la mia solidarietà. Poi accomiatandomi gli ho chiesto quanti anni avesse lui, con questo ulteriore carico della moglie semi-invalida, oltre a tutti gli impegni di gestire ben tre negozi.
Mi ha risposto: “Ho ottantaquattro anni.”
Ho creduto che scherzasse.
Me l'ha confermato, facendo il gesto di cercare la sua carta d'identità.
Incredibile. Gli avrei dato dieci anni di meno.
Gli ho chiesto il suo segreto. Ha detto: “Non fermarsi mai!” e si è toccato la tempia con un dito, concludendo: “Bisogna sempre tenere il cervello in attività.”
E' una persona impegnatissima. Nel lavoro, dico.
Arriverà alla morte senza accorgersene.
Ma avrà vissuto gli ultimi anni di vita nel pieno delle sue facoltà.
Avrà quasi saltato la vecchiaia.


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24 ottobre 2015

Non mi sento vecchio* (15-159)

Non mi sento vecchio.* (15-159)
E' così, non c'è niente da fare, non mi sento vecchio.
Il mio aspetto denuncia la mia età (capelli e barba bianca).
Il confronto con fotografie di una decina d'anni fa rivela chiaramente che sono invecchiato, anzi, che sono vecchio.
La malattia che ho è tipica dei vecchi (ipertrofia prostatica). 
I miei scarsi interessi sessuali confermano la stessa cosa.
Eppure, dentro, in fondo, non mi sento vecchio.
Gli altri mi considerano vecchio, come in realtà sono, ma io, niente.
Saranno le attività che ancora svolgo, o l'inganno di Prometeo (non veder la morte), o il fatto che sto bene di salute: non mi sento gli anni addosso.
O meglio: il mio essere sente, sì, di avere vissuto di più, ma ciò non si traduce nella sensazione di essere vecchio. Semmai di ciò se ne compiace.
È come se l'essere si fosse ingrandito, col passare degli anni, come se la coscienza si fosse dilatata.
Nel profondo, mi sento di più, piuttosto che di meno (vecchio).
Il mio vecchio vicino, quasi novantenne, mi confessava:”Mi sembra impossibile essere diventato vecchio.”
A me non sembra impossibile: non mi sembra affatto.


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20 ottobre 2015

Tommaso (15-158)

Tommaso. (15-158)
E' il nome del mio quarto nipote. Che nascerà a marzo.
Il secondo che porterà il mio cognome, secondo la legge del Paese in cui vivo.
Scopro di provare una certa soddisfazione nel sapere che la mia casata (!) continuerà nel futuro. Lo so che è una soddisfazione non molto nobile, perchè dipende dalle leggi maschiliste di trasmissione del cognome, che ancora vigono qui dove vivo.
So che sono preda di atteggiamenti arcaici legati alla nascita di un maschio.
Pure non posso negare il piacere che provo nel sapere che la mia famiglia d'origine si proietta nel futuro.
Questo piacere, depurato da incrostazioni volgari, rappresenta comunque il desiderio di immortalità che abbiamo noi esseri umani. Sapere che qualcuno, che discende da noi, ci sopravviverà, soddisfa il nostro anelito di continuare a vivere.
Anche se, come dice Mario l'eremita, la morte è un dovere.


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19 ottobre 2015

Vite estreme (15-157)

Vite estreme. (15-157)
Una trasmissione in TV. A tarda sera. Trattava della vita di persone ai margini della società.
Una di queste era un eremita. Non in senso religioso, ma laico. 
Mario, si chiama.
Una persona che vive quasi in completa solitudine. A contatto con il bosco, vicino a un torrentello, in una grotta.
La vita solitaria mi ha sempre affascinato (il mio libro preferito, a quarant'anni era Robinson Crusoe).
Così ho seguito con attenzione la sua intervista. Anche perchè è un vecchio più o meno della mia età.
Un vecchio così abituato a stare solo con se stesso, è inevitabile che abbia qualcosa da dire. E infatti ha parlato della morte.
Ha narrato dei suoi animali, che quando erano prossimi a morire, dopo alcune effusioni nei confronti del padrone, si allontanavano e non tornavano più. Andavano a morire da sole. La conclusione di Mario, l'eremita, era che si muore da soli. 
È meglio morire da soli.
Egli stesso si è preparato dei rifugi segreti, da utilizzare quando sarà prossimo alla fine. Teme che qualcuna delle persone (che pure conosce) gli voglia star vicino, in quei momenti, mentre lui vuol morire da solo.
Parlando della morte ha anche affermato: “La morte è un dovere.”
 
Ecco, dei pensieri di vecchi come questo, ho bisogno.


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18 ottobre 2015

Altipiani (15-156)

Altipiani. (15-156)
La gente non sa niente della vecchiaia.
Quando ci arriva, si trova spaesata. Crede che, diventati vecchi, non ci sia più nient'altro che aspettare la morte.
E c'è chi fa solo questo.
Come quando si punta una monte da salire. Da lontano sembra che la vetta sia uniforme. Si pensa: si sale, si sale, si sale e si arriva in cima.
Non è così. 
Da vicino è tutto diverso. C'è la cima, ma ci sono contro-cime, separate dalla cima vera e propria da avvallamenti. C'è la cima, ma è distante. Prima, magari, c'è un lungo tratto di falsopiano.

La gente non sa niente della vecchiaia. Dovrebbe informarsi, ma non le importa.
Non le interessa, perchè dall'alto della pienezza della vita matura, si guarda con sufficienza sia alla gioventù che alla vecchiaia. Come se fossero vita scadente.
È un peccato, perchè la vecchiaia può essere lunga.
Può essere una parte importante della vita intera. Se dura vent'anni non si può pensare di passarla in modo inerte, passivo, senza progetti, senza valori.
Sicuramente è il compimento della vita: è un di più, non un di meno.


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17 ottobre 2015

Il corpo che funziona (15-155)

Il corpo che funziona. (15-155)
Tornato dalle camminate in montagna, quest'estate, ho vissuto un mese in stato di grazia.
Stavo benissimo.
Ho cercato di riprodurre quelle condizioni nei mesi successivi, ma quello stato è lentamente scomparso. Non che stia male, ma quell'euforia non c'è più.
Sono convinto che il gran movimento di quella settimana di trekking abbia avuto un effetto straordinario sul mio fisico.
E sulla mia psiche.
Sì, perchè se il corpo funziona a dovere, la psiche ne trae immediato giovamento.
Forse esagero, ma se il corpo fa il giusto sforzo fisico, viene prodotta la giusta dose di serotonina, che dà un immediato buon umore.

Non posso negare che può succedere anche il contrario: se una psiche è soddisfatta, anche il corpo sta bene.
Confesso che fatico a credere a questa seconda parte della questione.
Ma la ragione mi dice che è così.
 
(Sono un inguaribile vecchio materialista.)


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16 ottobre 2015

Impuntarsi* (15-154)

Impuntarsi.* (15-154)
Sono quasi cinque anni da che sono entrato  nella vecchiaia (ufficialmente).
Nei primi anni da vecchio, mi è capitato di reagire malamente di fronte a piccoli torti che subivo da altri. Una precedenza non rispettata, una coda superata con disinvoltura, un rimprovero subito immeritatatamente. Ne ho scritto in questo diario.
Ogni volta che mi capitava, capivo che la reazione era sproporzionata e così dopo mi davo dei suggerimenti di comportamento. Più prudenza, mi dicevo. Atteggiamenti più consoni a un vecchio, caldeggiavo per me stesso.

È passato del tempo. Ultimamente non ho più registrato situazioni di quel tipo.
La cosa più interessante è che ho maturato un convincimento intimo: non val la pena reagire così, i torti subiti sono realmenti modesti. Perchè non essere più tolleranti?
Anche prima me lo dicevo, ma erano discorsi più razionali che interiori. 
Era la ragione che mi consigliava non la coscienza.
Mi pare un bel passo avanti.
Soprattutto perchè è esistenziale. Non dettato da ragioni di opportunità.

(Sono curioso di vedere come mi comporterò al prossimo torto.)


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14 ottobre 2015

Entusiasmo (15-153)

Entusiasmo. (15-153)
Dopo i settanta o gli ottanta ci si ritrova ad avere ripetuto per molti anni di seguito le stesse cose. Per esempio le feste tipo natale, capodanno, compleanno. Oppure i viaggi. O le visite di cortesia. E mille altre cose.
La vita viene ad assumere l'aspetto di “già visto”.
È facile che un vecchio si annoi per eventi che entusiasmano i giovani: vi ha già partecipato per anni e anni. Non hanno più il sapore della novità.
Forse è bene finirla, quando la vita diventa di una noia mortale.

Per quel che mi riguarda, vi sono aspetti della vita che ancora mi entusiasmano.
Per esempio scoprire i passi avanti dei nipoti. O camminare in montagna. O trovare un libro straordinario.
La scorsa fine settimana ho partecipato a un convegno nazionale con la partecipazione di Colin Campbell, l'autore di The China Study, uno dei libri più importanti sull'alimentazione degli ultimi trent'anni. Mi ha fatto piacere vederlo dal vivo, anche se le idee che ha esposto le conoscevo già, avendo letto i suoi libri.
Sono stato impressionato dal pubblico, centinaia di persone, e dai relatori, decine, (si trattava di un convegno a pagamento della durata di tre giorni). Una buona parte erano medici che esponevano i loro significativi risultati nel trattamento delle più svariate patologie attrraverso il cambiamento di alimentazione: vegetariana, integrale, non industriale. Si trattava di diabetologi, oncologi, cardiologi, pediatri eccetera.
Mi occupo di alimentazione da molti anni. Almeno 30-40.
Ricordo quando riuscimmo a far accettare dal Comune della mia città una sperimentazione nella dieta di alcune scuole d'infanzia. Una dieta con diminuzione drastica dei cibi di derivazione animale. Eravamo dei pionieri. I medici erano contrari, quei pochi sui quali facevamo affidamento si contavano sulle dita di una sola mano.
Ebbene, vedere centinaia di medici a un convegno in cui si proclamava la dieta su-esposta come l'unica in grado di mantenere la salute mi ha letteralmente entusiasmato. Si stanno concretizzando oggi le idee che avevo quarant'anni fa.
Ho provato ammirazione per i giovani organizzatori, che hanno fatto percorsi molto diversi dal mio, ma sono giunti a conclusioni simili e hanno avuto uno straordinario successo.
Ammirazione e un po' d'invidia.


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10 ottobre 2015

Sogni (15-152)

Sogni. (15-152)
L'altra notte ho fatto un sogno.
Ero con la mia compagna; passeggiavamo in una strada pedonale molto affollata.
A un certo punto sono rimasto indietro. La mia compagna ha proseguito. Ho cercato di raggiungerla, accelerando il passo. Ma non sono riuscito nell'intento. È scomparsa dalla mia vista. In una scena successivo ero a pranzo col mio amico, sempre col pensiero che l'avevo persa di vista.
Al mattino ho raccontato il sogno alla mia compagna (siamo entrambi anziani).
Lei ha interpretato: “E' chiaro, hai espresso in simboli la mia morte.”
Non gliel'ho detto. Ma anch'io avevo jntuito la stessa cosa.
I vecchi interpretno i sogni tenendo conto della morte.

A una certa età la morte si fa presente. È un pezzo del paesaggio della vita.
Ciò ci differenzia dalle altre età.
Anche i giovani tengono conto razionalmente del fatto che siamo tutti mortali.
Ma la morte per loro è solo un fatto teorico.
Per un vecchio invece è un fatto concreto.
Non è che la presenza della morte svilisca la vita che resta.
Però realisticamente se ne tiene conto.
È una delle condizioni di vita. Per ciò determina la vita.
Nella vecchiaia la morte è presente.
Nelle altre età, no.
Ma la morte è presente sempre, anche se le altre età lo ignorano.
Chi diventa vecchio acquisisce un realismo maggiore.

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06 ottobre 2015

Ingiustizia? (15-151)

Ingiustizia? (15-151)
Conosco vari anziani ultra-ottantenni. 
Alcuni sono in buona forma, altri pieni di acciacchi.
Ovviamente alcuni muoiono, a quest'età.
Penso che sia nell'ordine delle cose.
Nell'ultima età, c'è chi muore prima e chi dopo; chi crolla prima, chi dopo; chi è malato e chi ancora sano.
Non mi stupisce questa variabilità, fra gli ultra-ottantenni.
Invece mi angustia, no, mi irrita; neppure, mi mette a disagio, il fatto che vi sia chi, a sessantacinque anni, è uno straccio d'uomo e chi, a novant'anni, è ancora in forma.
La risposta alle domande che sorgono da queste situazioni sono risolte invocando la genetica.
C'è chi ha buoni geni e chi li ha cattivi.
Sfortuna dunque?

Ormai è assodato: lo stile di vita riesce ad attivare alcuni geni e a silenziarne altri.
Temo che la sfortuna c'entri in modesta misura.


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05 ottobre 2015

Sta bene (15-150)

Sta bene. (15-150)
Ho incontrato una conoscente (padrona di cani come me).
Anziana di … fresca nomina.
Le ho chiesto del marito, settantenne (la mia età).
Sta bene” ha risposto “Oddio, ha avuto un infarto e ha il diabete, ma per il resto sta bene.”
Capite?

Alla nostra età, si dà per scontato che ci siano malattie gravi, ma se sono sotto controllo (cioè se si prendono farmaci in continuazione) si giudica la situazione passabile.
Si sta bene se si sopravvive!
A questo non mi rassegno.

Io pretendo una vecchiaia senza malattie gravi, non una vecchiaia impasticcata e in equilibrio precario, che si può spezzare da un momento all'altro.
Invece, per la gente è naturale che un vecchio sia malato.
Sta bene, se: respira, mangia, dorme e si muove appena ( e parlo di settantenni!).
No, non ci sto.

04 ottobre 2015

Altri vantaggi (15-149)

Altri vantaggi. (15-149) 
Ho scritto più volte dello stress di fare il nonno.
O meglio: della stanchezza molto grande che mi prende quando accudisco uno dei nipoti. 

Ne ho cercato le cause organiche.
Ne ho trovate alcune (aumento di acidità, aumento della glicemia, che pure ci sono).
Infine sono giunto a questa conclusione: è il controllo del cortisolo (ormone dello stress) che faceva cilecca.
Così ho provato a prendere dei calmanti, prima di andare dai nipoti.
Hanno funzionato.

Di ciò ho parlato con la mia compagna, che è molto più incline (per professione) a trovare ragioni psichiche piuttosto che fisiche, nei vari fatti della vita.
Alla fine del colloquio sono arrivato a questo: mi stanco molto perchè cerco di dare il massimo nel rapporto coi nipoti. Non sono rilassato. Sono teso a voler controllare. Tensione corretta trattandosi di bambini. Ma eccessiva.
Scavando ancora, ho scoperto che in altre occasioni (che producono stress), faccio di tutto per risultare inappuntabile. Non sopporto di avere delle cadute, di fare errori.
È chiaro che si tratta di un aspetto della mia personalità.
Niente a che fare con la vecchiaia.


Il fatto è che sono arrivato (a capirlo nel profondo) solo a settant'anni.
Se fossi morto prima non l'avrei capito.
Benedetta vecchiaia
!

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02 ottobre 2015

Il vecchio collega di lavoro (15-148)

Il vecchio collega di lavoro. (15-148)
E' tornato a salutarci al lavoro un vecchio collega, che aveva collaborato con l'azienda fino a due anni fa. Era rimasto a casa quando aveva 81 anni. Molto al di là dell'età per la pensione.
Grandi festeggiamenti.
Era diventato un mito, fra noi colleghi, per la sua perfetta tenuta fisica e mentale.
Allora, aveva smesso di lavorare adducendo come causa qualche defaillance di memoria.
L'abbiamo rivisto ancora in buona forma e lucido nella mente.
In realtà a me è parso che avesse qualcosa di diverso: era più piccolo!
Sì, pareva diminuito di statura.
Probabilmente è un poco ingobbito, per l'età.
Fosse stato più giovane, a distanza di due anni non mi sarei accorto di nessun cambiamento. Due anni sono pochi per produrre cambiamenti visibili in un soggetto.
Ma il fatto che una persona sia vecchia accentua mutamenti anche minimi d'aspetto.
Da vecchi cambiamo più rapidamente. 
In poco tempo.
E gli altri se ne accorgono.

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