30 gennaio 2013

La vecchiaia serve. (135) (altro: 46)
Ho sempre evitato i problemi. Cerco sempre di scansarli. Sbagliato. Naturalmente i problemi si ripresentano. Tali e quali. E io cerco ancora di evitarli. Così all’infinito.
Adesso in vecchiaia mi spaventano meno. Ho più coraggio di guardarli in faccia. Da vecchio, mi sembra di vederli in un’ottica diversa. Da un punto di vista più allargato. Più panoramico. Li colloco in uno specifico loro posto, insieme ad altre cose.  Non coprono più per intero il mio orizzonte.
Questo cambiamento di prospettive dipende dalla vecchiaia.  Proprio perché ho tanti anni alle spalle, a un problema mi ci sono abituato (un poco). Ne ho fatto  esperienza. Almeno ho il coraggio di starci, nel problema, invece di fuggirlo. Resta il dolore, la fatica. Si allenta un poco il terrore.
La vecchiaia serve.

29 gennaio 2013

Vita. (134)
Einstein diceva (mi pare): se uno di noi rompe uno specchio, si spaventa perché si aspetta sette anni di disgrazie. Ma c’è una persona che invece ne sarebbe felice. Uno che abbia cent’anni. Perché sette anni di disgrazie sarebbero sette anni in più di vita assicurata. A cento anni la vita rimanente si misura a mesi, non ad anni.
Questo aneddoto viene usato per illustrare il concetto di relatività. Ma c’è un risvolto che fa pensare. Sette anni di vita valgono così tanto da far dimenticare che siano anni di disgrazie? Insomma la vita vale di per sé? Indipendentemente dalla qualità? Oppure in mezzo alle disgrazie trovo ugualmente delle soddisfazioni?
E’ l’istinto di sopravvivenza.  Fa desiderare di vivere anche in mezzo al male. Dipende però da che male. Un cancro che ti consuma, la perdita di un figlio, le atrocità dei lager, sono mali che ti fanno preferire la morte.
Ma altri mali? Tipo quelli della vecchiaia tarda? L’impossibilità di camminare, la perdita di autonomia, i dolori fisici della vecchiaia, si sopportano, perché l’istinto di sopravvivenza è superiore.
Per questo alcuni vecchi proprio non ne vogliono sapere di morire.

28 gennaio 2013

Le tazzine del caffè. (133) (altro: 38)
Io e mia moglie amiamo il caffè. Spesso lo prendiamo al bar. Quando non possiamo uscire, lo prendiamo a casa. Usiamo due tazzine diverse. Cioè di foggia diversa. Lei ama una tazzina metallica, rossa, alta. Io una tazzina bianca, in ceramica. Non è sciatteria. E’ libertà. Ci concediamo di seguire i nostri gusti, fino nei minimi particolari. Siamo entrambi vecchi. Ce lo possiamo permettere. La coppia che invecchia ha questi aspetti.  Invecchiando si possono scegliere due strade. Quella dell’individualità spinta (pur entro i limiti dello stare insieme). Oppure quella dell’uniformità. Del fare le cose, non solo insieme, ma farle identiche.
Qualche volta, per compagnia, prendo anch’io una tazzina metallica, rossa. Una bassa, però.

27 gennaio 2013

Questo diario. (132) (altri: 36, 71)
Sta evolvendo. E’ diventato un osservatorio. Sui comportamenti della vecchiaia. Anzi, della mia vecchiaia. Sono testimone di come divento vecchio. Tutte le cose che capitano a me. Ma potrebbero capitare ad altri. E poi c’è l’evoluzione dei miei pensieri. Giorno per giorno. Se continuo, potrei diventare testimone del deterioramento del mio pensare. Se ci sarà. O della lucidità di un vecchio, nel caso contrario.
Lo fa qualcun altro? Lo sa qualcun altro?
Confido in internet.

26 gennaio 2013

Sesso. (131)
Non è che non mi interessi più il sesso. Sono molto calati  gli ormoni. Il punto di vista sessuale entra raramente nelle mie visioni. Le condizioni per creare una atmosfera d’intimità sono più rare. Però mi interessa ancora.
Da giovane il testosterone potenziava il desiderio. Faceva vincere tutte le difficoltà: le stanchezze, le inopportunità, le incognite di una conquista.
Da vecchio la stanchezza serale supera il desiderio. E anche quando c’è il desiderio, non è detto che ce l’abbia la tua compagna. Che evidentemente è vecchia anche lei.
Non è un dramma. Perché, calando il desiderio, non è frustrante soddisfarlo raramente.
Se  hai fondato la tua vita sul sesso, il colpo è forte.
Se non è così, hai molto altro per vivere.
Ti viene da sorridere, perfino, quando vedi dei giovani schiavi degli ormoni.
Ti viene da tremare pensando alla enorme confusione tra sesso e amore, che vivono i giovani .

25 gennaio 2013

Sono diventato più insicuro. (130) (altro: 63)
E più timoroso. Nello scendere le scale, per esempio. Guardo con attenzione dove metto i piedi. Non scendo di corsa. Se poi reggo dei pesi sul davanti, che mi impediscono la vista, istintivamente mi appoggio al muro. O se ho mio nipote in braccio, lo stesso. Se cado, faccio male anche a lui.  Il punto di svolta è stato l’episodio citato al n. 63. Da allora non sono più baldanzoso, quando scendo. A quell’episodio si sono aggiunti piccoli intoppi, qualche scivolamento senza conseguenze. Tutto ciò ha minato la mia assoluta sicurezza che posso scendere le scale come voglio. Il corpo sta cambiando.
Cambio strategie.

24 gennaio 2013

Figli. (129)
Ieri sera è venuto mio figlio a cena. Tutto bene. Mi ha però irritato quando a un certo punto si è come appartato col suo telefono, per leggere e inviare messaggi. Facendo cadere il silenzio nella nostra conversazione.
Non era interessato a parlare con me. Lo devo capire? Sono noioso? In realtà non è interessato alla mia vita. Per lui sono come un libro già letto. Più volte ho tentato in questi anni di parlargli delle mie esperienze ultime. Alcune molto speciali e dolorose. Ma non c’è stato verso. E’ incentrato sulla sua vita. Non è abbastanza attento alla mia. Peccato. Si perde qualcosa.
I figli fanno un errore. Cristallizzano i genitori in una situazione di vita e li leggono sempre in quell’ottica.
Ma noi cambiamo. Sia pur vecchi, cambiamo. Anzi, cambiamo molto.

Alla fine di tutto mi faccio una colpa per come è diventato mio figlio. Colpa mia, mi dico. Non gli ho dato abbastanza. Vero. C’è anche una responsabilità sua. Che non posso nascondere. Ho deciso che lo stimolerò fin che potrò. Finché anch’io non mi occuperò che di me stesso.
Sono e resterò suo padre fino a quando non avrò altre forze che per sopravvivere.

22 gennaio 2013

Accontentarsi. (128)
Maria, 88 anni, mi dice: “In vecchiaia bisogna sapersi accontentare. Di quel che ti dà ancora la vita. Non più fuochi artificiali, ma: vedere i nipoti, essere invitati la domenica a pranzo dai figli, non avere troppi dolori fisici.”
Lo dice senza rincrescimento. Non si lamenta. E’ serena in questa valutazione. Ha fatto pace con la vita. Paradossale: da giovane recriminava continuamente su ciò che non aveva avuto.
La vecchiaia è il tempo della pacificazione.

21 gennaio 2013

Bestemmiare. (127)
Ho deciso che non bestemmierò più. Sì, lo so, bestemmiare non è una bella cosa. A prescindere dalla religione. Ma è liberatoria. E’ uno sfogo.
Un vecchio non se lo può permettere. Per decoro. Soprattutto dinanzi a giovani.
Lo stesso per il turpiloquio. Un vecchio non può avere il frasario di un giovane. Permettersi le licenze, la sboccataggine, la scurrilità. Stona. Non è questione di dare il buon esempio. E’ che ogni età ha il suo linguaggio.
Quello del vecchio deve essere misurato, ponderato, equilibrato. Perché il vecchio ha raggiunto un’età in cui ha più distacco dalle cose, dagli avvenimenti, anche negativi. E’ proprio della vecchiaia un certo equilibrio. Anche nel parlare.

20 gennaio 2013

Errori di gioventù. (126)
Non sopporto i miei errori di gioventù. Mi prende il disgusto quando ripenso ai tradimenti che ho fatto. Alla mia scarsa moralità. Mi disgusto quando vedo qualche foto di me giovane. Atteggiamenti scherzosi. Ma anche equivoci. Eppure allora giustificavo i miei comportamenti. Li trovavo compatibili con la mia evoluzione psicologica. Sbagliavo due volte.
Vorrei cambiare il mio passato. Da vecchio ne vedo tutta la negatività.
Molto meglio come sono adesso. Da vecchio. Meno contorto. Più lineare.
Se arrivi a essere vecchio, hai tempo per pentirti.

19 gennaio 2013

Un’intera generazione invecchiata. (125)
Ti accorgi che sei vecchio, quando tutti coloro che frequenti da tempo, sono anch’essi vecchi.                Vedi in loro la tua vecchiaia. La vedi nitidamente. Mentre su di te stenti ad aprire gli occhi.
Lo vedi ancor meglio se ricompare alla tua presenza gente che ormai non frequenti più.
Percepisci nettamente il tempo che è passato quando ti accorgi che tutta la tua generazione è diventata vecchia. Quelle persone che frequentavi da giovane e che avevano qualche anno più di te o qualche anno di meno. O la tua stessa età. Per esempio compagni di scuola.
Quasi quasi non ti senti più solo, nella tua vecchiezza.
Sei in buona compagnia.
Di vecchi.

18 gennaio 2013

Cremazione. (124) (Altro: 113)
Occuparmi delle mie spoglie dopo la morte, mi pacifica, mi fa star bene. Ho scelto la cremazione. Cioè l’incenerimento della mia salma. Una consumazione rapida. Sarò morto e dunque scomparirò completamente. Resteranno le ceneri, cioè dei sali minerali.
Ma che t’interessa? Ormai… Eh no. Sarò ingenuo, ma m’interessa. Non voglio che altri decidano dei miei resti.
A scanso di equivoci mi sono iscritto a una società di cremazione (socrem). Ho lasciato uno scritto con la mia volontà di essere cremato. Che la socrem conserva  e userà al momento della mia morte, anche contro la volontà dei miei parenti (se si opporranno).
Questione di dignità.

17 gennaio 2013

La sbobba. (123)
Stamattina ho fatto colazione con dei ravanelli grandi bolliti e dei fiocchi di grano saraceno. Gusto deludente. Però dopo colazione sono stato bene. Cioè non ho avuto il solito male allo stomaco da iperacidità.            Ho la sfortuna di avere questo disturbo. Con l’andare degli anni ho  sofferto sempre di più la dieta normale. Non solo cappuccino e brioche. Anche muesli e frutta.
Il medico: “Devi prendere un farmaco che interviene sulla pompa protonica.” Mai. Ho cercato per conto mio. Finché mi sono imbattuto nella cosiddetta dieta acido base. Scelgo i cibi in base al residuo acido che lasciano dopo la digestione. Scelta faticosa, perché quasi tutto quello che si mangia normalmente è acido.
Hanno scoperto che in vecchiaia si diventa incapaci a neutralizzare i residui acidi del cibo. Così si crea una acidità generale, causa di infinite magagne.
Non so più se è stata sfortuna la mia malattia, o fortuna. Perchè sono stato costretto a cambiar dieta. E sto meglio.
Noi vecchi mangiamo quel che vogliamo. Quel che ci piace. Anzi ci attacchiamo al piacere del cibo, visto che altri piaceri svaniscono. Ma alla nostra età sembra che questo non sia più possibile. L’accumulo di acidità porta un sacco di guai. Ci diciamo che ormai alla nostra età nessun cibo ci può far più male. Errore. In vecchiaia il cibo fa star male.
Il cibo è determinante per una vecchiaia sana o malata.

16 gennaio 2013

Il motorino. (122) (Prudenza, altri: 45, 68, 73, 97)
Un vecchio esce da un bar. Movimenti lenti e affaticati. Terza fascia di vecchiaia, direi. Si avvicina a un motorino. Lentamente prende il casco e lo indossa. Avvia il mezzo e parte. E’ più veloce  di quanto non camminasse (ovvio), ma anche più vivace. In sella al mezzo meccanico recupera autonomia e gagliardia.  Sarà in grado di prevedere i pericoli della strada? Farà fronte alle emergenze del traffico? Non credo.
Vecchio imprudente. Per conservare velocità e autonomia, che le sue gambe non gli garantiscono più, usa un mezzo instabile. Mette a repentaglio l’incolumità degli altri. Soprattutto la sua. Diverso sarebbe lo scooter elettrico a quattro rotelle. Ma va lento e sa di disabile.                                                                           Molti vecchi sono imprudenti. Per superare le limitazioni della vecchiaia.
O forse no. Sono furbi.                                                                                                                          Scelgono un mezzo che aumenta il rischio di morte. Per metter fine alla loro vita. Quasi un suicidio.
Il motorino in mano ai vecchi è un’eutanasia mascherata.

15 gennaio 2013

La vita mi sfugge. (121)
Stamattina, dopo colazione, ho portato il cane al parco. Sono tornato a casa alle dieci e mezzo. Volevo scrivere qualcosa sul blog. Ma la mia consorte mi ha chiesto di andare a fare degli acquisti al supermercato. Così sono uscito di nuovo. Dopo una sosta al bar per un caffè, siamo andati al supermercato. Tornando ci siamo anche fermati in edicola per i giornali. Morale: ho cominciato a scrivere verso le 12. Per un’ora circa, perché all’una è venuto uno dei nostri figli a trovarci. E’ rimasto da noi un’oretta: aveva già mangiato e così abbiamo rimandato il pranzo. Intanto però era arrivata l’ora per la seconda uscita (più breve) del cane. Così sono uscito di nuovo. Al rientro abbiamo pranzato (erano ormai le 14 passate) e guardato un notiziario in TV. In poltrona mi sono addormentato.  Non continuo. E' continuato così anche nel pomeriggio.
Ho la sensazione di non aver fatto nulla durante l’intera giornata. Nulla di quello che mi ero programmato.
E’ vero solo in parte. Perché ho incontrato familiari, sono stato con la mia consorte. Ma la sensazione di aver perso tempo è predominante.
Giornate così ne ho passate tante nella mia vita. Ma ora in vecchiaia è forte la sensazione di aver gettato via una giornata.
E di giornate me ne restano poche.

14 gennaio 2013

Sopravvivere. (120)
Un conoscente, giovane, è stato in Nepal. Per un trekking. Indescrivibile.
Gli chiedo  se a quelle altezze prevale lo spirito. Gli chiedo se viene naturale meditare. Mi risponde di no. Che le difficoltà sono così grandi, l’aria così poca, che durante la camminata si può solo pensare al passo successivo. Si può solo essere concentrati sul cammino.  Si può solo sopravvivere.
Ricordo che quest’estate faceva un gran caldo. Che non riuscivo a far niente. Lasciavo passare il tempo aspettando che passasse il caldo. Mi limitavo a sopravvivere.

Sono entrato da poco nella vecchiaia e mi sto facendo un’idea di come sarà più avanti. I grandi vecchi sopravvivono. Per loro è già faticoso il vivere, senza fare nient’altro. Tutto il tempo lo passano a vivere.

13 gennaio 2013

Sordità. (119)
I vecchi sono sordastri. Non tutti. Tanti. A scavare si scopre qualcosa. Non è solo l’udito che vien meno. E’ l’attenzione. Quando uno ti parla, ci metti in po’ di tempo a sintonizzarti su quella comunicazione. Ti perdi le prime frasi. E’ inutile che l’altro te lo ripeta alzando la voce. Basta che te lo ripeta.
E’ sempre una perdita, d’accordo. Solo che non è nell’organo, ma nel cervello. Comunque c’è.
Conseguenze.  Dopo qualche tempo, ti stufi di chiedere di ripetere. Allora fai finta di aver sentito e rispondi con un “sì“. Tanto, sono poche le comunicazioni veramente importanti.
Altra conseguenza. Fai finta di non aver sentito anche quando hai sentito benissimo. Magari perché la domanda è scomoda.
La nomea che sei sordo è un vantaggio.   

12 gennaio 2013

Altra chiarezza. (118) (Punti fermi; altri: 62, 50, 46)
Lei mi dice: “Parli troppo di vecchiaia. E’ depressione.”                                                              
E’ vero. Ne parlo troppo. Ho perfino avviato un blog. Elenco le cose negative. Tante.   Poche di positive. Mi dico:”E’ perché la vecchiaia è questo."                                                                                                  La vecchiaia è questo?                                                                                                                               Vedo nera la vecchiaia perché sono vecchio o vedo nero perché sono depresso?
Le magagne della vecchiaia portano con sé la depressione oppure è la depressione che mi fa vedere nera la vecchiaia?                                                                                                                                                               Si può vivere la vecchiaia in due modi: pensando alle sue debolezze e aspettando la morte; oppure vivendo normalmente con le passioni, gli affetti, i progetti, mettendo in secondo piano le defaillance di quest’età.
Nel primo caso metti la vecchiaia in primo piano.                                                                                           Nel secondo caso metti in primo piano la vita.
Meglio la seconda.                                                                                                                                      Ma rischi di morire senza vivere la vecchiaia e l’attesa della morte.    

10 gennaio 2013

Parlar di morte allunga la vita! (117) (10/01/13)
Non conosco l’origine di questa frase. Forse un detto popolare scaramantico. Palesemente falso. Letteralmente non è vero (e come potrebbe?).
E’ che più che di morte si parla di morti. E gli anziani spesso lo fanno, trovandosi tra di loro. Un misto di commemorazione di un defunto e ricordo della propria vita passata.

Invece parlar di morte migliora la vita. Questo sì. Sapere i processi  attraverso i quali giunge la morte, dal punto di vista medico, aumenta la conoscenza. Diminuisce l’ansia, la paura. Sarebbe come fare un training. E’ come far le prove dell’esame di maturità, alcuni mesi prima dell’esame vero. E’ come allenarsi agli scontri di piazza durante le manifestazioni.
Insomma è prepararsi.
Possibile che ci si prepari su tutto e non sull’evento finale della nostra vita?

09 gennaio 2013

Colleghi.(116) (un altro, n. 7)
Spesso guardo i miei colleghi. Cioè i vecchi. Per cogliere in loro i segni della mia vecchiaia. Quasi li spio, per vedere come si comportano, a che grado di vecchiaia sono giunti. Faccio confronti. Un po’ mi rallegro, se li vedo più anziani. Un po’ mi sconforto, immaginando come sarò io. E’ come se volessi abituarmi a quell’immagine che darò di me, più avanti.
Il più delle volte sono in apprensione per loro, se li vedo incerti, confusi, lenti.
Ovviamente sono in apprensione per me stesso.

08 gennaio 2013

Insofferenza.(115)
Sono diventato insofferente. Non sopporto di non riuscire a fare le cose che vorrei fare. Che un tempo facevo. Esempio, mettere il guinzaglio al cane con una mano sola. Una volta ci riuscivo. Almeno mi pare. Anche adesso lo faccio. Ma talvolta fallisco. Allora mi irrito oltre misura. Do in escandescenze. Il mio cane mi guarda intimorito. Teme che ce l’abbia con lui.                                                                                     Ce l’ho con me.
La perdita di abilità mi dà un senso di frustrazione a cui reagisco con una forte irritazione, che sfogo con il turpiloquio.
Non mi rassegno alla parabola discendente della vita. In cui si perde progressivamente quello che si era conquistato.

07 gennaio 2013

Ginnastica. (114)
Non faccio ginnastica. So che farebbe un gran bene. Ma non la faccio. Me la cavo dicendomi che esco col cane almeno due ore al giorno. Non è la stessa cosa. Perchè funzioni, occorre faticare. Qualche tempo fa ho dovuto smantellare l'appartamento di mia madre. L'ho dovuto fare in fretta. Ho faticato molto. Ma stavo molto bene. Mi alzavo la mattina con i muscoli indolenziti, ma dormivo proprio bene. Allora decisi che non dovevo farmi mancare lo sforzo fisico.
Non ho mantenuto la promessa.
Ieri il nipotino era senza genitori, causa lavoro. Allora siamo andati noi (io e consorte) a tenerlo. La mattina l'ho tenuto soprattutto io. Lo prendevo in braccio se lo chiedeva, mi sdraiavo per terra per giocare con lui, lo aiutavo a camminare (i primi passi). Quando sono tornato a casa ero stanco. Fisicamente, intendo. Perchè pesa 13 chili ed è faticoso tenerlo in braccio. Ma è anche faticoso alzarsi dal pavimento o sdraiarsi sul pavimento. La notte ho dormito profondamente. Al mattino mi sono alzato con i muscoli indolenziti.
Ecco la ginnastica!
Non occorre che vada in palestra. Basta che segua mio nipote.

06 gennaio 2013

Socrem.(113)
Sta per "società di cremazione". Dove cremazione significa incenerimento di salme di defunti.
Si tratta di associazioni che vogliono divulgare e facilitare la possibilità di far incenerire il proprio corpo dopo la morte.
Nate alla fine del XIX secolo per motivi igienici, hanno oggi un largo successo. Le amministrazioni comunali hanno capito il vantaggio di tale pratica. Prima di tutto vantaggi economici e logistici (costa meno e le salme occupano meno spazio). Poi vantaggi igienici ed ecologici. Infine vantaggi psicologici per i superstiti. La morte è un distacco definitivo: la cremazione lo rende evidente.                                                               Non da ultimo, con la cremazione si sollevano gli operatori cimiteriali dall'essere sempre a contatto, penosamente, con salme decomposte.

Scegliere il modo in cui sarà trattato il nostro corpo, dopo la morte, è un modo per prendere contatto con la nostra fine, imminente e ineluttabile. E' realismo.

05 gennaio 2013

Servizi per la terza età.(112)
Ho sfogliato un libretto del mio Comune sui servizi per le persone anziane. Lodevole. Laboratori, attività motorie, orti sociali, gite, cultura ecc. Belle cose. Ma si vede che sono state ideate per i vecchi, non dai vecchi. Manca qualcosa. Si ha l'impressione che si cerchi di riempire un vuoto che i vecchi dovrebbero avere. C'è questo vuoto nei vecchi?                                                                                               Leggendo l'introduzione si capisce l'impostazione generale: "...tutto ciò che può rendere ancora speciale la vita di ogni cittadino a prescindere dall'età."
Non si può prescindere dall'età! E' l'età che fa la differenza. Se la togli, se fai finta che non ci sia, crolla il significato di essere vecchi. Sono i numerosi anni vissuti a rendere speciale la vecchiaia. Ma sono soprattutto i pochi anni che restano, a dare un significato nuovo alla terza età. Se sei vissuto molto, ti resta poco da vivere. Questo cambia tutto. E' un'altra prospettiva, diversa da quella di altre età nelle quali è assente la prospettiva della fine imminente.
E poi: come si fa a organizzare delle attività per la terza età e non organizzare qualcosa sulla morte? Capisco che sia un tabù, ma lo è soprattutto per i giovani.
Mi piacerebbe che qualche comune organizzasse qualcosa sulla morte, per i vecchi.

04 gennaio 2013

Mi sono stancato.(111)  (Un altro, n. 107)
Mi sono stancato di festeggiare l'anno nuovo. Quest'anno non l'abbiamo fatto. Nè panettone, nè brindisi. Tanto meno cenone, festa e balli. Siamo andati a letto prima di mezzanotte.
Mi sono stancato di aderire a festeggiamenti vuoti di significato. Di fare ciò che fan tutti. O meglio, ciò che fanno i più giovani. L'ho fatto almeno sessanta volte. Penso che basti.
Se non lo fai, ti senti tagliato fuori, da giovane. Da vecchio invece non t'importa. E' una cerimonia ripetitiva, sempre più svuotata di significato.
Da vecchio hai queste libertà. Di andare contro corrente. E non patirne.

03 gennaio 2013

La luce del bagno. (110)
Il mio bagno è cieco. Non ha finestre. Ha due luci artificiali. Una centrale a soffitto, l’altra sullo specchio sopra il lavandino. Quella centrale non è forte, ma comunque fa luce. Fino a qualche mese fa mi bastava la luce centrale, quando entravo in bagno. Usavo quell’altra solo quando dovevo guardarmi allo specchio. Da un po’ di tempo mi sembra che la luce centrale sia diventata più fioca. Illumina poco il bagno. Forse si sta esaurendo (è una lampadina a basso consumo). Per cui sempre più spesso accendo anche l’altra.              Mi piace avere luce.
L’ultima volta che sono andato a rinnovare la patente, due anni fa, mi sono stupito perché dall’esame oculistico l’occhio destro ha perso tre decimi. Nessuna prescrizione di occhiali, però, perché partivo da un valore alto.
Oggi ho un dubbio: sono certo che la lampadina del mio bagno si stia esaurendo? O invece si sta indebolendo la mia vista?                                                                                                                             La vecchiaia porta sempre a un indebolimento dei vari organi, vista inclusa. E’ che non ci pensiamo.           La vita è una parabola. In vecchiaia siamo nel ramo discendente.

02 gennaio 2013

Rita Levi Montalcini. (109)
E’ morta qualche giorno fa. 103 anni. Ancora molto lucida. Il corpo era indebolito, ma la mente no. Predicava: conservare la curiosità. Non mettere il lucchetto al cervello. E' stata premio Nobel per la medicina.                                          
Si è detto che è morta in modo non traumatico. Passando da una conversazione con qualcuno, a una specie di assenza e alla morte. Sembra una morte naturale, da come la raccontano. Ricordo un mio familiare morto due anni fa, in ospedale. Una decina di giorni prima del ricovero, a cui seguì la morte, per due volte era venuto meno, mentre era seduto in poltrona a guardare la tv. Si era come accasciato. Poi era rinvenuto. Collassi? Prove di morte? Aveva 94 anni.                                                                                            Allora si può morire così, semplicemente perché ci si spegne. Senza un contorno di malattie, ospedali, disabilità. Avviene a volte a coloro che sono molto avanti negli anni. E’ necessario che il corpo si indebolisca, per un trapasso come questo. Sempre a proposito della Montalcini, mi pare che mangiasse come un uccellino.                                                                                                                                                         A ricordare a tutti che ne uccide più la gola della spada.                                                                             La mala morte è causata dal cibo?

01 gennaio 2013

Friendly. (108)
E’ una parola inglese. Significa amichevole. Si usa  per oggetti o situazioni che facilitano qualche operazione.

I vecchi perdono progressivamente l’abilità delle mani. Tanto faticosamente conquistata nei primi anni di vita, da bambini. Per esempio i bambini impiegano anni a riuscire ad allacciarsi le scarpe. Ci vogliono anni anche per perdere questa capacità. Ecco allora le soluzioni friendly. Una chiusura delle scarpe col velcro  facilita l’anziano (così come il bambino). Anche abbottonarsi una camicia può essere complicato, per un vecchio. Niente paura, soluzioni friendly: asole più larghe, bottoni più grandi…o bottoni automatici. Così come friendly sono la vasca da bagno con sportello, il water rialzato, il girello per appoggiarsi quando si cammina.
Tutto ciò può apparire curioso ai normo-dotati. Ma i vecchi diventano diversamente abili. Queste soluzioni e molte altre diventano necessarie.

Da vecchi diventiamo tutti disabili.