31 luglio 2018

La tenuta dei muscoli (18-105)

La tenuta dei muscoli. (18-105)
Mi piace camminare. Soprattutto in montagna. Comunque immerso nella natura.
Quando ero giovane correvo, anche. Ho provato a riprendere a correre qualche anno fa, ma lo sforzo era troppo grande. Ho smesso subito.
So che da vecchi si perde massa muscolare. Mi pare un 8% ogni 10 anni dopo i 50. Quindi circa un quarto in trent'anni. Non è poco, ma neanche molto: dovrebbe restare un buon 75% di muscolo per adempiere le varie funzioni.
Al momento (72 anni) i muscoli per continuare a camminare disinvoltamente ci sono. Non ho elementi per dire di aver perso molto, ma resta il timore per quel che succederà entro i prossimi dieci anni (mia attuale speranza di vita).
Temo che a un certo punto i muscoli delle gambe non mi reggano più.


Guardo il mio vecchio cane “più che ottantenne”: sui pavimenti lucidi le gambe posteriori scivolano, col risultato che talvolta si aprono e lui si appiattisce a terra: i suoi muscoli non ce la fanno a contrastare la perdita di aderenza dovuta ad una superficie sdrucciolevole. 
Da giovane era un corridore, macinava chilometri senza sforzo.
Mi sembra indicare ciò che mi succederà in età più tarda.
Ma forse è solo paura.


(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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29 luglio 2018

A migliaia (18-104)

A migliaia. (18-104)
Tempo d'estate.
Di solito si ridipinge, si aggiusta, si trasforma: si fanno piccoli cambiamenti in casa, favoriti dalle ferie che lasciano un po' di tempo libero. E si riordina ciò che si ha.
Così si scoprono cose impensate.
Attrezzi messi da parte e dimenticati; libri che abbiamo comprato due volte, dimentichi del primo acquisto; raccolte di riviste per le quali dieci o vent'anni fa avevamo interesse; soprammobili (!!!); piccoli elettrodomestici inutilizzati.
Oggetti, oggetti e ancora oggetti.
Non ho il coraggio di contarli (i miei): temo che siano migliaia (non contando fra essi libri e dischi).
Una vita che arriva alla vecchiaia ha accumulato cose a dismisura.
Non basta il tempo della vecchiaia per liberarsene.
E diventa l'occupazione principale dell'ultima fase della vita.
Finchè si sente il dovere di farlo e finchè ci sono le motivazioni e le forze per farlo.



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27 luglio 2018

Contraddizioni? (18-103)

Contraddizioni? (18-103)
Ieri ho scritto molto sulle storture che affliggono la nostra società, a causa dell'invadenza di informatica, automatismi, telefonia e affini.
Sono in contraddizione perchè tutto ciò l'ho scritto proprio utilizzando un diario elettronico (blog), prodotto tipico di questa società che condanno.
Ho pensato se effettivamente non sarebbe più coerente chiudere il blog, rinunciare al computer e al cellulare, viste le mie idee.
Riflettendo, sono giunto alla conclusione che non è così.
Il fatto che io usi alcuni mezzi di questa società mostra che non sono pregiudizialmente contro le novità, bensì sono contro l'invadenza di tali novità.
Sono contrario alla costrizione che si fa verso i cittadini perchè usino sempre più tali mezzi a prescindere se ne siano interessati o no, se abbiano desiderio di farsi carico di nuovi apprendimenti, se amino perdere ore a smanettare per avere accesso a servizi che prima si ricevevano in altro modo. Sono contrario all'uso esclusivo che si tende a fare di queste nuove forme di vita: lasciateci quelle vecchie, per carità, perchè non tutti sono entusiasti della retorica del nuovo a tutti i costi.
Soprattutto se complica la vita inutilmente.
Soprattutto ai vecchi.


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26 luglio 2018

Solo malcontento? (18-102)

Solo malcontento? (18-102)
Mi sono lagnato più volte di alcuni aspetti della società moderna che mi mettono in difficoltà: 
lo spostamento verso i call center (ma non si possono chiamare centri di chiamata?) di molti uffici materiali, che sono dunque spariti; l'abuso dei canali in rete (on line) per fare qualunque pratica burocratica e per gli acquisti; la complicazione voluta di tutti i piani tariffari telefonici; l'invadenza dei canali sociali (social); la possibilità di fare contratti per telefono, quasi sempre senza capirci molto; l'ampliamento delle strutture automatiche: casse automatiche, banca automatica, risposte automatiche; pagamenti solo con carte (basta appoggiarle!!!); smartphone, whatsapp, eccetera.
Lo confesso: mi mettono in difficoltà soprattutto perchè sono anziano.
Al telefono non sempre capisco, le casse automatiche spesso non funzionano, le procedure per entrare in qualunque servizio sono complesse e se sbagli sei perduto, i contratti telefonici non sono mai chiari, eccetera eccetera.
È il trionfo di informatica, elettronica, automatismi e gigantismi (strutture sempre più grandi in cui ti ci perdi). È la nuova società: i giovani ne sono entusiasti, i social imperversano. È una corsa sfrenata all'iper-tecnologia, ai giga (pochi sanno di che cosa si tratta), se non sei sempre connesso sei perduto.
Si dice: moltissimi i vantaggi.
Ma è vero?
Piano piano ho capito che la mia difficoltà non è una disabilità, ma una fortuna. Mi permette di conservare una coscienza critica.
Perchè molti non si rendono conto che questo tipo di società è diversa da quella di trent'anni fa: ma allora si poteva sopravvivere molto bene anche senza tutto quello che c'è oggi. Inoltre: due terzi di mondo non vi hanno accesso.
È tutta una gigantesca costruzione di una nuova società per la quale non ci è stato chiesto alcun parere: ci viene semplicemente imposta.
A vantaggio di chi?
Questo è ciò che bisogna chiedersi.
Quando la mia banca trasforma metà di ciò che si fa a uno sportello (con una persona in carne e ossa) in procedure automatiche che bisogna studiare, imparare, insomma appropriarsene per poter operare, perdere ore e ore a smanettare, lo fa per me? per facilitarmi? O lo fa solo per eliminare personale, per aumentare i profitti, scaricando sui clienti parte del lavoro che fanno gli impiegati di banca?

Bisogna che qualcuno cominci a ribellarsi: questa è una società che non mi piace, non è a misura umana, serve sempre di più gli interessi di una piccola combriccola di azionisti che guadagnano cifre stratosferiche, sfruttando l'entusiasmo idiota di giovani e meno giovani, per novità che ci gravano la vita distogliendoci dai comportamenti più naturali.
L'ho già detto: attenzione che la società che si sta costruendo nelle grandi città, soprattutto occidentali e comunque solo in una parte minoritaria del mondo, non è a misura umana, non soddisfa i bisogni primari dell'uomo, li sostituisce con bisogni indotti che non portano nessun vantaggio.
Anzi portano molti danni.


Per questa ribellione gli anziani sono fondamentali: hanno memoria che si poteva fare in modo diverso.



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23 luglio 2018

Le scoregge di mio nonno (18-101)

Le scoregge di mio nonno. (18-101)
Ho vissuto alcuni anni coi miei nonni paterni. Mio nonno aveva circa la mia età attuale, quando è venuto a stare con noi: 70-75 anni. Di lui ricordo vari particolari. Fra questi la sua tendenza a emettere scoregge rumorose.
Dove abitavamo vi era un unico bagno e mio nonno doveva passare davanti alla mia camera per recarvisi. Talvolta o perchè i suoi bisogni erano urgenti, o perchè non avvertiva l'imminenza dell'uscita del peto, passando davanti alla mia porta aperta, scoreggiava. Forse non giudicava decorosa tale emissione o forse voleva solo scherzare col nipote bambino: fatto sta che, contemporaneamente si metteva a cantare a voce alta.
In tal modo camuffava la scoreggia, ma anche la sottolineava in modo divertente.


Sono passati più di sessant'anni e anch'io … scoreggio. 
Cerco di trattenermi, perchè giudico sconveniente la cosa, se fatta in pubblico. 
Ciononostante le scoregge mi escono inavvertitamente (a volte).
Me ne vergogno un poco, anche se conto sul fatto che gli altri non le odano.
Invece le sentono benissimo.
Semmai sono io che le sento poco, perchè sono un po' sordo.
Le sentono e … fanno finta di niente!
Piccola solidarietà verso un anziano.


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22 luglio 2018

La sedazione profonda continua (18-100)

La sedazione profonda continua. (18-100)
Ho pubblicato sulla pagina di ieri un articolo riguardante le nuove tecniche per eliminare il dolore in chi sta morendo di malattia. Riprendo il tema oggi per fare una sintesi di ciò che ho capito.
Negli ultimi giorni o settimane di vita di una malattia mortale, si può essere sopraffatti dal dolore, da soffocamento, da delirio o può esservi una emoraggia interna. In tali casi si ha il diritto di ricorrere alla legge 38/2010 e chiedere la sedazione continua profonda.
Si tratta dell'infusione continua, da parte di un anestesista, di un farmaco capace di togliere il dolore, ma anche il senso di soffocamento e tutti i sintomi di una emorragia. È un modo per diminuire di molto il dolore del morire, facendo entrare in stato di incoscienza i moribondi. Poiché non si tratta di un farmaco a base di morfina, non si diminuisce il tempo di vita: non è eutanasia, la vita continua fino al suo normale esito.
È importante che non si abbrevi la durata della vita, non solo per non incorrere nella legge italiana che vieta la buona morte: soprattutto per togliere al paziente la pesante incombenza di por fine alla sua vita, cosa che confligge con l'istinto di sopravvivenza e che non tutti sono in grado di decidere senza conflitti.


A me sembra un importante passo avanti per diminuire il dramma della morte.
Unico neo: pur essendo un diritto riconosciuto che può essere legittimamente richiesto da tutti, si tratta di una prestazione costosa che poche strutture, per lo più private, sono in grado di erogare.
Bisogna cominciare una battaglia politica per lo stanziamento dei fondi necessari perchè tutti ne possano usufruire.


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21 luglio 2018

"Fatelo sapere": la sedazione profonda continua per i malati terminali (18-099)

Fatelo sapere”: la sedazione profonda per i malati terminali. (18-099)
Marina Ripa di Meana (personaggio televisivo e scrittrice) è morta all'inizio del 2018 all'età di 76 anni, di malattia (cancro).
Sulla rivista Micromega (Italia) è apparso un articolo di Valentina Erasmo, che riporto integralmente, perchè tratta di una novità sull'argomento “come morire”, illustrando la sedazione profonda continua, per evitare la sofferenza di chi muore.


Fatelo sapere”. Prima di morire, Marina Ripa di Meana ha voluto informare della possibilità, per i malati terminali, di arrivare dignitosamente alla morte nella propria casa, accanto alle persone più care, grazie alla sedazione profonda continua. Una terapia ancora poco conosciuta e che solo grazie alla legge sul biotestamento è diventata davvero diritto di tutti i cittadini. Ecco in cosa consiste.
di
Valentina Erasmo

Fallo sapere. Fatelo sapere.”

Qual è il messaggio che Marina Ripa di Meana ha affidato alla voce di Maria Antonietta Farina Coscioni e reso noto da Radio Radicale? Eccentrica protagonista del piccolo schermo, stilista e scrittrice, Marina Ripa di Meana si è spenta a 76 anni, dopo 16 lunghi anni di battaglia contro il cancro.

Questo messaggio torna a far riflettere ancora una volta sulle questioni di fine vita, in particolare, sulla legge 38/2010 e sul biotestamento, quest’ultimo approvato grazie all’impegno dell’Associazione Luca Coscioni. L’intento di Marina è stato quello di informare che i malati terminali possano arrivare dignitosamente al momento della loro morte nel territorio italiano, nella propria abitazione accanto alle persone più care, grazie alla sedazione profonda continua. Questa è la strada che le è stata indicata da Maria Antonietta Farina Coscioni, come alternativa al suicidio assistito praticato in Svizzera, scelta da Dj Fabo.

E’ opportuno analizzare possibilità e limiti di questa strada.

In cosa consiste la sedazione profonda e come può essere inquadrato questo trattamento terapeutico? In primis, è opportuno distinguere la sedazione cosciente da quella profonda, trattandosi di due distinti livelli di sedazione.

La sedazione cosciente è quella che viene impiegata in alcuni esami diagnostici che possono risultare dolorosi per il paziente, come la colonscopia, ed è somministrata direttamente dal medico che effettua l’esame (ad esempio, il gastroenterologo). E’ prevista la somministrazione di ipnotici e di analgesici che riducono, fino ad azzerare, il dolore nel paziente durante lo svolgimento dell’esame. Nella sedazione cosciente, il paziente è vigile ed è in grado di interagire con il medico.

Al contrario, nella sedazione profonda, la somministrazione è praticata da un medico anestesista che monitora le funzioni vitali e respiratorie. La sedazione avviene attraverso l’infusione continua di un farmaco che consente di ottenere un livello di rilassamento nel paziente maggiore rispetto alla sedazione cosciente. Nella sedazione profonda, il paziente è addormentato ed è in grado di respirare autonomamente, lo scopo è quello di limitare il più possibile il dolore.

Da questi elementi, si può comprendere come la sedazione profonda continua praticata sui malati terminali non è una forma di eutanasia, che resta proibita in Italia. Come sostiene il Dott. Luciano Orsi, vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative, per la promozione dell’impiego di trattamenti palliativi nei malati terminali, la sedazione profonda continua non va confusa con l’eutanasia poiché:

“diversi sono gli obiettivi, i mezzi utilizzati e i contesti. L’intervento palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato dalla sofferenza. L’eutanasia, invece, è la volontà di porre fine alla vita attraverso un farmaco, su esplicita richiesta del malato.” ( TPI news, 07 gennaio 2018)

Inoltre, come si legge nel
Giornale italiano di frenologia, sedazione profonda ed eutanasia vanno tenute distinte anche su un piano descrittivo: “come confermerebbero i dati della letteratura internazionale avendo gli stessi dimostrato che la durata media della sopravvivenza dei pazienti sedati in fase terminale non differisce da quella dei pazienti non sedati”( Cembrani, 2017).

Entrando nel dettaglio, emerge la problematicità di questo trattamento: la sedazione profonda continua (chiamata in ambito medico,
sedazione profonda continua nell’imminenza della morte) impiegata nei malati in stadio avanzato e terminale, vede l’impiego di farmaci sedativi, ma non di morfina. Ci sono due posologie alternative che possono essere praticate: se il paziente lamenta dolore, difficoltà nella respirazione e delirio, con disturbi crescenti, i sedativi saranno somministrati in maniera progressiva. Altrimenti, nel caso di principio di soffocamento o di emorragia interna o esterna, si procederà con una somministrazione rapida dei sedativi al fine di rendere il paziente incosciente.

Questo significa che nella fase di somministrazione progressiva dei sedativi, il paziente non è in stato di incoscienza, in quanto questo stato si verifica solo nel procedimento di somministrazione rapida. Fondamentale è il rapporto medico-paziente: quest’ultimo può sperare nella sedazione profonda con somministrazione rapida dei sedativi solo sulla base di un rapporto di fiducia precedentemente instaurato con il suo medico.

Difatti, la somministrazione rapida dei sedativi viene praticata molto raramente, in quanto il personale medico che opera sia nelle strutture pubbliche che nelle società private di assistenza domiciliare, rifiuta di praticarla onde incorrere in accuse di eutanasia. Oltre alla rarità della pratica di questo trattamento sul malato terminale, il problema economico: la maggioranza dei palliativisti operano in costose strutture cliniche private presenti nel territorio italiano, lasciando così molti pazienti senza la possibilità di fruire di questo servizio sanitario.

L'aumento della medicina palliativa e della terapia del dolore in Italia sono relativamente recenti e le disposizioni in merito sono risalenti alla legge 38/2010, circa le disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Questa legge ha fatto sì che questo genere di cure siano sì diventate un diritto del cittadino, ma non tutti questi trattamenti sono stati effettivamente erogati e resi disponibili pubblicamente dal 2010.

Prima di Marina Ripa di Meana, Dino Bettamin è stato forse il primo in Italia a sottoporsi alla sedazione profonda nel febbraio 2017, dopo una lotta di cinque anni con la Sla. Il 70enne ex macellaio di Montebelluna, nel trevigiano, è stato seguito dal personale medico sanitario di una società privata di assistenza domiciliare. Il caso di Bettamin ha fatto molto discutere per tentare di comprendere le reali conseguenze del ricorso alla sedazione profonda continua sul quadro clinico del paziente. Difatti, il paziente è morto dopo pochi giorni dall’inizio del trattamento, ma ciò è riconducibile alla fase terminale della patologia, così come hanno tenuto a precisare l’Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e la Federazione Cure Palliative, non si trattava di eutanasia come molti hanno sostenuto (Calabrò, 2017).

Accanto alla difficoltà di accesso a queste cure, c’è il fatto che 2 italiani su 3 ignorano persino l’esistenza della legge 38/2010, così come è emerso dai dati dell’indagine condotta dall’Osservatorio volontario per il monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative da parte della Fondazione Gigi Ghirotti. Su 13.374 schede compilate da pazienti e familiari, il 63% degli intervistati non ne è a conoscenza dell’esistenza della medicina palliativa.

Solo il 35% dei medici indirizza i propri pazienti presso i centri di terapia del dolore presenti nel proprio territorio. Tra i pazienti affetti da dolore cronico, circa il 45% vive da più di 6 mesi senza trovare alcuna soluzione, mentre circa 17% non trova rimedi funzionali alla riduzione del dolore da più di 5 anni (Fondazione nazionale Gigi Ghirotti, 2017).

Un passo in avanti rispetto alla legge 38/2010 è stato visto nella legge sul biotestamento. Come osserva Carlo Troilo, questa legge e l’impegno dell’Associazione Luca Coscioni potranno far sì che
sedazione palliativa profonda continua potranno diventare un diritto di tutti i cittadini, nonché un dovere per tutte le strutture sanitarie senza obiezioni di coscienza (Troilo, 2018). La legge sul biotestamento ha contribuito a evitare che il caso Marina Ripa di Meana suscitasse lo stesso clamore sollevato da quello Bettamin, ma non scioglie le problematicità connesse a questi trattamenti, che non risultano così facilmente disponibili al paziente.

Queste problematicità sono riconducibili al fatto che molti medici evitino ancora di praticare la sedazione profonda con somministrazione rapida per non incorrere in possibili accuse di eutanasia, oltre che all’onerosità delle cure palliative e delle terapie del dolore, principalmente erogate da strutture cliniche private o da società private che offrono assistenza domiciliare domestica.

La strada è ancora lunga da percorrere per la conquista dell’autentica libertà del malato sullo scegliere come morire.

La sua ultima battaglia è un passaggio del testimone per tutti noi.

Ciao, Marina.
Valentina Erasmo - Micromega

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18 luglio 2018

Sentimenti contrastanti (18-098)

Sentimenti contrastanti. (18-098)
Ho venduto casa!
Dopo un anno di ricerche, di tensioni, di fatiche.
A un prezzo basso, ma dignitoso.
Questo progetto mi ha tenuto occupato a lungo e si è concluso per il meglio.
Tutto bene, dunque.
Eppure …
Era la casa che mi avevano regalato i miei genitori. Che mi sarebbe piaciuto trasmettere a
mio figlio, in continuità fra le generazioni della nostra famiglia. Non ero legato alla casa in
quanto luogo in cui ero vissuto: piuttosto come legame di famiglia.
Mi pare che un pezzo di storia se ne sia andato.
Ho tagliato via un pezzo di passato. Del mio passato.
Sono in bilico fra gioia e rammarico.


Se scavo più a fondo, emergono altri sentimenti, forse più veri.
Vendendo la casa, ho cancellato un pezzo di passato. Un pezzo di me: è proprio quello che succederà quando morirò, quando io scomparirò dal mondo e il mondo farà senza di me.
Quella casa che ormai non mi appartiene più, appartiene a un altro mondo, simile a quello
nel quale io non ci sarò più.

L'ambivalenza di questo momento è più legata all'idea della mia fine, piuttosto che alla perdita di qualcosa di familiare.
Più alla mia morte che alla mia famiglia. 
La perdita della casa è simbolo concreto della perdita della vita




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15 luglio 2018

Complicazioni (18-097)

Complicazioni. (18-097)
Più mi inoltro nella vecchiaia e più odio tutto ciò che è complicato.
Non soltanto le questioni intricate connesse con i contratti telefonici; non soltanto le
complesse procedure per navigare in rete, per acquistare in rete e per farvi qualsiasi cosa,
anche le contorte procedure burocratiche per vendere una casa, per fare un cambio di
residenza: ora senza computer non puoi più far nulla, si fa tutto on line.
Con l'avvento della società elettronica dovrebbe essere tutto più facile, semplice, piano.
Invece sta diventando tutto più complesso, più imbrogliato.
Ecco la parola giusta, perchè il tutto puzza di imbroglio. Si ingarbuglia tutto per trarne dei
vantaggi. Qualcumo se ne avvantaggia, a danno dei più.

Come vecchio sono facilitato nell'oppormi a tutta questa complessità, perchè ho meno
capacità e meno entusiasmo di voler imparare nuove novità. Paradossalmente la
diminuzione di capacità mi salva da un mondo che sta diventando sempre più complicato,
e perciò più infido.



Due osservazioni.
In primo luogo questa società complicata è marginale, rispetto alla totalità dell'umanità (si
veda per esempio il bellissimo documentario “Human”).
Inutile illudersi: ben più di due terzi della popolazione mondiale vive in strutture semplici.
In secondo luogo si ha il diritto di opporsi, rifiutare la firma elettronica, le carte di credito, gli
sportelli automatici, la pec, perchè nella nostra costituzione (Italia) non sta scritto che si debba
avere un computer per appartenere alla società.

Le complicazioni sottraggono tempo di vita e noi vecchi ne abbiamo poco; sottraggono comprensione e noi vecchi ne abbiamo di meno.


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14 luglio 2018

C.G. Jung: sulla vecchiaia (18-096)

Jung: sulla vecchiaia. (18-096)
"Raggiungere un'età avanzata non è così piacevole come si sarebbe portati a pensare. In ogni caso comporta un crollo graduale del corpo, di quella macchina con cui la nostra follia ci fa identificare. In effetti è una grande fatica - l'opus magnum - sottrarsi in tempo alla stretta del suo (del corpo) abbraccio e liberare l'anima nella visione dell'incommensurabile
grandezza del nostro mondo, di un mondo di cui noi costituiamo soltanto una parte infinitesimale...
Quanto più invecchio, tanto più mi colpiscono
la caducità e le incertezze del nostro sapere e tanto più cerco rifugio nella semplicità dell'esperienza immediata per non perdere il contatto con le cose essenziali, cioè con le dominanti che improntano l'esistenza umana attraverso i millenni."

C. G. Jung (1960), Esperienza e mistero - Boringhieri, 1982, (pp. 162-163)


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13 luglio 2018

Deformazioni ossee (18-095)

Deformazioni ossee. (18-095)
Già a sessant'anni ho osservato che i mignoli delle mani si stavano deformando. Le falangette cominciavano a piegarsi verso le altre dita. Temevo allora una progressione peggiorativa. Invece, trovata una nuova posizione, i mignoli hanno cessato di deformarsi. 
Questo cambiamento non mi ha prodotto alcun dolore.
Un paio d'anni fa hanno cominciato a deformarsi le seconde dita dei piedi, quelle vicino agli alluci. Si sono incurvate formando come un rilievo rispetto al resto del piede: il cosiddetto dito a martello. In questo caso ho provato dolore, perchè il rilievo formato dal dito, batteva contro la scarpa. Ho provato dolore finchè si è formato un callo. Poi più nulla. L'iniziale deformazione si è arrestata dopo qualche mese.
In questi giorni mi fa male il terzo dito di un piede. All'inizio ho pensato a una piccola ferita prodotta dal taglio delle unghie, ma, guardando meglio, ho visto che il secondo dito, quello a martello, si sta deformando verso sinistra, col risultato di andare a schiacciare il terzo dito, che dunque mi fa male.
Insomma il secondo dito dopo un innalzamento ha continuato la deformazione lateralmente.
Del resto anche la colonna vertebrale da qualche anno si è incurvata in avanti, facendo assumere al mio corpo la tipica figura ingobbita degli anziani.


La vecchiaia si manifesta anche così.


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10 luglio 2018

Rapido invecchiamento (18-094)

Rapido invecchiamento. (18-094)
Il mio vecchio cane invecchia a vista d'occhio.
Le scale le sale penosamente. Non è più capace di salire sul letto o sul divano. Per strada cammina a fatica e quando capisce che cerco di fare una passeggiata lunga, si impunta e me ne fa fare una corta.
Anche sotto l'aspetto cerebrale perde colpi. A volte resta in piedi immobile come se non sapesse che fare. Talvolta nel parco se ne va per conto suo, con altre persone, dimenticando che stava passeggiando con me. Oppure, quando torniamo a casa, si ostina a fermarsi al secondo piano, all'appartamento sottostante il mio, invece di salire al terzo.
Basta un nonnulla per fargli perdere l'equilibrio e farlo scivolare a terra. Le gambe gli reggono ancora, ma sono tanto deboli.
Gli voglio bene e lo aiuto come posso, rispettando la sua dignità.
Gli sono grato per il tempo passato insieme.
E anche perchè mi sta insegnando come sarebbe la mia vita a novant'anni, se la raggiungessi.
Quest'anno ho deciso di non andare a camminare in montagna, per non lasciarlo in un momento difficile (per la vecchiaia e per il caldo).
Mi aspetto la sua fine a breve.


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07 luglio 2018

Vento (18-093)

Vento. (18-093)
In questi giorni fa caldo, ma la temperatura è sopportabile. Molto meglio di una settimana fa in cui vi sono stati momenti di caldo pesante. In quei giorni i miei vicini novantenni se la sono passata male: non avevano requie e aspettavano soltanto che il caldo passasse (vedi n. 18-085). Nonostante avessero l'aria condizionata.
I vecchi sono più sensibili al gran caldo. Ne ho parlato e l'ho attribuito al venir meno delle capacità di termoregolazione di un organismo vecchio.
Quando cambia la temperatura, si sta subito meglio e si attribuisce il benessere appunto alla scomparsa dell'afa. Si sottovaluta un altro aspetto: spesso il cambio di temperatura corrisponde all'arrivo di venti da nord, che nella mia regione corrispondono alle montagne. E l'aria di montagna è diversa da quella di pianura: è molto più ricca di ioni negativi. Perciò la differenza la fanno tali ioni, piuttosto che il calo della temperatura (se il vento viene da sud si sta molto peggio!).
Esistono in commercio degli ionizzatori d'aria, che caricano artificialmente l'aria di casa di ioni negaivi. Potrebbe essere un buon modo per gli anziani di star meglio anche in presenza di gran caldo: dotarsi di una di tali macchine.
È probabile infatti che gli anziani siano più sensibili all'assenza di ioni negativi nell'aria di pianura. Perchè, se no, in montagna si sta così bene?
Voglio provarlo su me stesso, adesso che sono diventato vecchio anch'io.


(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

05 luglio 2018

Un insegnante (18-092)

Un insegnante. (18-092)
Durante le mie passeggiate in quartiere coi cani, mi sono imbattuto più volte in un anziano che cammina. Poiché usciamo più o meno alla stessa ora e facciamo percorsi simili, è stato naturale, prima, salutarci e, poi, scambiarci qualche parola.
Si chiama Romano, ha 88 anni, è abbastanza autonomo, soprattutto si esprime con scioltezza: insomma con lui si può comunicare, a differenza che con altri novantenni, che spesso o la sordità, o lo scarso interesse trattengono dal conversare.
E così ho cominciato a informarmi sulla sua salute, sulle sue abitudini. Finchè gli ho chiesto esplicitamente di farmi da insegnante di … vecchiaia!
Chi meglio di un anziano avanzato potrebbe insegnare a un anziano giovane ciò che succede in un'età al di là della vita media? Chi potrebbe gettare lumi su un'età completamente sconosciuta ai più?
Alla mia richiesta ha sorriso e, invogliato dal mio interesse, ha cominciato a narrarmi cose della sua vita. Per esempio che vive da solo (non ha parenti) o meglio con una badante, da ben 10 anni, mostrando con ciò di essere molto lungimirante: ha deciso di vivere in compagnia l'ultima fase della sua vita, nonostante fosse ancora completamente autonomo.
Abbiamo anche parlato di malattie e ha concluso: “Alla mia età basta un niente, per morire, anche solo un raffreddore o una modesta caduta.”
Gli ho proposto di incontrarlo appositamente per darmi … lezioni.
Lezioni di vecchiaia.


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03 luglio 2018

Dolci (18-091)

Dolci. (18-091)
Su questo diario ho scritto più volte sull'alcol. Per ricordare che i prodotti alcolici devastano la vita. Non solo l'alcol è cancerogeno, ma influisce sullo stato di salute degli ultimi anni, su molti piani, compresa la demenza senile (vedi 18-068).
Ho scritto anche più volte sui cibi animali, soprattutto dopo la presa di posizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (due anni fa) che ha sancito che la carne insaccata e conservata è sicuramente cancerogena (e quella rossa fresca è probabilmente cancerogena).

Mi sono soffermato poco sui dolci, se non per dire che facevo gran fatica a privarmene.
Il gusto dolce è sempre stato ricercato dall'uomo, come sinonimo di “commestibile”. Ma di cibo dolce in natura ce n'è poco. Prima della scoperta dell'estrazione dello zucchero dalla barbabietola (XIX secolo) i dolcificanti erano solo il miele e lo zucchero di canna, entrambi costosi e rari (almeno in occidente).
Le generazioni che hanno preceduto la nostra, a parte le ultime tre, hanno conosciuto poco il cibo dolce: ed era sempre dolce della frutta. Alla fine del XIX secolo in Italia si consumavano circa 3 kg di zucchero all'anno a testa. Oggi se ne consumano più di trenta!
Insomma il cibo dolce, i dolci come li intendiamo noi sono entrati molto tardi nell'alimentazione umana. Sicuramente erano assenti nel paleolitico.
Il cibo dolce, che non sia la frutta, non pare compatibile con la nostra fisiologia. Soprattutto lo zucchero propriamente detto.
Invece nell'alimentazione moderna lo zucchero è presente in modo massiccio: lo assumiamo direttamente, ma anche indirettamente. Infatti i cibi confezionati industriali lo contengono spesso fra i propri ingredienti, anche in alimenti insospettabili (come la passata di pomodoro, per esempio). Del resto se consumiamo un etto di zucchero al giorno a testa, dovremo pur ricavarlo da qualcosa visto che nessuno di noi si mangia zucchero a cucchiaiate!
Purtroppo ci siamo abituati: o meglio ci hanno abituato. L'industria ci ha abituato. Perchè lo zucchero è un ingrediente che costa poco, è un conservante, solletica il nostro palato, crea dipendenza.
Non sono un esperto, ma temo che lo zucchero che incameriamo quotidianamente crei infiammazione intestinale e dunque infiammazioni negli altri organi.
Ho provato a stare senza cibi dolci per una decina di giorni: ci si riesce, ma occorre gran forza di volontà, perchè siamo letteralmente assediati da cibo dolce.
Del resto la piramide alimentare italiana consiglia di assumere dolci una o due volte alla settimana!


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