“Fatelo
sapere”: la sedazione profonda per i malati terminali. (18-099)
Marina
Ripa di Meana (personaggio televisivo e scrittrice) è morta
all'inizio del 2018 all'età di 76 anni, di malattia (cancro).
Sulla
rivista Micromega (Italia) è apparso un articolo di Valentina
Erasmo, che riporto integralmente, perchè tratta di una novità
sull'argomento “come morire”, illustrando la sedazione
profonda continua, per evitare la sofferenza di chi muore.
“Fatelo
sapere”. Prima di morire, Marina Ripa di Meana ha voluto informare
della possibilità, per i malati terminali, di arrivare
dignitosamente alla morte nella propria casa, accanto alle persone
più care, grazie alla sedazione profonda continua. Una terapia
ancora poco conosciuta e che solo grazie alla legge sul biotestamento
è diventata davvero diritto di tutti i cittadini. Ecco in cosa
consiste.
di Valentina
Erasmo
“Fallo
sapere. Fatelo sapere.”
Qual è il
messaggio che Marina Ripa di Meana ha affidato alla voce di Maria
Antonietta Farina Coscioni e reso noto da Radio Radicale? Eccentrica
protagonista del piccolo schermo, stilista e scrittrice, Marina Ripa
di Meana si è spenta a 76 anni, dopo 16 lunghi anni di battaglia
contro il cancro.
Questo messaggio torna a far riflettere
ancora una volta sulle questioni di fine vita, in particolare, sulla
legge 38/2010 e sul biotestamento, quest’ultimo approvato grazie
all’impegno dell’Associazione Luca Coscioni. L’intento di
Marina è stato quello di informare che i malati terminali possano
arrivare dignitosamente al momento della loro morte nel territorio
italiano, nella propria abitazione accanto alle persone più care,
grazie alla sedazione profonda continua. Questa è la strada che le è
stata indicata da Maria Antonietta Farina Coscioni, come alternativa
al suicidio assistito praticato in Svizzera, scelta da Dj Fabo.
E’
opportuno analizzare possibilità e limiti di questa strada.
In
cosa consiste la sedazione profonda e come può essere inquadrato
questo trattamento terapeutico? In primis, è opportuno distinguere
la sedazione cosciente da quella profonda, trattandosi di due
distinti livelli di sedazione.
La sedazione cosciente è
quella che viene impiegata in alcuni esami diagnostici che possono
risultare dolorosi per il paziente, come la colonscopia, ed è
somministrata direttamente dal medico che effettua l’esame (ad
esempio, il gastroenterologo). E’ prevista la somministrazione di
ipnotici e di analgesici che riducono, fino ad azzerare, il dolore
nel paziente durante lo svolgimento dell’esame. Nella sedazione
cosciente, il paziente è vigile ed è in grado di interagire con il
medico.
Al contrario, nella sedazione profonda, la
somministrazione è praticata da un medico anestesista che monitora
le funzioni vitali e respiratorie. La sedazione avviene attraverso
l’infusione continua di un farmaco che consente di ottenere un
livello di rilassamento nel paziente maggiore rispetto alla sedazione
cosciente. Nella sedazione profonda, il paziente è addormentato ed è
in grado di respirare autonomamente, lo scopo è quello di limitare
il più possibile il dolore.
Da questi elementi, si può
comprendere come la sedazione profonda continua praticata sui malati
terminali non è una forma di eutanasia, che resta proibita in
Italia. Come sostiene il Dott. Luciano Orsi, vicepresidente della
Società Italiana di Cure Palliative, per la promozione dell’impiego
di trattamenti palliativi nei malati terminali, la sedazione profonda
continua non va confusa con l’eutanasia poiché:
“diversi
sono gli obiettivi, i mezzi utilizzati e i contesti. L’intervento
palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato
dalla sofferenza. L’eutanasia, invece, è la volontà di porre fine
alla vita attraverso un farmaco, su esplicita richiesta del malato.”
( TPI news, 07 gennaio 2018)
Inoltre, come si legge nel
Giornale italiano di frenologia,
sedazione profonda ed eutanasia vanno tenute distinte anche su un
piano descrittivo: “come confermerebbero i dati della letteratura
internazionale avendo gli stessi dimostrato che la durata media della
sopravvivenza dei pazienti sedati in fase terminale non differisce da
quella dei pazienti non sedati”( Cembrani, 2017).
Entrando
nel dettaglio, emerge la problematicità di questo trattamento: la
sedazione profonda continua (chiamata in ambito medico, sedazione
profonda continua nell’imminenza della morte)
impiegata nei malati in stadio avanzato e terminale, vede l’impiego
di farmaci sedativi, ma non di morfina. Ci sono due posologie
alternative che possono essere praticate: se il paziente lamenta
dolore, difficoltà nella respirazione e delirio, con disturbi
crescenti, i sedativi saranno somministrati in maniera progressiva.
Altrimenti, nel caso di principio di soffocamento o di emorragia
interna o esterna, si procederà con una somministrazione rapida dei
sedativi al fine di rendere il paziente incosciente.
Questo
significa che nella fase di somministrazione progressiva dei
sedativi, il paziente non è in stato di incoscienza, in quanto
questo stato si verifica solo nel procedimento di somministrazione
rapida. Fondamentale è il rapporto medico-paziente: quest’ultimo
può sperare nella sedazione profonda con somministrazione rapida dei
sedativi solo sulla base di un rapporto di fiducia precedentemente
instaurato con il suo medico.
Difatti, la somministrazione
rapida dei sedativi viene praticata molto raramente, in quanto il
personale medico che opera sia nelle strutture pubbliche che nelle
società private di assistenza domiciliare, rifiuta di praticarla
onde incorrere in accuse di eutanasia. Oltre alla rarità della
pratica di questo trattamento sul malato terminale, il problema
economico: la maggioranza dei palliativisti operano in costose
strutture cliniche private presenti nel territorio italiano,
lasciando così molti pazienti senza la possibilità di fruire di
questo servizio sanitario.
L'aumento della medicina
palliativa e della terapia del dolore in Italia sono relativamente
recenti e le disposizioni in merito sono risalenti alla legge
38/2010, circa le disposizioni per garantire l’accesso alle cure
palliative e alla terapia del dolore. Questa legge ha fatto sì che
questo genere di cure siano sì diventate un diritto del cittadino,
ma non tutti questi trattamenti sono stati effettivamente erogati e
resi disponibili pubblicamente dal 2010.
Prima di Marina Ripa
di Meana, Dino Bettamin è stato forse il primo in Italia a
sottoporsi alla sedazione profonda nel febbraio 2017, dopo una lotta
di cinque anni con la Sla. Il 70enne ex macellaio di Montebelluna,
nel trevigiano, è stato seguito dal personale medico sanitario di
una società privata di assistenza domiciliare. Il caso di Bettamin
ha fatto molto discutere per tentare di comprendere le reali
conseguenze del ricorso alla sedazione profonda continua sul quadro
clinico del paziente. Difatti, il paziente è morto dopo pochi giorni
dall’inizio del trattamento, ma ciò è riconducibile alla fase
terminale della patologia, così come hanno tenuto a precisare
l’Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e la
Federazione Cure Palliative, non si trattava di eutanasia come molti
hanno sostenuto (Calabrò, 2017).
Accanto alla difficoltà di
accesso a queste cure, c’è il fatto che 2 italiani su 3 ignorano
persino l’esistenza della legge 38/2010, così come è emerso dai
dati dell’indagine condotta dall’Osservatorio volontario per il
monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative da
parte della Fondazione Gigi Ghirotti. Su 13.374 schede compilate da
pazienti e familiari, il 63% degli intervistati non ne è a
conoscenza dell’esistenza della medicina palliativa.
Solo
il 35% dei medici indirizza i propri pazienti presso i centri di
terapia del dolore presenti nel proprio territorio. Tra i pazienti
affetti da dolore cronico, circa il 45% vive da più di 6 mesi senza
trovare alcuna soluzione, mentre circa 17% non trova rimedi
funzionali alla riduzione del dolore da più di 5 anni (Fondazione
nazionale Gigi Ghirotti, 2017).
Un passo in avanti rispetto
alla legge 38/2010 è stato visto nella legge sul biotestamento. Come
osserva Carlo Troilo, questa legge e l’impegno dell’Associazione
Luca Coscioni potranno far sì che
sedazione palliativa profonda continua
potranno diventare un diritto di tutti i cittadini, nonché un dovere
per tutte le strutture sanitarie senza obiezioni di coscienza
(Troilo, 2018). La legge sul biotestamento ha contribuito a evitare
che il caso Marina Ripa di Meana suscitasse lo stesso clamore
sollevato da quello Bettamin, ma non scioglie le problematicità
connesse a questi trattamenti, che non risultano così facilmente
disponibili al paziente.
Queste problematicità sono
riconducibili al fatto che molti medici evitino ancora di praticare
la sedazione profonda con somministrazione rapida per non incorrere
in possibili accuse di eutanasia, oltre che all’onerosità delle
cure palliative e delle terapie del dolore, principalmente erogate da
strutture cliniche private o da società private che offrono
assistenza domiciliare domestica.
La strada è ancora lunga
da percorrere per la conquista dell’autentica libertà del malato
sullo scegliere come morire.
La sua ultima battaglia è un
passaggio del testimone per tutti noi.
Ciao, Marina.
Valentina Erasmo - Micromega
(L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da
settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una
sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni
private:
holgar.pd@gmail.com
)