La
ricerca.* (16-049)
Sono di
formazione scientifica. Do molto valore dunque alle ricerche
scientifiche, fatte secondo tutti i crismi della scienza moderna.
Ma negli
ultimi tempi la mia fiducia vacilla.
La
ricerca risente troppo dell'ideologia di chi la fa. Risente troppo
dei valori della società che la finanzia. E risente ovviamente di
tutte le possibilità di conformismo, di falsificazione, di
corruzione che colpiscono il resto della società.
La
scienza non ne è affatto immune.
Per di
più la ricerca è codificata secondo i principi di alcune scienze
fra le più sviluppate, ma meno capaci di affrontare problemi
complessi. Come la fisica per esempio.
Nel
campo della alimentazione vi sono molte evidenze che il modello
proposto dalla fisica per affrontare i problemi non regge.
Si legga
al proposito l'ottimo libro di Colin Campbell, Whole. Ripensare la scienza della nutrizione (2013).
Per me
il motivo fondamentale del fallimento di molta ricerca scientifica
nel campo della nutrizione sta nella sua utilità per l'uomo d'oggi.
O meglio
nella sua inutilità.
Se è
vero che la ricerca ha impiegato 40 anni per dimostrare che il latte
materno è migliore del latte vaccino per allevare i neonati umani,
c'è qualcosa che non va.
Meglio:
questo tipo di ricerca è inutile.
Anzi,
dannosa, perchè nel tempo ha sottratto sempre più spazio alla
ricerca individuale, dimenticando che, in fatto di nutrizione, ogni
organismo è diverso da quello degli altri e dunque la ricerca
individuale, cioè le prove che si possono fare durante la vita per
verificare se un alimento va bene o no, è fondamentale.
Con
buona pace della scarsa significatività statistica dell'esperienza
personale.
Se va
bene per me, ho raggiunto il massimo di significato, anche se questo
non potesse avere i crismi della ricerca scientifica ufficiale.
Lo
esemplifica in modo perfetto l'esperimento fatto dal cardiochirurgo
statunitense Caldwell Esselstyn.
Stanco
degli scarsi successi del paradigma terapeutico della medicina
cardiologica americana, decise di puntare sulla prevenzione e
particolarmente sulla dieta. Nel
1985 propose a un gruppo di suoi pazienti (con cardiopatia coronarica
conclamata) una dieta a base di cibi naturali vegetali con pochissimi
grassi, con l'aggiunta di dosaggio minimo di un farmaco
anticolesterolo, eliminando tutte le altre medicine.
Aderirono
in 18, tutti gravemente cardiopatici.
Negli
8 anni precedenti i pazienti avevano subito, cumulativamente, 50
episodi cardiopatici (angina, bypass, infarti, ictus e
angioplastica).
Ebbene
negli 11 anni successivi, con questa dieta, i diciotto cardiopatici
non riportarono nessun evento coronarico (tratto
da: Come prevenire e guarire le malattie
cardiache con l‘alimentazione di C.
B. Esselstyn).
E'
chiaro?
Questo
esperimento non è una ricerca scientifica, non è statisticamente
significativo.
Ma
quanto importante invece per uno che abbia problemi di cuore! Quanto
significativo per prendere una decisione per la propria vita!
Ecco:
intendo rivalutare l'esperenza personale, contro la ricerca
scientifica ufficiale.
Mi
è venuta un'idea.
Ripetere
l'esperimento di Esselstyn, applicandolo a vecchi invece che a
cardiopatici.
E
vedere l'effetto che fa …
Valutarne
l'effetto su malattie e fastidi della vecchiaia.
Progetto
impegnativo.
Chissà
se ne avrò le forze.
L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. )
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