Vecchi e corona-virus. (20-048)
Senza alcun dubbio il covid 19
colpisce di più gli anziani dei giovani (vedi pag. 20-034).
E la stragrande maggioranza dei morti
sono anziani (spesso ultra-ottantenni).
In questi giorni si fa un gran parlare
della cosiddetta fase due. Quella in cui si rallenteranno le
restrizioni. E fra le varie idee che circolano c'è quella di
liberare i giovani e continuare a confinare i vecchi.
Perchè sono i soggetti più a rischio.
Tutto ragionevole e quasi affettuoso
verso la terza età.
Nessuno che nei commenti si ponga il
problema: ma in che stato sono questi vegliardi che muoiono? Allora
si scopre che sono portatori di molte patologie. Imbottiti di farmaci
che li tengono letteralmente in vita, se non addirittura nutriti col
sondino gastrico. Insomma si scopre che chi si ammala e muore è già
molto malato per conto suo. Si scopre cioè che la vecchiaia è
piena di malattie e quelli che muoiono spesso stanno in vita soltanto
con un apporto quotidiano di farmaci. Tali farmaci non curano, bensì
tengono soltanto in
vita gli anziani, ma tengono in vita anche la
malattia.
È
esplosa cioè la questione 'vecchi e malattie': binomio dato per
scontato, quasi naturale stato delle cose. Nessuna voce fuori dal
coro. Nessuno che si chieda: ma è normale avere anziani in quello
stato? Non si potrebbe fare qualcosa di diverso? Per esempio
potenziare quel sistema immunitario (S.I.) che ci difende dai virus,
affinatosi durante l'evoluzione da almeno 2 milioni d'anni?
Con
il sapere acquisito da un decennio di ricerche sui batteri
intestinali e sul loro ruolo specifico nel potenziare il S.I. mi
sarei aspettato che qualcuno avesse detto qualcosa. Non dico
sull'alimentazione più favorevole al microbiota, ma almeno sui
prodotti che lo possono migliorare e di conseguenza migliorare anche
il S.I.
E
invece nulla.
Bastava
qualche parola sull'efficacia del kefir, utilizzato da secoli
dalle parti del mar Caspio, come fonte di buona salute e riconosciuto
nel suo ruolo proprio a motivo dei batteri che lo compongono.
Eh,
ma il kefir non è un farmaco, non è un vaccino, non si può
brevettare.
E
poi, non è validato scientificamente ...
Ma
non viene in mente a nessuno che il ri-scopritore del vaccino in
Europa (E. Jenner) non aveva validato scientificamente la sua
scoperta?
Che
dunque la utilizzò soltanto sulla base di esperienze empiriche (e di
tradizioni dell'oriente)?
Non
viene in mente che non si può basare tutto il sapere soltanto sulla
ricerca scientifica statisticamente validata, revisionata da pari
e pubblicata su riviste scientifiche prestigiose? Non si può gettare
via, per esempio, un sapere distillato per millenni dai monaci
erboristici di tutta Europa?
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016 al 2019, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una
sintesi del bimestre appena concluso. Dal 2019 scrivo una sintesi
annuale il 31 dicembre.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )