06 giugno 2014

L'uovo di Colombo (14-111)

L'uovo di Colombo. (14-111)
Ho trovato un libro di Umberto Veronesi, oncologo italiano, (ha superato gli ottanta, ma continua a lavorare indefessamente). La dieta del digiuno, si chiama il nuovo libro.
Non l'ho ancora letto. Ne ho letto invece qualche lancio, qualche intervista.
In sostanza Veronesi, al di là del digiuno vero e proprio, propone una dieta in cui si diminuiscono i pasti quotidiani. Dieta africana, la chiama qualcuno. Cioè una dieta in cui si mangia una sola volta al giorno, più qualche spuntino qua è là durante la giornata (un frutto, un ortaggio e poco più).
Che nella nostra società si mangi troppo, è risaputo. Che molti siano sovrappeso, anche. Soprattutto fra gli anziani. Molti si arrabattano nel calcolo preciso di calorie, col risultato che mangiano pasti ridotti. Ma sempre molti pasti.
La soluzione di Veronesi è semplice. Diminuiamo il numero dei pasti. Come si fa in Africa.
Qualche ragione c'è, se è vero che i nostri antenati di quaranta o cinquantamila anni fa, erano alla continua ricerca di cibo. E non è detto che lo trovassero ogni giorno e in abbondanza.
Soprattutto non lo trovavano tre volte al giorno.
Un solo pasto quotidiano lo possiamo cominciare a fare noi vecchi.
Mangiando meno, diminuiamo la nostra impronta ecologica sul pianeta terra.
Soprattutto, la salute migliora. E, volendo, si vive più a lungo.
Mangiando poco, diventa poco importante quali cibi si mangi. Meglio i vegetali (vedi The China Study), meglio la qualità (quelli biologici). Certo.
Ma se è poco, sia la qualità che il tipo diventano quasi secondari (ho detto quasi).
Semplice, no?

(L’indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 sitrova alla pagina 14-41.)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

05 giugno 2014

Noia (14-110)

Noia. (14-110)
Mia moglie mi ha confessato di trovar noioso prepararsi da mangiare ogni giorno, più volte al giorno. Non le dispiace cucinare, anzi ne è felice se lo fa per altri. Dà libertà alla propria creatività. Ma per quel che riguarda i pasti da cucinare per sè, si annoia.
Alcune azioni, ripetute per cinquant'anni, diventano insopportabili, sia pure quelle che ci permettono la sopravvivenza, come il prepararsi da mangiare.
Non facciamo abbastanza i conti con una vita che arriva fino a ottanta e più anni. 
La vita è lunga. Molto di quello che ci appassiona a trenta, quarant'anni, diventa noioso, a settanta o più. Diventa routine, quasi insopportabile.
Anche il vivere dopo gli ottanta diventa noioso?
Forse a una certa età si desidera morire.
Per noia.

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04 giugno 2014

Cani (14-109)

Cani. (14-109)
Quando ho cominciato questo diario, nelle primissime pagine ho fatto un confronto col mio cane, vecchio anche lui. Mi faceva da specchio.
Sono passati solo due anni. È diventata vecchia anche la mia cagna. E il mio primo cane è diventato ancora più vecchio (i cani, si sa, hanno tempi di vita più accelerati).
Adesso li osservo entrambi quando saliamo le scale, al ritorno dalle nostre passaggiate. Salgono lentamente, gradino dopo gradino, con difficoltà. Anche saltare in macchina è un'azione difficoltosa per loro. Li devo aiutare.
Mi stanno anticipando.
Sembrano scivolati in una fase di vecchiaia più avanzata della mia.

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03 giugno 2014

Lavoro (14-108)

Lavoro. (14-108)
Quest'anno ho lavorato molto (sempre part time, però). 
È stato impegnativo, come fatica fisica, come stress emotivo, e anche per l'impegno intellettuale.
Non sono pentito di continuare a lavorare. 
Lo devo fare per motivi di economia. Ma lo faccio per essere vitale. 
Emozioni, fatica, impegno intellettuale sono dei toccasana per i vecchi. Altrimenti ci si lascia 
andare a una vita che si spegne lentamente, facendo sempre meno. Muovendosi sempre meno.
Soprattutto l'attività mentale è fonte di benessere. Tenere il cervello attivo è un altro dei segreti di una buona vecchiaia. Ma non lo si può fare se non abbiamo compiti, doveri, impegni. Lavorare è l'ideale, da questo punto di vista. Perchè lavorando devi produrre, devi concludere progetti.
I vecchi devono continuare a lavorare.

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02 giugno 2014

Guarda avanti! (14-107)

Guarda avanti! (14-107)
Stavo andando al lavoro in bici. Il solito percorso conosciuto. Così mi guardo in giro. Qualche persona, dei treni, nuovi cartelloni pubblicitari. Ieri ne guardavo appunto uno, mentre ero sulla pista ciclabile. Nell'altra corsia arriva un'altra bici. Sento che il conducente mi dice: "Guarda avanti!" Mi ero inavvertitamente spostato verso il centro-pista. Rischiavo l'impatto, perchè in quel tratto la pista è stretta. Mi ero distratto troppo. Da qui il richiamo.
Devo controllare di più la tendenza alla distrazione. Da vecchio molte cose non riesco più a farle automaticamente. Devo prestare più attenzione a tutto ciò che faccio. Non è una perdita. É un guadagno.
Maggiore consapevolezza nelle mie azioni. In tutte.
Anche quando mangio un boccone. Se mi distraggo rischio di mordermi lingua, labbra o guance.
È solo da vecchi che ci si rende conto di quante cose si facciano senza pensare, da giovani. Da vecchi non si può più, occorre più coscienza in ogni azione della vita.
Del resto di vita ne resta poca.
È un peccato sprecarla senza essere presenti a sè.

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31 maggio 2014

Resistenze (14-106)

Resistenze. (14-106)
Sono restio a parlar di sesso.
Che differenza con quarant'anni fa, quando ne parlavo continuamente! (nasceva da un senso di mancanza).
Sono restio perchè non mi interessa più. Sarebbe un pò presto, a sessantotto anni. Ma così è. E sinceramente non me ne dolgo gran che.
Nei libri sulla terza età si fa un gran parlare del sesso fra gli anziani, come cosa importante. Ma mi sembra che si parli di altri, non di me.
Il sesso è importante nella vita, ma ha significati ambivalenti, si confonde con amore e innamoramento, crea confusione. Arrivati alla mia età ci si libera delle ambiguità.
C'è dell'altro.
Da vecchi potrebbe conservare un significato più limpido di intimità.
Forse è qui che rivelo un lato profondo (mio? di tutti?).
Forse che da vecchio non voglio più intimità? Non voglio più condividere con qualcuno emozioni profonde? Non voglio più lasciarmi andare?
Da vecchio sto diventando più solo.
È quello che voglio?

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30 maggio 2014

L'elenco (14-105)

L'elenco. (14-105)
Ho deciso di tenere un elenco delle mie defaillances quotidiane. Un elenco di tutti quei fatti che indicano perdita di capacità cognitive o di capacità attentive o di altre abilità.
Lo faccio perchè non voglio arrivare a uno stato di minore presenza a me stesso, senza rendermene conto.
Lo faccio anche perchè chi mi sta vicino a volte mi chiede come sto, con un tono interrogativo un pò ambiguo. Quasi a dirmi: "Sei sicuro di star bene? Perchè mi sembri peggiorato."
Inoltre mia moglie ultimamente mi ha ripetuto più volte che mi trova più distratto del solito. Mi trova un pò assente. Un pò svanito.
Io non ho questa sensazione. Sul lavoro ho svolto delle performances niente male. Sia sul piano fisico che su quello intellettuale.
Può essere che mi sia fatto assorbire molto dalla professione. Che la mia concentrazione sui problemi del lavoro mi abbia reso più estraneo in famiglia.
Ma se non fosse così? Se effettivament stessi perdendo colpi?
Se fosse già comincito quel decadimento mentale tipico della vecchiaia?
Voglio saperlo.
Voglio esserne cosciente.

Non m'importa (quasi) che avvenga tutto ciò.
M'importa esserne cosciente.
Che tutto capiti davanti a me. 
Non alle mie spalle. 


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29 maggio 2014

Propositi (14-104)

Propositi. (14-104) (29/05/14)
Sera, a letto, prima di dormire. Lei mi dice:" E' da molto tempo che non facciamo dei propositi." Poi spiega:"Mi propongo di dar valore a tutte le cose della vita senza sbuffare per quelle che non mi piacciono; senza considerarne alcune come routine noiosa. Tutto ciò che viviamo è vita. Alla nostra età tutto è importante. Ogni evento ha un valore particolare.
E' vita. Ce ne resta poca. Dobbiamo prenderla tutta. Non possiamo selezionarne una parte e buttare il resto, quello che non ci piace. Perchè non siamo più ricchi di tempo."
Le dico che negli ultimi tempi anch'io sono giunto a conclusioni simili. Le faccio l'esempio della mia passata insofferenza per le spese settimanali. E della mia nuova accettazione anche di questa routine.
Mi pare che siamo in sintonia.
Ma non so se ho capito bene.
Era tardi e avevo sonno.

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28 maggio 2014

Scarpe (14-103)

Scarpe. (14-103)
Entro in un negozio ad acquistare un paio di scarpe estive. Sulla panca per le prove, accanto a me, sono seduti due molto-anziani, marito e moglie, in attesa. Finalmente arriva un tale (il figlio, evidentemente) con un paio di scarpe in mano. Le prova al padre, confabula un po' con lui, poi decide l'acquisto. Se ne vanno tutti e tre.
Il vecchio cammina a fatica, sostenuto per le braccia da moglie e figlio. Anche la moglie procede a fatica. Prima si era lamentata dei dolori alle gambe e mi aveva detto la loro età: novanta lei, novantatre lui.
Che se ne farà quel vecchio di un paio di scarpe nuove, se cammina così poco, così male, e probabilmente non camminerà più?
Le scarpe sono simbolo di una vita che non c'è più. Ma alla quale siamo molto attaccati. Pensiamo che la difficoltà a camminare sia passeggera. Ci illudiamo che ritorneremo a camminare spediti.
Ci mentiamo.
Il passo successivo è la fine della vita.

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27 maggio 2014

Figli (14-102)

Figli. (14-102)
Se siamo in buona salute, noi vecchi, abbiamo ancora un ruolo attivo con i nostri figli.
Di aiuto, di consiglio.
Ma i figli sono ormai trentenni (se non quarantenni). È improprio un nostro ruolo dirigista. Non possiamo più dettar leggi. Dovremmo essere più modesti negli atteggiamenti e nei toni. Loro hanno ormai una  vita propria. Si sono formati convinzioni, pensieri, valori che solo in parte coincidono coi nostri. Sono diversi dai giovani adolescenti che ci hanno fatto disperare.
Insomma da vecchi dobbiamo cessare di essere genitori ingombranti.
Se no, quando moriremo, tireranno un sospiro di sollievo.
E non mi pare bello.

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26 maggio 2014

Così come sono (14-101)

Così come sono. (14-101)
Mi hanno detto che questo diario è deprimente. Trasuda pessimismo, paura, inquietudine. 
E poi è mono-tematico; affronta prevalentemente temi legati a fattori fisici (cibo, perdite, incapacità).
Da queste parole sembra che io stia vivendo la mia vecchiaia in modo molto negativo. Oppure nel migliore dei casi in modo malinconico.
Prendo atto.
Le parole scritte sono quel che sono. Se comunicano sentimenti negativi è colpa mia.
Eppure non sto vivendo la mia vecchiaia in modo tragico.
Tutt'altro.
Sono contento di come sono e anche del mio essere vecchio. Ho prospettive di vita in questa vecchiaia. Mi sono anzi convinto che non sarà breve. Che ci sarà tempo per vivere un'altra tranche consistente di vita.
Sono diverso dalle mie parole?
Sono incapace di scrivere il mio stato profondo? Oppure il mio strato profondo è proprio quello che traspare dalle parole?
Non so.
Ma io non sto male.
Nè la vecchiaia mi ha depresso.
Mi dico e voglio dire ai vecchi:" Tranquilli, la vecchiaia non è male, ci sono soddisfazioni impagabili nell'aver vissuto molto. Anche finire la vita, avanti negli anni, sarà una cosa naturale e desiderata."

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24 maggio 2014

Come mi vedono gli altri (14-100)

Come mi vedono gli altri. (14-100)
Sono scivolato mentre salivo le scale. Non mi sono fatto quasi nulla. Una vicina, più giovane, che era presente, si è preoccupata della mia salute. Normale.
Ma ho percepito una preocupazione diversa da quella che se fossi stato un suo coetaneo. Non riesco a esprimerlo meglio, ma era evidente che c'era un di più, c'era un che di diverso, dovuto alla mia età.
In un'altra occasione ero al lavoro, di pomeriggio. Stavo dirigendo un gruppo di ragazzi più giovani. Avevo organizzato al meglio, ma mi è capitato più volte di sbagliare intervento, di sconcentrarmi. Ho visto i giovani sorridere, indulgenti.
Era evidente che attribuivano i miei errori all'età.
Non so se sono diventato io ipersensibile a questi atteggiamenti o se sia la realtà.
Da un pò di tempo sento che gli altri mi guardano diversamente.
Mi guardano come un vecchio.
Mi guardano per quel che sono.

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21 maggio 2014

La vita è lunga (14-99)

La vita è lunga. (14-99)
Strane sensazioni. Quando si hanno 40-50 anni si desidera liberarsi presto dei carichi (familiari, di lavoro), per potersi dedicare (finalmente!) a ciò che si ama di più.
Si ha la sensazione di aver poco tempo. Si pensa che già a sessant'anni sia tutto finito.
Incredibilmente l'arco di vita che ci si immagina a metà dell'esistenza è breve.
Poi arriva la vecchiaia. A quel punto, il tempo restante è oggettivamente breve. Eppure, dopo un primo smarrimento, si fa strada l'idea di avere un'altra vita davanti.
Un tempo consistente.
È vero che, dopo questa ultima tranche, la vita è finita, ma il tempo che resta a un sessantacinquenne (in buona salute!) è ancora lungo. C'è ancora tempo da spendere.
C'è ancora tempo per praticare ciò che ci appassiona.
Ciò che abbiamo accumulato in gioventù, può tornarci utile nella vecchiaia.
La vita è lunga.

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20 maggio 2014

Dietro la porta (14-98)

Dietro la porta. (14-98)
In casa conserviamo poco delle nostre famiglie d'origine. Non i mobili, quasi tutti distribuiti fra i figli o regalati. Pochi gli oggetti. Poche le fotografie.
Della mia famiglia ho raccolto gli oggetti in un baule, da dare a mio figlio, quando morirò. E il baule è in cantina.
Dei miei suoceri abbiamo conservato un diploma al merito del lavoro, ricevuto quando sono andati in pensione. Diploma appeso in soggiorno. Dietro una porta!
Le generazioni hanno la memoria corta. Si ricordano dei vivi. Di sè e dei figli. Altri finiscono nel dimenticatoio.
La vita esige la vita. I vivi ricordano solo i vivi. I morti non ci sono più. Si fatica a serbare oggetti, ricordi. Perfino a parlarne, se non di tanto in tanto.
Ciò vale naturalmente anche per noi. Quando saremo morti, se ne dimenticheranno in fretta. Proprio come stiamo facendo coi nostri genitori.
Sappiamo profondamente che non ci sono più, i morti. Non fanno più parte delle relazioni.
E così ci si dimentica di loro.
È il ciclo vitale, nessuna meraviglia.
Anche noi finiremo dietro la porta.

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15 maggio 2014

Ingobbito (14-97)

Ingobbito. (14-97)
Non ho mai avuto le spalle possenti da maschio dominante. Anzi le mie spalle sono sempre state strette. E un pò curve.
Fino a poco tempo fa, quando mi specchiavo nelle vetrine dei negozi, mi sforzavo di raddrizzare la schiena, giustificando la sua curva con la mancanza di autocontrollo, con la mia psiche tendente un pò alla depressione, con i muscoli poco sviluppati (poca palestra!).
Ora mi tengo l'incurvamento.
È tipico dei vecchi. Mi sento legittimato ad averlo, in quanto anziano.
Nessuno si meraviglia se mi vede curvo. Per forza, sono vecchio.
Posso lasciarmi andare ai miei difetti fisici.
Arriva un tempo in cui c'importa di poco.

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