17 febbraio 2013

La vecchiaia non è roba per donnette. (150)
Battuta sentita in un film. Mi scuso per il carattere sessista della frase (anzi le donne portano meglio la vecchiaia). La cito ugualmente perché è ricca di significato.
Donnetta è sinonimo di persona debole. Senza carattere. Anche le persone deboli diventano vecchie. E’ naturale. Ma le difficoltà,  i disagi, i dolori, le prove (soprattutto), che porta la vecchiaia, hanno bisogno di una tempra forte.
La vecchiaia è un periodo impegnativo. Bisogna comprendere cose nuove. Bisogna adattarsi a situazioni disagiate. Bisogna continuare a vivere, con minori abilità. Perchè da vecchi diventiamo tutti disabili.
Come quando sei in montagna a camminare. E perdi il sentiero. Occorre forza d’animo per non andare nel panico (magari hai ancora poche ore di sole…). Meglio una persona matura che non un giovane. Oppure quando devi arrivare a un rifugio e sei stanco e la strada è ancora lunghissima. Occorre saper resistere alla fatica. Andare avanti. Stringere i denti.
Lo stesso per la vecchiaia.
Un giovane non ce la farebbe a essere vecchio.

16 febbraio 2013

Mi alzo dolorante. (149) (un altro: 91)
Da un po’ di tempo, quando mi alzo dalla posizione seduta, provo dei dolori, delle rigidità. Alle anche, alle gambe, ai piedi. Per qualche passo zoppico, anche. Poi mi rimetto in sesto. Dopo qualche secondo, passano. Come se si fossero arrugginiti, stando a lungo sulla sedia. E poi avessero bisogno di sbloccarsi, per funzionare correttamente.
Certo non è un gran fastidio. Ma è significativo della vecchiaia. Ricordo fenomeni simili nei miei nonni. O in altri vecchi. Quando si alzavano, avevano qualche difficoltà a muoversi agevolmente. Ci impiegavano qualche secondo. Spesso questo tempo era accompagnato da qualche sospiro, da qualche: “Dio, dio, dio…”. Evidentemente in loro i dolori, che accompagnavano le rigidità, erano più accentuati.
Roba da vecchi.

15 febbraio 2013

Un mostro.  (148)
Al mio bar viene una ragazza un po’ vistosa. Stivali, jeans attillati, giacchini alla moda giovanile. L’ho vista anche in volto.  Labbra pronunciate, come una ventenne. Segno evidente di un intervento di chirurgia estetica.
Stamane l’ho osservata più da vicino. Mi è sembrata un mostro. Non perché brutta  o artefatta, ma perché di trent'anni più vecchia. Mi sono accorto che dietro a trucchi, vestiti, chirurgia si nasconde una persona di una certa età. Non certo una ventenne. Almeno ha superato i cinquanta.
Il suo volto era grottesco. Apparentemente giovane, aveva la pelle spenta, tendenzialmente raggrinzita. Sembrava il volto di una vecchia in un corpo da giovane. Mostruoso. Ma il corpo era tutto nascosto, in verità. Si vedevano però le mani. Non erano quelle di una giovane. Si vedeva facilmente.
Il tutto era francamente raccapricciante.
Qualche tempo fa ne avrei dato un giudizio severo. Come di persona che vuol barare. Che inganna gli altri.
Adesso no. Mi è sembrata bisognosa di comprensione. Di qualcuno che la convinca che vecchiaia e morte sono inevitabili. Tutti i tentativi di mascherarle falliscono. Soprattutto ti portano avanti con gli anni, con lo sguardo rivolta all’indietro.
Quando finalmente si girerà in avanti sarà una tragedia.

13 febbraio 2013

Via di qua 3. (147) (un altro 145)
Un approfondimento sul mito di Prometeo, che ha fatto dono della speranza agli uomini. Gli uomini non guardano fisso al giorno della loro morte e così possono vivere (amare, progettare, fantasticare), perchè hanno una speranza.
I grandi tragici greci si erano chiesti come gli esseri umani potessero vivere. Perchè non fossero paralizzati dal pensiero della morte, inevitabile. Che cioè avessero una speranza che accieca. Era il dono di Prometeo.
L’avevo paragonato all’atteggiamento di alcuni vecchi, della nostra società, che fino a tarda età continuano a svolgere attività, sostenere progetti, perseguire ideali. E’ la stessa cosa? Il cosiddetto istinto di sopravvivenza è questa speranza? Non so. La cieca speranza di cui parlano i greci sembra contenere un giudizio di illusione, se non di stupidità. “Guarda come si affannano e domani saranno morti!”
Invece l’atteggiamento di alcuni vecchi sembra essere improntato più ad altruismo che a stupidità.
“Si affannano tanto, nonostante sappiano bene che fra poco moriranno. Ma gli ideali che perseguono sono così importanti da farli impegnare, nonostante che fra poco moriranno.
E' speranza che accieca impegnarsi per un ideale umanitario, anche se poi noi stessi moriremo?
Un ideale cessa di essere importante perchè noi moriremo?
E' la potenza di un ideale che mette in secondo piano la nostra morte?

12 febbraio 2013

“Sento il peso dell’età”. (146) (altri: 69, 90)
Queste le parole. Del papa che si è dimesso.
Prese alla lettera, indicano la stanchezza che fa la comparsa nella vecchiaia. E che nella vecchiaia estrema, diventa preponderante. Al punto che trascini la tua giornata sperando che venga sera e tu possa sdraiarti a letto.
Ma si possono prendere anche in un altro senso. Il peso della vita. Tutto ciò che un tempo ci entusiasmava ora ci pesa. Nell’età avanzata mancano gli stimoli per condurre un progetto. Per perseguire un ideale. Si desidera solo riposo. Che altri si facciano carico del lavoro, dei progetti, dell’organizzazione.
I vecchi hanno già dato.

11 febbraio 2013

Via di qua, 2. (145) (altri: 51, 60, 62, 82, 118, 134)
Ancora sul bel libro di Umberto Curi. Che ha come sottotitolo “Imparare a morire”.
Nella prima parte l’autore analizza il mito di Prometeo, attraverso le tragedie greche.  Prometeo ha donato il fuoco agli uomini. Cioè la tecnica. E molto di più. Ha infuso negli uomini la speranza. Di non morire subito. “Ho insegnato agli uomini a non guardare fisso il giorno della morte.” Solo questo dono permette agli esseri umani di vivere. Se non l’avessero, se invece avessero la certezza di morire e che la morte potrebbe coglierli entro poche ore, non vivrebbero. Sarebbero paralizzati da questa tremenda fatalità.
Stranamente  viviamo come se la morte non ci fosse. Confidiamo di avere una grande probabilità che la morte ci prenderà avanti negli anni. Ci tuffiamo nella vita. Perché abbiamo la cieca speranza donataci da Prometeo.
Qualche pensiero affine l’ho sviluppato quando ho parlato delle varie vecchiaie. C’è fra noi chi  vive non curandosi che morirà. Magari entro breve tempo.
Prometeo non ha fatto il suo dono a tutti nello stesso modo.

10 febbraio 2013

Biologico. (144) (un altro: 126)
Il biologico: una definizione sintetica di un mondo pulito, sano, in armonia con la natura. E’ cominciato con una legge europea del 1991, sull’agricoltura. Ma già vent’anni prima c’era gente che aveva deciso di abbandonare la chimica per produrre cibo. Ne ho fatto parte anch’io, timidamente (non avevo tanta terra da coltivare). E’ stata una grande avventura della mia vita. Che guardo con orgoglio.
Ho fatto la mia parte per lasciare a mio nipote una terra più pulita.
Ho detto che non mi piacciono alcuni aspetti, della mia persona, del passato. Fatti negativi, che vorrei cancellare. Questo del biologico, invece mi piace. Impegnandomi in questo progetto, mi sembra di non aver vissuto invano.
Da vecchi, voltandoci indietro, è gratificante scoprire di aver fatto qualcosa di utile, buono, importante, non solo per noi stessi.

09 febbraio 2013

Il futuro. (143)
Mio nipote ha un anno. E io sessantasei. Lui diventerà formalmente vecchio nell’anno 2076. Una vita (la sua) proiettata interamente nel XXI secolo.
La seconda metà di questo secolo è sempre stata fuori della mia immaginazione. Se mi va bene morirò nel 2030-35. Non ho legami con quello che verrà dopo. Anche mio figlio sarà vecchio quando io morirò.
Ora, pensare a mio nipote, ancor giovane, dopo il 2050, mi permette una qualche presenza anche in quegli anni.  Prolunga la mia vita. E’ come se in quegli anni remoti ci fossi anch'io. La presenza di mio nipote  ha dilatato la mia vita. Adesso sento concretamente che il mondo ci sarà anche allora.
Quando si dice che dobbiamo lasciare una terra vivibile alle prossime generazioni, con la presenza di mio nipote, questa frase è diventata reale. In quegli anni ci sarà uno della mia famiglia. Uno dei miei.
Una parte di me.

08 febbraio 2013

Indignazione: la sala bingo. (142)
Vicino a casa, c’è una sala bingo. L’ho sempre guardata con un po’ di tenerezza, come si guardava la vecchia tombola che si faceva a Natale. Oggi sono rimasto stupefatto nel leggere, distrattamente, gli orari di apertura. Incredibile! È aperto fino alle cinque del mattino.  E apre alle otto di mattina. Anzi il sabato apre alle otto e chiude alle otto di domenica, ma riapre subito, per chiudere alle sei del lunedì. Un’autentica bisca. Un casinò per poveri.  Per coloro che sono letteralmente dipendenti dal gioco in modo patologico. Funzionante di notte. Dove tutto è più difficile.
Mi sono indignato. Arrabbiato. Con lo Stato, che permette tutto ciò. Anzi nell’ultima legge promulgata da questo parlamento c’è un articolo che autorizza l’apertura di un altro migliaio di queste orrende sale (o analoghe strutture d‘azzardo). Per rastrellare denaro da chi è più debole e spesso malato.
Vorrei continuare ad avere la forza di indignarmi di fronte a ingiustizie come questa (e ad altre peggiori).
Anche quando avrò novant’anni.

07 febbraio 2013

In tram. (141) (altri: 92, 105)
Da un po’ di tempo non mi faccio più scrupolo, sui mezzi pubblici, di sedermi nei posti dedicati a persone con difficoltà motorie.  Fino a qualche anno fa, me ne guardavo bene. Per un eccesso di zelo, non volevo occupare un posto destinato a chi è in difficoltà.
Adesso non più. Mi sono legittimato il mio essere vecchio. Mi sono pacificato col fatto che sono più fragile della maggior parte dei passeggeri. Ho più probabilità di cadere se c'è una frenata brusca.
Finora non ho ancora accettato l’offerta di un posto a sedere che mi fa qualche passeggero gentile. Ma se c’è un posto per anziani con bastone, lo occupo io, sia pur senza bastone.
Sono vecchio: almeno qualche privilegio!

06 febbraio 2013

Il mio amico, ancora. (140)
Lo chiamo “il mio amico”, come da bambini, volutamente. Fra bambini l’amico è unico ed è sommamente importante. Sono felice di avere il mio amico, adesso che sono vecchio. E’ importante. Come per i bambini. In vecchiaia gli affetti si riducono. Si tengono solo quelli essenziali. I figli, il consorte, l’amico, il nipote piccolo. Ciascuno con specificità sue proprie, che non possono essere surrogate dagli altri affetti.

Amico è colui con cui puoi stare in silenzio, ha detto qualcuno. E’ vero. Puoi stare rilassato. Sai che non ti giudica. Meglio: se ti giudica, è comunque dalla tua parte. In compagnia del mio amico sto bene.
L’amicizia scalda il cuore della vecchiaia.
Ogni vecchio dovrebbe avere un amico. La vecchiaia sarebbe più facile.

05 febbraio 2013

Il mio amico. (139)
Il mio amico compie oggi 65 anni. Auguri! Gli ho detto:” Entri ufficialmente nella vecchiaia.” Risposta:” Mi sento giovane.”
Ecco un altro modo di vivere la vecchiaia. Non dar importanza alla diminuzione di qualche facoltà. Non temere gli anni futuri. Concentrarsi su quello che c’è. Che non è poco.
Del resto a 65 anni non abbiamo esperienza di vecchiaia. Abbiamo esperienza di vita matura. Ricordiamo intensamente gli ultimi anni vissuti. Anni di pieno vigore. L’immagine interiore che abbiamo di noi stessi, non è quella di un vecchio. E’ piuttosto quella di un uomo nel pieno delle sue facoltà. Di un cinquantenne, diciamo. Se ci guardiamo allo specchio, sovrapponiamo all’immagine reale, quella interiore, appunto di un cinquantenne.  Abbiamo bisogno di dieci, quindici anni per cambiare l’immagine interiore. Adeguarla cioè all’età vecchia.
Mia madre, a novant’anni, guardando la foto tessera appena fatta: “Ma questa sono io? Dio, come sono vecchia!”

04 febbraio 2013

Fragilità. (138)
Ieri mia moglie ha preso l’influenza. Febbre molto alta, tosse, brividi incontrollabili. E’ la stagione. L’aiuto io, se ne ha bisogno. Stanotte girandomi nel letto ho alzato la testa, per voltare il cuscino e sentire meglio come stava. Tremendo giramento di testa! Mi son dovuto sdraiare di nuovo. E’ passato. Ma quando mi sono alzato per andare in bagno, altro capogiro. Mi son dovuto sdraiare ancora. Dopo un po’ con molta cautela mi sono rialzato e finalmente ho potuto muovermi. Sembrava un sintomo di influenza, che stava colpendo anche me.
E’ raro che ci ammaliamo insieme. O l’uno o l’altro. Oppure, prima l’uno poi l’altro. Mai insieme. Stanotte sembrava l’eccezione. Come faremo? Non tanto per i cani, ma come faremo per le minime necessità quotidiane?
Ora siamo vecchi di prima fascia e anche nelle difficoltà ci sappiamo gestire. Ma quando saremo vecchi d’età avanzata?
Il pensiero di quell’ultima fase della vita, con le sue innumerevoli fragilità, mi angoscia.

03 febbraio 2013

Sbrodolarsi. (137)
Mi accade questo: mangiando, qualche pezzetto di cibo o del liquido mi cade sul vestiario. Al momento non me ne accorgo. Lo vedo dopo, osservando delle macchie sui pantaloni o sulle scarpe. La vecchiaia, mi dico. Certamente l’attenzione è meno vigile, la mano meno ferma. Starò più attento.
Ma analizzando meglio il fatto, non è così.
In gioventù, ho sempre mangiato in fretta, a volte in piedi, addirittura muovendomi in cucina.
Inevitabile sbrodolarsi. Se non succedeva spesso era perché ero abile a evitarlo o ad accorgermene subito.
In vecchiaia i riflessi sono meno pronti. E poiché continuo con le stesse abitudini, è logico che i danni siano maggiori.
Non della vecchiaia devo lagnarmi. Ma delle cattive abitudini.
D’ora in avanti mangerò solo da seduto.

02 febbraio 2013

Tante vecchiaie. (136) (punti fermi; altro: 118)
Ormai l’ho scoperto. Ci sono tante vecchiaie. Perché la vecchiaia è lunga. E’ impossibile che ce ne sia una sola, che duri venti o trenta anni, senza cambiamenti.
Poi perché siamo tanti, noi vecchi. E di culture diverse. Un aborigeno australiano, interrogato sulla nostra civiltà (occidentale) disse che era inorridito dalla nostra lunga vecchiaia.  Viceversa un maestro cinese parlava apertamente di lunga vecchiaia in buona salute, come parte essenziale della vita.
Ma vi sono tante vecchiaie anche all’interno di ogni civiltà. Perché siamo diversi.
C’è chi ai primi accenni di vecchiaia si deprime, si chiude, quasi offeso che una cosa così capiti proprio a lui. C’è chi continua i suoi progetti come niente fosse, praticamente fino alla morte.
La vecchiaia dipende da come ci siamo costruiti e come siamo diventati.
La vecchiaia dipende da come abbiamo passato i primi sessant’anni.