31 agosto 2021
Modi di dire (21-100)
Modi di dire. (21-100)
A volte, per indicare la morte di una persona si usa la frase: è giunta la sua ora. Si tratta di una metafora interessante, più ricca di quanto sembri (sembra infatti niente più di un abbellimento linguistico).
Intanto il termine "ora".
Parola pregnante: in una data ora della vita si muore. Strano che non si dica: "il suo minuto" o "il suo giorno", quasi a voler delimitare il tempo del morire nel lasso di tempo di sessanta minuti. Cioè un tempo breve.
Poi il possessivo "sua".
Indica che la morte è personale, molto molto personale.
Ricordo come fu descritta dal figlio la morte di Tiziano Terzani: dopo alcune ore passate con i suoi familiari, Terzani chiese di essere lasciato solo; dopo di che morì.
O come muoiono i monaci tibetani: soli e in meditazione.
Misteri.
Da esplorare di più.
Dagli esempi su citati e da altri che si potrebbero fare sembra quasi che l'atto finale del morire richieda il consenso e la volontà del soggetto morente.
Niente di automatico.
(Almeno in persone di grande consapevolezza)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
28 agosto 2021
Rileggendo le prime pagine del diario. (21-099)
Rileggendo le prime pagine del diario. (21-099)
Scaduto il decimo anno di diario, ho cominciato a selezionare le pagine più significative, per farne una sintesi.
In pratica, sto leggendo la mia entrata ufficiale nella vecchiaia. Lettura molto interessante. A distanza di dieci anni le idee sono cambiate, le situazioni sono mutate, eccome!
Faccio un esempio.
All'inizio, le pagine scritte sul problema memoria erano numerose, per lo più preoccupate di certe dimenticanze che sottraevano parte di vita al mio controllo. Non è che da allora abbia recuperato memoria, però in questi anni (dieci per altro) ho notato che il problema non si è aggravato. Per esempio mi capita molto di rado di perdere la memoria di termini che indichino oggetti d'uso comune, o nomi di persone o di località note. Cosa che invece a 65 anni mi pareva una realtà drammaticamente sempre più frequente. Al punto da preoccuparmi non poco.
Intendo dire che la perdita di memoria, che in un anziano indubbiamente è presente, non è un'involuzione che precipita rapidamente, bensì una decadenza molto molto lenta.
Mi sembra quasi che si sia arrestata.
(Ecco lo dico proprio in questi giorni in cui non riesco a ricordare il nome di un famoso trombettista jazz della mia età di mezzo: non c'è niente da fare, non lo rammento. Mi consolo col fatto che ormai sono anni che non mi occupo più di jazz e che i concerti ai quali assitevo risalgono ad almeno trent'anni fa: una dimenticanza è tollerabile.)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
25 agosto 2021
Dichiarare la propria vecchiaia (21-098bis)
Dichiarare la propria vecchiaia. (21-098bis)
A volte mi capita di ricordare ai miei interlocutori la mia vecchiaia, cioè ribadire che non sono più giovane.
Per ora, orgogliosamente (per lo più).
Ultimamente però ho usato l'affermazione con altro significato. E precisamente nel senso di ricordare agli altri i miei limiti. Di forze, di energia, di lucidità. In modo difensivo dunque, rispetto a prestazioni che mi venivano richieste come se fossi un mezz'età.
Perchè nella realtà i più giovani dimenticano che alcuni altri sono vecchi. E che ciò comporta delle diversità. E delle debolezze (fra le quali, non ultima, che gli anziani possono anche morire!).
Ricordo ancora oggi la volta che un mio vecchio zio lo ricordò a me che ero un pimpante cinquantenne. Forse gli avevo chiesto qualcosa di impegnativo, e mi rispose: "Ma guarda che io ho 75 anni!"
Mi accorgo ancora che tale dichiarazione la faccio per sottrarmi a compiti di un certo impegno. Per esempio andare a prendere un nipote all'asilo e dopo mezz'ora dover andare a prendere l'altro nipote a scuola, che però si trova a dieci chilometri di distanza!
(È anche un modo per non fare ciò che ci viene richiesto, se non abbiamo voglia di farlo!)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
23 agosto 2021
Piccolissime cose (21-098)
Piccolissime cose. (21-098)
Nella mia lunga vita (ormai lo posso dire che è stata lunga, a 75 anni suonati!) ho assistito a vari cambiamenti epocali. In politica interna, nella tecnologia, nel clima, in geopolitica, eccetera. Non ultimi la pandemia, le vaccinazioni di massa e il ritorno dei talebani in Afganistan.
Due cambiamenti importanti, dei quali però non si parla, riguardano la scoperta del ruolo fondamentale, per la salute, dei batteri che ospitiamo nell'intestino (dopo il 2006) e, più recente ancora, l'importanza del mondo vegetale per la sopravvivenza del genere umano sulla terra.
Di quest'ultimo vorrei trattare, perchè ha risvolti anche nella vita di tutti i giorni.
Il verde ci fa bene.
Non solo come cibo. Bensì anche come presenza nella nostra vita quotidiana.
Si è cominciato a costruire grattacieli verdi, pieni di piante. Ma prima ancora, già verso la fine del XX secolo, in Giappone si è cominciato a dire che gli alberi guariscono gli esseri umani. Oggi si parla correntemente di medicina forestale e, a prestare un pò d'attenzione, quando si sta in un bosco per alcune ore, ci si sente rigenerati. Oggi vi sono le prove (scientifiche) che ciò corrisponde al miglioramento di numerosi parametri vitali.
Il botanico Stefano Mancuso, noto per aver sottolineato per primo che i vegetali hanno un sistema nervoso paragonabile a quello animale (sia pur senza neuroni), dice da tempo che tutti i problemi dell'umanità sarebbero risolti piantando mille miliardi di nuovi alberi sulla terra. Cifra spaventosa, ma che corrisponde a circa 100 alberi a testa, che si possono agevolmente piantare in due o tre anni da parte di ciascuno di noi.
Il problema è: che cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolissimo, per favorire questa riscoperta dei vegetali nella vita del pianeta terra? Senza per questo impegnarci in spedizioni in Amazzonia, per impedire la continua deforestazione di quella regione?
Possiamo fare molto.
In condominio, negli anni passati, come pensionato anziano, mi sono assunto il compito di proteggere dalle erbe infestanti il manto di cemento che conduce ai garage. Lo facevo a mano, strappando le numerore erbe che ogni anno vi crescono, per evitare che queste ultime rovinassero la superficie cementificata. Lo stesso facevo sulle recinzioni esterne della proprietà condominiale. Mi pareva di fare un gran cosa, perchè non usavo diserbanti chimici.
Quest'anno non l'ho più fatto, perchè quelle erbe hanno foglie che producono ossigeno: un mio piccolissimo contributo al mondo vegetale. Probabilmente quelle malerbe (che nome sbagliato!) fra alcuni anni (10-20?) avranno rovinato il cemento: e allora? Si troveranno altre soluzioni, ma intanto per decenni ci avranno regalato i loro benefici.
Quanti di noi mangiano frutta? Siamo in molti. Che ne facciamo dei semi che derivano dai frutti mangiati? Spesso li gettiamo con noncuranza nel rifiuto organico.
Sbagliato!
Teniamoli da parte e alla prima occasione, spargiamoli in zone verdi abbandonate: la natura saprà bene che cosa farne.
Piccolissime cose.
Ma così rispondeva il colibrì della leggenda africana, sull'incendio della foresta, che trasportava nel suo piccolissimo becco qualche goccia d'acqua e la gettava sulle fiamme: "Faccio la mia parte!"
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
22 agosto 2021
Ai vecchi resta solo il mangiare (21-097)
Ai vecchi resta solo il mangiare. (21-097)
Frase riferita agli anziani, che, anche in età avanzatissima, non disdegnano la buona cucina, i manicaretti e tutto ciò che solleciti il loro senso del gusto, che per giunta mangerebbero in abbondanza.
Fra i vizi subentra dunque il cibo, mentre gli altri tramontano (bacco, tabacco e venere).
In effetti il cibo è anche un piacere, che andrebbe aggiunto ai piaceri della vita, con le cautele del caso. Diversamente da bacco e tabacco, che pur essendo piaceri andrebbero consumati con molta, molta moderazione (per non dire eliminati, almeno nella terza età: vedi le Linee guida per una sana alimentazione italiana del Crea, 2019).
In effetti dal mio punto di osservazione confermo quanto ho scritto sopra. Ho raggiunto i 75 anni e mangio moltissimo (almeno è ciò che sostiene la mia compagna). Bisognerebbe aggiungere che il tipo di cibo che consumo è (in grande prevalenza) vegetale e crudo: contiene dunque il 90% di acqua. Ne mangio molto, ma è in gran parte acqua.
Ma non voglio eludere il problema, cioè che i vecchi sono in realtà attaccati al cibo, ben oltre le proprie necessità caloriche (si muovono molto poco). E aspettano con ansia il momento dei pasti.
Capita anche a me di pensare in anticipo al cibo che mangerò al pasto successivo, di occuparmene, di immaginarmelo. E poi sempre di mangiarlo con molto gusto.
È vero che è uno degli interessi culturali (di più, una vera passione) della mia vita. Ma nel mio approccio agli alimenti vi è un vero attaccamento, in linea con quello dei miei coetanei, non dipendente dal sapere e dalle informazioni, bensì legato proprio al suo consumo.
A mettermelo letteralmente in bocca, anzi nello stomaco.
In fondo si tratta di una dipendenza...
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
17 agosto 2021
Quando si è morti si è morti e quando si è vivi si è vivi * (21-096)
Quando si è morti si è morti e quando si è vivi si è vivi.* (21-096)
Non credo che esista affermazione più lapalissiana di questa. Così banale da non dovervi dedicare nessun altro tempo per approfondimenti.
E invece nasconde il mistero.
La cesura profondissima fra l'essere vivi e l'essere morti. Ogni vivente lo capisce subito quando si trova di fronte al corpo di una persona morta da poco.
Tutto ciò ha ricadute pratiche e di pensiero di non poco conto.
All'inizio della mia entrata nella vecchiaia, mi pareva che gli anni che avevo davanti dovessero essere impiegati nella preparazione alla morte prossima (o presunta tale). Ma nella vita vera di un vecchio vero ciò non accade, se non forse negli ultimissimi tempi (mesi).
Quando si è vivi ci si occupa soltanto di vivere, non della fine, per quanto prossima possa sembrare. Occuparsi di vivere non significa fare grandi sforzi di ripensamenti filosofici, spirituali o di bilancio della propria vita. Significa soltanto vivere, nella dimensione più elementare possibile. Respirare, muoversi, pensare a quello che si deve fare eccetera eccetera. Minuzie, cosucce.
Vita.
Sembra l'ennesima versione del dono di Prometeo agli esseri umani: la cecità di fronte alla morte.
Invece quando si è morti, si è morti. Ma a differenza dell'esperienza della vita, dell'essere morti non abbiamo alcuna esperienza. Vale a dire che nessuno ha avuto contemporaneamente esperienza del vivere e dell'essere morto.
Non so chi l'abbia detto, ma della morte sappiamo soltanto questo: non ne sappiamo nulla.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
16 agosto 2021
Memorie (21-095)
Memorie. (21-095)
Il funerale di una mia collega di lavoro (di trent'anni fa, vedi 21-088) ha fatto riemergere nella mia memoria molti fatti di quell'epoca.
Più volte ho scritto che quando si entra in una nuova fase della vita, si tende a dimenticare il passato, come se la nostra vita fosse soltanto quella che stiamo vivendo. E con una vita che è giunta alla vecchiaia, di fasi diverse se ne sono vissute varie. Dunque, in fondo, più vite, ma soltanto l'ultima è quella che si ricorda. Così ho sostenuto.
Non è vero.
Mi è bastata la morte di qualcuno di una fase passata (e sepolta), per farmi tornare alla mente una miriade di fatti, che mi sembravano dimenticati totalmente. E fatti precisi, non sfumati come nei ricordi che riguardino per esempio l'infanzia.
La nostra vita è sì fatta di molte parti, delle quali sembra di ricordare poco, ma nel profondo sono stratificati numerosi ricordi, che aspettano soltanto un piccolo stimolo per tornare a galla.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
13 agosto 2021
Un passo (21-094)
Un passo. (21-094)
Ieri sera, annunciando alla mia conpagna che andavo a letto, ho aggiunto: "Sono vecchio."
Strana e ovvia dichiarazione fra due persone ultrasettantenni.
È che mi sono sentito veramente vecchio, di più che nei giorni precedenti.
Difficile dire perchè abbia avuto quella sensazione, di essere invecchiato un poco di più da un giorno all'altro. La stanchezza serale era sempre la stessa, ma con un'aggiunta di sofferenza indefinibile. Le motivazioni per continuare a vivere erano più o meno le stesse, ma un pò meno stringenti. Il desiderio di vedere i nipoti l'indomani si era affievolito.
Un passo avanti nella vecchiaia.
Senza dubbio.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
12 agosto 2021
Confronti (21-093)
Confronti. (21-093)
Una mia collega di lavoro, di trent'anni fa, è morta da una settimana (vedi 21-088).
Abbiamo condiviso, allora, impegno professionale, sindacale e umano. Poi ho lasciato quel lavoro (e anche quel mondo) e non ci siamo più visti o quasi. Abbiamo imboccato due strade diverse. Lei si è dedicata sempre più al volontariato e alla solidarietà internazionale, io a varie esperienze di lavoro e a due miei filoni di ricerca: l'agricoltura e il cibo. Ascoltando le testimonianze di amici e conoscenti, durante il funerale, ho scoperto che il suo impegno nel volontariato è cresciuto moltissimo. Prima in Nicaragua, poi in Palestina e infine Saraievo e Haiti. Un esempio di impegno civile per la città in cui vivo, ma anche di respiro nazionale.
Mi è venuto spontaneo fare un confronto, che in estrema sintesi si può sintetizzare in questa frase: lei si è dedicata agli altri, io a me stesso.
Detto così suona come un rimprovero alla mia vita "egoistica" in confronto col suo altruismo.
Eppure ...
Non sento di aver sprecato la mia vita. Certo, a confronto con la sua, la mia impallidisce, ma è come se avessi fatto un percorso comunque dignitoso. Non me ne pento.
Ora che sono vecchio, sono chiamato ancor più a occuparmi di me stesso. Con una riserva: da qualche anno ho accumulato quattro nipoti, dei quali mi sono occupato e mi sto occupando. Un aiuto della vita ad uscire da se stessi, anche se soltanto per quattro personcine invece che per villaggi interi o popolazioni.
La mia collega è un esempio per tanti.
Io no.
Ma occuparsi di bambini, generazione futura, è comunque un valore.
(Forse i confronti fra vite diverse non sono opportuni: meglio non farli)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
11 agosto 2021
Senso di immortalità (21-092)
Senso di immortalità. (21-092)
In questi dieci anni di vecchiaia di prima fascia, più volte ho avuto la sensazione che la morte non mi riguardasse, anche in tempi recenti. Sensazione razionalmente immotivata.
Ora, dopo dieci anni, ho sentito che forse non vivrò così a lungo come talora mi sono immaginato.
Di colpo, ma solo per un istante, ho percepito che il mio orizzonte futuro si sta restringendo. Dieci anni ancora sarebbero tanti. Figuriamoci venti.
Difficile stabilire le cause di questo cambio di opinione.
Forse la morte recente di una mia collega coetanea; o il fatto che mi dovrei operare di prostata, ma ancora non ho avviato alcuna pratica allo scopo; o ancora una certa noia di vivere, che non mi mostra più la vita come desiderabile.
Qualunque ne sia la ragione, il senso di immortalità mi sta abbandonando.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
07 agosto 2021
Dieci anni di diario sulla vecchiaia (21-090)
Dieci anni di diario sulla vecchiaia. (21-090)
Quando in luglio ho compiuto gli anni (75), erano dieci anni da che ho cominciato a scrivere questo diario sulla vecchiaia (il blog l'ho cominciato l'anno dopo). Effettivamente ho quasi duemila pagine di pensieri sulla vecchiaia scritti nella prima fascia (65-75) di anzianità.
Sono soddisfatto.
Non tanto perchè penso di aver scoperto chissà quali idee nuove, bensì perchè ho tenuto duro nello scrivere ogni settimana due o tre pagine. E nell'aver documentato così l'evolversi dei pensieri di uno (soltanto uno, però!) che ha vissuto la prima parte di vecchiaia.
Ha un valore universale tutto ciò? Non credo.
Sarebbe bene che altri vecchi prendessero lo spunto dalla mia fatica per fare altrettanto e arricchire di dati quest'età.
Ora li rileggerò e ne farò una cernita, in vista di una pubblicazione (sempre che qualcuno voglia stamparla).
Ed ora?
Continuerò, perchè comincia la parte meno conosciuta, quella dai 75 anni in su.
Forse la più interessante.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
06 agosto 2021
Sta cambiando tutto e non ce rendiamo conto (21-091)
Sta cambiando tutto e non ce ne rendiamo conto. (21-091)
Quando cominciò la pandemia, un anno e mezzo fa, ebbi la sensazione che fossimo di fronte a un evento speciale, che avrebbe potuto cambiare molte cose nel mondo (vedi 20-031 e 20-032).
A distanza di tempo osservo che ero stato facile profeta.
Stanno cambiando, in peggio.
Non mi riferisco tanto al fatto che la pandemia non mostra di rallentare, nonostante il cosiddetto vaccino (anche perchè non lo si inietta a tutta la popolazione mondiale, perchè i brevetti non sono stati sospesi, con una miopia incredibile); quanto piuttosto alla messa in dubbio della libertà di cura, al fatto che si censurano sistematicamente tutte le voci dissonanti, al solo scopo di convincere tutti a vaccinarsi, si vogliono vaccinare anche i bambini, nonostante che per essi il vaccino non sia necessario, e ,cosa più grave di tutte, si falsificano i dati.
Per esempio con la errata traduzione in italiano di una risoluzione europea che contemplava anche coloro che non vogliono vaccinarsi, mentre nella traduzione ufficiale in italiano tale voce è stata saltata!
Oppure quando si insiste a dire che i vaccini attuali non sono sperimentali, il che è falso.
La cosa peggiore sta nel fatto che si criminalizza chi ha deciso di non vaccinarsi, perchè ritiene il vaccino pericoloso e sconosciuto (negli effetti a lunga scadenza). Non si dà nessuno spazio ai cosiddetti no vacs (che poi in realtà sono no vaccino obbligatorio), dando per scontato che siano un manipolo di incoscienti e incompetenti (e molti sono medici!).
Tutti la dobbiamo pensare in un solo modo.
All'anima della democrazia.
Siamo all'anticamera di una deriva autoritaria. Con l'apparenza di democrazia.
(chi mai cita i 423 morti in Italia direttamente legati all'assunzione del vaccino? se lo si fa è soltanto per paragonarli ai 127.000 morti dovuti al virus e si dice: vedete che funziona? Mi si deve dimostrare però che quei morti, 423, sarebbero morti ugualmente per covid, se non si fossero vaccinati)
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
05 agosto 2021
Cose normali (21-089)
Cose normali. (21-089)
Al funerale, del quale ho scritto nella pagina precedente, vi erano molti vecchi. Della mia età e anche più anziani. Ebbene quelli più anziani, diciamo con oltre 80 anni, erano tutti in qualche misura lesionati. O zoppicavano. O erano esageratamente curvi. O traballanti nel loro equilibrio.
Ottant'anni rappresenta un'età di confine, per la manifestazione (anche visibile) di problemi fisici. Non è detto che tutti dopo gli ottant'anni la manifestino. Ma è molto probabile.
È normale, perchè stupirsene?
Non mi stupisco, semplicemente lo registro.
Lo ricordo prima di tutto a me stesso: questo è un esito probabile, in età tarda.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
01 agosto 2021
Morte di una collega (21-088)
Morte di una collega. (21-088)
La collega, alla quale accennavo nella pagina 21-085, è morta ieri.
Oggi sul giornale è comparso un articolo sulla sua scomparsa, perchè si trattava di una persona di rilievo cittadino. Un bell'articolo che ricordava le sue qualità, il suo impegno civile, la partecipazione trentennale a tutte le iniziative sulla pace della mia città.
Mi sono chiesto se anche per la mia morte scriverebbero qualcosa sul giornale cittadino. Credo di no, anche se per molti anni mi sono
impegnato anch'io in qualcosa di ideale, come l'agricoltura e il cibo.
Me ne dispiaccio, provo invidia?
No, assolutamente.
Pur riconoscendo il valore della collega, pur avendomi fatto piacere leggere quelle parole sul giornale, non vorrei che fossero applicate anche a me.
Qualche anno fa avevo scritto questo pensiero: meglio distaccarsi dalla vita in silenzio e senza clamore. Lo penso ancora. Solo che ciò è applicabile naturalmente a chi muore in tarda età. A 74 anni la morte lascia ancora perplesso qualcuno.
Il marito della mia collega, annunciandomi la prossima fine della moglie, mi disse: "Peccato!" Forse voleva dire che aveva ancora progetti in corso di realizzazione, che era nel pieno della vita eccetera eccetera.
Ma se invece fosse morta a 84 anni? Forse l'età avanzata le avrebbe fatto mollare la presa sulla vita.
E a 94? Forse pochi si sarebbero ricordati di lei.
E allora in tarda età è normale, è meglio uscir di scena in punta di piedi.
Senza che nessuno se n'accorga.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
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