28 febbraio 2017

Resoconto degli ultimi due mesi (17-033)

Resoconto degli ultimi due mesi (gennaio e febbraio 2017). (17-033)
Numerose le novità emerse in questi ultimi due mesi. Soprattutto sono comparsi segnali propri di vecchiaia, sui quali non avevo mai scritto.
La termoregolazione è uno di questi: da quando sono vecchio patisco di più il caldo, ma anche il freddo (per la prima volta) (17-002). Così come si sono consolidati i segni d'invecchiamente della psiche (17-010, -011 e -032), riprendendo idee del 2016 (16-101, -102, -103).
Al n. 17-020 ho cominciato a raccogliere gli indicatori puri di vecchiaia, a cui aggiungere i due appena citati. Altro segno importante è la distanza che aumenta fra la nostra immagine interiore e il nostro aspetto esteriore: anche questo è un segnale puro della terza età (17-027). E pure la diminuzione della forza, come mi è apparsa nel mio meccanico (17-029).
Sono comparse le prime avvisaglie della perdita di controllo sul corpo: argomento carico di significati, che influisce molto su come si vive la vecchiaia (17-031).
Sto cambiando idea sulla cessazione del lavoro (17-018 e -030): comincio a pensare che sia una buona cosa.
In questo bimestre mi sono chiesto se le mie idee stanno cambiando per l'involuzione della mente: la conclusione momentanea è no, sto invece acquisendo nuove idee interessanti sul piano delle scoperte, ma non mi pare di avere sclerotizzato la mia mentalità (17-001, -004, -005, -017, -026) (dovrebbero dirlo altri, però!).
Qualche idea nuova anche sulla morte e su una vita lunga (17-013, -019, -024).
Ho fatto poi una sintesi del mio modo di alimentarmi: c'entra con la vecchiaia, ma testimonia anche una mia grande passione (o una mia grande mania!): vedi 17-014, -015, -016.
Ho capito infine come troppe parole siano inutili, come valga molto l'esempio e come in vecchiaia si potrebbero fare grandi cambiamenti interiori: tanto non si ha più nulla da perdere (17-021, -023, -025).

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

27 febbraio 2017

Nuovi timori (17-032)

Nuovi timori. (17-032)
La mia compagna insiste perchè si cambi casa.
Abitiamo al terzo piano, senza ascensore. 
Non siamo tanto vecchi, ma, fra non molto, le scale saranno un problema. L'abbiamo visto con i nostri dirimpettai quasi novantenni che faticano non poco: le scale impediscono loro i movimenti.
Dobbiamo trasferirci in una casa con l'ascensore.
Questo problema c'è l'avevo ben in mente, ma prendevo tempo. Mi dicevo di avere ancora qualche anno per rifletterci, trovare una soluzione ed eventualmente cambiare casa.
Non è così.
Mi sono accorto che è bene farlo in fretta.
Gli impedimenti al cambio di casa degli anziani sono soprattutto psichici.
Ci si spaventa di fronte al trasloco (necessariamente si butteranno via molte cose), al cambio di abitudini, di coinquilini. Ci si spaventa per le varie questioni contrattuali, economiche, burocratiche che si dovranno affrontare.
A quest'età si deve considerare l'invecchiamento della mente.

Mi sono accorto di temere il cambio di casa, nonostante che io sia ancora in forze e possa sopportare le fatiche fisiche di un trasloco.
I miei timori partono dalla psiche.
Dopo cinque anni di vecchiaia, mi pare decisamente invecchiata (vedi 16-102).

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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26 febbraio 2017

Il controllo (17-031)

Il controllo. (17-031)
Stavo spingendo il divano, dalla parte dello schienale, fuori dalla sua posizione, per prendere degli oggetti che erano scivolati sotto. É un divano pesante. Facevo un discreto sforzo. D'improvviso sono scivolato, perdendo la presa dei piedi. Mi sono ritrovato sbilanciato e sono caduto in avanti, ma, facendo perno sullo schienale, ho quasi fatto una capriola.
Strana la sensazione: mi sono sentito completamente in balia di forze esterne, sulle quali non avevo potere.
Mi sono sentito come se avessi perso totalmente il controllo sul corpo. 
Solo per un attimo. Poi l'ho ripreso.
La stessa sensazione avevo avuto qualche mese fa, cadendo da una scaletta.
E, ancora, un paio d'anni fa, scivolando su un sentiero in montagna: lo zaino di 10-12 chili mi aveva completamente sbilanciato, facendomi andare dove voleva lui.

Nella vecchiaia si perde (lentamente, per fortuna) il controllo del corpo, fino all'ultimo atto di vita, in cui si perde del tutto e definitivamente.
Tutte le mie cure per la salute vanno nella direzione di contrastare questa perdita.
Ma la via è tracciata in un'unica direzione, non si torna indietro.
Dovrei convivere con questa situazione, invece la contrasto con ostinazione.
Battaglia persa.
Ma da combattere.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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24 febbraio 2017

Tempo (17-030)

Tempo. (17-030)
Ho smesso di lavorare circa dieci mesi fa, a settant'anni. 
L'ho fatto per vari motivi, per lo più di ordine familiare: avere più tempo da dedicare ai miei nipoti, alla mia compagna, alle cose che mi interessano.
È avvenuto proprio così, ma il tempo che sono riuscito a ricavare per me è scarso. Non solo perchè gli altri impegni mi hanno fagocitato: anche perchè faccio tutto più lentamente.
Andando in pensione uno si figura di non riuscire a impiegare il proprio tempo liberato dal lavoro, di potersi annoiare, di avere tanto tempo a disposizione.
Non è così (almeno per me).
Faccio tutto con più rilassatezza, i tempi di ogni singola azione si dilatano, poi vi sono tempi morti che sfuggono via senza che me ne accorga.

Nei primi anni di questo diario ho scritto che non si dovrebbe mai andare in pensione, cioè smettere di lavorare. Ora non lo penso più. Sia perchè da vecchi si diventa più lenti e si sostiene con fatica il ritmo del lavoro, sia perchè, facendo tutto con più lentezza, tempo utile per il lavoro ne resta poco.

Se ragiono freddamente, fare tutto più lentamente è un altro modo per appropriarsi del proprio tempo!
(altre pagine sul pensionamento: 40 e 52 del 2012 e 17-018)

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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23 febbraio 2017

Il vecchio meccanico d'auto (17-029)

Il vecchio meccanico d'auto. (17-029)
Da vent'anni porto l'automobile a riparare sempre nella stessa officina. 
Conosco bene e ho stima del meccanico che vi lavora.
Quando ho cominciato a frequentarlo non era giovane. Fatalmente ora è diventato vecchio (settantacinquenne). I meccanici sono gente che deve possedere una certa forza nelle mani e nel corpo (oltre a una grande precisione e attenzione).
Ieri sono passato da lui perchè non riuscivo ad aggiustare il cavalluccio a dondolo di mia nipotina. E anche per farmi regalare dei cuscinetti a sfera. Voglio costruire un carrettino per mio nipote grande.
Il meccanico aveva riposto i cuscinetti in un secchio, su una scaffalatura bassa. Si china per afferrarlo e vedo che fa un notevole sforzo per toglierlo dalla sua posizione.
Mi dice: "E' pesantissimo."
Una volta postolo sul pavimento, mi invita a verificare il suo peso. Lo afferro e, sorpresa, lo sollevo senza molti sforzi. É vero che aveva tolto un pezzo che sarà pesato sui due kg, è vero che ero in una posizione ottimale (in piedi, sulla verticale del secchio), ma il secchio non mi è sembrato poi tanto pesante. E io non sono un uomo forte.
Il mio meccanico, diventando vecchio, si è indebolito.

Un'altra delle caratteristiche intrinseche della vecchiaia: minore forza.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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22 febbraio 2017

Una mia parente ha il cancro (17-028)

Una mia parente ha il cancro. (17-028)
Ha appena sessant'anni.
E, proprio agli inizi della vecchiaia, si è ammalata di cancro al seno.
La sua vecchiaia sarà segnata da questa malattia: se va bene, per timore che si ripresenti; se va male, perchè la sua vita finirà fra pochi anni, senza arrivare alla terza età (in senso proprio, cioè i 65 anni).
Sta seguendo il protocollo dell'ospedale civile della sua città, fatto di chemioterapia e radioterapia. In più quell'ospedale attua una nuova forma di cura, l'immunoterapia, scoperta negli ultimi anni. Finalmente la medicina si concentra sul sistema immunitario (cioè quello che dovrebbe prevenire le patologie), invece di concentrarsi sulla distruzione delle cellule cancerose (devastante perchè sono attaccate anche le cellule sane).
Le hanno dato una probabilità di guarigione del 75%. Abbastanza buona: hanno taciuto però se questa percentuale si riferisca a una sopravvivenza di cinque anni o di vent'anni. 
C'è una bella differenza!

Mi sono tornate in mente le idee di Paolo Mainardi nel libro Alla ricerca dell'Una (medicina): nella cura del cancro bisognerebbe puntare sui meccanismi naturali che favoriscono la riparazione cellulare oppure su quelli che favoriscono la morte naturale delle cellule cancerose. In quest'ultimo caso il triptofano (amminoacido essenziale, precursore della serotonina) gioca un ruolo importante: aumentarne la quantità potrebbe aumentare le possibilità di guarigione dal cancro. E Mainardi ha scoperto come.

Mi convinco sempre più che i sistemi di cura sono legati alla possibilità di profitto dell'industria farmaceutica (non riguardano la salute).
E che le malattie della terza età non hanno nulla a che fare con la vecchiaia.
 
(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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20 febbraio 2017

La mano sulla spalla (17-027)

La mano sulla spalla. (17-027)
Ero al supermercato.
Non trovavo le noci sgusciate al solito posto e le stavo cercando. La mia compagna mi ha ricordato di prendere anche le olive denocciolate. Queste invece, sapevo dove trovarle.
Mi sono rivolto a un commesso per chiedere dove si trovasse lo scaffale delle noci. 
Mi ha indicato lo scaffale delle olive. 
Sono rimasto perplesso. Poi ho capito. Avevo chiesto "olive sgusciate" invece di "noci sgusciate". Il commesso ha sorriso e mi ha indicato anche lo scaffale delle noci. 
Nel farlo mi ha messo una mano sulla spalla. Mi è parso per affettuosa comprensione e non per compatimento. Ho sorriso anch'io e sono passato alle casse.
Uscendo ho lanciato una breve occhiata allo specchio che c'è prima dell'uscita.
Dio mio che vecchio che mi sono apparso!
Il sorriso del commesso era giusto, mi aveva visto per quel che ero: un vecchio.
E gli anziani si sbagliano più facilmente dei giovani. 
Bisogna aiutarli.

Comincia a farsi ampia la separazione fra il mio aspetto esteriore e la mia sensazione interiore. Dentro, io non mi sento vecchio. Mi sento vecchio soltanto se guardo la mia immagine.
Ma devo farlo distrattamente, altrimenti l'immagine interiore offusca quella esteriore.

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18 febbraio 2017

Diarrea (17-026)

Diarrea. (17-026)
Nei giorni scorsi i miei cani hanno avuto la diarrea. Ho cominciato a somministrar loro un farmaco per fargliela passare. Mi era successo anche in passato.
In casa mia chi si occupa dei farmaci per i nostri animali è la mia compagna. Io mi limito a dar loro le pastiglie che mi procura. Però il nome del farmaco mi ha incuriosito. Mi sono letto il foglietto illustrativo. Sorpresa: non si trattava dei soliti farmaci chimici che in passato avevo loro somministrato, bensì di colonie di batteri (enterococcus faecium). Funzionano alla grande.
Ne sono stato colpito perchè recentemente mi sto interessando molto ai batteri che ospitiamo nel nostro intestino (vedi n.16-085, 16-086, 16-110). È la mia ultima passione da vecchio. Credo che siano la base del nostro vivere in salute o in malattia. Io stesso, con la mia dieta, ho cercato di allevarmi una colonia di batteri buoni (e forse ci sono riuscito).
Negli stessi giorni mettendo un pò d'ordine in casa, abbiamo scovato dei farmaci per la nostra gatta, perennemente malata. Farmaci che non siamo mai riusciti a somministrarle. Prescritti dal veterinario un paio d'anni fa. Dovevamo decidere se cestinarli o usarli per i due cani. Nuova sorpresa: anche in questo caso si trattava di batteri (lactobacillus reuteri).
Sto scoprendo che, anche se la medicina ufficiale misconosce l'importanza dei batteri intestinali per la salute, i veterinari sono molto più avanti dei medici e ne fanno buon uso. Certo, ancora limitatamente alle affezioni gastro intestinali, ma almeno loro li usano.
Invece ancora adesso i medici, in caso di terapia antibiotica, (che ammazza una buona parte di batteri, quelli nocivi, ma anche quelli positivi) stentano a dar importanza alla ricostituzione della flora batterica intestinale "buona", limitandosi a consigliare genericamente i fermenti lattici (a dire il vero, i medici naturopati li prescrivono già da trent'anni!).
Venuto a contatto due anni fa con queste ricerche (relativamente nuove), non pensavo che vi fossero già protocolli terapeutici per ricostruire una flora intestinale buona.
Mi sento già nel futuro.
Se si vive a lungo ...

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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17 febbraio 2017

Troppe parole (17-025)

Troppe parole. (17-025)
Ho visto in tv un documentario sulla società svedese.
Mi ha colpito l'organizzazione dei loro corsi per immigrati.
E i punti salienti delle abitudini svedesi che i corsi cercavano di far comprendere ai nuovi arrivati.
Uno su tutti: gli svedesi non amano troppe parole.
Se devono rispondere affermativamente a una domanda preferiscono dire semplicemente "sì" (una parola) e non "assolutamente sì, certo" (tre parole), tanto per fare un esempio banale.
Quest'abitudine svedese è un invito all'essenzialità. A non sprecare, neppure le parole.

L'ho collegato subito alla vecchiaia. Mi sembra un ottimo invito per chi è vecchio.
Meno parole significa meno protagonismo, meno impronte nella realtà.
Significa vivere in punta di piedi. E allenarsi ad andarsene in punta di piedi.
Che se ne fanno gli altri delle nostre inutili parole?
Mi tornano in mente le parole di U. Gallimberti:  
gli anziani più che parlare devono saper ascoltare.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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16 febbraio 2017

Gli ultimi giorni (17-024)

Gli ultimi giorni. (17-024)
Una conoscente, ultranovantenne.
Ricoverata in ospedale per una emorragia interna. Una vena importante dell'addome non tiene più. È chiaro che è in fin di vita.
Data per spacciata, si è ripresa. E ora è in bilico fra vita e morte.
I figli sono più preoccupati per il protrarsi dell'incertezza che non della sua morte.
Età, varie patologie, scarsa autonomia fanno sì che tutti si aspettino la sua fine.
Come una liberazione.

Negli ultimi giorni di vita siamo un peso per molti.
La nostra dipartita è inevitabile: tanto vale sbrigarsi in fretta.
La prossimità e l'ineluttabilità della morte cambiano tutti i rapporti. Anche chi ci ha voluto bene, si augura che ce ne andiamo.
Nel loro cuore siamo già morti.
Sia perchè non c'è futuro per chi è alla fine della vita, sia perchè spesso si è di peso per i familiari, sia perchè i parenti più prossimi sono anziani anch'essi, con ridotte capacità ed energia.
È una contraddizione insanabile, la morte delle persone molto anziane, per quanto amate, è invocata.
La morte è un dovere, per chi è molto anziano.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
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12 febbraio 2017

L'esempio* (17-023)

L'esempio.* (17-023)
Ho scritto che i vecchi posseggono un prezioso patrimonio di conoscenze ed esperienze. 
Se non altro perchè hanno vissuto a lungo (e se non sono proprio stupidi).
Eppure le altre età (e la società nel suo insieme) non usufruiscono di questo sapere.

Quando avevo quarant'anni mio padre ne aveva circa settanta. Non ricordo di aver valutato come importante la sua esperienza. Volevo far da solo e così mi trinceravo dietro un giudizio di conservatorismo nei suoi confronti. Non lo ascoltavo proprio.
Facendo così grossi errori nella vita (me ne accorgo adesso).
Ora mi lamento che le età giovani non si avvalgono delle competenze dei vecchi.
Ho fatto anch'io lo stesso.
Forse ha ragione Umberto Gallimberti quando sostiene che i giovani l'esperienza devono farsela da soli e che i vecchi possono al massimo prestare loro ascolto.
È così?
Ripensando ora a mio padre, sento che di lui mi è rimasto il ricordo dell'impegno che metteva nel lavoro. Lo voleva fare bene. Così anche alcuni altri zii: svolgevano con cura, passione e inventiva i loro lavori.
Ciò che noi vecchi possiamo trasmettere è l'atteggiamento verso la vita.
E, prima ancora di altri valori, l'impegno e la coerenza.
Le nostre valutazioni sulla vita, le nostre conoscenze, le nostre esperienze non le comunichiamo coi discorsi, ma con l'esempio.
Possiamo trasmettere ciò che siamo, non ciò che diciamo.
Ciò vale per i figli.

Coi nipoti possiamo trasmettere molto di più con le parole, possiamo letteralmente insegnare loro un mucchio di cose.
Temo però che nei loro ricordi resterà la nostra attenzione nei loro confronti, l'affetto con cui li trattiamo, la comprensione e l'accoglienza.
Non le nostre parole.

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11 febbraio 2017

Giudicare i figli (17-022)

Giudicare i figli. (17-022)
Mio figlio si lamenta perchè si sente giudicato.
Da me.
Ha formato da pochi anni una sua famiglia, che cerca di trovare un proprio modo di vivere.
È legittimo.
A me sembra di non interferire con le sue abitudini, con i suoi modi di impostare l'esistenza. Però forse non è così. Comunque lui vive il mio giudizio, anche se non espresso con parole.
In quarant'anni di vita, molte sono le ferite, le delusioni che un figlio riceve da un padre. E quindi le incrinature nel rapporto ci sono sempre.
Però ...
Vi sono due aspetti che rendono inevitabile il giudizio.
Il primo riguarda i nipoti. 
È vero che sono figli dei loro padri, ma sono anche nipoti dei nonni. Cioè i nonni hanno il dovere, prima che il diritto, di vigilare perchè i nipoti abbiano il meglio dai loro genitori. E se vedono aspetti negativi devono dichiararlo. Non importa se i figli si risentono. È necessaria la dialettica genitori-nonni per il bene dei bambini. Ma il giudizio deve vertere su questioni assolutamente fondamentali e non su altre questioni.
E qui il terreno è accidentato. Difficile discernere con oculatezza. Vi possono essere differenti scale di valori.
Ma i nonni devono intervenire.

Un secondo aspetto riguarda la durata diversa delle vite di genitori e figli.
Quei venti-trenta anni di differenza pesano.
Da vecchio il mio ragionamento è: ho vissuto venticinque anni più di mio figlio; se non sono un idiota, quegli anni in più mi hanno donato un pizzico di conoscenze, esperienze, relazioni, riflessioni in più. Come ho scritto altrove, è come se fossi più in alto, nella vita; vedo l'esistenza da una prospettiva diversa (migliore). Sento la necessità di segnalarlo a mio figlio.
Libero lui di accoglierlo o no.
Se è no, me ne devo fare una ragione.
Ma il giudizio ci deve essere.

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10 febbraio 2017

Fissità* (17-021)

Fissità. (17-021)
Ho la tendenza a star fermo, a non cambiare niente nella mia vita.
E la vecchiaia è un'età in cui tale tendenza si accentua.
Per cambiare occorrono progetti, motivazioni, futuro. E da vecchi si sente che si è alla fine della vita, il futuro è breve. Perchè cambiare, allora?
Durante l'età matura, la mia frase preferita, quando qualcuno mi chiedeva di cambiare, era: sono venti, trent'anni che sono fatto in questo modo, non cambierò più.
So che la vita si basa sul cambiamento: c'è vita se c'è trasformazione.
Ma questo solo in teoria. In pratica sono molto resistente a qualunque mutamento.
 
Ho sperimentato che si può modificare questo atteggiamento. 
Perchè è solo una questione mentale. Basta cambiare prospettiva.
Infatti: se non si vuol cambiare è perchè si teme di averne un danno. Ora nell'ultima età, incombe il danno maggiore di tutti: la fine della vita. Che importanza possono avere danni minori come un modesto cambiamento di abitudini, un qualche sforzo in più per comunicare con chi ci sta vicino, una trasformazione di vita?
Nessuna.
Così nella vecchiaia si può fare quello che non si aveva mai fatto: diventare attori di mutamenti, invece di essere sempre al traino di altri (per di più col freno tirato).

È da tempo che la mia compagna mi chiede una maggior comunicazione.
Vecchia querelle fra uomini e donne.
Finora queste richieste mi trovavano passivo, o meglio, oppositivo.
D'improvviso ho pensato: perchè non provare un altro modo di vivere? Nel quale comunicare sia importante? Anche perchè ho scelto di passare la mia vecchiaia con lei.
E "passare la vecchiaia insieme" non può voler dire soltanto "stare sotto lo stesso tetto".
Non credo di perderci troppo (probabilmente ci guadagno).

La vecchiaia può portare anche questo: cambiare di colpo ciò che non si è mai cambiato,
per il gusto di di provare.
Perchè è rimasto poco tempo.

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09 febbraio 2017

Confronti* (17-020)

Confronti.* (17-020)
Sono sempre alla ricerca di aspetti della vita che siano tipici della terza età.
Li si può chiamare indicatori di vecchiaia.
Spesso questi indicatori sono spuri, nel senso che hanno a che fare con le malattie piuttosto che con l'ultima fase della vita. Fin dai primi anni di diario, mi sono reso conto che le degenerazioni senili sono figlie di patologie più che non di vecchiaia vera e propria. 
Resta il problema di scoprire quali siano gli indicatori puri, non ascrivibili allo stile di vita, ma alla vecchiaia in sè.
Idea: confrontare il mio stato attuale (70 anni) con lo stato di dieci anni fa (piena maturità, ma non ancora vecchiaia), per quel che posso ricordare.
Dieci anni fa (60 anni), ero ancora in piena forza, non ricordo malanni particolari. Ricordo solo una diminuzione progressiva di libido.
La situazione peggiorò qualche anno più tardi, attorno ai 63-67 anni. Mi comparve una ipertrofia prostatica benigna (IPB), cominciai ad avere dei dolori a una spalla e poi al nervo sciatico, una caduta da bicicletta mi lasciò per mesi un dolore al ginocchio.
Ero anche molto stanco al pomeriggio/sera, mi pareva di avere problemi di equilibrio, di memoria, di perdita d'udito e di vista. E successivamente finii all'ospedale per problemi apparentemente cardiaci.
Insomma il mio ingresso nella vecchiaia si presentava come un quadro a tinte fosche.
Sono passati ancora alcuni anni: la situazione è nettamente migliorata.
Poichè rasento la mania nell'osservazione quotidiana del mio stato di salute, non faccio l'elenco dei numerosi fastidi che sono cessati (ne ho contati una ventina!), soprattutto da quando pratico un'alimentazione vegana crudista alcalina. Accenno soltanto ad alcuni, che sono frequenti negli anziani: sono cessati le afte in bocca, il tartaro sui denti, le apnee notturne, il mal di stomaco, pruriti vari, le perdite di equilibrio, la saliva di traverso, le unghie ispessite o fessurate e così via.
Che cosa è restato?
Il calo notevole del desiderio sessuale, una certa perdita dell'udito, il permanere della IPB, una certa perdita di memoria. E una maggiore lentezza nei movimenti e nelle risposte nei dialoghi.
Ecco, forse questi sono indicatori puri di vecchiaia.

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03 febbraio 2017

Matusalemme (17-019)

Matusalemme. (17-019) (03/02/17)
Leggendo i libri di Mauro Biglino, sulla traduzione letterale della Bibbia, si resta sconcertati da come cambia ogni prospettiva. Cadono tutte le interpretazioni spiritualistiche, monoteistiche, religiose e resta un contenuto storico.
Difficile da credere, soprattutto perchè siamo incrostati da millenni di deviazioni dal senso letterale, utilizzate per farne il fondamento di religioni. Se però si riesce a liberarsi dalle interpretazioni spurie, si gusta il libro come resoconto di fatti avvenuti. Sorprendenti.
Nella Genesi (Bibbia) sono elencati una serie di personaggi pre-diluvio con le loro età.
Colpisce sempre tutti l'età incredibile di questi patriarchi: diverse centinaia di anni (anche quasi mille, appunto nel caso di Matusalemme)!
Di solito si contesta la bibbia su tali numeri, dicendo che sono sbagliati o che, semplicemente, si tratta di mesi e non di anni.
Ma se invece fosse vero?
Impossibile, si dice, l'homo sapiens non ha questa possibilità di vita lunga nei propri geni.
Non mi permetto di controbattere.
Ma si può lavorare di fantasia.

Viene la vertigine al solo immaginare una vita tanto lunga.
Avere a disposizione dieci vite come quella che stiamo vivendo!
Sarebbe un bene? Sarebbe peggio?
Rispondere a queste domande ha a che fare col nostro desiderio di vivere a lungo.
Per fare che?

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

02 febbraio 2017

Pensionamento (17-018)

Pensionamento. (17-018)
Sono andato in pensione. Definitivamente.
Avevo conservato un lavoro a tempo parziale per qualche anno.
Ora ho lasciato anche questo. Alcuni mesi fa.
Ho già scritto del pensionamento nei primi anni di diario (vedi pagine n. 40 e 52, del 2012).
Riferivo della perdita di ruolo sociale degli anziani, dopo la cessazione del lavoro (io però continuavo ancora a svolgere un lavoro, sia pure parziale).
Ora l'ho provato direttamente: non lavoro più.

La dimensione di una rete sociale, in grado di mantenere relazioni, è limitata a circa 150 individui. Andando in pensione si perde di colpo il contatto con decine di persone. Cioè si cessa di incontrarle, di salutarle, di parlare con loro, di riconoscerle ed essere riconosciuti. Non si tratta di relazioni profonde con tutti. Anzi le relazioni sono superficiali. Ma servono a sentirsi inseriti in una rete sociale. 
E ciò fa star bene. Siamo animali sociali. Amiamo stare in compagnia.
Penso che questo faccia parte del ruolo sociale.
 
Un altro aspetto del pensionamento: nessuno più si avvale delle nostre capacità.
La nostra competenza diventa inutile. Il nostro sapere pian piano svanisce. O meglio: ciò che sappiamo resta, ma resta dentro di noi, inutilizzato. Nessuno se ne può giovare.
Provo un poco di sgomento quando penso a ciò: ho troppo identificato la mia persona con quello che so?
Provo anche un senso di sollievo: non devo più rincorrere nuovo sapere per essere all'altezza di qualche compito. Posso rilassarmi. Posso riposare.

Ho scoperto un altro utilizzo per quello che so: trasformarlo in occasioni di attività con i miei nipoti. Non si tratta di trasmettere saperi (o meglio lo è, ma in modo troppo limitato: sono molto piccoli). 
Ma col mio sapere posso inventarmi delle attività di gioco da fare con i bambini.
È bello.

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