31 luglio 2016

Promemoria (16-113)

Promemoria. (16-113)
L'ultimo dei miei zii è morto alcuni anni fa, a 93 anni, prima che io approdassi alla terza età. Avrei avuto in lui un buon maestro di vecchiaia. Purtroppo prima dei sessantacinque anni m'interessavo poco a quest'età. Così da lui ho imparato poco.
A posteriori, di tanto in tanto, mi vengono in mente alcuni suoi atteggiamenti, che ora connetto con la sua età avanzata e posso confrontare coi miei.
Mio zio aveva sempre sul tavolo di cucina un biglietto con un elenco di cose da fare.
A quei tempi ritenevo fossero delle note della spesa. Ho scoperto poi che erano lavori da fare, azioni da compiere.
Quest'abitudine ce l'ho, pari pari, anch'io.
L'ho presa perchè dopo i sessantacinque la mia memoria si è fatta più labile.
Per non dimenticare, ci si fanno dei promemoria (suscitando l'ilarità dei più giovani che letteralmente non capiscono).
Risposta adeguata a una delle prime perdite che avvengono a una certa età.
Simile all'uso del bastone, quando l'equilibrio vacilla.
L'uso di note, appunti, memorandum, non è tanto una questione di comodità.
È invece un modo per restare aderenti alla realtà.
Caratteristica della vecchiaia è perdere lentamente contatto con la realtà che ci circonda. 
È il modo in cui la natura ci abitua al distacco dalla vita. Sembra un bene dunque, visto in un'ottica profonda. Ma presenta delle difficoltà in quella fase in cui si è vecchi, ma si continua a vivere una vita attiva. Nella quale bisogna pur calarsi nel vivere quotidiano.
Benvenuti promemoria!


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29 luglio 2016

La schiena* (16-112)

La schiena.* (16-112)
Passando davanti alle vetrine dei negozi, spesso butto l'occhio per vederne la mercanzia esposta. Più come gesto automatico, che per reale interesse per quanto viene presentato (a un vecchio gli oggetti interessano sempre meno).
Ma le vetrine riflettono anche l'immagine di chi guarda dentro.
Basta cambiare il fuoco dell'attenzione e si vede se stessi riflessi, invece della merce.
Se poi, invece di fermarsi e mettersi davanti alla vetrina, si gira semplicemente la testa, continuando per la propria strada, ci si vede di profilo. Tutto il corpo.
Proprio questo faccio di sovente.
E mi vedo.
E vedo la mia schiena curva, che mostra tutti i miei settant'anni. Allora mi tiro su, raddrizzo il dorso, ritorno diritto. Ma basta qualche minuto, me ne dimentico e in un'altra vetrina torno a vedermi curvo.
Sì, perchè puoi anche avere un aspetto giovanile, essere vestito con garbo, essere vivace nei colloqui, ma la schiena tradisce la tua età.
Da vecchi diventa inesorabilmente più curva.
In tutti. 
E tanto più quanto si avanza negli anni.

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27 luglio 2016

Riccardo* (16-111)

Riccardo.* (16-111)
E' un mio pro-nipote.
Sta per compiere 18 anni e quest'anno affronterà l'esame di maturità.
Per questa ragione, oltre che per l'affetto che gli porto, ho chiesto alla mia compagna di invitarlo a pranzo, proprio come si fa fra adulti.
Riccardo ha sempre mostrato per noi una certa predilezione. Si è detto felice, durante i rari incontri conviviali fra parenti, di partecipare ai nostri discorsi fra adulti, riconoscendoci interlocutori interessanti.
Così mi sono subito calato nella parte di tutore di un prossimo giovane uomo.
Da vecchio, mi interessa trasmettere qualcosa alle giovani generazioni. O almeno a un loro rappresentante.
Mi sono messo a pensare a come avrei potuto essergli utile. Almeno sul piano intellettuale. Ho pensato a quali letture avrei potuto suggerirgli, a quali esperienze fare.
Mi sono subito fermato.
Non possiedo nessuna competenza pedagogica, né tantomeno filosofica per affrontare un problema del genere. Potrei al massimo dirgli qualcosa di scienza, ma anche lì, soltanto da un punto di vista particolare e non generale.
Non sono adatto per svolgere un compito di tutore della formazione intellettuale di un giovane.
Allora?
Eppure Riccardo ama la nostra compagnia, i nostri discorsi.
Penso che potrei comunicargli atteggiamenti piuttosto che contenuti.
Mostrargli per esempio la coerenza fra idee e comportamenti.
Oppure indicargli alcuni dei valori in cui credo. Solidarietà e giustizia, per esempio.
Inutile che gli prepari letture, né tanto meno lezioni.
Riccardo ci apprezza così per come siamo.
Ai suoi occhi siamo dei vecchi interessanti.

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25 luglio 2016

Batteri intestinali (quelli non patogeni)* (16-110)

Batteri intestinali (quelli non patogeni).*(16-110)
Ritorno su questo tema (vedi 16-085 e 16-086), citando per esteso alcune righe del libro Dimagrire con l'intestino, di M. Axt-Gadermann di pag. 19 dell'edizione italiana:

I microrganismi del nostro intestino influenzano l'umore, sia in positivo che in negativo. Se l'intestino è in disordine possiamo soffrire di ansia e depressione. Queste piccole creature condizionano anche il senso di fame e sazietà e sono ritenute responsabili persino del sovrappeso e dell'alto tasso di colesterolo.

L'influenza sull'umore può sembrare una frase a effetto, ma la Gadermann è seria e documentata e cita più di cento lavori scientifici a sostegno delle tesi del suo libro.
Del resto che organismi unicellulari influenzino pesantemente le funzioni superiori degli animali di cui sono ospiti è già provato dagli effetti del Toxoplasma Gondji, che nel topo riesce a inibire il senso di paura nei confronti del gatto (!) e nell'uomo aumenta la disattenzione e la conseguente possibilità di incidenti stradali (oltre a una maggior tendenza a farsi coscientemente del male, vedi Giulia Enders, L'intestino felice).

L'influenza sull'umore ha particolare rilievo negli anziani. Il tipo di flora intestinale presente nell'anziano potrebbe determinare atteggiamenti diversi nei confronti della vecchiaia.
Cioè il tipo di batteri che selezioniamo nel nostro intestino potrebbero non solo farci vivere una vecchiaia molto più sana, ma anche più felice.
E i batteri del nostro intestino sono selezionati da ciò che mangiamo.

Giunti in età avanzata dovremmo prendere coscienza che il nostro organismo ospita altri esseri viventi, che dobbiamo nutrire come nutriamo noi stessi.
Anzi dobbiamo nutrire la flora inestinale con molta più attenzione, perchè i batteri ci possono letteralmente far fare una vita triste o una vita felice.
Come?
Ne scriverò prossimamente. 
Intanto si legga il libro della Axt-Gadermann.

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24 luglio 2016

Mille* (16-109)

Mille.* (16-109)
Questa è la millesima pagina di diario.
Ho cominciato a scriverlo cinque anni fa, appena entrato (ufficialmente) nella vecchiaia.
Volevo vedere come cambiavo modo di pensare in un arco di tempo lungo.
Difficile da farsi.
Fin da subito ho ripiegato su un obiettivo più modesto.
Un diario tematico sulla vecchiaia.

Nei primi mesi mi sono limitato a descrivere gli eventi che mi mostravano che ero vecchio.
Una sorta di fenomenologia minima della terza età (senza alcuna pretesa di imitare quell'opera monumentale La terza età di S. de Beauvoir).
A forza di scriverne, inevitabile cominciare a riflettervi.
Inevitabile distillare idee sulla vecchiaia.
Leggendo qua e là ho riscontrato consonanze con le idee di altri che vivono e scrivono sulla vecchiaia.
Molto naturale e confortante. Significa che basta riflettervi un poco e giungiamo tutti a conclusioni simili.
Siamo tutti esseri umani. Con inevitabili differenze, talvolta stridenti (come quei tali che dicono semplicemente che la vecchiaia è una cloaca).

Allora non me ne accorsi.
Ma avevo timore della nuova età.
Mi sforzavo di trovare significati positivi nelle perdite di possibilità dovute alla vecchiaia.
Poi la paura è diminuita, se non scomparsa.
Mi sono abituato a quest'età. Che è un'età come le altre, con i suoi aspetti negativi (ne parlano tutti), e positivi (di solito ne parla chi non è vecchio).
Ma possiede una caratteristica che la distingue da tutte le altre: è prossima alla fine-vita.
Ho raggiunto anche lo scopo di osservare come cambia il mio pensiero, almeno sulla vecchiaia (che poi significa sulla vita).

Una maturazione importante dei miei pensieri mi ha portato a una conclusione che per il momento è un punto fondamentale. Vecchiaia non significa malattia. Se molte vecchiaie sono preda di patologie gravi e invalidanti, non dipende dalla vecchiaia, ma dallo stile di vita. Ma quasi nessuno ne parla, se non in modo generico e poco persuasivo.

A distanza di cinque anni, mi colpisce un fatto.
Questi anni sono volati.

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23 luglio 2016

Cambia anche l'ottica con cui si vede la fine (16-108)

Cambia anche l'ottica con cui si vede la fine. (16-108)
Una parente, anziana come me, è alle prese con la vecchia madre novantenne che deve essere accudita (appunto dalla figlia).
La figlia non ne può più e si augura, neanche tanto velatamente, che la madre passi a miglior vita. Ma la madre, fino a qualche tempo fa, non ne voleva sentir parlare: sembrava più che attaccata alla vita.
Ho saputo ieri che per la prima volta la vecchia novantenne ha prospettato la sua fine, più che rassegnata, quasi augurandosela.

Verso la fine si cambia letteralmente ottica sulla propria morte.
Verso la fine si comprende che la morte è nell'ordine delle cose.
E non occorre che si arrivi a novant'anni: l'inizio del cambiamento comincia molto prima (vedi 16-104).
Evidentemente l'istinto di sopravvivenza si affievolisce, mano a mano che si avanza con l'età.
Chi ha detto che si muore disperati?

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22 luglio 2016

Cambia molto* (16-107)

Cambia molto.* (16-107)
Nell'ultima vacanza in montagna ho capito che la vecchiaia cambia molte cose.
Per esempio ti cambia la psiche (vedi 16-102).
Poteva essere quasi ovvio, eppure, finchè non l'ho provato su di me, non me ne capacitavo.
Il mio amico, col quale vado a camminare per sentieri, mi aveva dato dei segnali, già negli anni precedenti. Ma ero rimasto come cieco.
Per esempio da tempo mi diceva che prima o poi avremmo dovuto smettere le nostre piccole imprese montane. Non gli davo ascolto, mi pareva un discorso ovvio, ma relegato in un futuro lontano.
Quest'anno ho toccato con mano sulla mia pelle che le motivazioni per salire in cima a qualche vetta, stanno venendo meno anche in me.
E se scompaiono le motivazioni, crescono altri sentimenti. Per esempio la paura.
Era da tempo che il mio amico mostrava timori in questa o quella situazione. 
Mi parevano eccessivi, ma li sopportavo per amicizia.
Quest'anno si sono rivelati addirittura grotteschi, quando in previsione di un possibile breve temporale pomeridiano durante un'escursione programmata (di temporali in montagna ne abbiamo subiti vari), mi ha proposto di stravolgere il nostro programma, con un ritorno anticipato a casa.
Poco interessato al nostro camminare, oppure effettivamente più impaurito del solito.
È quello che ho visto anche nei miei due vicini novantenni, nell'occasione di un possibile trasloco all'interno del condominio: hanno rifiutato per paura e per incapacità di prevederne i vantaggi (vedi 16-103).
Mancanza di motivazioni, aumento della paura: ecco il quadro mutato della vecchiaia.
Se a questo si aggiunge una diminuzione di forze, il cerchio si chiude.

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20 luglio 2016

Pacifico* (16-106)

Pacifico.* (16-106)
Ho incontrato il suo casolare lungo un sentiero a circa un'ora di cammino dal rifugio dove alloggiavo, durante le mie ultime vacanze montane.
Bel nome per un vecchio di 76-77 anni.
Fisico asciutto, dedito con passione ai lavori del suo orto, ricavato dalle pendici della Pania (monte delle Apuane). Fa anche il pastore di pecore e il casaro.
Un vecchio pieno di forza e di vita.
È nato lì, ci ha detto, e dopo una vita da cavatore di marmo (uno dei mestieri più pericolosi), ha voluto tornare nella casa della sua famiglia.
Isolato (non vi arrivano strade), ma non eremita: in un'ora di cammino arriva in paese.
Nel breve colloquio che abbiamo avuto con lui, ci ha trasmesso, con pudore, tutto l'amore che ha per la sua terra. Raccontandoci che d'inverno, davanti casa, arrivano i mufloni a brucare l'erba ha soggiunto:”Che spettacolo!”
Profondo conoscitore dei luoghi (ci ha spiegato il percorso che avremmo dovuto fare, dopo che siamo tornati indietro), ci ha anche dato una interpretazione originale di una grave alluvione che ha colpito proprio quella zona circa vent'anni fa.
In tutto il colloquio nessun accenno alla vecchiaia e ai suoi problemi.
Gli ho chiesto come si stava in quel posto.
Io ci sto bene. A me tutto questo piace” ha risposto. Aggiungendo:” Bisogna che a uno piaccia ...” quasi scusandosi per apprezzare una vita che i più (forse) schiferebbero.
Grande esempio, Pacifico!
Una vecchiaia felice.

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19 luglio 2016

La stazione dei treni (16-105)

La stazione dei treni. (16-105)
La psiche invecchia, ho scritto.
Il deterioramento della psiche si manifesta nel disagio provato in situazioni caotiche, di confusione, di gran velocità, di assembramento di persone.
Qualche anno fa, per la prima volta, mi trovai in difficoltà entrando in autostrada.
Allora fu mio figlio a farmelo notare:”Stai diventatndo vecchio” mi disse.

Una volta all'anno devo organizzare un viaggio in treno, per la mia vacanza in montagna. 
Devo combinare coincidenze, scendere e risalire velocemente in stazioni sconosciute, leggere rapidamente segnali, tabelloni, identificare binari e treni che mi interessano. 
Situazioni a volte caotiche, sempre confuse.
Bisogna essere veloci, il che contrasta con la vecchiaia, che è lenta.
Così una volta all'anno faccio come un test della mia solidità psichica.
Una verifica di quanto invecchia la mia psiche.
Quest'anno ho ripetuto questa sorta di stress test.
È andata bene.
Non ho accusato smarrimenti o incertezze.
Ancora per un anno il declino non sembra rapido.
La stazione non mi fa paura, per il momento.

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18 luglio 2016

E se finisse oggi?* (16-104)

E se finisse oggi?* (16-104)
E se la mia vita si concludesse oggi?
La domanda non deriva da pensieri foschi, pessimisti, depressivi.
Tutt'altro.
Mi si è presentata spontanea alla mente qualche giorno fa.

È un periodo in cui sto bene.
Ho appena concluso le mie passeggiate in montagna, con qualche difficoltà in più, ma in modo molto soddisfacente. Non ho l'energia magica che mi era rimasta l'anno scorso, però il livello di benessere è buono.
Allora?
È la mente a essere realista.
Sono più vicino alla fine di qualunque altro momento della mia vita (del resto mio padre è morto a settantadue anni, due più della mia età attuale).
Qualche anno fa pensavo, sì, che sarei potuto morire anche a sessantacinque anni, ma, ricordo, il mio desiderio era di vivere ancora: avevo molte cose da fare, da completare.
Oggi?
Qualcosa è cambiato.
Sono soddisfatto dei miei settant'anni vissuti.
Direi, appagato.
Non è stata una vita estrema: né eroica, né miserabile.
Ma una buona vita.
Avrei ancora molte cose da fare: nipoti, ricerche, la relazione con la mia compagna . . .
Ma ciò che ho fatto è compiuto, ha già un senso così come è.
Desidero morire?
No, ma se finisse oggi, non avrei motivo di lamentarmi.

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14 luglio 2016

Scale (16-103)

Scale. (16-103)
I miei vicini, quasi novantenni, patiscono di salire e scendere le scale.
Abitando al terzo piano il problema è diventato serio.
Più volte li vedo arrancare, ansimare, letteralmente piangere per lo sforzo e talvolta per il dolore (articolazioni malandate).
Han cominciato a cercare soluzioni, come per esempio il montascale (vedi 16-092).
Troppo costoso.
Oppure un altro appartamento a piano terra o con ascensore.
Ma anche un trasloco ha i suoi costi e cambiare isolato le sue difficoltà.
D'improvviso un miracolo.
Un condomino del primo piano va ad abitare altrove. E decide di affittare l'appartamento che lascia. Lo propone (conoscendo la situazione) ai vicini anziani.
Entusiasmo.
Anche nostro, di noi altri condomini che vediamo le difficoltà dei due anziani e in un certo senso li proteggiamo. Anzi io propongo di fare una festa del condominio con tutti a dar una mano nel trasloco dal terzo al primo piano.
Ma …
Non abbiamo fatto i conti la mente e la psiche invecchiate dei due anziani. 
La mente invecchia come il corpo. Ciò che nella mezza età ci pareva facile, in età avanzata ci appare insormontabile.
Ci si mette anche la figlia a gettare acqua sul fuoco, a presentare difficoltà, spese aggiuntive, condizioni di contratto non ottimali.
In più il marito (della coppia) si inventa spese a non finire, problemi e problemi, cambiamento di abitudini, perchè il nuovo appartamento è esposto in altro modo.
In conclusione, i due anziani rinunciano. Preferiscono stare nella situazione difficile in cui si trovano piuttosto che cercare una soluzione che avrebbe aspetti di novità per le loro abitudini di vita. Preferiscono passare gli ultimi anni praticamente chiusi in casa.
Che tristezza!
È così lampante che l'occasione era vantaggiosissima!

La situazione ottimale per i nostri ultimi anni bisogna trovarla fin che non si è troppo vecchi, altrimenti non la realizzeremo più.

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12 luglio 2016

Psiche* (16-102)

Psiche.* (16-102)
Frequente la querelle con la mia compagna.
Io mi occupo quasi esclusivamente di corpo, stato fisico, malattie organiche.
Lei, per lavoro (e per inclinazione), si occupa di psiche.
Quest'anno dalla mia vacanza le ho inviato solo un messaggio: dicevo di star benino (non ottimamente come gli altri anni!), perchè erano affiorati problemi psicologici.
Mi ha risposto ridendosela!
Anch'io scoprivo finalmente la psiche?

Ho sperimentato che anche la psiche invecchia.
Scoperta dell'acqua calda?
L'avevo visto nettamente nei miei vicini quasi novantenni.
La loro riluttanza a cambiar casa, nonostante la favorevolissima occasione che si presentava loro, mi aveva lasciato sconcertato (ne scriverò fra qualche giorno). Era evidente che non riuscivano a valutare i vantaggi del cambiamento. E ciò soltanto perchè ingigantivano le difficoltà del cambio.
Ho visto in loro una rigidità psichica attribuibile nettamente alla vecchiaia.
Nella mia vacanza l'ho vista anche in me, vecchio come loro, sia pure di vent'anni di meno.
Mi sono accorto che le motivazioni per fare delle belle camminate in montagna stanno venendo meno.
E che nella difficoltà specifica di perdita del sentiero non ho messo in campo tutte le risorse delle quali mi potevo giovare (là vicino vi era una masseria a cui chiedere informazioni).
E la spinta ad andare avanti era minore che nel passato.
Mi sono accorto di avere più paura.
Vecchiaia.

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11 luglio 2016

Vacanza (16-101)

Vacanza. (16-101)
Qualche giorno a camminare in montagna.
Lo faccio da molti anni. Una sola volta all'anno.
Ottima occasione per fare confronti sul procedere della vecchiaia.
Quest'anno il confronto è stato stridente (con gli anni precedenti).
Eravamo (io e il mio amico) su un sentiero per raggiungere la vetta programmata.
In realtà non volevamo neppure raggiungerla, ci bastava osservarla da vicino, per la sua particolarità (si tratta del monte Forato sulle Alpi Apuane, Toscana).
Perdiamo il sentiero. Non lo recuperiamo proprio. Optiamo allora per un'altra via. Sapevamo che era più impervia, ma non avevamo altra scelta.
Saliamo, arrivano delle roccette, dobbiamo usare le mani per arrampicarci.
Poca roba, ma...
Proseguiamo. Altre roccette, ancora l'uso delle mani. Le superiamo.
Il sentiero è molto erto.
Arriva un terzo strappo, ancora su roccia.
Mi fermo: perchè tutta questa fatica? E arrivati al passo, come sarà il sentiero per il monte? E quello del ritorno?
Mi è cambiata totalmente la valutazione di quello che stavo facendo.

Ecco cos'è cambiato quest'anno (e sono arrivato a settat'anni): ho perso una parte consistente dell'impulso ad andare avanti; sono affiorati timori che non avevo ancora vissuto; non ho avuto la certezza che le forze non mi avrebbero abbandonato.

Come non chiamarla vecchiaia?

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