31 maggio 2019

Il Manifesto "Cibo per la Salute" (Food for Health) (continuazione) (19-064)

Il Manifesto "Cibo per la Salute" (Food for Health) (continuazione). (19-064)
Riprendo il discorso sul Manifesto cominciato alla pagina 19-059.
Si tratta di un lavoro corposo (un centinaio di pagine): provo a farne una sintesi perchè la lunghezza dello scritto ostacola la sua diffusione. Parto dall'introduzione che contiene già il nocciolo della questione.


Nel mondo c'è una crisi sanitaria che ha a che fare con il peggioramento del cibo.
L'attuale modello produttivo del cibo è basato sull'uso abbondante di prodotti chimici e sulla tendenza a produrre sempre di più. Non tiene in nessuna considerazione la scarsa qualità nutritiva e gli effetti nocivi per la salute e per gli ecosistemi.
Gli effetti nocivi per la salute non riguardano solo la nostra generazione, ma anche le future attraverso effetti epigenetici trasmissibili.
Nel futuro, i nostri figli e nipoti saranno privati della sicurezza alimentare, a causa di interessi commerciali e della sostanziale inattività di governi e altre istituzioni civili.

L'agricoltura industriale è orientata alla massima resa con la scusa di dover alimentare una popolazione mondiale in continuo aumento. In realtà il cibo prodotto col sistema industriale è povero di nutrienti, carico di veleni e danneggia la salute. Non solo: consuma energia fossile, produce gas serra, contribuisce al cambiamento climatico.
L'abbandono dei metodi agricoli tradizionali e la mancanza di investimenti per la ricerca da parte di istituzioni scientifiche e governi è dovuto all'influenza di una serie di mega-aziende sovranazionali, interessate solo al massimo profitto (immediato) e a garantirsi normative minime da parte di stati e organismi internazionali.
La produzione dell'agroindustria serve per produrre mangimi animali e biocarburanti.

Il settore agricolo è parte consistente della globalizzazione (cioè controllo e gestione dell'economia mondiale) da parte di grandi gruppi economici per assicurare l'efficienza del capitale e non il benessere dei popoli e del pianeta.
Le mega aziende economico-agricole rifiutano di riconoscere che il diritto alla salute e al cibo sono fondamentali diritti umani. Le qualità nutrizionali del cibo sono sacrificate sull'altare della massima quantità.
Il sistema agroindustriale in definitiva produce effetti nocivi sulla qualità e varietà dei semi, sulla biodiversità di tutte le specie, contamina suolo e falde acquifere, contribuisce al cambiamento climatico.
Gli elevati costi finanziari, ecologici e sanitari di tale modello produttivo sono esclusi dalla determinazione del prezzo degli alimenti, creando l'illusione che il cibo così prodotto sia economico.
La produzione su larga scala di derrate agricole è attuata da grandi imprese che operano principalmente nel continente americano, in asia e in africa, usando anche ogm.


Ciononostante sta sorgendo una nuova generazione di agricoltori organizzati in cooperative, che si occupano di difesa di terra, ambiente e cibo sano. Ma si prendono anche cura delle comunità rurali, promuovendone lo sviluppo sociale.
Il diritto alla salute può diventare effettivo solo se anche il diritto a una buona alimentazione viene riconosciuto e rispettato.
Il Manifesto lancia un appello per una cittadinanza responsabile capace di riconoscere le dimensioni planetarie della sfida attuale, invoca un rinnovamento basato su nuove conoscenze e un impegno morale per la giustizia alimentare e la salute umana.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

30 maggio 2019

Nuovi progetti (19-063)

Nuovi progetti. (19-063)
La progettualità mantiene in vita. Si sa. Per questo imprenditori di successo muoiono nel pieno della loro atttività, ancora in sella, nonostante siano vicini alla morte (anagraficamente parlando). Ma per far ciò bisogna conservare anche da vecchi l'entusiasmo per nuove idee, nuove imprese.

Recentemente un gruppo di giovani ha aperto vicino a casa mia un centro sociale che si occupa di doposcuola per bambini, distribuzione di cibo gratuita, sportello sanitario, cene sociali, musica e altro.
L'idea mi è piaciuta; ho partecipato alla loro prima assemblea, mi sono entusiasmato: anch'io potrei far qualcosa a vantaggio della gente del quartiere, magari solo qualche ora alla settimana.

Sempre recentemente ho saputo che il bar biologico (l'unico del mio quartiere) chiuderà.
I tre giovani che vi lavorano resteranno senza lavoro. Uno di questi ha manifestato l'intenzione di aprire un suo locale, ma per farlo dovrebbe avere il titolo di "responsabile della somministrazione di alimenti". La cosa si ottiene frequentando un corso di tre mesi. Lui lo farebbe anche, ma è in difficoltà per il tempo: se continuerà a lavorare (per vivere) avrà poco tempo per il corso.
Quando l'ho saputo mi sono entusiasmato, perchè io sono in possesso di quel titolo, che non uso più da 15 anni, e potrei fare da "preposto" (così si chiama la funzione) per la sua piccola impresa.

Chiacchierando con un conoscente ho saputo che dà lezioni private di matematica e fisica in un centro studi. Anch'io potrei dare lezioni (in altra materia) e quindi sono stato contento di conoscere questa possibilità, non solo per i piccoli entroiti economici, ma soprattutto perchè mi piace insegnare.


In tutte queste situazioni ho provato entusiasmo e il desiderio di sviluppare le possibilità.
Però dopo qualche giorno la passione iniziale si è intiepidita.
L'entusiasmo si è rapidamente spento.
Sto sperimentando che da vecchi l'attrazione verso i progetti scema rapidamente, non dura a lungo.



(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

28 maggio 2019

Caffè (19-062)

Caffè. (19-062)
Amo bere il caffè. Soprattutto quello espresso, all'italiana.
Da qualche anno, però, ne avevo ridotto il consumo, perchè l'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) negli anni '90 (l'ho scoperto tardi!) l'aveva inserito nel gruppo 2B delle sostanze " che è possibile che siano cancerogene", almeno per il cancro alla prostata.
Nel 2016 sempre lo Iarc, dopo una revisione, ha declassato la pericolosità del caffè, inserendo la bevanda nel gruppo 3: quello delle sostanze che probabilmente non inducono il cancro.
Tutto bene, dunque?
Non proprio.

Un gruppo di giornalisti indipendenti danesi ha stilato un documento dal titolo Bitterkafè, nel quale vengono forniti i risultati di una loro indagine concernente il caffè del Brasile (maggiore produttore mondiale di caffè).
Nelle piantagioni brasiliane si fa largo uso di concimi chimici: ca 280 kg per ettaro (si impoverisce il terreno e distrugge l'ecosistema); si fa largo uso di pesticidi quali il terbufos, ammesso in Brasile, ma proibito in Europa; si usa il glifosato come erbicida (permesso anche in Europa per altri cinque anni, ma sospetto di provocare il cancro, inserito dallo Iarc nel gruppo 2A delle sostanze che "è probabile che inducano il cancro"). 
I braccianti agricoli spesso non hanno protezioni per cui assorbono notevoli quantità dei pesticidi usati, senza venire informati sulla loro pericolosità. Vi sono situazioni in cui vengono utilizzati braccianti ridotti in stato di autentica schiavitù. Vi sono situazioni di lavoro minorile.
Il caffè che arriva nelle nostre tazzine contiene almeno 16 sostanze cancerogene; la quantità di cancerogeni per tazzina è di almeno 10 milligrammi.
Naturalmente non tutto il caffè è di tale natura, ma per il consumatore finale è impossibile sapere che tipo di veleni e di sfruttamento sono contenuti nel caffè che beve.
Piccola nicchia di protezione (per i lavoratori e per i bevitori) sono i marchi di garanzia. 
Uno di questi è UTZ, marchio che garantisce sistemi di coltivazione sostenibile per tè, caffè e cacao, e prevede regolamenti su aspetti etici sociali e ambientali.
Un altro marchio è Fair Trade (o Mercato Equo e Solidale) che stabilisce prezzi equi ai piccoli produttori e condizioni di lavoro e sociali che siano degne di esseri umani.
Infine vi è il marchio Biologico, che garantisce la pulizia dei prodotti che acquistiamo (nè insetticidi, nè concimi chimici, nè diserbanti chimici, nè ogm e rispetto per terreno, ambiente animali e biodiversità).

Ho deciso: d'ora in poi berrò soltanto caffè di questi circuiti.
Almeno da vecchio voglio aprire gli occhi su ciò che bevo!


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

25 maggio 2019

Mangiare (19-061)

Mangiare. (19-061)
Data la mia dieta particolare, i pasti per me li preparo sempre io.
Farlo tre volte al giorno, anche se non preparo pietanze elaborate, è diventato noioso. 
Strano perchè la cura/ricerca/preparazione del cibo dovrebbe essere un'attività fatta senza pensare, spinti come si è dalla fame. Ma quando lo si è fatto per decenni, alla fine ci si annoia anche nello svolgere questa mansione, la più originaria delle attività umane (seconda solo alla ricerca dell'acqua).
In vecchiaia tante cose, che da giovani si facevano volentieri e addirittura con entusiasmo, diventano noiose. I compleanni, viaggiare, la celebrazione di feste rituali (natale e pasqua), la preparazione dei pasti: quando li si è compiuti per 50, 60 o più anni diventano occupazioni uggiose.
Questo è forse il motivo per cui esistono servizi di consegna a domicilio di pasti già preparati. Per vecchi. Con la motivazione che alcuni anziani (e tutti quelli in un'età molto avanzata) non riescono più a prepararsi da mangiare.
Non è che non ce la fanno più.
È che non ne hanno più voglia.

Per chi non usufruisce del servizio dei pasti a domicilio, c'è l'alternativa dei piatti pronti del supercato. Pieni di grassi, sale, zucchero e additivi, insaporenti come il glutammato, riescono a ingannare il gusto dell'anziano ed essere passabilmente "piacevoli".
Col risultato che la dieta si impoverisce, riduce drasticamente l'apporto di cibo fresco e vario, favorisce tutte le magagne di cui soffrono gli anziani.
E che invece vengono attribuite all'età.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

Morte (19-060)

Morte. (19-060)
Alcuni giorni fa ho scritto di come il pensiero della morte non mi sfiori ancora, nonostante il decesso di una coetanea (vedi 19-056 e -57) e nonostante abbia una speranza di vita di meno di dieci anni. 
Ne ho parlato col mio amico, lamentando il fatto che la coscienza della morte stenti a entrare nella mia vita. Lui ha ribaltato le mie considerazioni, valutandole anzi un'ottima cosa: 
"Ti permette di vivere meglio anche gli ultimi anni di vita!" ha sostenuto.
Mi torna in mente l'ottimo libro di U. Curi Via di qua. A partire dal titolo, appunto, via di qua.
È tutto ciò che possiamo dire.
Alla fine della vita andremo via di qua. Il dove è inconoscibile.
Non ricordo più dove ho letto un altro pensiero (forse ancora in Curi): tutto quel che possiamo dire della vita è che finisce con la morte. Non possiamo sapere se dopo c'è o non c'è un altro luogo in cui stare.
Non è un problema di fiducia o pessimismo.
È radicalmente impossibile saperlo.

(Mi torna in mente anche una frase dell'attrice Anna Marchesini, defunta l'anno scorso: era così curiosa della vita che era curiosa anche della morte)


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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20 maggio 2019

Il Manifesto "Cibo per la Salute" (Food for Health) (19-059)

Il Manifesto "Cibo per la Salute" (Food for Health). (19-059)
Mi occupo di cibo e agricoltura da quasi cinquant'anni. Prima per interesse culturale, poi negli ultimi 10 anni, per motivi di salute. Leggo molto, non in modo sistematico, ma cogliendo gli stimoli che trovo in libreria o nella rete.
Ho sempre pensato che la scelta del cibo fosse una questione individuale, privata e che se uno sceglieva cibo sbagliato, ciò fosse dovuto a una scarsa conoscenza. Finchè mi sono imbattuto in alcuni libri:  In Difesa del Cibo, Siete Pazzi a Mangiarlo, I Padroni del Cibo, I Signori del Cibo. Soprattutto quest'ultimo (di Stefano Liberti) ha cominciato a spostare il mio interesse dalle questioni nutrizionali alla produzione industriale. Sempre più mi sono convinto che la manipolazione del cibo che viene fatta da grandi organizzazioni multinazionali sia il nocciolo della questione. Con l'aiuto di governi consenzienti, organizzazioni commerciali internazionali, banca mondiale, fondo monetario internazionale la produzione del cibo si sta deteriorando inesorabilmente, per l'interesse economico di pochi.
Insomma la questione cibo è un problema squisitamente politico, anche se mi mancava una chiara connessione fra ciò che si mangia e le decisioni dei padroni del cibo.
L'ho trovato!
Per puro caso ho letto l'ultimo libro di Vandana Shiva (Cibo e salute 2018): una bomba!
Il libro contiene anche il Manifesto Cibo per la Salute, elaborato a Firenze nel 2018 da un gruppo di una ventina di studiosi internazionali, in parte anche italiani.
Si tratta del più lucido, approfondito, documentato (350 citazioni), innovativo "gruppo di idee" sullo stato del cibo a livello mondiale. 
A sancire la completezza del documento è una serie di proposte per istituzioni locali, nazionali e sovranazionali atte a cambiare lo stato delle cose.
Nel manifesto sono indicate, senza mezzi termini, le cause del deterioramento del cibo a livello mondiale: dai paradigmi di pensiero che sottostanno a certa ricerca scientifica, alla costruzione di organismi internazionali che nei fatti impoveriscono popolazioni e cibo, privandoli della sovranità alimentare, dallo strapotere di multinazionali dedite esclusivamente al massimo profitto immediato alla perdita di biodiversità nella natura, nell'agricoltura, nel cibo.
Ne scriverò diffusamente in una prossima pagina.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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15 maggio 2019

Parlare ai molto vecchi (19-058)

Parlare con i molto vecchi. (19-058) (15/05/19)
La mia vicina di casa, ultranovantenne, negli ultimi mesi non è stata bene ed è scivolata maggiormente nella vecchiaia estrema. È entrata e uscita dall'ospedale un paio di volte. Ora si è un poco rimessa, ma la sua capacità di gestire la vita si è ridotta.
Fino all'anno scorso, se aveva bisogno di qualcosa, suonava alla mia porta e mi chiedeva aiuto. Ormai da alcuni mesi invece non si presenta più. Anch'io, mentre qualche mese fa andavo di tanto in tanto a sentire come stava, ora ci vado di rado. I rapporti con suo marito si sono ridotti da più tempo, per via della sua sordità.
Quando si superano certe età la comunicazione diventa difficile. La sordità, la riduzione delle capacità cognitive, la diminuzione del desiderio di relazione concorrono nel rarefare gli incontri con gli altri. E se non ci si incontra si cessa di comunicare.
Tale processo avviene per entrambe le parti che comunicano: i molto anziani e gli altri. 
Cioè: anche chi ha a che fare con i grandi vecchi è poco stimolato a instaurare un dialogo con loro. Per le difficoltà, per l'esito incerto dello scambio, per mancanza di interesse reciproco.
I molto anziani spesso sono costretti a ripiegarsi su se stessi, per le difficoltà della vecchiaia: nella loro vita resta spazio soltanto per occuparsi di sé.
Insomma per un dialogo mancano i fondamentali.
Risultato: della vecchiaia estrema non sappiamo nulla, perchè chi la vive non ci dice nulla e gli altri (noi) non sono interessati all'ultima età della vita, che giudicano lontana e povera.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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14 maggio 2019

Non c'è niente da fare (19-057)

Non c'è niente da fare. (19-057)
Continuo il discorso di ieri, sul fatto che siamo ciechi di fronte all nostra morte.
Richiamo una pagina scritta qualche settimana fa (19-032) sulla morte della mia consuocera, mia coetanea. La sua morte è stata improvvisa, non preannunciata da importanti malattie. Ed è stata rapida, molto rapida: sei giorni dal ricovero in ospedale per uno svenimento in casa.
Scrivevo che è stato impressionante vedere la cassa da morto: sapevo bene che conteneva la mia conoscente. Tale impressione mi ha colpito profondamente, ma dopo qualche giorno è svanita.
Il sentimento prevalente è stata l'incredulità, ma dopo qualche tempo è subentrata la noncuranza, la mancanza totale di riflessione sul fatto che poteva capitare a me.
Nella realtà forse quella morte a me poteva non capitare, ma resta il fatto che alla mia età un altro tipo di morte è probabile che capiti. Resta il fatto che ho un residuo di vita di una decina d'anni soltanto, rispetto alla speranza di vita in Italia (81 anni per i maschi). 
Mi resta poca vita.
Ma non ho esteso a me l'evento capitato a lei.
Continuo a vivere come se fossi immortale.
Non c'è niente da fare.




(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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13 maggio 2019

Ho pagato tutti i debiti (19-056)

Ho pagato tutti i debiti. (19-056)
In anni precedenti scrivevo a proposito del detto "i debiti tengono in vita".
Era evidente il significato di questa frase: finchè hai i pensieri rivolti al pagamento dei debiti, non hai tempo di pensare alla morte o alla vecchiaia. E i debiti hanno la capacità di assorbirti completamente (se hai un poco di responsabilità).
È questione di spazio mentale. Se la mente è occupata da una preoccupazione dominante, non vi è spazio per altro.
Tre anni fa finalmente ho esaurito il cumulo di debiti contratto con la mia attività imprenditoriale. È cambiato qualcosa? Ho cominciato a pensare alla morte?
Neanche per idea. La mia mente si è riempita di altro: i nipoti, le mie ricerche sul cibo, questo diario.
Non c'è niente da fare.
Gli esseri umani sono inesorabilmente ciechi rispetto a ciò che capiterà loro alla fine della vecchiaia. 
È il dono di Prometeo, come ho già scritto più volte.
Così si vive fino all'ultimo minuto pensando di essere immortali.




(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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10 maggio 2019

Invecchiare in due (19-055)

Invecchiare in due. (19-055)
Ho scritto talvolta sui vantaggi di invecchiare in due, piuttosto che da soli. Ma ciò contrasta con una tendenza della vecchiaia, della quale mi sto accorgendo in questi mesi.
La mia compagna me lo sta segnalando da tempo. Finalmente anch'io ne ho preso coscienza: più passa il tempo più ho la tendenza di badare sempre più a me stesso, cioè di occuparmi principalmente di me.
Per esempio la stessa stanchezza pomeridiana o serale limita i miei rapporti con chi ti vive accanto. Anche i miei mali, mali di vecchiaia, come l'ipertrofia prostatica benigna, oppure i denti da sanare, o ancora la perdita di massa magra, mi impongono di dedicar tempo a queste faccende (visite, acquisto e gestione farmaci, camminata quasi quotidiana), col risultato che non dedico spazio alla relazione.
Anche il tipo di farmaci o integratori che assumo mi spingono a concentrarmi su di me.
O come causa di astenia, o anche come inibizione del testosterone (per limitare l'ingrossamento della prostata).
Insomma per invecchiare in due occorre un surplus di impegno.
Non avviene naturalmente.




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06 maggio 2019

Truman, il film. (19-054)

Truman. Un vero amico è per sempre. (il film) (19-054)
Un bel film. Di tre anni fa, del catalano Cesc Gay.
La storia: uno dei personaggi si reca a trovare l'amico che abita lontano. Sa che è malato di cancro e passa con lui 4 giorni. Non è un'opera sulla morte, bensì sul distacco, sulla separazione. E sull'amicizia fra i due protagonisti.
Il film è molto bello perchè essenziale. Non si perde in chiacchiere, nè in scene strappa-lacrime. Mette in luce l'amicizia fra i protagonisti, fatta di accettazione di pregi e difetti.
E del rapporto dignitoso con la morte. 
Il tutto attraverso un'ottica tipicamente maschile. 
Non ci sono molte parole, riflessioni acute, messaggi esistenziali. È solo descritta la situazione dei due amici che non si rivedranno più.
I due amici sono di mezza età, nel pieno della vita: ciò rende la separazione dolorosa.
Forse, se fossero stati vecchi vecchi, lo sarebbe stato di meno.
Un gran film, da vedere.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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05 maggio 2019

Tempo (19-053)

Tempo. (19-053)
Più si invecchia più tempo occorre per vivere.
Scritto così, assomiglia a un paradosso. Cerco di spiegarmi.
Da alcuni anni ormai di pomeriggio devo dormire circa un'ora, se voglio essere attivo nella seconda parte della giornata. Per di più da vecchio sono diventato lento e perciò tutte le azioni che un tempo compivo velocemente, ora le compio in un tempo maggiore.
In aggiunta ho alcune magagne fisiche per cui devo fare analisi, visite mediche, acquistare medicine, organizzarne l'assunzione durante la giornata.
Recentemente il mio geriatra ha trovato che ho perso massa muscolare e dunque mi ha prescritto alcune ore di camminata veloce (fino a sudare) ogni settimana.
Ore di vita che se ne vanno.
Devo dedicare più ore giornaliere, rispetto ad alcuni anni fa, per conservarmi ... vivo!
Ecco il paradosso: più ci si inoltra in una vita lunga, maggiore è il tempo da dedicare per prolungare la vita stessa.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
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