Non
c'è niente da fare. (19-057)
Continuo
il discorso di ieri, sul fatto che siamo ciechi di fronte all nostra
morte.
Richiamo
una pagina scritta qualche settimana fa (19-032) sulla morte della
mia consuocera, mia coetanea. La sua morte è stata improvvisa, non
preannunciata da importanti malattie. Ed è stata rapida, molto
rapida: sei giorni dal ricovero in ospedale per uno svenimento in
casa.
Scrivevo
che è stato impressionante vedere la cassa da morto: sapevo bene che
conteneva la mia conoscente. Tale impressione mi ha colpito
profondamente, ma dopo qualche giorno è svanita.
Il
sentimento prevalente è stata l'incredulità, ma dopo qualche tempo
è subentrata la noncuranza, la mancanza totale di riflessione sul
fatto che poteva capitare a me.
Nella
realtà forse quella morte a me poteva non capitare, ma resta il
fatto che alla mia età un altro tipo di morte è probabile che
capiti. Resta il fatto che ho un residuo di vita di una decina
d'anni soltanto, rispetto alla speranza di vita in Italia (81 anni
per i maschi).
Mi resta poca vita.
Ma
non ho esteso a me l'evento capitato a lei.
Continuo
a vivere come se fossi immortale.
Non
c'è niente da fare.
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del
bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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