Caffè.
(19-062)
Amo
bere il caffè. Soprattutto quello espresso, all'italiana.
Da
qualche anno, però, ne avevo ridotto il consumo, perchè l'Agenzia
Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) negli anni '90 (l'ho scoperto tardi!) l'aveva
inserito nel gruppo 2B delle sostanze " che è possibile che
siano cancerogene", almeno per il cancro alla prostata.
Nel
2016 sempre lo Iarc, dopo una revisione, ha declassato la
pericolosità del caffè, inserendo la bevanda nel gruppo 3: quello
delle sostanze che probabilmente non inducono il cancro.
Tutto
bene, dunque?
Non
proprio.
Un
gruppo di giornalisti indipendenti danesi ha stilato un documento dal
titolo Bitterkafè, nel quale vengono forniti i risultati di
una loro indagine concernente il caffè del Brasile (maggiore
produttore mondiale di caffè).
Nelle
piantagioni brasiliane si fa largo uso di concimi chimici: ca 280 kg
per ettaro (si impoverisce il terreno e distrugge l'ecosistema); si
fa largo uso di pesticidi quali il terbufos, ammesso in
Brasile, ma proibito in Europa; si usa il glifosato come erbicida
(permesso anche in Europa per altri cinque anni, ma sospetto di
provocare il cancro, inserito dallo Iarc nel gruppo 2A delle sostanze
che "è probabile che inducano il cancro").
I braccianti
agricoli spesso non hanno protezioni per cui assorbono notevoli quantità
dei pesticidi usati, senza venire informati sulla loro pericolosità.
Vi sono situazioni in cui vengono utilizzati braccianti ridotti in
stato di autentica schiavitù. Vi sono situazioni di lavoro minorile.
Il
caffè che arriva nelle nostre tazzine contiene almeno 16 sostanze
cancerogene; la quantità di cancerogeni per tazzina è di almeno 10
milligrammi.
Naturalmente
non tutto il caffè è di tale natura, ma per il consumatore finale è
impossibile sapere che tipo di veleni e di sfruttamento sono
contenuti nel caffè che beve.
Piccola
nicchia di protezione (per i lavoratori e per i bevitori) sono i
marchi di garanzia.
Uno di questi è UTZ, marchio che garantisce
sistemi di coltivazione sostenibile per tè, caffè e cacao, e
prevede regolamenti su aspetti etici sociali e ambientali.
Un
altro marchio è Fair Trade (o Mercato Equo e Solidale) che
stabilisce prezzi equi ai piccoli produttori e condizioni di lavoro e
sociali che siano degne di esseri umani.
Infine
vi è il marchio Biologico, che garantisce la pulizia dei prodotti
che acquistiamo (nè insetticidi, nè concimi chimici, nè diserbanti
chimici, nè ogm e rispetto per terreno, ambiente animali e biodiversità).
Ho deciso: d'ora in poi berrò soltanto caffè di questi circuiti.
Almeno
da vecchio voglio aprire gli occhi su ciò che bevo!
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del
bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Nessun commento:
Posta un commento