28 maggio 2019

Caffè (19-062)

Caffè. (19-062)
Amo bere il caffè. Soprattutto quello espresso, all'italiana.
Da qualche anno, però, ne avevo ridotto il consumo, perchè l'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) negli anni '90 (l'ho scoperto tardi!) l'aveva inserito nel gruppo 2B delle sostanze " che è possibile che siano cancerogene", almeno per il cancro alla prostata.
Nel 2016 sempre lo Iarc, dopo una revisione, ha declassato la pericolosità del caffè, inserendo la bevanda nel gruppo 3: quello delle sostanze che probabilmente non inducono il cancro.
Tutto bene, dunque?
Non proprio.

Un gruppo di giornalisti indipendenti danesi ha stilato un documento dal titolo Bitterkafè, nel quale vengono forniti i risultati di una loro indagine concernente il caffè del Brasile (maggiore produttore mondiale di caffè).
Nelle piantagioni brasiliane si fa largo uso di concimi chimici: ca 280 kg per ettaro (si impoverisce il terreno e distrugge l'ecosistema); si fa largo uso di pesticidi quali il terbufos, ammesso in Brasile, ma proibito in Europa; si usa il glifosato come erbicida (permesso anche in Europa per altri cinque anni, ma sospetto di provocare il cancro, inserito dallo Iarc nel gruppo 2A delle sostanze che "è probabile che inducano il cancro"). 
I braccianti agricoli spesso non hanno protezioni per cui assorbono notevoli quantità dei pesticidi usati, senza venire informati sulla loro pericolosità. Vi sono situazioni in cui vengono utilizzati braccianti ridotti in stato di autentica schiavitù. Vi sono situazioni di lavoro minorile.
Il caffè che arriva nelle nostre tazzine contiene almeno 16 sostanze cancerogene; la quantità di cancerogeni per tazzina è di almeno 10 milligrammi.
Naturalmente non tutto il caffè è di tale natura, ma per il consumatore finale è impossibile sapere che tipo di veleni e di sfruttamento sono contenuti nel caffè che beve.
Piccola nicchia di protezione (per i lavoratori e per i bevitori) sono i marchi di garanzia. 
Uno di questi è UTZ, marchio che garantisce sistemi di coltivazione sostenibile per tè, caffè e cacao, e prevede regolamenti su aspetti etici sociali e ambientali.
Un altro marchio è Fair Trade (o Mercato Equo e Solidale) che stabilisce prezzi equi ai piccoli produttori e condizioni di lavoro e sociali che siano degne di esseri umani.
Infine vi è il marchio Biologico, che garantisce la pulizia dei prodotti che acquistiamo (nè insetticidi, nè concimi chimici, nè diserbanti chimici, nè ogm e rispetto per terreno, ambiente animali e biodiversità).

Ho deciso: d'ora in poi berrò soltanto caffè di questi circuiti.
Almeno da vecchio voglio aprire gli occhi su ciò che bevo!


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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