30 settembre 2021
Ricordi (21-112)
Ricordi. (21-112)
Ho scritto molto su questo tema, nei primi anni di vecchiaia. Ora, guardando le foto delle camminate in montagna, molti ricordi sono affiorati (vedi 21-111).
È bello ricordare le cose passate. Viene una nostalgia per il tempo andato, ma si tratta di un sentimento dolce, non di una sensazione di mancanza. Si ricorda ciò che si è fatto con la consapevolezza che non saremmo più in grado di farlo, per via delle poche forze che restano a una vecchiaia più avanzata, anzi senza neppure il desiderio di ripeterlo.
E così i ricordi condiscono il presente, che spesso è povero e con soddisfazioni più limitate.
In vecchiaia passato e presente convivono.
Manca il futuro.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
29 settembre 2021
Fotografie (21-111)
Fotografie. (21-111)
Il mio amico mi ha chiesto di aiutarlo a costruire un album di memorie delle nostre escursioni a piedi, effettuate nell'arco degli ultimi vent'anni. Così ho rimesso mano a tutto il materiale che ho conservato di quelle camminate, in Appennino e nelle Alpi Apuane.
Rivedere foto e ricordi di quei viaggi mi ha emozionato: che belle cose che avevamo fatto!
Tante foto di paesaggi (che senza indicazione di nomi sono indecifrabili), ma anche di noi due escursionisti.
La cosa che mi ha più colpito è stata la netta percezione che allora eravamo giovani. Facce più giovani, corpi più tonici, espressioni del volto ancora indenni da segni di vecchiaia.
Ricordo che allora, per scherzo, avevo chiamato il nostro sodalizio vi.ve, viandanti vecchietti, (così mi firmavo nei libri di vetta e nei rifugi). Ma avevamo solo 50-60 anni!
Oggi, sarebbe più consono chiamarci così, che siamo vecchi davvero.
Ma essendo diventati vecchi, non ci cimentiamo più in quelle imprese (sia pur modeste).
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
26 settembre 2021
Paura della fine (21-110)
Paura della fine. (21-110)
Non conosco e non ho conosciuto molti vecchi di terza fascia (novantenni o prossimi a quell'età). Ma quei pochi coi quali sono venuto a contatto ho cercato di interrogarli sulla morte.
Salvo pochi casi, tutti tenevano ad affermare di non averne timore. Mi è parso che il loro non fosse un atto di spavalderia, quanto l'acquisizione di un principio di realtà: la fine della loro vita era prossima. Temevano di più l'invalidità, lo stare sulle spalle di qualcuno; ma che la vita si concludesse con la morte lo mettevano tranquillamente in conto. Non arrivavano a desiderarla, ma che ci fosse non era un dramma.
Vista dal punto di osservazione della mia età, appena entrato nella seconda fascia di vecchiaia, l'accettazione della fine mi pare congrua con l'età molto avanzata.
Se già ora comincio a sentire il peso degli anni (per esempio a causa della stanchezza oppure della riduzione dei tempi di veglia o ancora per la noia nell'eseguire ogni giorno le stesse azioni), mi figuro che fra dieci o quindici anni il peso dell'esistenza diventi insopportabile. Dunque l'attrattiva della vita scompaia.
La morte cessa di essere uno spauracchio.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
25 settembre 2021
L'idea di noi* (21-109)
L'idea di noi.* (21-109)
L'idea che abbiamo di noi stessi spesso non corrisponde a quanto gli altri pensano.
Non concorda neppure l'immagine esteriore: figurarsi il nostro intimo. L'dea di noi stessi è così radicata nella nostra testa, che rifiutiamo categoricamente ogni altra visione. Così fino alla morte: ci sarà sempre una separazione fra il nostro giudizio e quello degli altri. Il risultato è che noi di noi stessi non abbiamo la visione che hanno gli altri, che forse è quella che si definisce reale (soprattutto se gli altri conordano).
A sgretolare un poco per volta questo pensiero ci pensano i nipoti, quando raggiungiamo la vecchiaia.
Ricordo ancora due visioni lapidarie che espresse su di me il mio nipote maggiore, già da molto piccolo. Interrogato su che cosa facesse il nonno, rispose: "Dorme e prende medicine bio." E ancora: "Il nonno è un bambinone."
Di fronte alle affermazioni dei bambini è difficile opporsi e trovare giustificazioni e correttivi, per il loro grado di ingenuità, semplicità, capacità di sintesi. Più facile è contrastare il pensiero di chi ci vive accanto, attribuendo a pregiudizio la difformità col nostro.
La mia compagna spesso dice che me ne sto sempre per conto mio, che non dialogo, non sono presente alla relazione. Dice ancora che sono sordo, dormo molto, che sono pigro e poco incline a lavorare.
Io rifiuto tutto. Eppure ...
Eppure non posso credere che ciò sia falso, perchè lei è persona indipendente nei giudizi. Ma tant'è: le sue affermazioni mi scivolano via.
Ultimamente, a causa della morte di una collega di lavoro, ho riflettuto sulla mia vita, confrontandola con quella della defunta e ho percepito per la prima volta quanto fossero diverse, nonostante l'idea contraria che ho avuto fino ad oggi (vedi 21-093 e 21-104).
Ecco allora il vantaggio di una vita lunga: accorgersi di quello che si è veramente, lacerare il velo del nostro pregiudizio su noi stessi, prendere coscienza della realtà nostra.
Vivere a lungo permette questo passo di comprensione.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
24 settembre 2021
Il sapere e la libertà* (21-108)
Il sapere e la libertà. (21-108)
In una vita intera, che giunga fino alla vecchiaia, si imparano molte cose. Si acquisiscono competenze, relativamente al lavoro che si fa.
Quando però si va in pensione, quelle competenze non sono più usate da nessuno. Di ciò mi sono dispiaciuto più volte in questo diario. Mi è parso (finora) uno spreco per la comunità: relegando gli anziani fuori dalla società si perdono saperi che potrebbero essere ancora utili.
In casa ho una piccola libreria che contiene esclusivamente libri tecnici della mia gioventù e mezz'età. L'ho sempre conservata gelosamente, anche se sempre meno utilizzata, dopo la fine della mia professione. Se traslocherò, che ne farò?
Diventando vecchio (ormai da ben 10 anni) ho scoperto che la professione che ho svolto in passato, sempre meno mi caratterizza. Da giovane invece dicevo con orgoglio: io sono un chimico, quando mi si chiedeva che cosa facessi nella vita.
Da vecchi, quando si viene interrogati sulla propria attività, ci si limita a rispondere: sono un pensionato. Non conta più il proprio sapere!
Da vecchi si è più nudi, senza le sovrastrutture del sapere.
Si è quel che si è, col proprio corpo e la propria mente, senza fardelli di competenze che talvolta si portano come un peso, senza che gli altri abbiano aspettative sulle nostre conoscenze.
Ci si sente più leggeri.
Da vecchi si è più liberi.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
23 settembre 2021
Altra scoperta (21-107)
Altra scoperta. (21-107)
Mi occupo dei miei nipoti.
Che sono quattro, fra i cinque e i nove anni.
Fin dal primo anno del primogenito ho cominciato a "tenerlo", nel senso di badarlo nelle ore nelle quali i genitori erano al lavoro.
E fin dall'inizio ho accusato, dopo il servizio, una stanchezza incredibile, le prime volte perfino mi faceva star male (ho anche fatto alcuni esami di laboratorio per capire, senza risultato, se non un aumento della glicemia).
La mia compagna ha sempre sostenuto che fosse una questione psicologica a produrla. Non ne sono stato molto convinto, ma non avevo spiegazioni diverse.
In questi giorni abbiamo acquistato per i bambini un gioco di carte chiamato Dobble.
Un gioco intelligente. Una sessantina di carte contenenti ciascuna otto simboli/disegni colorati. Ogni giocatore ha in mano una di queste carte e deve confrontare i suoi simboli con quelli delle carte del mazzo, che sono scoperte una alla volta. Ogni carta del mazzo ha un solo simbolo in comune con ciascuna delle carte dei giocatori. Quando lo si trova bisogna dirne il nome a voce alta per primi e la carta entra nel gruzzolo del giocatore.
Si tratta di un gioco di sveltezza, concentrazione, attenzione: bisogna arrivare prima degli altri, per conquistare il maggior numero di carte.
Ho cominciato a giocare con alcuni dei nipoti.
Scontato che vincessero loro, ma mi sono impegnato perchè non mi stracciassero.
Risultato: ho contenuto le sconfitte, ma dopo anche una sola manche (che dura una decina di minuti) ne sono uscito stanchissimo: la concentrazione prevista dal gioco mi stanca molto.
Facile il parallelo con la stanchezza nel tenere i nipoti: si tratta di concentrazione alta da tenere per alcune ore.
Mi pare evidente che da vecchi l'attenzione diminuisca, ma se si vuole tenerla comunque ad alto livello, se ne paga un prezzo in termini di stanchezza nervosa.
Assomiglia a ciò che succede quando fa molto caldo.
Lo sforzo per compensare il caldo produce grande stanchezza, nei vecchi.
È stata una scoperta inaspettata.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
19 settembre 2021
Prostata (21-106)
Prostata. (21-106)
Controllo annuale della prostata.
Anzi del suo volume molto ingrossato, cioè della patologia detta Ipertrofia Prostatica Benigna (Ipb).
Prima della visita urologica, ho fatto l'ecografia: prostata ancora aumentata del 10% rispetto a un anno e mezzo fa. Ho misurato anche il Psa, un indice dell'evoluzione possibile verso il cancro: valore al di sotto del 4.0 e perciò non preoccupante.
Infine la visita.
In 14 anni di controlli sono stato visitato da una decina di urologi diversi. Alcuni pieni di sacro furore che volevano a tutti i costi che assumessi farmaci. Altri invece più rilassati, forse più disinteressati, comunque rispettosi delle mie scelte. L'ultimo apparteneva a questo secondo tipo. Non mi ha prescritto farmaci, nè ha dipinto scenari apocalittici. Si è limitato a chiedermi un controllo fra un anno. Abbiamo discusso di un'eventuale operazione, ma non l'ha posta come urgente. Gli ho anche chiesto se, eventualmente, non operandomi, in età più avanzata, avrei potuto ricorrere a un catetere stabile. Mi ha risposto di sì, senza commentare la scelta, informandomi anche che vi sono cateteri con una valvola di stop, che evita di doversi muovere con una sacca esterna di raccolta delle urine.
Sono rimasto soddisfatto.
Del resto per il momento l'unico fastidio della Ipb è il doversi alzare più volte durante la notte per orinare. Questo disturbo nell'ultimo anno, non so perchè, è diminuito di intensità: per ora la medie delle alzate notturne è di circa due-due e mezzo, assolutamente sopportabile, soprattutto se riesco a diminuirla ancora evitando alla sera di assumere alimenti diuretici.
Che dire?
Difficoltà di un vecchio (maschio).
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
18 settembre 2021
Elite? (21-105)
Elite? (21-105)
Ancora sul vaccino.
E come si potrebbe far a meno di scriverne, visto il bombardamento mediatico (a senso unico) sul tema?
La situazione attuale (in Italia) è la seguente: una piccola confraternita di persone competenti sta convincendo l'intera popolazione che l'unica via per tornare alla situazione di normalità sia quella di vaccinare tutti. La combriccola è formata dal presidente del consiglio e dal governo, dal presidente della repubblica, dal comitato tecnico scientifico. Evidentemente in situazioni di emergenza occorre che qualcuno indichi la strada da percorrere e alla fine imporla a tutti (con l'aiuto dei mezzi di comunicazione che si sono accodati senza colpo ferire).
Risultato: siamo in mano a un gruppo di competenti.
Un'oligarchia.
Una elite.
Non avrei nulla da dire se le scelte fossero fatte effettivamente per il bene della società e non semplicemente per tornare a vivere come prima.
Invece ...
Siamo preda di un pensiero unico medico e un pensiero unico economico.
Entrambi profondamente sbagliati, per quanto riguarda il bene della società.
Quello economico è il pensiero capitalistico, che dipinge il capitalismo come unica strada per far vivere assieme milioni (miliardi) di persone (naturalmente dopo aver costruito per secoli disuguaglianze, accumuli di capitali, rendite ingiustificate, gabbie normative quasi impossibili da togliersi di dosso, usando schiavismo, colonialismo e imperialismo).
Il pensiero unico medico è quello basato sul binomio malattia/farmaco, sulle analisi di laboratorio e le visite specialistiche invece che sull'esame accurato di ogni singolo paziente, perchè non siamo tutti uguali, tanto meno come risposta a un virus. Il pensiero unico medico ha completamente scordato di aver davanti singoli pazienti e non malattie generali.
Fortunatamente vi sono isole di resistenza. Persone che istintivamente percepiscono come grossolano (e pericoloso per alcuni) l'intervento vaccinale, che preferiscono potenziare il proprio sistema immunitario, che valutano con grande attenzione ciò di cui si nutrono (ai fini delle difese e della flora intestinale).
Insomma c'è gente che ha scelto un'altra strada.
Gente che viene bollata spregiativamente come no-vax, quando in realtà c'è molto di più in tale scelta: una diversa visione di uomo, di medicina e anche di diritti. In sostanza gente molto più informata sulla realtà dei vaccini (e dunque di organismo umano), che di conseguenza non intende vaccinarsi.
Una elite preparata e informata, dunque?
Effettivamente una elite.
E il resto della popolazione?
È purtroppo succube del modello economico e di quello medico predominanti.
Annaspa e vede nel vaccino l'uscita dalla pandemia, dopo decenni di malattie curate con una pastiglia, di diagnosi effettuate senza alcun esame obbiettivo del loro corpo, di antibiotici usati di frequente, di antifebbrili, anti-infiammatori, antidolorifici, di inibitori della pompa protonica eccetera eccetera. Cioè di farmaci che curano il sintomo e non la causa.
Sconsolatamente si può solo dire che il vaccino è congruente con la medicina che viene loro propinata da decenni.
Eh sì, la vera elite sono proprio i no-vax.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
16 settembre 2021
Scoperte (21-104)
Scoperte. (21-104)
Ho scritto che qualche tempo fa è deceduta una mia collega di lavoro. Poco dopo è scomparso anche Gino Strada. Entrambe figure di grande altruismo. Autentici esempi di vite vissute per gli altri.
Io provengo da un mondo contiguo col loro. I miei ideali giovanili erano i loro.
Ma se confronto la mia vita degli ultimi 40 anni con la loro, non posso non scoprire di aver seguito tutta un'altra strada. Ho letteralmente cambiato vita. A cominciare dal lavoro, continuando con gli ideali, per finire con l'impegno politico e la vita di tutti i giorni.
Questa è stata una sorprendente scoperta, perchè nella mia mente continuavo a collocarmi in quell'alveo, diciamo religioso-caritatevole.
Invece già dai primi anni dopo il cambio di lavoro, avevo battuto altre piste di vita che puntavano a una maggior presa di coscienza dei miei bisogni e alla conoscenza di me, abbandonando la scelta religiosa.
In aggiunta mi ero molto avvicinato al mondo dell'ambientalismo.
È curioso come la nostra immagine di noi stessi si ancori a idee che non corrispondono alla realtà e che permanga per decenni.
È come se si restasse a lungo nella cecità riguardo a quel che siamo veramente, finchè ...
d'improvviso qualche evento ci aprisse gli occhi e finalmente conoscessimo chi siamo.
Mi chiedo perchè ci voglia molto tempo per tutto ciò (meglio: a me ce n'è voluto molto).
Fortuna che son diventato vecchio e me ne sono accorto in tempo.
È seccante vivere senza avere una esatta percezione di quel che siamo, anzi di averne una totalmente distorta.
Fortuna che con la vecchiaia abbiamo tempo per fare di queste scoperte.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
12 settembre 2021
Un unico modello di medicina? (21-103)
Un unico modello di medicina? (21-103)
Nella pagina precedente ho accennato al fatto che in questa società è prevalso un unico modello di medicina. Quella che si affida a farmaci chimici (le pastiglie), ad analisi strumentali, a visite specialistiche, a vaccini. Non è sempre stato così, ma la svolta è avvenuta più di un secolo e mezzo fa e dunque si considera tradizionale la medicina moderna occidentale.
Che cosa manca in tutto ciò?
Il paziente.
Con la sua specificità di individuo unico, pur nella grande somiglianza con gli altri individui della sua specie. Grande somiglianza, non perfetta identità.
Quando si fa uno stesso trattamento a milioni di individui senza tener conto del singolo, vi possono essere alcuni che non lo sopportano, anche se la gran maggioranza lo tollera.
Esiste solo questo modo di trattare malati e malattie?
Evidentemente no.
Non solo vi sono altre culture che hanno prodotto diversi approcci (indiana, cinese, africana), bensì esistono nella civiltà occidentale altre culture. Non mi riferisco soltanto all'erboristeria (eredità di decine di generazioni di monaci esperti in erbe): c'è l'omeopatia (irrisa dalla medicina ufficiale, ma i suoi prodotti sono chiamati farmaci dalle leggi attuali e godono della detrazione fiscale); la recente nutraceutica, nella quale si cura col cibo; la naturopatia, che si avvale di numerose pratiche naturali della tradizione nostrana o di altre regioni; soprattutto vi sono medici che usano comunque diversi approcci, sia pur all'interno della medicina convenzionale.
Attingendo a tali altre culture ci si può difendere dal virus, ma anche anche ci si può curare una volta colpiti senza ricovero ospedaliero, come dimostrano i successi di alcuni medici, ad onta dei giudizi negativi dell'Istituto superiore di sanità nostrano.
Il mio approccio è proprio questo: non negare l'esistenza del virus, nè l'alto numero di decessi, bensì potenziare l'unica arma veramente efficace che abbiamo, il sistema immunitario, con tutti i mezzi possibili.
Cominciando con l'eliminazione delle sostanze che minano le nostre difese (come l'alcol e lo zucchero, il tabacco); continuando con un'alimentazione quasi totalmente vegetale, cruda, biologica; assumendo presidi che già si sono rivelati efficaci in altre infezioni da corona visus, come il vaccino omeopatico; supplementando l'organismo di vitamine D3 e K2 e C; integrando la dieta col kefir, che potenzia i batteri intestinali utili; permanendo ogni giorno in un bosco (o boschetto, o parco), per almeno mezz'ora per volta.
Per arrivare a usare questi mezzi però c'è bisogno di una lunga frequentazione delle idee su medicina, alimentazione e vita naturale.
Cosa che si può ottenere dopo lunghi anni di vita.
Forse solo la vecchiaia permette di arrivare a tali convinzioni.
11 settembre 2021
Rassegnazione (21-102)
Rassegnazione. (21-102)
Forse per la vecchiaia, forse per le immense forze avverse messe in campo, ma non ho più l'energia per oppormi al vaccino anticovid, green pass e affini, se non con una resistenza individuale (non mi vaccino, punto e basta).
Non ritorno sui motivi per i quali ritengo che il vaccino sia pericoloso (vedi 21-083 e 21-091): mi limito solo a segnalare ciò che sta scritto nella banca dati europea sulla farmaco vigilanza di Ema. In Eu, al 31-07-21 si sono avuti 21.000 casi di morti sospette (dopo ore o pochi giorni dalla somministrazione del vaccino) che possono essere ricondotte al vaccino, anche se non è stata dimostrata la causalità fra morte e vaccinazione. E due milioni di reazioni avverse, della quali la metà definite gravi (dati tratti da eudravigilance).
Qui voglio invece sottolineare la situazione anormale che si è venuta a creare in Italia: tutti i mezzi di comunicazione (giornali, radio, tv) ribattono la stessa idea. Che ci si debba vaccinare tutti, bambini compresi, per poterci liberare dalla pandemia. Che chi si oppone alle vaccinazioni è un delinquente o uno sconsiderato o un fanatico o un violento. E sono scesi in campo tutti: dal presidente del consiglio, al presidente della repubblica, al papa.
Si tratta di un problema anche difficile da affrontare, perchè tocca questioni di diritto, oltre che scientifiche.
Secondo me i punti critici sono due:
1) la convergenza quasi totale su un'unica idea e la criminalizzazione di ogni critica
2) l'imposizione di un unico tipo di medicina, come panacea di tutti i mali e quindi in sostanza l'imposizione di un'unica idea di uomo (homo economicus)
Al pensiero unico dominante non passa neppure per l'anticamera del cervello che idee contrarie siano sostenute da persone competenti, quali medici, premi nobel, giuristi, filosofi. L'importante è vaccinare, senza se e senza ma in modo a critico (significativo l'affidamento a un militare dell'intera operazione). E vaccinare per sempre. Già si parla di terza dose e fra poco si parlerà di richiami annuali a tutta la popolazione mondiale, 7,5 miliardi di individui!
Ma anche un bambino capisce che non può essere questa la via!
Soprattutto se non si chiarisce un punto: via per andare dove?
È implicito: per tornare a come si viveva prima, col pil che la fa da padrone, con la crescita economica a tutti i costi, lo spostamento di merci e persone (e capitali) sempre maggiore da un capo all'altro del mondo.
Possibile che non si capisca che tornare alle condizioni precedenti significa tornare a produrre pandemie ogni cinque o sei anni? Possibile che nessuno si fermi a riflettere?
Comunque, ribadisco l'idea iniziale: sono rassegnato ad essere sconfitto, a non poterci far niente (in sostanza a subire le conseguenze del mio rifiuto).
E sì che ritengo di aver fatto il massimo per potenziare il mio sistema immunitario, l'unica arma che abbiamo per sconfiggere il virus.
Mi rassegno, non ho più neppure voglia di discuterne.
E la vecchiaia penso che c'entri.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
05 settembre 2021
Questione basilare (21-101)
Questione basilare. (21-101)
Fin dai primi mesi di questo diario, ho sottolineato l'incidenza che ha la stanchezza nella vita di un vecchio (vedi nn. 79 e 90 del 2012).
Ieri abbiamo fatto visita alla nostra vicina, dirimpettaia di pianerottolo, ultra-novantenne, che non vedevamo da più giorni.
La mia compagna le ha chiesto l'età precisa e la vicina ha risposto:
"Novantatre fra una settimana!"
Le abbiamo fatto gli auguri e ci siamo informati se avrebbe festeggiato con i suoi familiari.
"Sì -- è stata la risposta -- forse vado a casa loro."
"Allora, mi raccomando, – ha aggiunto la mia compagna – faccia in modo che sia una giornata di allegria!"
La vecchia signora ha debolmente sorriso, l'ha guardata e ha concluso, lapidaria:
"Non ho più la forza per stare allegra!"
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
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