30 novembre 2018

Un errore (18-157)

Un errore. (18-157)
Scartabellando dei libri che volevo dismettere, ho scoperto una vecchia grammatica di inglese, sulla quale ha studiato mio padre. Incerto se disfarmene o no, mi è venuta l'idea di inviarla a un mio compagno di scuola, la cui madre era proprio l'autrice di quella grammatica. Magari gli avrebbe fatto piacere. Non vedo il mio compagno da anni, ma di tanto in tanto, dopo il tempo della scuola, ci siamo frequentati. E il nostro rapporto è stato sempre quello di prenderci in giro bonariamente, pur non essendo mai diventati amici.
Approfittando dell'invio gli ho scritto una lettera ironica, complimentandomi, se fosse stato ancora in vita, contro tutte le mie aspettative, ma anche facendo le condoglianze ai familiari se nel frattempo fosse  morto. Il tutto palesemente in modo umoristico.
Confesso che mi aspettavo una immediata telefonata di ringraziamento, sia pur condita con sarcasmi vari e contumelie umoristiche, nello stile del mio compagno.
E invece nulla.
Temo di avere commesso una gaffe.
Ho dato per certo che fosse in vita e in buona salute, ma alla nostra età questo non è più scontato.
Magari è morto proprio di recente o sta combattendo con una grave malattia.
Mai scherzare sulla morte con chi è così vicino a essa.
Ma se non si scherza sulla morte fra noi vecchi, con chi lo si può fare?




(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

29 novembre 2018

Più lenti, più irritabili (18-156)

Più lenti, più irritabili. (18-156)
In famiglia.
Mia moglie mi comunica che una lampada del suo studio non funziona e mi chiede di controllare. Le faccio qualche domanda, per capire di che cosa si tratti e mi dilungo un poco. Lei si spazientisce e: “Sei diventato lungo nelle domande e lento nelle risposte!”
In effetti … non sono mai stato un fulmine e, invecchiando, evidentemente sono peggiorato.
La maggior lentezza è tipica della vecchiaia.
Ma anche mia moglie sta diventando vecchia. Lei è sempre stata veloce e quindi io non mi posso lamentare. Eppure ho notato che negli ultimi anni si è accentuata una certa insofferenza in alcune situazioni. È diventata più irritabile e meno tollerante.
Anche l'irritabilità è tipica della vecchiaia!






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25 novembre 2018

Il signor Giorgio (18-155)

Il signor Giorgio. (18-155)
Il vecchio signor Giorgio ha il cancro. 
Era uno dei molto anziani del quartiere che avevo intervistato (vedi 18-152) per scoprire il segreto della loro longevità.
Di lui ho scritto in anni passati. 
Il signor Giorgio è un vecchio alpino in forma splendida che ha raggiunto i novantadue anni.
Lo invidiavamo tutti, noi vecchi giovani. Fisico asciutto, pieno di energia, continuava a fare il custode di un parco cittadino. Fra noi ci chiedevamo quanto ancora avrebbe resistito, perchè non c'erano segni di cedimento.
Sì, magari la memoria vacillava un po', ma sul piano fisico era un esempio.
Oggi ho saputo che è stato colpito da un tumore alla prostata.
Era un ottimo esempio di quella che si chiama Restrizione Calorica: una dieta che fa vivere di più proprio perchè si mangia poco. E lui mangiava poco.
Ho perso una prova della sua validità.

Comunque novantadue anni sono una durata di tutto rispetto.
Come dicevo nei primi anni di diario: di qualcosa bisogna pur morire.




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24 novembre 2018

Fatiche (18-154)

Fatiche. (18-154)
Ieri è venuto a trovarmi il mio amico. È stata una breve, ma piacevole visita.
Ci vediamo soltanto tre o quattro volte l'anno (abita in un'altra città); fino a due anni fa in aggiunta passavamo alcuni giorni a camminare in montagna: formiamo un bel sodalizio.
Insomma, ieri con lui sono stato bene.
Eppure anche la banale organizzazione della visita mi è costata fatica. Cioè ho accusato la fatica di programmare un evento sia pure molto gradito.
In altri casi (andare a un concerto, a una conferenza a vedere un film, soprattutto di sera) il piacere di farlo non compensa la fatica di organizzarlo e andarci.
E spesso rinuncio.

Vecchiaia, energie che se ne vanno.


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23 novembre 2018

E' una necessità (18-153)

È una necessità. (18-153) (23/11/18)
Non c'è nulla da fare!
Al pomeriggio devo dedicare un'ora a un sonnellino, per ricaricare le batterie.
Altrimenti arrivo all'inizio della serata che sono uno straccio. E mi addormento appena mi siedo in poltrona, per esempio davanti alla tv.
È un tema sul quale ho già scritto, ma che mi si ripresenta dal vivo di tanto in tanto.
Si tratta di una limitazione.
Di pomeriggio avrei tante cose da fare invece di dormire: e invece devo usarne una parte per il riposo.
È curioso: devo sacrificare del tempo prezioso di vita per poter finire la giornata.
Devo consumare vita per avere altra vita da vivere (e concludere la giornata)!

Questo mi fa arrabbiare.


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20 novembre 2018

I segreti dei vecchi (18-152)

I segreti dei vecchi. (18-152)
Lo incontro quasi ogni giorno al parco vicino a casa.
Gli ho chiesto l'età. “Novantun anni!” ha ribadito, orgoglioso.
Alto, fisico asciutto, cammina forzando un poco i movimenti. Si ferma presso una panchina e accenna a qualche movimento di ginnastica.
Gli ho chiesto: “Qual è il segreto della sua longevità?”
Lavorare molto!” mi ha risposto, senza esitazione.
L'ho incalzato: ”… e sul mangiare, che mi dice?”
Essere parchi. Mio fratello, di cinque anni più giovane, è molto grosso. Perchè, anche da anziano, non sapeva dir di no ai continui inviti a cena (è un personaggio pubblico). Adesso non si muove più. Non riesce a reggersi sulle gambe.”
E' il terzo grande vecchio (85-90 anni) che “ho intervistato” che mi segnala un dato interessante della sua longevità: l'essere parco nel consumo di cibo, pur mangiando di tutto. Ne ho già scritto nella pagina 18-142, citando la Restrizione Calorica come una condizione che la ricerca scientifica giudica fondamentale per un allungamento della vita.
L'ho ringraziato e me ne sono andato.
Mentre mi allontanavo una signora, anziana anche lei, che lo accompagna sempre, ha aggiunto: “ E fare ginnastica!”


In pochi secondi, in tre frasi, svelati tutti i segreti di una vita lunga.


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18 novembre 2018

Inadeguato (18-151)

Inadeguato. (18-151) (18/11/18)
Mi sono recato all'ufficio postale per un pagamento.
Ho schiacciato il tasto del numero di prenotazione ed è uscito il 105. Ho buttato l'occhio sul tabellone e ho visto che era stato già chiamato, prima dell'emissione del biglietto. “Forse è un errore” – ho pensato. E così ho preso un altro numero successivo. Nell'incertezza ho premuto il tasto di prenotazione per un altro servizio: 122. Quando è stato chiamato il mio numero ho fatto presente all'impiegata allo sportello che il numero del tabellone era in anticipo di una unità. Mi ha spiegato che non c'era alcun errore, semplicemente dovevo guardare non il numero soltanto, ma anche il simbolo che lo precedeva: un “1” cerchiato.
Aveva ragione lei. Altri avventori si sono avvicinati e mi hanno mostrato come si doveva leggere. Ho capito e li ho ringraziati.
Anche se era la prima volta che incontravo quella combinazione (simbolo + numero) e quindi ero legittimato a non capire, mi sono sentito inadeguato in quanto anziano.
Effettivamente non avevo colto il criterio di funzionamento dei biglietti di prenotazione di quell'ufficio.
Mi sono sentito disarmato, ho accusato il colpo.
Un giovane se ne sarebbe accorto subito, io no. In quanto vecchio sono stato preda di rigidità mentale. Non ho avuto l'elasticità necessaria per comprendere che il simbolo che precedeva il numero (un uno cerchiato, una faccina sorridente, una T maiuscola, a seconda del servizio richiesto) faceva parte del numero stesso e selezionava il tipo di coda nella quale si era stati inseriti.
Questa volta non si trattava di una qualche diavoleria elettronica complicata, che avrei anche potuto rifiutarmi di apprendere: si trattava soltanto del numero di una coda a uno sportello!
Mi sento come se non ce la facessi più a stare al passo con questo mondo


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15 novembre 2018

Non lo posso più fare (18-150)

Non lo posso più fare. (18-150)
All'inizio di questo diario, avevo cercato di classificare in vari modi ciò che osservavo della vecchiaia. Una delle classi era: quello che non posso più fare. A esempio correre come facevo in gioventù: ci ho provato, ma la fatica era troppa, mi ha fatto desistere.
Circa vent'anni fa col mio amico abbiamo cominciato a camminare in montagna, con gran soddisfazione di entrambi. Dopo qualche anno il mio amico ha cominciato a dirmi che sarebbe venuto un tempo in cui non avremmo più potuto fare le nostra camminate. In effetti, negli ultimi anni le nostre camminate hanno cambiato fisionomia: non più marce faticose da un rifugio a un altro, con zaini appesantiti; bensì far tappa in un rifugio e da lì fare dei percorsi giornalieri con rientro serale al rifugio e zaini leggeri.
Ciò non significava ancora: non posso più farlo. Eppure sono già due anni che non facciamo camminate. I motivi sono i più vari (mie improvvise difficoltà economiche, un anno; il mio cane molto vecchio e prossimo alla fine, un altro anno). Quest'estate se ne è aggiunto un altro di motivo: il mio amico non riesce a fare più di un chilometro, camminando; gli sono subentrati dei dolori a una gamba, che non passano. Quando le cose si fanno in due, raddoppiano gli impedimenti: quelli dell'uno si sommano a quelli dell'altro. Spero che la situazione si evolva positivamente nei prossimi 8 mesi, altrimenti ...
In queste settimane però si è aggiunto un ulteriore ostacolo: le grandi tempeste che si sono abbattute sulla mia regione hanno colpito anche la valle meta della nostra futura uscita. L'abbattimento degli alberi comporta anche la cancellazione dei sentieri. E noi senza sentieri e segnali dei sentieri non ce la caviamo.
Un altro ostacolo, dunque.
Estrinseco, sicuramente, ma che comunque ci impedirà di andare nel luogo dove avevamo già organizzato il viaggio.
Che sia arrivato il tempo in cui non possiamo più farlo?


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14 novembre 2018

Si dimenticano chi siamo stati (18-149)

Si dimenticano chi siamo stati. (18-149)
Nella mia età di mezzo, ho seguito per alcuni anni il movimento new age.
Ho partecipato perciò a numerosi gruppi, che avevano come scopo un miglioramento della consapevoleza di se stessi, attraverso attività espressive e di approfondimento psicologico
In uno di questi (riguardava la danza, anzi la biodanza), durante la presentazione iniziale, che ciascun partecipante faceva di sé e delle sue aspettative, uno dei presenti esordì dichiarando: “Io sono ingegnere.”
L'affermazione suscitò l'ilarità di noi altri, perchè era fuori contesto: non si chiedevano professioni o titoli, ma ben altro.
Questo episodio mi è venuto in mente durante una riflessione su ciò che connota un anziano. Mentre durante la giovinezza si è quel che si è, durante l'età di mezzo si tende a identificarsi molto di più col proprio lavoro, con la propria carriera.
Quando si invecchia e si va in pensione, l'attaccamento al lavoro che si è svolto, è ancora forte, ma scema lentamente. Arriva una certa età in cui non ci si presenta più con la propria professione, bensì con quel che si è in quel momento: anziani e basta.
È curiosa questa dimenticanza di una parte importante di vita: da parte dei nostri interlocutori e anche da parte nostra. Me ne rendo conto adesso, che da un paio d'anni sono in pensione completamente .
E me ne rendo conto anche quando incontro degli anziani, specialmente se sono molto in là con gli anni. Non mi viene in mente di chiedere che lavoro facessero.
Mi sembra inessenziale rispetto al loro essere vecchi.








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11 novembre 2018

Pensieri da vecchi (18-148)

Pensieri da vecchi. (18-148)
Il mondo che lascierò fra qualche anno non mi piace.
Troppa superficialità, troppa retorica intorno a temi di nessun conto, troppa fiducia che la tecnologia e l'economia ci salveranno.
Però è successo sempre così: i vecchi mal considerano i mondi nei quali trascorrono gli ultimi anni di vita. O perchè non si abituano ai cambiamenti della società degli ultimi anni, o perchè ne intuiscono le false promesse e ne colgono gli aspetti negativi e illusori.
Sono nato quando ancora non c'era la tv, e le automobili erano poche. Quando entrarono nella mia famiglia, mi parvero belle cose, che sicuramente avrebbero migliorato la vita. Visto che cosa sono diventate oggi  (auto e tv), allora mi sbagliavo a darne un giudizio così positivo. Chissà come i miei nonni allora le valutassero. Forse erano anch'essi perplessi di fronte a quelle novità, come io lo sono rispetto all'invasione odierna degli automatismi, del sempre connesso, dei gigantismi.
Eppure non mi sento responsabile se il mondo che lascio ai miei nipoti è peggiore di quello che ho ricevuto. Forze molto più grandi di me l'hanno plasmato così, lo stanno plasmando.
Mi sento responsabile invece del modello che ho dato a mio figlio: un padre molto preso dalle proprie cose, che si rapportava con lui per dovere, piuttosto che per affetto.
E oggi se il mio modello verso i nipoti è totalmente diverso e molto più positivo, ciò che ha appreso da me mio figlio (e che sta perpetuando coi suoi figli) è piuttosto povero di calore.


Il mondo che sto lasciando non mi piace.

(continuerò comunque, nel mio piccolo, a lasciare impronte positive, almeno adesso, da vecchio, visto che da giovane non sono stato un gran che)






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08 novembre 2018

Io, Daniel Black - il film (18-147)

Io, Daniel Black. Film di Ken Loach. (18-147) (08/11/18)
Film molto bello, del grande regista inglese (2016).
Non riguarda la vecchiaia, ma una vita prossima a quest'età.
Il protagonista infatti, pur non essendo ancora formalmente vecchio, è diventato fragile per una seria malattia cardiaca. Anagraficamente di mezza età, di colpo con la malattia si ritrova vecchio. E senza il paracadute della pensione.
Ciò che colpisce di più è la sua dignità, nel vivere la sua nuova vita. Non si lascia andare, cerca di lottare, mantiene la sua umanità, la sua solidarietà nei confronti di chi è più fragile. 
Una rappresentazione di ciò che si può fare in vecchiaia.
Anche la sua incapacità di fronte a una nuova società, piena della retorica di computer, on line, account e via dicendo, non lo trova inerme. Cerca di trovar soluzioni.
Suggestive le sue camminate spedite: alla ricerca di un nuovo lavoro, per andare negli uffici pubblici, per aiutare un personaggio più debole.
Camminate energiche e non da vinto.
Non è un film su un vecchio, ma è pieno di suggerimenti su come si possono vivere le difficoltà della vecchiaia: con dignità fino alla fine.
Ken Loach ha compiuto ottant'anni.




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06 novembre 2018

Autunno (18-146)

Autunno. (18-146)
Ormai sono quasi due mesi da che non fa più gran caldo.
Da qualche tempo il mio vecchio cane si è come ringalluzzito.
Scende e sale le scale senza attendere un aiuto; quando lo libero in giardino fa sempre una corsetta abbaiando; anche il veterinario stamane lo ha trovato come più presente.
Evidentemente la temperatura, non più calda e non ancora fredda, gli giova.
Quando faceva gran caldo, me la sono vista brutta: sembrava che fosse giunto alla fine dei suoi giorni.


A pensarci bene, anch'io sto meglio.
Non sono più prostrato dal calore, né bloccato nei miei progetti e iniziative.
Ho perfino dato un buon impulso al libro sul cibo che sto scrivendo: ultima impresa che mi appassiona, che negli ultimi mesi languiva, per mancanza di tempo.
Ora la disponibilità di tempo sembra essere tornata.


Da vecchi patiamo maggiormente le stagioni estreme (estreme per modo di dire, perchè, nella mia regione, d'inverno non fa più molto freddo; tuttavia è ancor vero per l'estate che da qualche anno è diventata una stagione insopportabile).
Ne ho scritto anche gli anni scorsi: il gran caldo e il gran freddo ci rubano tempo di vita, visto che in estate e in inverno combiniamo di meno e con gran fatica.
Stiamo meglio negli altri mesi.
Le stagioni dei vecchi sono primavera e autunno.




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