08 ottobre 2021
Referendum per abolire la caccia (21-115)
Il referendum per abolire la caccia. (21-115)
Sta per concludersi la raccolta di firme per indire un referendum sulla caccia: per abolirla.
Dico subito che sono completamente d'accordo, perchè la caccia di fatto impoverisce la biodiversità italiana. Per di più i cacciatori si appropriano di un bene comune, come gli animali selvatici, che sono di tutti (o meglio di nessuno!) e non soltanto di chi spara. È vero che in Italia i cacciatori sono in calo, ma comunque sono circa mezzo milione, un bella cifra.
Invito tutti ad andare a firmare, perchè non è detto che si raggiungano le 500.000 firme entro il 20 ottobre. Lo si può fare in Comune o negli uffici comunali dei quartieri.
Non mi dilungherò sui motivi per i quali sono contro la caccia, ma riporto sotto un racconto autobiografico di un cacciatore, che è chiarissimo a tal proposito.
Dal racconto "Gli occhi di Luigino" di Mario Frezza (primario ospedaliero).
Non lo convincevano proprio. Verdi, ecologisti, pacifisti, anticaccia. Una congerie di smidollati che volevano proibirgli il suo più bel divertimento: andare a caccia!
Svegliarsi all'alba, stivaloni, doppietta a tracolla e via per i campi ancora avvolti dalle brume, col setter davanti, tartufo al vento, a tagliar gli arati. Cosa di più bello, salutare. Ed anche ecologico, se vogliamo! Lontani dai rumori e dallo smog, boccate di ossigeno a pieni polmoni.
Ma poi, anche sua moglie era soddisfatta ed al mattino si svegliava con lui a preparagli il caffè e un buon thermos caldo. E al rientro non stava nella pelle davanti a un bel carniere. E preparava dei piatti da leccarsi le dita, da andare orgogliosi con gli amici. Tua moglie, dicevano, per le pappardelle col capriolo, è una vera maga. Ma anche quel risottino col fagiano non è da buttare, diceva un altro!
Così gli sembrava che lui e la brigata avessero ragioni da vendere per continuare imperterriti a rinnovare la licenza anno dopo anno. La sua mente non partoriva dubbi in proposito, mai neppure un attimo di debolezza o di spazio al pentimento. Ne era sicuro. Ed invece un giorno ...
Quel mattino l'acqua colava fin dai chiavistelli e non si vedeva a un palmo. Restar sotto le coltri in quel lettone era una tentazione. Ma erano venuti lassù la sera prima, proprio per quella caccia. L'acqua della catinella era ghiacciata, ma due schizzi sulla faccia lo svegliarono del tutto.
A colazione l'allegria della brigata era già allo zenit. Un caffè bollente e due fette di kugelhupf, appena sfornato, contribuirono a riconciliarlo con la vita. Uscirono che stava rischiarando. Quando furono nella valle, liberarono i segugi che uggiolavano per il freddo e per l'orgasmo.
Il bosco grondava umidore da ogni ramo e grossi goccioloni cadevano dall'alto. I cani dopo qualche giro a vuoto, naso a filo di vento, cercavano la traccia. E poco dopo iniziò la canizza. Doveva essere il Veltro ad avere il buono, lo si sentiva latrare alto e isterico. Ce l'ho, voleva dire. E l'uomo dopo tante cacce assieme, lo capiva. Ma l'usta non era stabile, perchè a volte la voce cessava. Iniziarono a salire per raggiungere le poste. Così il maschio non aveva scampo: in valle il Veltro e gli altri, sopra, in punti obbligati, cinque calibro 270 a tiro rapido.
Non c'era un sentiero tracciato, il terreno in ascesa era rotto da mughi, cespuglioni e rocce che obbligavano gli uomini a un incedere lento e faticoso. E la pioggia pareggiava ogni rumore.
I segugi in basso lavoravano accaniti, il maschio era fresco e li faceva impazzire. Dopo oltre un'ora raggiunsero gli spiazzi e un goccio di grappa li rincuorò. Fischiarono l'un l'altro per segnalare le posizioni, erano distanti e la nebbia impediva qualsiasi contatto.
L'uomo udì la canizza, sembrava impercettibilmente avvicinarsi. Sì, i segugi vociavano risalendo. Forse sì, non ne era certo. D'improvviso udì uno spezzar di rami vicino. Sì, era sicuro questa volta. Poi il silenzio. L'uomo non mosse un muscolo, solo l'indice sfiorò il grilletto, freddo.
Dopo un pò udì distintamente un ansimare aspro, quasi una dispnea: era certamente il maschio braccato. Quel respiro aveva qualcosa di umano, pareva lui che, rotto l'ascensore, si fosse fatto a piedi i cinque piani del caseggiato. Ma che idea! Uno squarcio dell'immaginazione, e suo malgrado pensò: Povera bestia! Ma l'anima: Che pensi, cretino, è uno splendido esemplare e se stai buono, sarà tuo. Ti appartiene già! E cominciò a cercare con lo Zeiss da 6x nell'ombra della macchia, verso il basso. Nulla. Con le folate di nebbia salivano anche le voci dei cani, del suo Veltro che sembrava dirgli: Attento padrone o non te lo perdonerò mai! D'un tratto come per un'improvvisa schiarita, in un largo tra gli arbusti contro il cielo plumbeo gli capita l'immagine sontuosa del capriolo. Un palco di corna eccezionali. Il torace robusto, sollevato come un mantice da un respiro squassante. Traguardò la testa nella lente e nel centro cerchiato comparve un occhio umido, disperato. L'uomo non voleva ma il pensiero corse ribelle. E rivide gli occhi di Luigino, terza elementare scuola "Filippo Corridoni", quando si era perso al luna park. Sentì un nodo alla gola. Il capriolo era ancora lì e sembrava attendere, con il colpo che non giungeva, una sorta di giustizia liberatoria somministrata da quell'uomo che ne avrebbe provato godimento. In un attimo rivisse tutta la sua vita venatoria, ebbe un moto di rifiuto, e se ne vergognò.
Lasciò la posta e senza fare orecchio ai compagni che con fischi ripetuti cercavano di lui, ritornò alla pensione. Vergò due righe su un biglietto e a mezzogiorno era già alla barriera in autostrada.
(Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)
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