La
vita e i giorni di Enzo Bianchi (2) (19-145)
Ho
finito di leggere il libro di Bianchi.
Confermo
il mio giudizio su questo testo (vedi 19-142).
Anche
se nella seconda parte si accentuano le riflessioni sulla sua scelta
fondamentale di vita (la fede cristiana, Bianchi è un monaco
cristiano), restano numerose osservazioni sulla vecchiaia pura e
semplice. Come ho scritto, molte osservazioni le ho fatte anch'io in
questi sette anni di diario: segno che l'esperienza della vecchiaia è
realmente comune per tutti i vecchi o almeno per coloro che si
soffermano a riflettere sulla loro vita.
Mi
hanno colpito particolarmente due riflessioni, che io non avevo
fatto nel senso indicato da Bianchi.
La
prima si può sintetizzare nell'espressione: "la vecchiaia è il
tempo in cui si deve mollare la presa". Cioè si deve cessare di
voler tenere tutto sotto controllo, si deve smettere di riportare a
sè la vita di altri (di gruppi, o anche di singoli familiari).
Bianchi è un monaco e non lo può sapere, ma la sua osservazione si
applica facilmente a chi ha dei figli. Diventando vecchi si deve
mollare la presa sui figli. Lasciare che facciano la loro vita, anche
se non la condividiamo. Si deve cessare di star loro col fiato sul
collo. Del resto non si può fare altrimenti, perchè le forze di un
anziano si vanno affievolendo: neanche con sforzi enormi si può
continuare a essere presenti sulla scena del mondo (cioè nella vita
dei nostri figli) a settanta – ottanta anni.
La
vecchiaia è l'arte del distacco anche da loro.
La
seconda osservazione sorprendente è quella relativa
all'incompiutezza della propria vita.
I vecchi si devono rassegnare
al fatto di non poter pretendere di completare ciò che stanno
facendo: la vita è di per sè incompiuta.
Da
una parte ciò presuppone una fiducia nei più giovani, che
prenderanno il nostro testimone e lo porteranno avanti. Cioè i
nostri progetti non si concludono con noi.
Si
completeranno senza di noi.
Dall'altra
parte il concetto di incompiutezza centra in pieno la
condizione umana: soprattutto a riguardo della nostra aspirazione
all'immortalità. La vita è destinata a finire e perciò è in
contraddizione col nostro sentimento interiore che la vorrebbe
eterna.
La
vita dunque è sempre incompiuta, proprio in quanto finisce.
Un
bel libro. Da leggere.
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del
bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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