17 dicembre 2019

I "social" (19-141)

I social. (19-141)
In questi ultimi anni (due o tre) la diffusione di mezzi di comunicazione sociali (cioè diffusi fra la gente, senza nessun investimento economico da parte del singolo utilizzatore) si è ingigantita. Vi sono addirittura dibattiti pubblici sul loro linguaggio, sui sentimenti che suscitano, sulla loro invadenza.
Dico subito che i social mi lasciano indifferente. È vero che uso uno di tali strumenti col mio diario. Ma di tutti gli altri ne conosco a malapena il nome: non li frequento mai, nè sono interessato a conoscerne contenuti e modalità di uso.
È un nuovo mondo verso il quale provo indifferenza.
Da una parte perchè il loro uso richiederebbe un qualche impegno per appropriarmi di meccanismi, di termini tecnici e per ricavare tempo da dedicarci.
D'altra parte perchè li sento come un nuovo falso, del quale si può fare a meno, come se ne è fatto a meno negli ultimi 50 anni o 50 ... secoli!
Non ce n'è bisogno.
Si dice: rispondono a un bisogno di comunicazione.
Ma la comunicazione vera avviene attraverso la parola parlata, nei contatti fisici con la gente, nell'incontrarsi. Già la tv ha isolato la gente in casa propria; ci mancavano altre diavolerie per spingerci tutti nell'isolamento totale della propria tastiera!
Verso tutto ciò mi sento estraneo.

(E' curioso che il termine tecnico che li designa sia social media, naturalmente in inglese, ed è ancora più curioso che la traduzione in italiano sia: social network! Sì, non è uno scherzo, la traduzione italiana di un termine inglese è ancora un termine inglese!!!)

Questa idiosincrasia per le novità è proprio segno di vecchiaia.
Ma non ci posso far nulla: ne ho fatto a meno per settant'anni, ne farò a meno nei prossimi pochi anni di vita.
E non ne sento alcuna mancanza!


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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