Non siamo liberi. (19-007)
Riprendo una parte della pagina di
ieri: quella in cui sostenevo che di fatto nella scelta del
cibo, non siamo liberi.
Giocano molti fattori.
In primis, la cultura
dominante, secondo la quale il cibo non influisce sulla salute (e su
tale cultura hanno responsabilità i medici di base). E quando
palesemente si riscontra che invece il cibo genera malattia, si
invoca come causa la deboleza genetica dell'individuo che si
ammala, assolvendo di fatto il
tipo di cibo del quale il malato si è nutrito.
Poi la produzione industriale del
cibo, sia come agricoltura che come industria di trasformazione dei
prodotti agricoli: non siamo noi, ma altri che decidono che cosa
produrre e immettere nel mercato e lo fanno perseguendo come unico
scopo la massimizzazione del profitto. Altro che salute!
Ancora: i grandi distributori del cibo
(gdo: grande distribuzione organizzata), cioè le catene dei
supermercati. Anche in questo caso altri e non noi decidono le
referenze da introdurre nei punti vendita, avendo come unico scopo il
profitto. Ci lasciano l'illusoria sensazione di libertà, perchè
possiamo scegliere fra marchi diversi. Ma quei prodotti spesso sono
simili, quando non addirittura identici. Perchè prodotti dallo stesso
stabilimento con la stessa ricetta.
Altra causa di mancanza di libertà:
la pubblicità.
Un potente strumento in mano a
produttori e distributori è la pubblicità ossessiva dei prodotti
alimentari, attraverso la televisione. Immagini fuorvianti (un mulino
come luogo di produzione!), collegamento di un prodotto a benessere,
felicità, festa (la pubblicità dello spritz, citato nella pagina
precedente), messaggi continui ad ogni ora del giorno e tutti i
giorni. Tutto ciò lascia il segno, se non c'è nel consumatore una
solida informazione.
Ma la nostra libertà di scelta ha
altri nemici.
Innanzi tutto la gradevolezza del cibo
proposto, con l'uso abbondante di insaporenti (sale, olio,
glutammato, zucchero). A una prima impressione il cibo industriale
sembra buono, perchè spesso ha un sapore forte. Bisognerebbe essere
stati educati ad analizzare i retrogusti che restano in bocca, dopo
qualche minuto, per accorgersi che non è poi così buono.
Non basta: un altro nemico è la
gastronomia, cioè l'elaborazione dei prodotti secondo ricette che ne
esaltano la bontà. E questo nemico è invincibile. Se non è
difficile smascherare la scarsa qualità organolettica dei prodotti
industriali, è impossibile resistere all'autentica squisitezza di
prodotti di alta qualità (parlo soprattutto della tradizione
gastronomica del mio paese, l'Italia).
Purtroppo la bontà di un prodotto non
è garanzia di salute, soprattutto perchè oggi si fa un uso
quotidiano di piatti che un tempo erano limitati soltanto alla
domenica o addirittura soltanto alle tre o quattro maggiori festività
durante l'anno.
Infine non siamo liberi in ciò che
mangiamo perchè viviamo in un contesto sociale: amici e familiari.
La cerchia degli amici più cari è spesso pervasa della cultura
dominante. E i nostri parenti più stretti magari sono quelli che ci
preparano pranzi e cene, o quelli che fanno gli acquisti. E se sono contrari a ciò che vorremmo mangiare noi, la vita diventa dura.
Difficilissimo essere liberi di
mangiare ciò che vogliamo.
Per farlo dovremmo non aver nulla da perdere.
Cioè essere vecchi.
(ma spesso i vecchi sono più preda della cultura dominante e di altri che preparano loro il cibo)
Per farlo dovremmo non aver nulla da perdere.
Cioè essere vecchi.
(ma spesso i vecchi sono più preda della cultura dominante e di altri che preparano loro il cibo)
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del
bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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