La
visita. (15-128)
Sono
andato a far visita all'unica zia che mi è rimasta. Molto anziana,
92 anni.
La
vado a trovare un paio di volte all'anno.
Generalmente
il nostro incontro avviene così: io le parlo, le chiedo come sta,
rispondo alle domande sulla mia vita che puntualmente mi fa. La
comunicazione non è molto ricca, perchè lei dimentica
facilmente ciò che le dico e così devo ripetere più volte le cose.
Però è uno scambio sufficiente fra due parenti stretti. Uno scambio
d'affetti.
Quest'anno
non sono andato da solo. Mio figlio all'ultimo momento mi ha proposto
di andare insieme, anche con Pietro, il nuovo suo figlio, che la zia
non aveva ancora visto.
L'incontro
è stato più movimentato, perchè si sono aggiunti, mentre eravamo
dalla zia, anche suo figlio e la moglie, che abitano nella casa
attigua.
Inevitabilmente
l'attenzione si è concentrata sul bambino. E, come avviene sovente,
quando dei vecchi molto in là con gli anni partecipano a incontri
con altre generazioni, la zia è rimasta un po' ai margini dei
discorsi.
Osservava il bambino, ascoltava le nostre conversazioni, ma
è rimasta sostanzialmente in silenzio.
Avviene
così coi molto-vecchi.
Partecipano
sì agli incontri, ma in modo defilato, in punta di piedi.
Non
disturbano.
È
un modo per anticipare il distacco che vi sarà con la loro morte.
Ci
si abitua da prima alla loro assenza.
(L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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