Rimandare.
(15-083)
Ho
telefonato alla mia padrona di casa per fissare un incontro.
Una
volta all'anno vado a versarle la quota di registrazione del
contratto d'affitto.
Ha 86
anni. Forma splendida. Sia fisica che mentale.
È
vecchia, dunque. Ma di un'altra vecchiaia. Quasi vent'anni più di
me.
La
tratto (quasi) da pari a pari.
Cioè
non come si usa con i grandi vecchi, che li si tratta da bambini.
Ho
scritto quasi perchè ogni volta mi scontro con il suo
desiderio di rimandare gli appuntamenti. A volte di un giorno, spesso
di una settimana, in qualche circostanza anche di mesi. Devo forzarla
(ecco il quasi) per ottenere tempi più rapidi. Ma la sua
tendenza è quella di spostare in avanti.
Se mi
analizzo con attenzione, vedo che sto cominciando anch'io a
rimandare.
Mi
giustifico: le giornate mi si sono accorciate, da vecchio. I tempi
utili si sono ristretti.
Così
per trovare un tempo libero devo spostare in avanti gli impegni.
La
realtà è un'altra.
Rimandare
è rinunciare.
Procrastinare
è rifiutare: problemi, questioni, fatiche.
Da
vecchio ho il diritto di evitare pesantezze.
Di
essere leggero, libero.
Solo che
così facendo lascio scorrere la vita, invece di averla in pugno.
Atteggiamento
ambivalente, dunque.
Da
approfondire.
(L’indice per argomenti
del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La
sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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