Rimproveri. (14-199)
Da giovane (e anche da
uomo maturo) mi arrabbiavo molto per certi rimproveri o giudizi su di
me. Anche (e soprattutto) per cose di poco conto. In famiglia, per esempio.
Con l'andar del
tempo ci ho fatto l'abitudine e così mi sono progressivamente
arrabbiato sempre meno.
Ci ho fatto il callo,
si usa dire. Cioè sentivo il colpo, ma il callo attutiva il
dolore.
Diventato vecchio, non
sento neppure il colpo.
Il rimprovero scivola via. Come se non mi
riguardasse.
È diverso dall'essersi
fatti il callo.
Dipende tutto dal senso
di relatività per i fatti della vita che si acquisisce da vecchi.
I vecchi vedono tutto
nell'ottica dei pochi anni che restano loro da vivere.
Che valore può avere un
rimprovero a tre cinque anni dalla fine della nostra vita?
Soprattutto: che senso
può avere essere ancora legati all'amor proprio a ottant'anni?
Un maestro indiano, molto anziano, diceva: “Se mi dicono: il maestro si è comportato come uno
stupido, non mi offendo. Se penso che non sia vero, la cosa non mi
riguarda. Se penso che sia vero, ringrazio la persona che mi ha
aperto gli occhi!”
(L’indice per argomenti
del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La
sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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