Giuggiole.
(14-186)
Siamo
entrati in autunno. Nel parco non trovo più bacche da mangiare. Ci
sarebbero le noci, ma è ancora presto. I pometti lazzarini sono già
finiti da un pezzo. Devo prendere quello che c'è. Ci sono delle
bacche rosse, piccole, di cui ignoro il nome. Quando sono acerbe sono
amare. Quando maturano sono pastose, ma non sanno di nulla.
A
maturazione inoltrata prendono una leggera nota dolce.
Mi
accontento e ne mangio un po'.
Ci
sarebbero le giuggiole. Che mi piacciono molto (se sono buone).
Ma
nel parco non ce n'è neppure una pianta. Per trovarle dovrei fare un
giro diverso coi cani. Andare per altre strade. Invece prevale
l'abitudine. Vado sempre nello stesso luogo. Per pigrizia, per non
cambiare, anche se poi ne trarrei un piacere.
Quello
che ho descritto sembra la fotografia perfetta della vecchiaia.
Almeno della mia.
In
autunno ci sarebbero ancora cose che mi piacerebbe fare (anche se
il ventaglio di possibilità si è ridotto). Per esempio passare
qualche giorno di più in montagna a camminare. Anche in altre stagioni, diverse dall'estate. Ma per farlo mi
dovrei impegnare, organizzarmi, ricavarmi spazi. Troppa fatica. Alla
fine rinuncio.
Mi
accontento di bacche pastose e poco dolci.
Un
conoscente, anziano, mi confessava di aver rinunciato a una nuova
compagna.
Troppi cambiamenti di vita, troppe incertezze.
Troppe
perdite, senza la garanzia di un guadagno certo.
Amarezza?
No.
Perchè
poi magari mia moglie a casa mi fa una composta di mele e banane con
zenzero, cannella e paprica, da risultare commovente.
Perchè
poi magari mio nipote mi vede è mi grida sorpreso: ”Nonno! Sei
qui?”
La
vita, imprevedibile, mi regala bacche ignote e squisite.
(L’indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
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