Finire.
(14-147)
Nella
pagina precedente citavo una trasmissione televisiva su Tiziano
Terzani.
Il figlio di Terzani ricordava che suo padre, conosciuta la sua malattia mortale, aveva passato
un lungo periodo in India, avendo solo rapporti con un vecchio saggio
indiano. Dopo la morte di Terzani il figlio era andato a coscere
l'indiano. Nell'intervista ricordava che successivamente anch'egli
era morto:”Quando pensò che la sua fine fosse giunta, smise di
mangiare e morì.”
Alcuni
anni fa in un'altra trasmissione si intervistava una suora indiana
che assisteva degli anziani, prima della loro morte. La suora viveva
in una struttura che accoglieva anziani moribondi. Alcuni di questi avevano deciso di por
fine alla loro vita, smettendo di mangiare.
È
evidente che in India c'è una lunga tradizione. Chi non vuol più
vivere può farlo.
Nel
modo più semplice possibile: smettendo di alimentarsi.
Se
penso a come ci comportiamo in occidente, la distanza è enorme.
Mi
viene in mente la pratica aberrante dell'alimentazione forzata
attraverso un sondino gastrico, che si pratica costantemente in ospedali e case di riposo. Quando un anziano non riesce più a
deglutire, invece di prendere questa perdita come un segnale che la
fine è arrivata, si costringe il povero vecchio a vivere ancora, col
sondino.
Anche
tutta la discussione (etica, medica, giuridica) che c'è in occidente
sull'eutanasia, è poca cosa rispetto alla pratica indiana di
smettere semplicemente di mangiare.
Non
è la stessa cosa , lo capisco.
Ma
che differenza fra una pratica naturale e la sofisticata tecnologia
occidentale!
Una
domanda: che coraggio si deve avere per smettere di mangiare?
(L’indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41.)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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