16 aprile 2013

Tempo e vita. (204) (altri: 121, 151, 152)
Una costante della mia vita è il lamento di non avere tempo. Tempo per fare le cose che mi piacciono, seguire i miei interessi, le letture, la musica. Vivo sempre con la sensazione che gli altri mi rubino il tempo. Anche adesso che sono vecchio, che lavoro poco, che ho più tempo. Faccio una gran fatica ad avere tempo per me.
Ho scoperto oggi un nesso con la vecchiaia. Dato che ho un nipotino, i miei tempi si sono ristretti. In qualche giorno, i miei tempi sono i suoi tempi. Gioco con lui a cavalluccio, sfogliamo insieme un libro, facciamo funzionare la trottola, suoniamo qualche strumento. Gli do da mangiare, lo faccio dormire.
Arriva sera, la giornata è passata. Ho vissuto come estraniato da me stesso. Per seguire il nipote. Non ho usato il tempo per me. Ho usato il tempo per lui. Ho vissuto una giornata. Non ho avuto tempo per pensare alla vecchiaia. Per pensare alla morte.
Ho goduto pienamente del dono di Prometeo agli esseri umani: distoglierli dall'avere lo sguardo fisso sulla morte. 
E' un trucco, ma funziona. E funziona così bene che alcuni, fino all'ultimo minuto di vita, si occupano d'altro.
Penso che ci voglia equilibrio. Che pensare un po' alla morte faccia bene.



(L'indice per argomento dei primi 200 scritti di questo diario, si trova al n. 202)

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