19 giugno 2021

Parole della vecchiaia (21-069)

Parole per la vecchiaia. (21-069) Nei miei primi dieci anni di vecchiaia, la parola più appropriata per indicare il passaggio alla terza età è stata "stanchezza". Prima di tutto fisica: la si sente sul lavoro, nelle gambe, nelle forze, nell'energia. Soprattutto di pomeriggio, ma anche di sera, prima di andare a letto, tanto che il momento più bello della giornata rischia di diventare proprio quello in cui ci si corica. Poi anche stanchezza negli entusiasmi, nel godersi le cose che si fanno, nell'affrontare situazioni problematiche: insomma stanchezza psichica. Arrivato a 75 anni scopro che vi è un'altra parola che descrive bene l'età che comincio a vivere (75-85): la parola "disagio". Sembra più una questione psichica, ma in realtà prende tutti gli aspetti, anche quello mentale e fisico. Mi scopro a disagio nell'essere obbligato a occuparmi dei miei nipoti, nello svolgere quel minimo di lavoro che ancora faccio, ma anche nelle situazioni conflittuali (sia familiari che esterne). Sono a disagio in tutte le faccende riguardanti l'informatizzazione della società attuale (spid, social, visita di siti per poter fare anche le cose più semplici). Provo disagio in contatti personali nuovi che spesso e rapidamente mostrano la pochezza umana delle persone colle quali mi relaziono. Confesso che il complesso delle situazioni della vita stessa produce disagio. Desidererei più semplicità, più calma, più riposo. In una parola, vorrei stare in pace. (Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com)

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