30 novembre 2020
Finalmente (20-137)
Finalmente. (20-137)
Applicare questo avverbio alla morte di una persona può sembrare cinico o comunque fortemente negativo.
E invece ...
E' morto il mio vicino di casa, novantaduenne, e la prima parola che mi è venuta in mente è questa: finalmente. Nei suoi confronti non avevo acredine o inimicizia. Anzi. Ma la sua vicenda di fine vita è stata così penosa che sono contento che sia morto.
E penso che anche i familiari se lo siano augurato.
Nulla di eccezionale, anzi quasi la normalità nel fine vita degli anziani molto anziani.
Era cominciato tutto meno di due mesi fa, con una caduta in casa (vedi 20-114). Poi ne era seguita un'altra, poi vi era stato un ricovero ospedaliero, il ritorno a casa con piaghe da decubito e non più autosufficiente. Un tentativo successivo di ritorno in ospedale era abortito per via del corona virus. Una decina di giorni a casa con qualche persona di aiuto, ma con l'infezione che aumentava. Infine il ritorno in ospedale per l'aggravarsi delle sue condizioni: qualche giorno in terapia intensiva con ossigeno e antibiotici, ai quali non rispondeva. Infine solo la cura palliativa di antidolorifici. E la morte.
È il solito problema del fine vita, affrontato da molte società in modi diversissimi, come ben descrive Simone de Beauvoir ne La terza età.
Problema irrisolto.
Se si conservasse lucidità e se vi fosse una legislazione favorevole, si potrebbe scegliere l'eutanasia. Ma a novant'anni si è in grado di operare questa scelta?
(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016 al 2019, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi dei due mesi precedenti. Dal 2019 scrivo soltanto una sintesi annuale il 31 dicembre.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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