05 dicembre 2019

Prospettiva lunga (19-135)

Prospettiva lunga. (19-135)
Uno dei vantaggi della vecchiaia è che permette visioni allungate sul tempo che passa. Permette di fare confronti fra oggi e quaranta o cinquanta anni fa. Un quarantenne o anche un cinquantenne non lo può fare. È vissuto troppo poco. Il suo sguardo consapevole arriva a venti-trenta anni addietro.
Non di più, è ovvio.

Cercando informazioni sulla disciplina igienica della produzione di cibo in Italia, sono
capitato sulla prima legge dell'Italia repubblicana: la 283 del 1962. La legge prevedeva che entro un anno sarebbe stato emesso il regolamento applicativo, in modo da entrare in vigore.
La legge era uno dei frutti della stagione di riforme che si ebbe a partire da quell'anno e che portò, fra l'altro, alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, all'estensione dell'obbligo scolastico fino a 14 anni, alla legge contro la speculazione edilizia e appunto alla disciplina della produzione di alimenti. Le reazioni a quelle leggi furono forti da parte di chi si avvantaggiava della situazione precedente.
Eclatante fu la reazione alle nuove normative sul cibo: invece di un anno il decreto applicativo impiegò quasi vent'anni per vedere la luce. Cioè la legge fu fatta slittare di un ventennio.
Potenza immensa dei produttori di cibo!
Impossibile non fare un paragone con quanto sta avvenendo in Unione Europea a proposito di un tema simile: la revisione delle norme sugli additivi alimentari (2010). Affidata all'Efsa (agenzia europea che si occupa della sicurezza alimentare), questa  (o chissà chi in sua vece) si è data ben dieci anni per la revisione (attualmente non è ancora stata ultimata). 
Revisione che comporterebbe inevitabilmente una riduzione di molti limiti massimi per l'utilizzo degli additivi negli alimenti e dunque una restrizione degli utilizzi nell'industria.
Da vecchio che ricorda la legge del 1962 non posso non fare confronti e constatare che i cittadini europei sono ancora ostaggio dell'industria del cibo.

Quando si è vecchi dunque si possono fare confronti.
Altro esempio riguarda le banche. È di questi giorni il comunicato di un'importante banca italiana di tagliare di circa 5000 unità i suoi impiegati. Crisi? No, effetti della tecnologia. Trasferendo alcune attività on line, c'è bisogno di meno personale.
Ricordo bene che vent'anni fa, almeno qui da noi, è cominciata l'era dell' internet banking. Si è cominciato a fare tutto da casa e soprattutto facciamo tutto noi clienti (con tanto di perdita di tempo e di errori).
Comodo, no? Dipende.
Se si è un'impresa, sì, ma se si è un privato cittadino, no.
Prima si passava per l'impiegato di banca che, in meno tempo e con più precisione, ci risolveva i problemi. Qualche criticità, ma ingranaggio liscio e collaudato.
Il cambiamento successivo è sembrato innocuo e dovuto al progresso.
Ma i risultati veri si vedono adesso: riduzione del personale.
Le banche non hanno intrapreso la via degli sportelli elettronici per velocizzare le operazioni o per amore del progresso o per farci risparmiare. L'hanno fatto semplicemente per ... fare soldi.
Per dare più utili agli azionisti (cioè a coloro che hanno già molto denaro): non a caso contemporaneamente all'annuncio dei futuri licenziamenti, l'azienda ha comunicato che nei prossimi cinque anni l'utile per gli azionisti sarà di almeno 5-8 miliardi di euro!
Della questione delle 5000 famiglie che perderanno reddito, l'azienda non è interessata.
È l'economia, bellezza!

Da vecchi si ha una visione che spazia più lontano (nel tempo). 
Si fanno confronti, si danno giudizi.
E ci si indigna.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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