10 aprile 2019

Banalità e profondità (19-044)

Banalità e profondità. (19-044)
Scrivo ormai da sette anni. Inevitabili ripetizioni, discorsi poco profondi. Anche perchè mi costringo a scrivere almeno ogni due o tre giorni. Eppure scrivere banalità mi irrita.
Riporto di seguito un brano che ho scritto a questo proposito cinque anni fa, per un confronto.

La banalità del pensiero. (14-85) (30/04/14)
Mi infastidisce scoprire che i miei pensieri sono banali.
Perchè penso di esser letto e giudicato male? In parte.
Più per me stesso, però. Perchè continuare a scrivere questo diario, se dico cose banali?
(Confesso di ave trovato banale anche Cicerone, nel De senectute!)
La banalità del pensare fa un torto alla capacità di approfondimento dell'uomo.
È che la profondità si raggiunge per gradi.
Un esempio.
Fin dall'inizio di questo diario, mi sono imbattuto nella necessità di essere prudenti (noi vecchi). Detto così, è sì significativo, ma è banale. Ovvio: se non sei prudente (visto che i tuoi riflessi sono meno pronti), rischi di farti male, di averne dei danni.
Questo è il primo livello.
Ma la prudenza è vicina all'attenzione, alla vigilanza. Così scopri che nella vecchiaia molti fatti ti portano a essere più cosciente. E maggior coscienza significa maggior pienezza di vita.
Così la vecchiaia acquista un valore prezioso
Serve per essere più uomini, per completare la nostra esistenza.
Questo non è scontato.
Lo considero una scoperta interessante.


(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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