Banalità
e profondità. (19-044)
Scrivo
ormai da sette anni. Inevitabili ripetizioni, discorsi poco profondi.
Anche perchè mi costringo a scrivere almeno ogni due o tre giorni.
Eppure scrivere banalità mi irrita.
Riporto
di seguito un brano che ho scritto a questo proposito cinque anni fa,
per un confronto.
La
banalità del pensiero. (14-85) (30/04/14)
Mi
infastidisce scoprire che i miei pensieri sono banali.
Perchè
penso di esser letto e giudicato male? In parte.
Più
per me stesso, però. Perchè continuare a scrivere questo diario, se
dico cose banali?
(Confesso
di ave trovato banale anche Cicerone, nel De senectute!)
La
banalità del pensare fa un torto alla capacità di approfondimento
dell'uomo.
È
che la profondità si raggiunge per gradi.
Un
esempio.
Fin
dall'inizio di questo diario, mi sono imbattuto nella necessità di
essere prudenti (noi vecchi). Detto così, è sì significativo, ma è
banale. Ovvio: se non sei prudente (visto che i tuoi riflessi sono
meno pronti), rischi di farti male, di averne dei danni.
Questo
è il primo livello.
Ma
la prudenza è vicina all'attenzione, alla vigilanza. Così scopri
che nella vecchiaia molti fatti ti portano a essere più cosciente.
E maggior coscienza significa maggior pienezza di vita.
Così
la vecchiaia acquista un valore prezioso
Serve
per essere più uomini, per completare la nostra esistenza.
Questo
non è scontato.
Lo
considero una scoperta interessante.
(Indici
dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41.
Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del
bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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