26 febbraio 2019

Che schifo! (19-025)

Che schifo! (19-025)
Ho incrociato sulle scale la figlia della mia vicina novantenne. Ormai è frequente la sua presenza in casa dei due genitori ultranovantenni. Le ho chiesto della madre e mi ha detto che è tornata di nuovo fiacca, dopo il recente ricovero in ospedale. Ho cercato di dirle che la situazione è normale, per un vecchio dell'età dei suoi genitori. Anzi i suoi hanno conservato un livello di autonomia molto avanti negli anni, cosa non frequente.
La figlia mi ha guardato ed è sbottata nell'espressione: “Che schifo!”


Quelle parole mi hanno colpito. E hanno segnato la distanza fra la mia e la sua generazione.
Questa figlia deve avere poco più di cinquant'anni. Sempre ben vestita, automobile giusta, vacanze giuste (New York, Berlino). Insomma un tipico esponente di una donna di mezza età, adagiata in una vita dedita alla ricerca di soddisfazioni, piaceri, prestigio, che spende volentieri il suo denaro per sé (meno per gli altri, per esempio i genitori), che non nutre senso di gratitudine per quello che ha avuto finora.
E ha il pensiero nascosto di essere immortale.
La madre le sta facendo crollare questo castello (di carte!), la richiama al fatto che la vita finisce. E finisce da vecchi. Cioè con tutte le debolezze del caso.

Dire “che schifo” significa non accettare la realtà, vivere in un mondo fittizio.
La vita la sta facendo maturare attraverso la vecchiaia dei genitori.
Le sta insegnando pian piano a diventare vecchia.




(Indici dei primi anni a pag. 107 e pag. 442. Sintesi del 2012 a pag 14-41. Dal 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre, compare una sintesi del bimestre appena concluso.
Per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )

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