La
risata. (17-186)
Ho
partecipato a una passeggiata, nel parco vicino a casa, fra
“mediatori” incaricati dal Comune della mia città e una
delegazione di cittadini che frequentano il parco, che contestano la
sua cessione (di fatto) a un maneggio di cavalli. Alla fine del
percorso il gruppo si è diretto verso un bar vicino per un caffè e
la continuazione (al caldo) della discussione. Io, molto deluso
dall'incontro, mi sono accomiatato salutando i presenti.
Uno
dei mediatori mi ha dato appuntamento per nuovi incontri, ma ho
declinato l'invito.
Nel
farlo ho chinato la testa, tolto il cappello e mostrato i miei
capelli bianchi, dicendo:
“Mi
restano ancora pochi anni da vivere, non intendo usarli in questo modo.”
Risata
generale di tutti i componenti del gruppetto (tutti di età attorno
ai 40-50 anni).
Eppure
mi sono limitato a dire la verità: ho ancora pochi anni da vivere,
teoricamente una decina, facendo il calcolo fra la mia età attuale
(71 anni) e la vita media dei maschi del mio paese (80 anni).
Ma
la mia verità vale solo per chi è anziano. Le altre età si
considerano praticamente immortali. O meglio hanno ancora 30 - 40
anni di vita davanti e perciò la morte è fuori dal loro
immaginario.
Vi
è una radicale diversità fra chi è anziano e le altre età. Non è
questione di angoscia che attanaglia i vecchi al pensiero che
stanno per finire la vita, angoscia che le altre età non vivono.
E' altro.
Con
solo dieci anni davanti un anziano si sente mortale.
Con
30/40 anni innanzi, la morte semplicemente non esiste.
Due
percezioni della vita inconciliabili.
Fra
gli anziani e gli altri, almeno su questo, non può esserci
comunicazione.
L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da
settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una
sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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