07 dicembre 2017

La risata (17-186)

La risata. (17-186)
Ho partecipato a una passeggiata, nel parco vicino a casa, fra “mediatori” incaricati dal Comune della mia città e una delegazione di cittadini che frequentano il parco, che contestano la sua cessione (di fatto) a un maneggio di cavalli. Alla fine del percorso il gruppo si è diretto verso un bar vicino per un caffè e la continuazione (al caldo) della discussione. Io, molto deluso dall'incontro, mi sono accomiatato salutando i presenti.
Uno dei mediatori mi ha dato appuntamento per nuovi incontri, ma ho declinato l'invito.
Nel farlo ho chinato la testa, tolto il cappello e mostrato i miei capelli bianchi, dicendo:
Mi restano ancora pochi anni da vivere, non intendo usarli in questo modo.”
Risata generale di tutti i componenti del gruppetto (tutti di età attorno ai 40-50 anni).
Eppure mi sono limitato a dire la verità: ho ancora pochi anni da vivere, teoricamente una decina, facendo il calcolo fra la mia età attuale (71 anni) e la vita media dei maschi del mio paese (80 anni).
Ma la mia verità vale solo per chi è anziano. Le altre età si considerano praticamente immortali. O meglio hanno ancora 30 - 40 anni di vita davanti e perciò la morte è fuori dal loro immaginario.
Vi è una radicale diversità fra chi è anziano e le altre età. Non è questione di angoscia che attanaglia i vecchi al pensiero che stanno per finire la vita, angoscia che le altre età non vivono. 
E' altro. 
Con solo dieci anni davanti un anziano si sente mortale.
Con 30/40 anni innanzi, la morte semplicemente non esiste.
Due percezioni della vita inconciliabili.
Fra gli anziani e gli altri, almeno su questo, non può esserci comunicazione.


L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

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