Unificare.
(17-131)
Ho una formazione scientifica.
Sono sempre stato affascinato dalla scienza sperimentale regina e cioè la fisica. E della fisica apprezzo il tentativo di unificare tutte le descrizioni della realtà sotto un'unica teoria.
Il desiderio di unificare sotto un unico tetto vari aspetti della vita mi ha portato a far lo stesso anche con la vecchiaia.
Fin dalle prime pagine di questo diario (anno 2012) ho cercato parole chiave, classi di concetti per dare una descrizione della vecchiaia più compatta e meno episodica, meno cronachistica. Ho provato con la categoria del “diminuire”, poi con quella degli “indicatori certi” di vecchiaia. Mi è sempre rimasto però il desiderio di trovare una parola e una sola per descriverla.
Forse questa parola è “perdere”.
In vecchiaia si continuano a perdere abilità fisiche, capacità psichiche, piaceri, entusiasmi, energie, salute.
Interpretandola così, la vecchiaia diventa deprimente.
Pensando all'intero arco della vita è curioso che l'uomo impieghi due decenni per conquistare appieno tutte le facoltà di uomo adulto, ma negli ultimi due cominci a perderle, restando con molto poco.
Ci si consola dicendo che però si acquista la saggezza (!).
Sembra un debole escamotage per consolarsi delle perdite.
È proprio così?
Dei bambini sappiamo che conquistano pian piano tutte le abilità di un adulto e ce ne rallegriamo, ma dimentichiamo presto (o ricordiamo raramente con nostalgia) che cosa hanno perso diventando adulti: la freschezza, l'ingenuità, la fiducia, il gioco, l'imprevedibilità.
Per simmetria è probabile che anche gli anziani pur perdendo molto guadagnino qualcosa. Resta da identificare che cosa si guadagna (realmente e non per consolazione) invecchiando.
Da approfondire.
Ho una formazione scientifica.
Sono sempre stato affascinato dalla scienza sperimentale regina e cioè la fisica. E della fisica apprezzo il tentativo di unificare tutte le descrizioni della realtà sotto un'unica teoria.
Il desiderio di unificare sotto un unico tetto vari aspetti della vita mi ha portato a far lo stesso anche con la vecchiaia.
Fin dalle prime pagine di questo diario (anno 2012) ho cercato parole chiave, classi di concetti per dare una descrizione della vecchiaia più compatta e meno episodica, meno cronachistica. Ho provato con la categoria del “diminuire”, poi con quella degli “indicatori certi” di vecchiaia. Mi è sempre rimasto però il desiderio di trovare una parola e una sola per descriverla.
Forse questa parola è “perdere”.
In vecchiaia si continuano a perdere abilità fisiche, capacità psichiche, piaceri, entusiasmi, energie, salute.
Interpretandola così, la vecchiaia diventa deprimente.
Pensando all'intero arco della vita è curioso che l'uomo impieghi due decenni per conquistare appieno tutte le facoltà di uomo adulto, ma negli ultimi due cominci a perderle, restando con molto poco.
Ci si consola dicendo che però si acquista la saggezza (!).
Sembra un debole escamotage per consolarsi delle perdite.
È proprio così?
Dei bambini sappiamo che conquistano pian piano tutte le abilità di un adulto e ce ne rallegriamo, ma dimentichiamo presto (o ricordiamo raramente con nostalgia) che cosa hanno perso diventando adulti: la freschezza, l'ingenuità, la fiducia, il gioco, l'imprevedibilità.
Per simmetria è probabile che anche gli anziani pur perdendo molto guadagnino qualcosa. Resta da identificare che cosa si guadagna (realmente e non per consolazione) invecchiando.
Da approfondire.
(L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da
settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una
sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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