Il silenzio. (17-078)
Ho scritto ieri della
morte di un mio conoscente, per me importante.
Ho partecipato al suo
funerale, laico, in una sala del cimitero della mia città,
chiamata sala del ricordo, costruita negli ultimi anni, per coloro che non desiderano un funerale religioso.
La cerimonia è stata
seguita da molte persone. Il defunto era persona nota,
almeno in un certo ambiente. Gli interventi sono stati numerosi. La
figlia, colleghi, pazienti, amici. Sentendo le loro parole mi sono
commosso, ma sono stato anche un pò a disagio.
Era eccessivo il tono
agiografico dei discorsi.
La persona defunta era un
uomo curioso, interessato a molte cose, di indubbio valore.
Ma ...
Aveva limiti evidenti:
era paternalistico in modo fastidioso, supponente. Amava gestire il
potere. E quando andava fuori dai gangheri poteva dire cose
pesantissime sui suoi avversari. Insomma era uomo, con pregi e
difetti. Non solo con pregi.
Le lodi smisurate di un
defunto non gli rendono giustizia.
Mi sono chiesto: io
vorrei che si dicessero di me quelle cose, al mio funerale?
O ancora: vorrei
veramente che qualcuno tessesse le mie lodi?
Negli ultimi anni mi è
capitato più volte di parlare a funerali di parenti.
Non so se voglio che
qualcuno lo faccia al mio, di funerale.
È meglio il silenzio.
(L'indice per argomenti
del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La
sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre
2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del
bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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