06 marzo 2017

Scenari futuri (17-035)

Scenari futuri. (17-035)
Devo prendere delle decisioni su varie questioni che riguardano il mio prossimo futuro: trovare una casa adatta ai miei ultimi anni, permettere alla mia compagna un'economia vitale in caso di mia morte, decidere quali beni lasciare a mio figlio.
In ogni questione devo fare l'ipotesi della mia morte, prevedere cioè che cosa succederà quando non ci sarò più. Non ne sono turbato, mi colpisce però come la mia fine sia una cosa concreta, realistica, probabile in tempi brevi. Del resto mio padre è morto più o meno a quest'età e d'improvviso (per incidente stradale, non per malattia): potrebbe succedere anche a me, nonostante tutti i miei tentativi di non ammalarmi.
Ne parlo anche tranquillamente, coll'avvocato o col commercialista, ma anche con la mia compagna, mio figlio e altri: i quali spesso si schermiscono, tentano delle allocuzioni indirette, sentono il dovere di scusarsi di dover parlare della mia fine.
Mi viene in mente mia nonna, quando parlava del suo funerale e risparmiava denaro per poterselo pagare da … viva.
Eppure malgrado questa frequentazione con la fine della vita, nel mio intimo la percepisco come una evento lontano, che quasi non mi riguarda. Oppure mi riguarda, ma non ora.
Sono un esempio vivente di quello che i greci chiamavano il dono di Prometeo, ovvero la cecità di fronte alla possibilità della nostra morte.
[Vedi nn.147, 151, 152 (dell'anno 2013)]

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

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