Scenari futuri. (17-035)
Devo prendere delle decisioni su varie
questioni che riguardano il mio prossimo futuro: trovare una casa adatta ai miei
ultimi anni, permettere alla mia compagna un'economia vitale in caso
di mia morte, decidere quali beni lasciare a mio figlio.
In ogni questione devo
fare l'ipotesi della mia morte, prevedere cioè che cosa succederà
quando non ci sarò più. Non ne sono turbato, mi colpisce però come
la mia fine sia una cosa concreta, realistica, probabile in tempi
brevi. Del resto mio padre è morto più o meno a quest'età
e d'improvviso (per incidente stradale, non per malattia): potrebbe
succedere anche a me, nonostante tutti i miei tentativi di non
ammalarmi.
Ne parlo anche
tranquillamente, coll'avvocato o col commercialista, ma anche con la
mia compagna, mio figlio e altri: i quali spesso si schermiscono,
tentano delle allocuzioni indirette, sentono il dovere di scusarsi di
dover parlare della mia fine.
Mi viene in mente mia
nonna, quando parlava del suo funerale e risparmiava denaro per
poterselo pagare da … viva.
Eppure malgrado questa
frequentazione con la fine della vita, nel mio intimo la percepisco come
una evento lontano, che quasi non mi riguarda. Oppure mi riguarda, ma
non ora.
Sono un esempio vivente
di quello che i greci chiamavano il dono di Prometeo, ovvero la
cecità di fronte alla possibilità della nostra morte.
[Vedi nn.147, 151, 152
(dell'anno 2013)]
(L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. Da
settembre-ottobre 2016, nell'ultimo giorno di un bimestre compare una
sintesi del bimestre appena concluso)
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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