In pensione. (16-167)
Nella mia vita ho smesso di lavorare
due volte.
La prima ero ancora giovane. Vecchie
leggi del mio paese consentivano di andare in pensione, anche con un numero limitato di
anni di lavoro. La pensione era ovviamente molto bassa e pertanto fui
costretto a cercarmi altri lavori, per dotarmi di un reddito
sufficiente a vivere.
Ricordo che nei primi anni avevo una
sorta di ansia di scovare lavori, occupazioni.
Giustificata dal fatto
che avevo una famiglia che dovevo mantenere.
Ma vi era di più: un bisogno di
occupare il mio tempo. Non mi andava di restare senza far niente, o
meglio limitarmi a leggere, ascoltare musica o altri svaghi.
Poi ho trovato un altro lavoro, part
time.
Da questo mi sono ritirato qualche
mese fa.
A differenza della prima volta, non
sento il bisogno di cercare altro da fare (e sì che economicamente
qualche ragione l'avrei).
Questa volta mi godo l'assenza di
impegni lavorativi. Non mi mancano gli impegni, nel senso che ho
quattro nipoti che mi attendono e di almeno due mi occupo (i più
grandi).
Ma sono pago della vita di tutti i
giorni. Fare la spesa, sbrigare qualche pratica amministrativa,
uscire con la mia compagna.
Solo adesso a settant'anni ho percepito
che significa andare in pensione. Sono appagato dei lavori che ho
fatto, non ho necessità di fare altro.
Soltanto quando si è lavorato a lungo
si sente la necessità di un riposo (esistenziale).
Soltanto quando si è vissuto a
lungo si sente il bisogno di finire.
(L'indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. )
(per comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com )
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