30 ottobre 2016

In pensione (16-167)

In pensione. (16-167)
Nella mia vita ho smesso di lavorare due volte.
La prima ero ancora giovane. Vecchie leggi del mio paese consentivano di andare in pensione, anche con un numero limitato di anni di lavoro. La pensione era ovviamente molto bassa e pertanto fui costretto a cercarmi altri lavori, per dotarmi di un reddito sufficiente a vivere.
Ricordo che nei primi anni avevo una sorta di ansia di scovare lavori, occupazioni. 
Giustificata dal fatto che avevo una famiglia che dovevo mantenere.
Ma vi era di più: un bisogno di occupare il mio tempo. Non mi andava di restare senza far niente, o meglio limitarmi a leggere, ascoltare musica o altri svaghi.
Poi ho trovato un altro lavoro, part time.
Da questo mi sono ritirato qualche mese fa.
A differenza della prima volta, non sento il bisogno di cercare altro da fare (e sì che economicamente qualche ragione l'avrei).
Questa volta mi godo l'assenza di impegni lavorativi. Non mi mancano gli impegni, nel senso che ho quattro nipoti che mi attendono e di almeno due mi occupo (i più grandi).
Ma sono pago della vita di tutti i giorni. Fare la spesa, sbrigare qualche pratica amministrativa, uscire con la mia compagna. 
Solo adesso a settant'anni ho percepito che significa andare in pensione. Sono appagato dei lavori che ho fatto, non ho necessità di fare altro.
Soltanto quando si è lavorato a lungo si sente la necessità di un riposo (esistenziale).
Soltanto quando si è vissuto a lungo si sente il bisogno di finire.

(L'indice per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a pagina 107. La sintesi del 2012 si trova alla pagina 14-41. )
(per comunicazioni private:           holgar.pd@gmail.com             )

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